Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: cold_fire    19/08/2014    3 recensioni
Mia madre era morta, mio padre si era risposato con una strega, il mio ragazzo mi aveva tradita con la mia migliore amica, avevo conosciuto un nuovo ragazzo a danza, ci eravamo fidanzati, Matteo lo aveva picchiato, poi avevo pensato che Filippo mi tradisse con Ines, la mia amica di danza, ma mi sbagliavo, il giorno dopo che ci siamo rimessi insieme lui si è dovuto trasferire e si era dimenticato di dirmelo, così me lo ha scritto e non mi ha nemmeno dato il suo nuovo numero. In più la mia ex migliore amica è incinta del mio ex fidanzato, che prima che lui mi tradisse con lei era il suo ex fidanzato. Un po’ ingarbugliato in effetti, ma totalmente meritato. E da quattro mesi io avevo smesso di vivere.
***
sequel di "una vita sulle punte". per leggere questa FF è consigliato leggere l'altra
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 16
Colours

 
And suddenly a light appears inside my brain
And I think of my ways, I think of my days and know that I have change
It’ the colours you have
No need to be sad
It really ain’t that bad
(Grouplove – Colours)
 
 

Ci impiego dieci minuti a trovare Anna e il suo ragazzo Luca che ballano sulla pista affollata. Li trascino entrambi in un angolo tranquillo e spiego la situazione ad Anna, che decide di accompagnare me, Ines e Matteo all’ospedale.

A quanto pare Luca non la prende molto bene ma in questo istante è l’ultimo dei miei problemi.
In quattro ci avviamo verso l’uscita quando vado a sbattere contro un ragazzo biondo.
Mi ero dimenticata di lui.
“ehi, dove state andando?” chiede Chris. Con non molto tatto gli rispondo “in ospedale da Elisa. È entrata in travaglio. Vieni o no?”.

Lui sembra un attimo sorpreso (eh, ci credo!) ma poi si riprende, annuisce e ci segue fuori dal locale.
L’ora che segue è a dir poco straziante.
L’ospedale è dall’altra parte della città e non sappiamo come arrivarci.
Matteo, che abita vicino al locale non ha preso la moto e per noi ragazze camminare è sconsigliato.
Mi lascio sfuggire un urlo di disperazione ma, senza lasciare a nessuno il tempo di confortarmi, mi tolgo le scarpe e tenendole in mano inizio a correre disperata. Con la coda dell’occhio noto che Anna e Ines mi hanno imitata e così anche Chris e Matteo.

L’asfalto mi procura dei graffi sui piedi ma non ci faccio troppo caso, con il vento che mi sbatte in faccia e le orecchie come ovattate che mi isolano dal mondo.
Sul marciapiede vado addosso a numerose persone ma non mi fermo a chiedere scusa.
Ad un certo punto sento qualcuno urlare il mio nome “Claire” dice ma non mi giro a guardare chi è e continuo a correre “Claire!” urla stavolta più forte.
Non riconosco la voce ma sento il mio passo rallentare.
Qualcuno si mette a correre e si avvicina a me.

Mi giro di scatto e mi trovo davanti un ragazzo sulla ventina
“Christian!” dico “oddio Claire! Che succede?!” chiede lui evidentemente preoccupato “scusa ma non ho tempo per le spiegazioni! Si tratta di una mia amica e io devo correre e” “Claire calmati” dice fermamente. Chris, Matteo, Ines e Anna ci guardano straniti. Non hanno la minima idea di chi sia Christian.
Io faccio qualche respiro calmo e tento di tranquillizzarmi “dove devi andare?” chiede “all’ospedale… c’è una mia amica che sta per partorire e noi…” “sisi capisco. Tranquilla. Vieni ho la macchina nel parcheggio” lo dice con una tale disinvoltura che c’impiego un po’ a comprendere le sue parole e seguirlo assieme agli altri.
Entriamo in un parcheggio dove riconosco la sua macchina. Lui apre la portiera e ci fa salire: io in braccio a Matteo con accanto Chris e Ines mentre Anna è seduta davanti al posto del passeggero.

