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Autore: ifeelconnection    19/08/2014    2 recensioni
Dal primo capitolo//
“Beh , a quanto pare le apparenze ingannano anche nel nostro caso.”
Mi fissò per un lungo istante e poi tornò a guardare il mio lavoro, o meglio il lavoro di Maya.
“È qui che ti sbagli,” replicò toccando l’erba del mistero, come a ricordarmi delle parole di Madame “io sono esattamente come mi vedi.”
//
Brianna Raynolds, campionessa di Trigonometria a livello nazionale.
Tristan Evans, campione in tutto, amore compreso.
La Dickinson High , scuola gioiello dell'intera New York City sembra troppo piccola per tutti e due.
Cosa succede quando due mondi uguali ma paralleli si scontrano?
Le rivalità imperversano tra i due, che hanno fin troppe cose in comune, e lo sanno.
Basteranno le profezie di un'aspirante maga a tenere lontana Brianna dal suo destino?
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tristan Evans
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
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The B Team
(Capitolo Uno)

 
The Author:
Heeeya, grazie per le trenta visite al prologo! Cercherò di pubblicare un capitolo ogni giorno, farò del mio meglio :3 Finalmente, conosciamo l'altro nostro protagonista, Tristan ciaosonofantasticociao Evans! Se credete che non ci saranno sorprese, beh vi sbagliate cari miei lettori ouo
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Tita x
 
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La metropolitana di New York era veloce, efficiente e senza di essa non sapevo come avrei fatto a spostarmi, visto che attraversare il Terrace con la macchina della mamma non sembrava possibile e oltretutto era una decappottabile, il che la rendeva solo più inutile allo scopo. Fortunatamente quella mattina il cronometrico treno delle 8:05 non fece ritardo, ero io a essere due secondi troppo lenta per prenderlo e le porte grigie e fredde mi si chiusero a due centimetri dalla faccia, dandomi persino il tempo di sbatterci contro, suscitando il più totale menefreghismo da parte di chi mi guardava, che forse pensava fossi una minorata mentale , e probabilmente aveva ragione. Non potevo fare ritardo, cinque minuti al prossimo treno erano troppi, dovevo cambiare linea. Altro grande vantaggio era il fatto che la mia fermata, Central Park, era collegata a qualsiasi linea. Una donna con un provocante rossetto rosso aveva varcato la soglia del binario nel mio stesso istante e adesso andava sbraitando insulti a destra e a manca contro qualche povero malcapitato. Mentre mi affrettavo a uscire dalla stazione la donna mi fermò
“Hey ragazzina, dove stai andando?”
“Cosa le importa?”
Alzò le mani con fare innocente e nello stesso momento il mio cellulare vibrò, segno che era arrivato un messaggio. Girai i tacchi e mi diressi verso l’uscita con passo affrettato, attenta a non far cadere il mio preziosissimo iPhone, l’unica cosa davvero costosa che avessi mai avuto. Feci in tempo a leggere ‘Sarah’ sul display, che la donna mi sfrecciò accanto e mi diede uno spintone non troppo forte , in grado di farmi perdere l’equilibrio però, e mi sfilò il cellulare dalla mano, correndo via in un lampo. Io nel frattempo mi ritrovavo appoggiata con un braccio sulle luride scale che portavano all’esterno, troppo stupita per poter fare qualcosa. La rabbia mi suggeriva di lanciarmi all’inseguimento oppure di mettermi a urlare una scarica di parolacce verso la signora che mi aveva preso la scatoletta di metallo a cui tenevo di più. L’occhio per fortuna mi cadde sull’orologio che avevo sapientemente messo al polso, con l’intento di sembrare più professionale. Le 8:08. Qualsiasi treno, anche se si fosse materializzato sotto i miei piedi in quell’istante, avrebbe impiegato almeno quindici minuti ad arrivare alla mia fermata. Senza contare i cinque minuti di cammino che avrei dovuto aggiungere dalla fermata a scuola.
“I numeri mi danno alla testa!”
