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Autore: NyxNyx    20/08/2014    4 recensioni
Melissa è una ragazza di quasi diciotto anni che si trasferisce in una nuova città.
Sta crescendo, con l'aiuto di suo padre, la piccola Emma.
Ce la farà questa giovane donna a conquistare un po' di felicità, in mezzo a tutte le novità che l'ultimo anno di liceo le sta riservando?
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Emilio

«Melissa sta male?» - chiesi preoccupato alla donna che avevo di fronte.

«Fisicamente no» - mi rispose - «La febbre è passata ed oramai è in via di guarigione, ma questa mattina abbiamo parlato e mi preoccupa un po' quello che mi ha detto».

La guardai in attesa che continuasse ma disse che non era appropriato parlarne in corridoio, perciò mi condusse nel suo studio.

Ci sedemmo l'uno di fronte all'altra e provò a spiegarmi la situazione.

«Sua figlia mi ha raccontato quello che è successo qualche anno fa. Mi dispiace per la sua perdita, condoglianze» - iniziò, stringendomi la mano.

«La ringrazio» - sospirai stupito che Mel si fosse aperta così tanto con un'estranea.

«Melissa soffre di DPTS» - mi informò - «Cioè di Di...».

«Disturbo Post Traumatico da Stress» - l'anticipai - «Lo so, è stato causato dall'incidente. Soffre dei complessi della “colpa del sopravvissuto”» - virgolettai con le dita - «È stata in terapia due anni, prima che ci trasferissimo».

«Oh» - disse stupita - «Bene, allora non dovrò dilungarmi in inutili spiegazioni. Perché ha smesso di frequentare uno psicologo?».

«Il dottor Sena affermò che mia figlia stava bene e così ci siamo trasferiti» - risposi - «Quando siamo arrivati qui, le chiesi se volesse proseguire con le sedute, ma era tranquilla e felice di ricominciare tutto da capo, così disse che non era necessario, che andava tutto bene, e voleva tornare a vivere normalmente».

«Lo capisco, ma tra l'ultimo anno di liceo e una bambina piccola da crescere, Melissa è sottoposta a un forte stress. Parlando con lei, ho riscontrato una ricaduta nella DPTS. Ha di nuovo incubi, insonnia e ansia, non passerà molto tempo prima che ricompaiano i flashback e si senta confusa. Deve assolutamente eliminare le fonti di stress, e con il suo permesso, vorrei cercare di capire che cosa abbia provocato il risveglio del trauma» - disse.

«Il libro...» - sospirai serrando gli occhi.

 

Che stupido. Come avevo fatto a non accorgermene prima!?!

 

La dottoressa mi guardò interrogativa, così provai a spiegarle.

«Poche settimane dopo l'inizio della scuola, una ragazza ha scoperto che Melissa ha scritto un libro, e lo ha fatto sapere all'intera scuola» - le spiegai - «Come le avrà raccontato mia figlia, l'incidente è avvenuto mentre stava andando a presentarlo, perciò crede sia colpa sua. Mi ha sempre detto che se non avesse scritto “Only child” non sarebbe successo niente, e la nostra famiglia sarebbe ancora unita ma non è colpa sua. Io lo so. Ho cercato di farglielo capire in tutti i modi ma fatica ad accettarlo. Se quella ragazza non avesse scoperto il libro, probabilmente Melissa non avrebbe avuto una ricaduta».

«Capisco» - disse la donna comprensiva - «Mio...».

Vidi che stava pensando se dirmi qualcosa ma alla fine si convinse.

«Mio padre ha sofferto di DTPS. Quando è tornato dal Vietnam non era più lo stesso ma... è guarito. Io ho iniziato a studiare medicina proprio per questo. Certo, poi ho preso una strada diversa specializzandomi in medicina d'urgenza, ma ho capito subito quale fosse il problema di Melissa» - mi raccontò - «Ho parlato poco con sua figlia ma vorrei davvero aiutarla in qualche modo. Mi ha colpito la vostra storia, e credo di poter fare qualcosa se me lo permetterà».