Christian mette in moto e parte in direzione dell’ospedale “allora… come mai vestite così? State tornando da una festa?” chiede “ehm… dalla mia festa…” lui mi rivolge uno sguardo confuso dallo specchietto retrovisore “compio diciassette anni oggi…” spiego. Lui mi guarda sorpreso “davvero?! Auguri Claire!” “grazie…” dico sorridendo.
Matteo si schiarisce la gola e chiede “be, penso che sia ciò che tutti  vogliono sapere… ehm… tu chi saresti?”. Christian ride “io sono Christian, un amico di Claire. Ci siamo conosciuti grazie a due auto-stop e una fortuna sfacciata. Tu invece… uhm… biondo e occhi azzurri… non sei Filippo perché lui è in Inghilterra, ma se sei Matteo ti faccio scendere in questo istante a calci in culo. Quindi chi sei?” io guardo Matteo e sorrido nel vederlo trasalire “tranquillo Fido” dico ridendo “è Matteo ma ora è okay”.

Entrambi mi guardano senza capire. “Matteo ti spiego dopo… Christian ti spiego al prossimo auto-stop. Comunque loro sono Anna, Ines e Chris” dico concludendo le presentazioni. Quasi mi sono dimenticata del fatto che stiamo andando all’ospedale quando scorgo un cartello che indica che manca poco.
Ad un tratto la macchina si ferma, noi apriamo le portiere e scendiamo “grazie mille Christian. Non hai idea di cosa…” “tranquilla. Non dovresti andare?” chiede lui sorridente e poi aggiunge “auguri” “grazie” dico grata e mi incammino con gli altri all’interno dell’ospedale. Mi fermo un secondo per mettermi le scarpe ed entro in ascensore.

Saliamo al terzo piano e ci dirigemmo verso la sezione H.

Stringo forte la mano di Matteo quando passiamo davanti alla stanza in cui si trova sua madre e noto con la coda dell’occhio che continua a fissarla finché non svoltiamo nella sala d’aspetto davanti alla stanza 351. Guardo attraverso la finestra. Non c’è nessuno.
Dal fondo del corridoio sbuca la figura di Roberto palesemente sconvolta “l’hanno spostata in sala parto. Venite”. Nessuno dice  niente: ci limitiamo a seguirlo.

Arriviamo nella sezione maternità e ci sediamo in sala d’aspetto. Io rimango in piedi e abbraccio Roberto.
“come va?” sussurro “come vuoi che vada…? Sono leggermente sconvolto” dice sorridendo. Ci stacchiamo ma quando vede Matteo trasalisce “che ci fa lui qui?” chiede freddo. Non faccio tempo a rispondere che Matteo è già intervenuto “non posso stare qua? L’ospedale non è tuo Roberto” “intendevo… cosa ci fai in questo reparto, e perché sei qui con Claire?” oddio, qui si mette male… “Roberto…” cerco di dire ma vengo subito interrotta “bè, sono qua con Claire perché è la mia fidanzata e sono in questo reparto perché una delle sue migliori amiche sta per partorire. Non mi sembra ci sia niente di strano, o di sbagliato” dice Matteo tranquillo “no non c’è niente di strano. Tranne che per il fatto che lei non è la tua fidanzata”. Non riesco a credere a quello che ho appena sentito. O meglio, non riesco a capirlo. Finalmente riesco a parlare “certo che sono la sua fidanzata!” gli dico, alzando forse un po’ troppo la voce “infatti” aggiunge Matteo “perché non dovrebbe essere la mia fidanzata?” “perché non ti ama. Non può amarti” dice Roberto semplicemente.

Oddio non ci credo “senti Roberto. Non capisco cosa stai dicendo, nè perché. Io sono già stata fidanzata con Matteo e sono già stata innamorata di lui, quindi perché non potrebbe essere ancora così?” “ma non capisci come ti ha trattata, come ti tratta? Non ti ricordi quanto hai pianto, o quanto ti ha fatta stare male? Ti ricordi quanto ti faceva paura?” risponde lui. Guardo Matteo preoccupata.
Quello che ha detto Roberto è vero, ma non voglio che Matteo ci resti male, men che meno voglio che pensi che sia ancora così. Lui mi guarda accigliato “ti facevo paura…?” io annuisco leggermente ma mi affretto ad aggiungere “ma ora non più, ora non mi fai paura…” “Claire! Cristo Santo, ti ha fatta stare malissimo! Ti ha fatta piangere! Come puoi perdonarlo?!” dice Roberto.
Seccata, rispondo “se ho perdonato te perché non dovrei perdonare lui?”.
Mi giro e me ne vado.