Sbraitai rimettendomi in piedi incurante della gente che passava, nella Grande Mela è frequente incontrare delle ragazze in ritardo per la prima volta in vita loro, che parlano da sole dopo essere state rapinate da chissà quale stracciona. Quei numeri mi stavano sul serio dando alla testa e mi stavo scervellando a calcolare quale fosse la strada più breve, il tempo che ci avrei impiegato e gli orari dei treni. Tutto per non perdere il primato di ragazza più puntuale del pianeta, a mio avviso. Mi fermai accanto a un bambino che teneva in mano un pacchetto i gomme a forma di sigaretta , per riprendere fiato. Dovevo accettare l’idea che non avrei mai fatto in tempo. Il bambino mi guardò in modo strano e poi mi offrì una delle sue gomme, che accettai con un sorriso spontaneo. L’innocenza dei bambini è qualcosa di unico e da non intaccare, e la combinazione sigarettepiùbambino mi riportò alla mente quando avevo dovuto dare a mio fratello la notizia della morte di mio padre, per cui diedi una carezza amichevole alla zazzera rossa del ragazzino e mi allontanai di corsa verso la stazione successiva della linea rossa, quella che mi pareva essere la più veloce. Proprio mentre stavo per addentrarmi in un’altra delle puzzolenti fermate, un clacson suonò dietro di me. Lo ignorai, pensando che fosse qualche cinquantenne in crisi di mezza età rimasto colpito da quello che evidenziavano i miei skinny jeans ma quando suonò una seconda volta mi girai per vedere Sarah e Ashton che mi facevano segno di correre verso di loro.
“Bri , tu, qui, alle 8 e … che  ore sono? Dobbiamo aspettarci piogge torrenziali?”
Mi rimbeccò la mia migliore amica, accompagnata dalla risatina impertinente del suo fidanzato.
“Infatti Bri, muoviti oppure… Attenta alla portiera!”
Ribattè Ashton , un secondo troppo tardi per sentire il tonfo secco che la mia forza rabbiosa aveva causato allo sportello della sua Golf nera che si chiudeva, o meglio sbatteva.
“Possiamo andare?”
Risposi a tutti e due con un tono alquanto stizzito, del quale mi pentii subito dopo. Sarah mi guardò con fare minaccioso, mentre il ragazzo alla guida si limitò a scuotere la testa e a chiedere in tono divertito
“Vedo che qualcuno ha le sue cose stamattina.”
E Sarah gli assestò una sberla sul braccio, come a volermi sostenere, per poi buttarsi a sedere in modo poco femminile.
“Ashton, l’unica cosa che ho è l’idea di usare te come cavia vivente del mio esperimento di stamattina se non ti muovi a portarci a scuola!”
“Detto, fatto!”
Replicò prima di spingere il piede sull’acceleratore come lo avevo visto fare poche volte, del resto accettavo raramente passaggi da quei due, giusto le poche volte in cui erano in orario. Per la mia gioia, quella mattina il traffico scorreva piuttosto rapido e in meno di quindici minuti eravamo parcheggiati nel parcheggio riservato agli studenti della Dickinson, del resto doveva pur esserci qualche privilegio nell’essere studenti di quella scuola e un parcheggio in pieno centro a Manhattan era considerato quasi un miracolo. Scesi velocemente dall’auto, borbottando un “ci vediamo dopo” a i due piccioncini , che erano impegnati in coccole all’aperto, le quali avrebbero suscitato la furia di qualsiasi insegnante, se non fossero stati tutti troppo impegnati a seguire la gara, che era già iniziata, e se Ashton non fosse stato il ‘figlio ribelle’  del preside, motivo per cui la passava sempre liscia. L’ingresso era quasi chiuso, segno che i ritardatari, che in quella mattina parevamo essere solo noi tre, erano avvisati che in meno di un minuto non sarebbe stato più possibile varcare la soglia dell’inferno. Feci appena in tempo a sgusciare tra quelle ante socchiuse, sotto le proteste del custode.
“Raynolds? In ritardo?”
La mia professoressa di musica, nonché mia professoressa preferita, mi guardò di traverso, come a voler sottolineare il più che evidente stupore del suo viso.
“Lo so signora Clare, a volte stupisco anche me stessa!”
Risposi con tutta l’ironia di cui ero capace mentre correvo verso la sala grande, dove il preside, il signor Irwin, annunciava la dimostrazione del mio esperimento . Mi preparai a un silenzio generale , dovuto alla mia assenza, invece tutti cominciarono ad applaudire e una voce a me familiare cominciò a parlare.
