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Autore: Starishadow    19/08/2014    3 recensioni
Che Ai e Syo siano come cane e gatto è una cosa risaputa, ma cosa può cambiare quando uno dei due esagera, e le sue parole vanno a colpire dritte dritte il fondo del cuore dell'altro? Quali saranno le conseguenze del loro ennesimo scontro? E mentre le ombre del passato iniziano ad allungarsi verso il presente, riusciranno quei due a proseguire per la loro strada, o verranno raggiunti da quel buio?
Se pensate che la storia possa piacervi, entrate pure e leggete! ^^
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ai Mikaze, Syo Kurusu, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 21. Understanding and forgiveness
 
Reiji rientrò in casa sbattendosi la porta alle spalle.
Aveva lasciato Ai e Syo al Master Course, poi si era diretto verso il suo appartamento in cui non tornava da un po’; sapeva che i suoi kohai e gli altri senpai si sarebbero chiesti dov’era finito, ma in quel momento proprio non ce la faceva a fingersi il Reiji infantile e superficiale che tutti conoscevano.
E men che meno ce la faceva a guardare Ranmaru in faccia.
Si buttò sul divano e recuperò una sigaretta, accendendola mentre come sempre la sua mente tornava al passato, a quando aveva appena iniziato a fumare, e Aine ed Hibiki lo fissavano scioccati e iniziavano a strillare che quella roba gli avrebbe rovinato la voce, i polmoni e la vita, mentre Kei borbottava qualcosa sul lasciargli fare quello che voleva, con Aine che gli faceva il verso stizzito ed Hibiki che si piegava in due dalle risate, fregando la sigaretta a Reiji e spegnendogliela.
Aine.
Scosse la testa tentando di togliersi da davanti agli occhi il viso del ragazzo che una volta aveva amato e forse, da qualche parte, continuava ad amare.
Crederlo morto era stato più facile… certo, si sentiva in colpa per quello che gli era successo, aveva avuto crisi isteriche per mesi se non anni, non era mai tornato ad essere completamente se stesso e aveva perso anche Kei e Hibiki, ma… in 5 anni aveva imparato a sopportare tutto questo, e solo perché pensava che Aine fosse ormai in un luogo dove non poteva raggiungerlo si era azzardato a pensare di ricominciare con Ranmaru, che comunque doveva tuttora convivere con il fantasma del vecchio amante del suo ragazzo.
E adesso?
Adesso veniva fuori che la morte del suo migliore amico era tutta una farsa, che Aine era ancora lì con lui e lui non lo sapeva… se quel ragazzo si fosse svegliato, non avrebbe più avuto nemmeno il coraggio di trovarsi nella sua stessa stanza, e se invece non l’avesse fatto, sarebbe stato come averlo ritrovato solo per perderlo di nuovo.
Perché??
Non riusciva a smettere di pensare che Ai fosse stato un grandissimo bastardo in tutti quegli anni a non dirgli niente. Accidenti, era stato bravo a fare la parte del fratellino disperato… e lui che l’aveva pure consolato!!
Tirò un pugno al tavolinetto vicino al divano per la rabbia, mentre una nuvola di fumo gli usciva dalle labbra.
Ce l’aveva con Ai che non gliel’aveva detto, ce l’aveva con Shining per non aver aiutato Aine quando poteva farlo e… ce l’aveva anche con Aine, per non essere stato abbastanza forte da rialzarsi.
“Dovevi proprio farlo, vero Aine? Non potevi parlarne con qualcuno, non potevi farti aiutare, no?!!” pensò irritato, mentre la stanza attorno a lui sembrava iniziare a tremare.
Era più facile arrabbiarsi con l’amico ed accusarlo di non aver chiesto abbastanza aiuto, piuttosto che pensare a quello che avrebbe potuto fare per lui quando ancora era in tempo… era sempre con lui che il ragazzo dagli occhi turchini e l’espressione seria crollava ogni volta, era a lui che diceva con voce angosciata che non sopportava più tutto quello, che odiava il mondo dello spettacolo, che le grida delle fan lo spaventavano, che cantare lo soffocava… e lui che cosa aveva fatto? Gli aveva detto di farci l’abitudine che tanto sarebbe passato.