«Che cosa aveva in mente?» - chiesi subito. Se poteva aiutare la mia piccolina, ogni proposta era ben accetta.

«Vorrei venire a trovarvi almeno una volta in settimana» - rispose - «Si è già aperta molto con me, e sono sicura che parlare ancora un po' le farà bene».

«Certo, questo è il mio numero» - dissi scrivendolo su un post-it - «Mi chiami, così potremo metterci d'accordo».

«Perfetto» - sorrise - «Ora vada da Melissa, sono sicura che la stia aspettando».

 

Annuii e la ringraziai ancora, poi uscii dalla stanza e mi diressi verso quella di Mel.

Quando fui a pochi passi, vidi che Castiel le stava già facendo compagnia.

Era seduto affianco a lei, e le stava sistemando una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mentre stavano ridendo per qualcosa.

 

«Emilio» - sentii chiamarmi, così mi voltai di scatto.

«Sì dottoressa Borgo?» - chiesi alla donna.

«Sara» - esclamò sorridendo - «Ho dimenticato di dirle un'altra cosa».

«Sì?» - domandai.

«Entriamo» - rispose - «Sono sicura che interesserà anche a loro».

Non sapevo se essere preoccupato o meno da questa esclamazione, ma aprendole la porta, la feci passare precedendomi.

 

«Papà» - esclamò Mel.

«Scusa, mi sono attardato a parlare con la dottoressa» - dissi restando sul vago.

«Ho una buona e una cattiva notizia» - intervenne quest'ultima - «La buona è che Melissa può tornare a casa».

Vidi i due ragazzi illuminarsi in volto, e anch'io ero decisamente sollevato dalla cosa.

«E la cattiva?» - chiese Castiel precedendomi.

La dottoressa lanciò un'occhiata alla ragazza, sorridendo quasi perfida - «Melissa deve smettere di fumare».


 

Castiel

Che stronza!

Insomma, ok... lo diceva per il suo bene, ma c'è modo e modo.

Vidi Emilio guardare sua figlia con severità.

«Mai in presenza di Emma» - fu l'unica cosa che disse Mel.

«Lo so, ne riparliamo a casa» - rispose l'uomo - «Prendi le tue cose».

 

Quando arrivammo a casa non sapevo se lasciarli soli o restare.

Dalla tacita supplica di Melissa era il secondo caso.

Quando Emilio chiuse la porta alle sue spalle, si limitò a voltarsi e guardarla.

«Lo so...» - esclamò la ragazza sospirando - «Ti ho deluso».

L'uomo continuò a guardarla in silenzio senza dire una parola.

«È stato un periodo complicato» - continuò alzando gli occhi al cielo - «Ma posso smettere quando voglio, non è un vizio».

 

Sì certo, diciamo tutti così...

 

Suo padre continuò a fissarla senza far trasparire alcuna emozione.

«Di qualcosa...» - la sentii quasi supplicare - «Arrabbiati, sgridami, me lo merito».

 

Oggi avevo capito qualcosa in più della famiglia Gualtieri. Emilio non aveva bisogno di urlare o imporsi con sua figlia. Era bastato uno sguardo e il suo silenzio, per mettere Melissa in condizione di capire il suo sbaglio.

Ed era la stessa cosa che faceva lei con Emma, probabilmente senza rendersene conto.

Credere di aver deluso una persona a cui si vuole bene, è la sofferenza peggiore a mio avviso.

 

«Le sigarette» - disse suo padre, aprendo il palmo della mano.

«Vado a prenderle» - rispose lei a testa bassa avviandosi verso la sua camera.

Quando tornò gli consegnò un pacchetto mezzo vuoto, e un paio di accendini.

«Non voglio più discuterne» - concluse - «E tu ragazzo, sarai il suo supervisore».

Annuii ed estrassi le mie, di sigarette, le consegnai anch'io e sorrisi leggermente imbarazzato - «Insieme sarà più facile».