“Sono qui per conto di Brianna Raynolds, lei purtroppo non si è sentita molto bene stamattina e ha affidato a me l’esecuzione dell’esperimento che ha preparato…”
Maya. Tra la folla si sentì un mormorio di disappunto, evidentemente dovevo essere più giudicata di quanto immaginassi. Maya doveva aver pensato che mi ero sentita male all’ultimo momento, visto il minimo ma per me clamoroso ritardo di dieci minuti. Lei era stata con me durante tutta la preparazione dell’esperimento, per cui sapeva bene come muoversi. All’inizio fu un po’ impacciata, decisi di acquattarmi nell’angolo della stanza, dietro la gente che era rimasta in piedi per vedere come sarebbe andata a finire. Iniziò a mostrare piante e reazioni chimiche e dopo un paio di minuti divenne fluida anche nella spiegazione dei concetti e di quello che stava facendo.
“… e così la Passiflora, detta dagli antichi pianta del mistero, se infusa con alcune erbe provenienti dall’Amazzonia, può indurre gli esseri umani ad allucinazioni e modificare le percezioni per qualche tempo. “
Che strana coincidenza , quell’erba stava cominciando a diventare una coincidenza divertente. Forse anche Madame Renaude aveva infuso delle strane erbe nel mio tè.
“Eccellente, signorina McVey, davvero un buonissimo esperimento. Sicuramente un candidato alla vittoria. Scommetto che se lei dovesse vincere con l’esperimento  della signorina Raynolds lei non avrebbe niente in contrario, con tutti gli altri trofei che ha in bacheca!”
Fece una risata finta che fece diventare la mia amica tutta rossa, la quale posò per un secondo lo sguardo su di me e sbiancò con la stessa velocità con cui era arrossita. Il padre di Ashton se ne accorse e guardò nella stessa direzione, posando gli occhi verdi su di me e spalancando la bocca con un’espressione di sollievo ma stupita allo stesso tempo.
“Ma Brianna Raynolds è qui!”
L’intera sala puntò lo sguardo su di me, che ebbi l’improvvisa voglia di sprofondare nelle viscere più profonde della Terra e non risalirne prima di un paio di secoli.
“Salga sul palco, signorina , ci spieghi come mai non è stata lei a mostrarci il suo lavoro.”
Mi disse in modo del tutto apatico la professoressa Poe, la mia insegnante di letteratura spagnola, materia in cui facevo abbastanza pena. Mi diressi a passi pesanti e lenti verso il palchetto rialzato, seguita dallo sguardo della folla come una preda dagli avvoltoi. Mentre salivo le scalette e mi avvicinavo a Maya, mimandole delle scuse molto imbarazzanti , il preside riprese la parola.
“Coraggio, ci dica cosa è successo di tanto grave da farla rinunciare alla gara scolastica di biologia, siamo curiosi. Non si preoccupi se si trattava di ansia da prestazione, può capitare, anche se per una come lei questa non è certo una gara di chissà quale importanza, dico bene?”
Mi passò il microfono con impazienza e mi vidi costretta a dire la verità, dando probabilmente ai presenti un pettegolezzo da fare sul mio conto una volta finita la giornata.
“Mi scuso per quello che è successo ma purtroppo ho incontrato degli ostacoli venendo a scuola e ho accumulato un po’ di ritardo, sono desolata.”
Il signor Irwin si lanciò in un’altra risata, stavolta piuttosto sincera. Maya mi guardò stranita, con la stessa faccia che aveva Sarah quando mi aveva ‘beccata’ in ritardo.
“Ma come signorina, lei , in ritardo? Non si vergogni a dire che era sempli…”
“Mi scusi se la interrompo ma ha capito bene. Ero in ritardo.”
La sua espressione di meraviglia fu la centesima della mattina, cominciavano a infastidirmi tutte quelle facce sconvolte, ero sì una maniaca della puntualità, ma pur sempre umana.
“ E a cosa era dovuto , questo ritardo? “
Prima che potessi rispondere alla domanda del preside, dove avrei dato scandalo facendo sapere che prendevo la metropolitana, un inserviente mi salvò dall’imbarazzo sussurrando qualcosa all’orecchio dello stesso, che mi precedette.