Non so dove sto andando, ma quando mi trovo davanti a quella porta la apro senza pensarci due volte, entro e mi siedo su una sedia ai lati della stanza.
Dopo un po’ sento dei passi veloci in corridoio.
La porta si apre ed entra Matteo. Il suo sguardo è decisamente stupito “cosa ci fai qua?” chiede. Chiude la porta, si siede su una sedia accanto al lettino e prende sua madre per mano. “questa stanza è il primo posto che mi è venuto in mente…” sussurro.
Lui si alza, lascia la mano di sua madre e si siede accanto a me.


Il silenzio si fa sempre più pesante.
“tuo padre?” chiedo ad un tratto.
Lui alza lo sguardo su di me, stupito.
“lui… era in macchina con mia madre il giorno dell’incidente… anche lui è finito in coma ma… lui è già… lui è…” …morto. Non c’è bisogno che lo dica, si capisce cosa è successo. Cerco di abbracciarlo ma lui si scosta.

Lo guardo confusa “che c’è?” chiedo. “ti ho tenuto nascoste molte cose da quando ci siamo rimessi insieme…” dice “non ti seguo…” “riguarda la mia famiglia… e la famiglia di Filippo… e il motivo per cui era in Italia quel giorno… e poi c’è il patto che abbiamo fatto…” inutile dire che non capisco di cosa stia parlando. “Matteo… cosa stai dicendo? Non ti capisco…” “è che… ti ricordi quel giorno? Quando l’hai incontrato fuori dall’ospedale? So perché era lì… o almeno, penso di saperlo…” lui si ferma e mi guarda, come in cerca di un incoraggiamento per andare avanti. Non so se lo trova, ma dopo un po’ riinizia a parlare senza più fermarsi.

“il giorno prima c’era stato il funerale di mio padre… e ho incontrato lui… abbiamo parlato. A quanto pare io sono un suo lontano cugino… fa ridere, no, come situazione?” io lo guardo in attesa. So che non è tutto. “ma nemmeno così ti sto dicendo la storia per intero, e tu lo sai. Bè… prima che partisse per l’Inghilterra… esattamente il giorno prima… te lo ricordi?” certo che lo ricordavo, come facevo a dimenticarlo? Avevo passato la notte in una casa abbandonata e la sera ero uscita con Matteo pensando che fosse Filippo. E il giorno dopo scoprii che se ne era andato. Come dimenticare quel giorno? Annuii “quella sera, prima che io venissi a prenderti fingendomi lui, Filippo suonò alla porta di casa mia. Aprì mio padre. Era mezzo ubriaco, con una bottiglia in mano. Mia madre era rannicchiata in un angolo della stanza, che piangeva. Mio padre mi chiamò e io mi affrettai a scendere. Anche io avevo paura di lui. Quando vidi Filippo fuori dalla porta di casa che mi guardava con compassione, non ce la feci. Aveva visto più di quanto chiunque altro avesse mai visto di casa mia. Aveva visto troppo. E aveva te. Lo presi per il colletto della felpa e lo spinsi in giardino cercando di prenderlo a pugni ma mi bloccò i polsi. ‘cosa vuoi, lurido bastardo?’ gli dissi quasi ringhiando. ‘non odiarmi’ replicò lui calmo. Avevo così tanta rabbia da sfogare, così tanta voglia di… non so… di prendere qualcosa a pugni, di distruggere tutto… ma lo ascoltai. Mi disse che si sarebbe trasferito in Inghilterra il giorno dopo, ma che non aveva avuto il coraggio di dirtelo. Che ti aveva scritto una lettera, cercando di farti pensare che non gli importavi, per farti stare meno male. Voleva che continuassi la tua vita. Disse che ti amava, ma che sapeva che sarebbe stato impossibile continuare una relazione. Disse che se volevo potevo provare a conquistarti. Disse che io ti importavo ancora. Mi disse che lo aveva capito da come mi guardavi. Disse che tu non odiavi me, ma il fatto che non riuscissi ad odiarmi. Disse che potevo fare quello che volevo. Io non gli credetti allora facemmo un patto. Lui non sarebbe più entrato nella nostra vita e io mi sarei tenuto alla larga da lui e avrei iniziato a trattarti meglio. Poi se ne andò. Due giorni dopo, i miei ebbero l’incidente. Ero solo, non sapevo cosa fare. Mio padre aveva un sacco di debiti e scoprii che, anche se i miei non fossero finiti in coma, non saremmo durati a lungo. Iniziai a lavorare e lasciai la scuola per due mesi, giusto il tempo di rimettere tutto in ordine. E poi tornai. Il resto lo sai. Mio padre morì due settimane fa e ora mi resta solo mia madre. Filippo venne al funerale e il patto fu infranto il giorno dopo. Non capii perché fosse venuto in ospedale. All’inizio pensavo che fosse perché aveva scoperto che eri lì. Quella sera lo chiamai e mi disse che era venuto a trovare mia madre, nella speranza di parlarmi. Mi disse che aveva capito di aver sbagliato a venire e che non dovevo preoccuparmi perché si era fidanzato e che non ti amava più, ma non ci credevo. Non ci credo nemmeno ora. Era stampato nel suo timbro, il suono della menzogna. ma lasciai correre… e ora, bè, ho pensato che tu dovessi sapere la verità”.