E quel giorno gli aveva urlato di smetterla di piagnucolare come una bambinetta, era andato a quella dannata audizione senza di lui e aveva spento il cellulare.
Ricordava l’irritazione quando, nel riaccenderlo, aveva trovato messaggi su messaggi, avvisi di chiamate e mille registrazioni sulla segreteria… Perché Aine doveva comportarsi così? Aveva voluto fare l’idol, e ora che ci era riuscito di che si lamentava?
Era stato tentato di non aprire nemmeno un messaggio o sentire quello che c’era nella segreteria telefonica, ma alla fine l’aveva fatto: Aine era pur sempre il suo migliore amico, l’aveva aiutato quando lui aveva avuto bisogno di lui, si era cacciato in ogni genere di guaio per lui… così aveva ascoltato uno ad uno i messaggi lasciati in segreteria, gli occhi sempre più spalancati dalla sorpresa.
L’ultimo gli aveva fatto precipitare il cuore fin sotto i piedi, mentre il suo corpo sembrava essere stato immerso nell’azoto liquido mentre sentiva la voce di Aine che non tremava più, ma sembrava solo un involucro di disperata determinazione avvolto attorno al nulla.
“Reiji-san… avevi ragione. Piagnucolare non serve a niente. Mi dispiace averti disturbato per tutto questo tempo, farò in modo di non essere più un peso per te o per nessun altro. Grazie per avermi sopportato fino ad ora, io… ti a… no, niente. Addio, Reiji” si sentiva del vento in sottofondo, e il rumore di quelle che sembravano onde.
Ma Aine non avrebbe mai fatto una cosa simile, no? Era il più fragile fra i quattro del gruppo di amici, ok, ma… non sarebbe mai arrivato a…
Non aveva ancora finito di formulare il pensiero che già stava correndo fuori dallo studio, chiamando un taxi freneticamente.
 
Il rumore della porta che veniva aperta riportò Reiji al presente, la sigaretta ormai ridotta ad un mezzo cumulo di cenere. Sospirò e la spense definitivamente.
Non aveva bisogno di voltarsi verso l’ingresso per sapere chi era:  solo una persona aveva la chiave del suo appartamento, ma quella era l’unica persona che non voleva vedere.
«Kotobuki, che cos’è successo? Ai sembra un fantasma e Kurusu è peggio del suo bodyguard, tu non torni nemmeno a casa… stai bene?» il tono seccato di Ranmaru nascondeva affetto e preoccupazione, che solo Reiji era in grado di cogliere, e questo fece sentire anche più in colpa il più grande fra i due.
Alzò gli occhi sul ragazzo, esitante, ma fermò lo sguardo all’altezza delle labbra del compagno, sapendo di non poter sopportare di incontrare il suo sguardo.
«Ran-ran» sussurrò, tremante «mi dispiace» disse infine.
«Di cosa?!» chiese confuso l’altro, avanzando verso di lui.
Una sola cosa univa Ai e Reiji, o meglio, una sola persona, ma il rockettaro proprio non riusciva a capire cosa poteva essere successo. Aine era morto, no? Non poteva essergli accaduto altro…
Reiji a quel punto lo abbracciò, piangendo disperato:
«Ran-ran, mi dispiace! P-per tutto questo tempo è come se ti avessi usato solo perché volevo dimenticarmi di Aine, e non è giusto!!! Non è giusto che dopo tutti questi anni lui ricompaia così e mi incasini la testa, io… io… io non voglio!!!!»
Ranmaru si irrigidì, sempre più sconcertato: di che diamine stava parlando Reiji?!
«Reiji, calmati…» lottò un po’ per riuscire a mettere le mani sulle spalle del compagno e allontanarlo per costringerlo ad incontrare il suo sguardo «di che cosa stai parlando?»