“Ne parleremo più tardi, in ogni caso l’esperimento è stato eseguito con successo dalla sua amica , la signorina McVey. Siamo anche noi in ritardo adesso, si consideri d’ispirazione per il prossimo studente che salirà sul palco, anche se non credo ne avrà bisogno. Può andare.”
Accompagnò la mia discesa dal palco con un gesto della mano e io , una volta fuori dalla folla, trascinai Maya verso l’uscita della sala, con l’intento di portarla in bagno per spiegarle cosa era successo e scusarmi con lei.
“Maya mi dispiace, ti posso spiegare tutto.”
“Aspetta Bri, voglio vedere chi sta salendo sul palco!”
Mi costrinse a fermarmi dandomi uno strattone all’indietro e mi voltai anche io verso l’ingresso della sala, dal quale riuscii a vedere un ragazzo biondo salire sul palco con sicurezza, portando sottobraccio una teca con dentro chissà cosa.
“Benvenuto, signor Evans, alla Dickinson High! Questo è solo il primo giorno di un brillante ultimo semestre che lei passerà nella nostra scuola, del resto il campione di Algebra dello stato della Pennsylvania non può che trovarsi bene anche fra aspiranti scrittori! Ma mi sto dilungando con le chiacchiere, la lascio lavorare, ci stupisca!”
Il biondo, infagottato in un giubbotto di pelle nera dal quale si intravedeva una canotta dei Ramones grigia, era vestito in modo piuttosto trasandato rispetto alle giacche Burberry che erano solite girare per i nostri corridoi. Non replicò alla presentazione del preside e prese ad armeggiare con le cose che aveva in mano per allestire quella che sarebbe stata la sua presentazione. Non distolsi minimanente lo sguardo ,assorta dal suo modo di muoversi così concentrato e perfetto, totalmente diverso dal mio , che era scoordinato e piuttosto maldestro. Per tutta la durata dell’esperimento parlò con tono misurato e usò parole specifiche, non una di esse era fuori posto. Ogni tanto alzava lo sguardo dal pubblico alla mia destra e lo portava verso la porta, al lato della quale io e Maya stavamo ferme. Pensai perfino che ad un certo punto tenesse gli occhi puntati nei miei, perché almeno era quello che facevo io con i suoi, che erano di un blu intenso e scurissimo, visibile da lontano, quanto quello della mia giacca.
“Bri, lo stai fissando.”
Mi disse in un sussurro la voce di Maya nell’orecchio, accompagnata da un verso canzonatorio.
“Credo sia quello che stiamo facendo tutti qui dentro.”
Risposi senza staccare gli occhi dal ragazzo, che a quanto pare si chiamava Evans, il nome dovevo ancora scoprirlo.
“Riformulo, te lo stai spogliando con gli occhi.”
“Maya! Io ho già Luke, non ho intenzione di diventare una sgualdrina davanti a un genietto con gli occhi blu, il fascino del secchione non funziona, con la secchiona.”
Replicai con tono convinto e deciso. Infondo stavo dicendo la verità, lo trovavo interessante certo, ma solo perché era qualcuno di ‘simile’ a me in un certo senso, probabilmente l’unico che avesse ambizioni diverse dalla poesia e dalla letteratura.
“Grazie mille signor Evans, per averci mostrato come le cellule reagiscono alle diverse condizioni esterne, modificando anche se per pochi istanti…”
Il signor Irwin continuò a spiegare l’esperimento che io non avevo seguito e non avevo intenzione di ascoltare mentre il ragazzo si guardava intorno con un’aria annoiata, come se stare lì gli costasse fatica. Una volta congedato anche lui, Maya decise che avremmo aspettato la premiazione, che tanto non le era dispiaciuto sentirsi un piccolo genio una volta. Dopo una serie di stressanti dimostrazioni, finalmente arrivò il momento dell’intervallo, che quel giorno sarebbe stato riempito da un rinfresco organizzato dall’istituto per dare svago a chi assisteva alla gara, ovvero per ostentare la ricchezza e l’eccentricità della scuola. Mi avvicinai al banchetto dove era stato messo il mio esperimento e mi preparai a domande infinite da parte dei presenti, che però erano tutti piuttosto concentrati sul lavoro del biondo, che avevo visto posizionato su un banchetto dall’altra parte della sala.