Sono… arrabbiata, confusa, irritata, sconvolta. La verità, penso, non fa affatto bene.
Tutto quello che riesco a fare è alzarmi dalla sedia e avvicinarmi alla madre di Matteo.
Le prendo una mano e mi concentro su quella “hai fatto un figlio stupendo” sussurro piano.
Lascio la sua mano e le accarezzo i capelli.
Sono rossi come i miei.

“è la seconda, nella classifica delle persone stupende che conosco” sussurra piano Matteo, probabilmente pensando che io non riesca a sentirlo.

Chiudo gli occhi. Non voglio vedere niente, mentre inizio a piangere.
 
 
 
Filippo pov.

Spengo il telefono con rabbia, non l’ennesimo tentativo di chiamare Matteo. Guardo mia mamma davanti a me, visibilmente in ansia, e poi rivolgo la mia attenzione a Sophie che, al mio fianco, cerca di non scoppiare in lacrime. Siamo in aeroporto, in  fila per il check in.
Sophie ha insistito per accompagnarci fin lì, poi tornerà indietro.
Sophie è lì che sta per scoppiare in lacrime e io non sto dicendo niente. Potresti non rivederla mai più. È questo il pensiero che mi fa muovere. Mi giro e l’abbraccio “non ti dimenticherò mai, okay? Ti voglio bene Soph” le dico in inglese. “vorrei dirti che ti amo, ma so che tu ami lei… si capisce, Filippo, ma non preoccuparti, sono stata bene con te… amico” l’ultima parola la dice in Italiano. Sono immobile, sconvolto, mentre lei si allontana dalla fila del check in piangendo.
 
 
Mezz’ora dopo

Io e mia madre abbiamo raggiunto il gate d’imbarco numero 39. Guardo un tabellone sopra la mia testa. Il volo parte fra dieci minuti. “sei pronta?” chiedo a mia madre “lo sono sempre, tesoro. Tu?” mi limito ad annuire tristemente. Non sono affatto pronto.
Alla fine non mi trattengo e l’abbraccio, molto forte “ti voglio bene mamma” “anche io tesoro”. Ci stacchiamo, mentre ad un altoparlante una voce femminile dice “i gentili signori del volo diretto a New York, sono pregati di presentarsi al ponte d’imbarco”.
 
 
 
Eccomi quaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa, con un giorno di ritardo, però ci sono!
Questo è il mio nuovo capitolo, e non ho molto da dire a riguardo tranne che spero vi sia piaciuto.
Adesso dovrò semplicemente cercare di pensare cosa accadrà nel prossimo capitolo.
La storia è agli sgoccioli, secondo i miei calcoli, accurati o meno, mancano circa, uhm… tre capitoli. Sempre che non mi vengano degli improvvisi colpi di testa.
Sì, accadranno tante cose in questi capitoli. Penso.
Bé, finita la storia posterò ancora una OS riguardante… uhm, non velo dico. Anzi, ve lo dirò alla fine della storia.
Sì, vi voglio tanto bene. cari/e
un grazie a chi tiene la storia in seguite/preferite/ ricordate, a chi la recensisce e anche a chi legge silenziosamente stile stalker (O.o)

Adesso devo proprio andare
Un bacione
Mara
<3
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: cold_fire