Reiji scosse la testa, chiudendo gli occhi:
«Aine è ancora vivo. In coma, in pessime condizioni, ma… è ancora vivo e io… io non dovrei sentirmi così adesso! Dovrei essere indifferente… al massimo contento come lo sarebbe un amico… io dovrei amare solo te, no??»
Ranmaru sembrò prendere la notizia relativamente bene, si limitò ad alzare gli occhi al cielo e sospirare:
«Reiji, so benissimo che Aine è sempre stato un chiodo fisso nella tua mente» disse con calma, sfiorando una guancia umida del maggiore e riuscendo a regalargli un mezzo sorriso «non ti ho mai chiesto di dimenticarti di lui»
«Ma non è giusto» ripeté Reiji, sentendosi ancora più in colpa di fronte alla comprensione di Ranmaru.
Forse avrebbe preferito che lo odiasse.
Sì, era quello che si meritava: che Aine fosse morto, o che non si ricordasse di lui, e che Ranmaru lo detestasse con tutto se stesso.
Si meritava di restare solo.
Ranmaru non disse una parola, lo strinse a sé e rimasero così per qualche minuto, prima che il più giovane – ignorando la fitta al petto che gli davano quelle parole – dicesse con tono rassicurante:
«Rei… so che non lo hai mai veramente dimenticato. Se Aine dovesse svegliarsi, e tu vorrai stare con lui… non pensare a me, nemmeno per un momento. Starò bene… insomma, non è che io sia poi così tanto innamorato di te» dirlo fu doloroso, ma Ranmaru sapeva che era necessario. Amava Reiji abbastanza da essere pronto a rinunciare a lui, se fosse arrivato il momento.
L’ultima parte del suo discorso fece scappare una risatina stanca e nervosa a Reiji, che si strinse più forte a lui.
Non si meritava qualcuno come Ranmaru, e Ranmaru si meritava qualcuno molto migliore di lui… eppure in quel momento erano lì, stretti l’uno all’altro nonostante tutto.
… Forse era arrivato il momento di dire veramente addio ad Aine …
 
«Spero solo che Kotobuki-senpai stia bene» mormorò Otoya quasi sovrappensiero, guardando preoccupato fuori dalla finestra mentre un violento temporale iniziava a rovesciarsi fuori dall’edificio.
Tokiya alzò gli occhi dal suo libro, lanciando uno sguardo carico di affetto al compagno appollaiato sul davanzale con uno dei suoi soliti manga sulle ginocchia, e gli sorrise gentilmente prima di rispondergli con voce dolce e rassicurante:
«Sono sicuro che lui e Kurosaki-senpai se la caveranno»
Erano nella sala comune, dove erano concentrati diversi divani, un caminetto, una console per i videogiochi e quant’altro sarebbe potuto servire agli idols per rilassarsi.
«Oh eccome» sogghignò Ren scagliando una freccetta verso il bersaglio, facendo centro come suo solito, Masato sospirò e continuò a leggere:
«Sei sempre il solito, Jinguji» commentò con voce seria, ma più per abitudine che per altro.
Il maggiore si imbronciò e si mise a sedere per terra accanto all’amico di infanzia, che gli diede una breve occhiata per poi tornare al suo libro, ignorando il fatto che l’altro gli avesse poggiato il capo sulla spalla, facendogli il solletico con le lunghe ciglia che gli sfioravano la gola.
Natsuki, seduto davanti alla console con Cecil, tentava di far vincere Piyo-chan ad una gara di velocità contro un’altra mascotte,  di tanto in tanto voltava lo sguardo verso Syo ed Ai, seduti un po’ in disparte, che schiena contro schiena erano apparentemente impegnati a scrivere dei testi su delle nuove canzoni, ma a nessuno erano sfuggite le loro mani che non reggevano la penna che di tanto in tanto scivolavano una verso l’altra.
I due avevano raccontato a tutti gli Starish e a Camus che cosa era successo nonappena Ranmaru era uscito di corsa per andare da Reiji, e sebbene tutti fossero rimasti scioccati dalla notizia su Aine, nessuno aveva fatto alcun genere di commenti sul fatto che nessuno dei due sembrava più essere sul piede di guerra verso l’altro.