“Brianna Raynolds?”
Mi chiamò una voce da dietro, facendomi girare e mi trovai davanti una testa bionda, ad una distanza sorprendentemente misurata da me.
“Tu sei Evans… ?”
“Tristan.”
Avevo finalmente scoperto il suo nome. Mi guardò con una certa curiosità come se si aspettasse che io gli chiedessi qualcosa di più su di lui, o che volessi una conversazione. Aveva l’aria di chi sa far cadere le ragazze ai suoi piedi e forse si aspettava che io mi fossi innamorata all’istante di lui. Decisi di tentare
“Piacere allora.”
Fece una risata breve, uno sbuffo praticamente, poi aggiunse
“In realtà ci siamo già conosciuti.”
Piegai leggermente la testa di lato. Per quanto mi costasse ammetterlo, mi sarei ricordata di un ragazzo del genere se lo avessi visto.
Una voce metallica amplificata dal microfono ci fece interrompere, costringendo entrambi a volgere lo sguardo verso il palco, dove una coccarda argentata luccicava in mano al preside.
“Con un po’ di anticipo, voglio annunciare il vincitore della gara di biologia di questo semestre! Ci dispiace affrettare le cose, ma le lezioni dovranno riprendere alla terza ora anziché alla quarta, così da ripetere nelle classi l’esperimento vincitore.”
Fissai con ansia il palco e vidi che Tristan faceva lo stesso.
“Siamo orgogliosi di proclamare esperimento vincente della trentaduesima gara di Biologia della Dickinson High… L’esperimento realizzato dal nostro nuovo e brillante studente, Tristan Evans!”
Un applauso si levò dalla platea e il biondo mi rivolse un sorriso, accompagnato da un’alzata di spalle, che poteva significare ‘sei stata brava anche tu’ , o Dio solo sa cosa. La mia scuola non era fatta per i secondi posti, anche se osservando gli altri esperimenti sapevo che sarebbe stato il mio, ma non ero pronta a ricevere una delusione di un secondo posto. Di solito non mi sarebbe importato molto, ho sempre pensato che i secondi potessero recuperare, ma dopo l’iPhone, il ritardo e tutto il resto, l’amaro in bocca c’era. Il biondo mi guardò sollevando la coccarda, con il viso rilassato, e io gli alzai i pollici in aria, per dimostrargli che se lo meritava.
“Tonando a noi,” ripresi una volta che lui fu tornato nelle mie vicinanze dopo essere stato trattenuto dai professori “Eri tra i candidati nella gara di Trigonometria? Quella che …”
“No, le gare non c’entrano. In effetti ero iscritto, ma non ho potuto partecipare per valide ragioni.”
Il modo con cui pronunciò valide mi fece capire che si riferiva al mio ritardo di prima, se con ironia o con cattiveria non avrei saputo dirlo.
“E allora quando ti avrei conosciuto, Tristan?”
“Stamattina mi hai anche dato dello stronzo, Brianna.”
La mia testa ebbe un movimento di sorpresa al sapere che era lui che mi aveva causato il ritardo per la gara.
“A proposito,” continuò scrutando la mia figura “vedo che hai cambiato giacca.”
“Preferisco essere chiamata Bri, e comunque si, sono stata costretta. Anche se non sapevi chi io fossi avresti potuto fermarti, era ancora presto per arrivare a scuola.”
“Hai detto bene, non sapevo chi tu fossi , e poi chi ti dice che non avessi altro da fare prima di venire qui?”
La conversazione stava prendendo una strana piega che onestamente non mi dispiaceva,  era un intenso scambio di battute, per quanto cinici e freddi potessero sembrare i nostri commenti.
“Non sei newyorchese, ma hai già la loro mentalità.”
“E tu Bri, parli come una principessina, nonostante mi sembra che anche tu, come me, non appartenga a questo.”
Disse indicando la volta ornata da rilievi sopra le nostre teste.
“Beh , a quanto pare le apparenze ingannano anche nel nostro caso.”
Mi fissò per un lungo istante e poi tornò a guardare il mio lavoro, o meglio il lavoro di Maya.
“È qui che ti sbagli,” replicò toccando l’erba del mistero, come a ricordarmi delle parole di Madame “io sono esattamente come mi vedi.”
 
  
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