Solo Ren aveva avuto il coraggio di fare l’occhiolino a Syo, ricevendo un’occhiataccia in cambio, ma nessun altro genere di protesta.
Le cose fra loro sembravano finalmente aver iniziato a prendere la piega giusta, sebbene a tutti dispiacesse vedere che il prezzo per quella loro tregua stava venendo pagato interamente da Ai, ancora più taciturno del solito.
«Oh, Syo-chan» intervenne Natsuki, distrattamente «dato che Kurosaki-senpai non passerà qui la notte, ho chiesto a Ren e Masa se posso passare la notte in camera loro»
Syo alzò gli occhi, confuso:
«Come mai?» chiese, inclinando la testa, e anche Ai fece capolino da dietro la sua spalla per osservare il suo kohai.
Natsuki sorrise e fece spallucce:
«Io e Masa abbiamo una cosa di cui parlare, e Ren… beh è camera sua, non potevo sfrattarlo» ridacchiò quasi nervosamente, e Syo parve anche più scettico mentre si voltava verso Masato, in quel momento leggermente impegnato con un certo rubacuori che finalmente aveva distolto la sua attenzione dal libro.
Sospirò, rinunciando a capire cosa aveva in mente Natsuki:
«Va bene, come vuoi… se devi rientrare però non fare casino come al solito» disse infine, e Ai annuì, d’accordo con il maggiore.
Tokiya parve ricordarsi in quel momento di una cosa:
«Oh, giusto, domani pomeriggio dovrebbero venire a sistemare la vostra doccia» disse, guardando i due che annuirono nuovamente, ringraziandolo.
La scusa ufficiale per quell’incidente era stata che Syo aveva lasciato il pavimento bagnato, e Ai era scivolato atterrando pesantemente sul vetro, ferendosi le mani. Gli altri non erano sembrati poi così convinti, ma li avevano lasciati in pace.
C’era un tempo per stuzzicarsi l’un l’altro e uno per stare tutti insieme in silenzio, godendosi semplicemente la presenza dei propri compagni e la sensazione che chiunque, in quella stanza, poteva contare su tutti gli altri, sapendo che ognuno avrebbe fatto del suo meglio per dargli ciò di cui aveva bisogno.
 
Ai fu il primo a rifugiarsi in camera, seguito poco dopo da Syo che ancora non si fidava a lasciarlo solo, l’incidente con il vetro della doccia era ancora troppo recente.
Il minore però non parve troppo entusiasta di essere seguito:
«Non devi farmi da babysitter, adesso» disse freddamente, cogliendo alla sprovvista il biondo a cui dava le spalle «se lo stai facendo solo perché ti faccio pena, o hai paura che io possa fare una sciocchezza…» aveva mantenuto un tono neutro, ma in realtà era un pensiero che lo torturava dal viaggio di ritorno in auto, quando la sua mente era riuscita a pensare in maniera minimamente lucida.
Syo non aprì bocca, spingendo Ai a voltarsi per vedere se se n’era andato, ma quando lo fece il maggiore gli posò le mani sulle spalle e alzò lo sguardo verso di lui:
«Non dire idiozie, Mikaze» disse, seriamente «sono il primo che odia essere trattato diversamente solo per compassione, ricordi?»
Il minore non disse nulla, ma un leggero rossore si diffuse sulle sue guance pallide e lisce, sorprendendo Syo:
«Scusami» sussurrò, a malapena udibile. Poi parve prendere coraggio, e incrociò di nuovo il suo sguardo:
«Senti, non iniziare a farti strane idee adesso» gli rivolse un sorriso tirato, segno che il suo morale era ancora a terra ma almeno ci stava provando «ma potrei… insomma… ti dispiacerebbe… ecco…» le sue guance si tinsero ulteriormente di rosso «potreidormirecontestanotte?» chiese alla fine, avvampando furiosamente, stringendo i pugni e chinando il capo.
Syo fu colpito duramente dal senso di tenerezza che lo colpì di fronte a quella visione, e prima ancora che potesse realizzarlo, le sue labbra pronunciarono la risposta da sole:
«Va bene… ma cerca di non allargarti troppo»
Il minore lo guardò con un piccolissimo sorriso di gratitudine, prima di recuperare il pigiama e dirigersi verso il bagno, da cui qualcuno aveva fatto sparire tutto il vetro mentre loro erano fuori.
Syo si sedette sul suo letto mentre aspettava, e si accorse con una certa sorpresa che l’idea di dividere il letto con Ai, avendo la possibilità di sentirlo abbandonarsi fra le sue braccia di nuovo, non gli dispiaceva proprio per niente.
Sospirò.
«Tu guarda che effetti mi fai, ragazzino» bofonchiò, posando il mento sulle mani.
Ripensò alla scena che si era trovato davanti quando Ai aveva appena ricevuto la chiamata, al modo in cui gli era sembrato essere in frantumi come il vetro sotto di lui, al suo sguardo smarrito mentre gli chiedeva di restare, alla sua esitazione davanti alla porta del fratello…
Era un Ai che non aveva mai visto prima, indifeso e vulnerabile, che in tutto quel tempo era rimasto ben nascosto, soffrendo in silenzio e costruendosi una corazza; in quel momento decise che non avrebbe mai più lasciato che gli succedesse qualcosa, a qualsiasi costo.
Quando il minore uscì dal bagno, con i capelli sciolti e il pigiama leggermente troppo lungo per lui che gli copriva mani e piedi che gli dava un’aria ancora più giovane del solito, Syo si alzò e, a tradimento, premette le labbra contro le sue, scappando in bagno prima che l’altro avesse il tempo di reagire.
Ai non potè trattenere una risatina a quel gesto, poi si infilò nel letto del maggiore e si raggomitolò in un angolino, in attesa.
Si era quasi addormentato quando un corpo caldo si premette vicino al suo, e lui si rannicchiò contro quel calore, nascondendo di nuovo il viso nel petto del biondo, che lo circondò ancora una volta con le braccia e gli sfiorò la testa con le labbra.
Ai sorrise ad occhi chiusi.
«Buonanotte, Ai-senp…» Syo si interruppe e rimase pensieroso per un momento «… Ai-kun»
«Buonanotte, Syo-kun. Ti…» Syo potè giurare di aver sentito il ragazzo sussultare per un secondo «no, niente» bisbigliò Ai più a se stesso che altro «… forse… non ti odio… più» disse, con la voce soffocata dal pigiama del più grande, che sorrise e lo strinse più forte.
Ai aveva ragione: era ancora presto per dire altre due parole in particolare, quindi…
«Nemmeno io ti odio così tanto, Ai-kun. Dormi bene» bisbigilò, raggomitolandosi a sua volta in modo da stare il più vicino ad Ai, e lentamente si addormentarono.

 
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Nota dell'autrice: approfittando di una giornata con meno febbre *coff* l'ho altamente ignorata quindi come se non ci fosse stata *coff*, mi sono dedicata al ventunesimo capitolo!!! :D
Come sempre, qualsiasi commento è il benvenuto, quindi fatemi sapere cosa ne pensate!! ^^
Non ho resistito al richiamo del ReiRan... scusate eheheh forse la reazione di Ranmaru è un po' OOC o assurda, ma... mi piaceva l'idea che lui sia pronto a farsi da parte, in silenzio, per lasciar vivere Reiji quello che vuole... spero che non sia stata un'idea tanto pessima >///< 
... E non ho resistitonemmeno a questa scena fra Syo ed Ai, che sono tipo 21 capitoli che aspetto di mettere xD finalmente mi si è presentata l'occasione!! 

Un grazie di cuore alle mie recensitrici (ho seri problemi con questa parola impronunciabile O.o) fedeli, che mi ispirano e mi fanno venire voglia di scrivere sempre di più!! :D ci vediamo al prossimo capitolo!!! ^^
Grazie per essere arrivati fin qui!!
A presto!

Baci,
Starishadow
   
 
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