Emilio per non mostrarci il mezzo sorriso che vidi chiaramente stava per comparire sul suo volto, si voltò e ci informò che si preparava per uscire a fare la spesa.

Quando mi girai verso Melissa mi si gettò al collo, fu un gesto improvviso dettato dall'istinto e non poté che farmi piacere.

«Grazie» - sussurrò.

Le baciai la fronte e sorrisi, non c'era niente da dire in realtà.

 

«Mentre faccio la spesa» - disse suo padre prendendo alcune borse di pezza da un mobiletto - «Organizzati per domani. Voglio che inviti tutti i tuoi nuovi amici e che risolvi questa storia. Niente più segreti, niente più mezze verità. Stress è una parola che deve essere cancellata dal tuo vocabolario, o mi arrabbierò molto seriamente».

«Va bene papà» - pigolò lei - «Te lo prometto».

 

Quando la porta si chiuse la vidi sospirare e socchiudere gli occhi.

«Non sopporto questa situazione» - sbottò tremando leggermente.

Capii subito a cosa si riferisse, così provai a distrarla un po'. Mi accovacciai leggermente e la caricai in spalla, come fosse un sacco di patate.

«Castiel!!!» - strepitò lasciandosi sfuggire una risata - «Mettimi giù».

«Mi dispiace, ma la dottoressa ha detto che devi stare a riposo» - esclamai serio, mentre la portavo in soggiorno.

«Ti prego mettimi giù» - supplicò - «Soffro di vertigini».

Feci un piccolo balzo e lei si aggrappò istintivamente alla mia schiena come fosse un koala.

«Eccoci arrivati a destinazione» - scherzai, facendola cadere con delicatezza sul divano.

«Sei terribile!» - disse colpendo leggermente la mia schiena.

«Ti sei calmata un po'?» - chiesi sistemandole i capelli dietro all'orecchio destro.

«Sì» - sorrise - «Che farei senza di te?» - chiese retorica.

Ridacchiai mentre iniziavo ad accarezzarle una mano, poi la ruotai fino a far intrecciare le nostre dita.

«Mi sei mancata in questi giorni» - confessai sistemandomi meglio accanto a lei.

«Anche a me» - esclamò sorridendo - «Ti ho trascurato, ma mi farò perdonare».

«Non vedo l'ora» - sogghignai prima di baciarla.

 

La coccolai per un po' stringendola fra le mie braccia, mentre ce ne stavamo rannicchiati in un angolo del divano a guardare distrattamente la televisione, visto che eravamo molto più concentrati sulle carezze, sui baci, sui sospiri che riuscivo a rubarle.

«Sono preoccupata per domani» - sussurrò ad un tratto - «Chissà come la prenderanno per Emma, per noi, per tutto insomma».

Deglutii restando in silenzio per qualche secondo.

«Pulce che succede?» - mi domandò aggrottando la fronte.

Sorrisi sentendo quel nomignolo, era da tanto che non lo usavamo. Poi radunai le idee e mi decisi a parlare.

«Ti consola se ti dico che sanno già di noi?» - provai a chiederle innocentemente.

Si staccò velocemente per guardarmi negli occhi, e rimase impalata a fissarmi sbattendo le ciglia di tanto in tanto.

Non sapevo che pensare, o meglio, non sapevo che cosa stesse pensando lei.

«Com'è possibile?» - mi chiese.

«Gliel'ho detto ieri» - dissi, ma vedendo che stava per aggredirmi verbalmente, la interruppi subito - «Lasciami spiegare» - esclamai mettendo le mani in avanti con i palmi ben aperti verso di lei.

«Ero preoccupato per te. Stavo per venire a casa tua, quando ho sentito Alexy e gli altri dire che volevano farti una sorpresa venendoti a trovare. Ho pensato che potesse essere un problema, non solo perché stavi male, ma perché sarebbe stato un casino andare a prendere Emma. Così ho cercato di dissuaderli e convincerli che non era il caso, date le tue condizioni. Mi hanno messo alle strette chiedendomi come mai tra tutti, fossi l'unico che ti aveva vista nella settimana in cui era assente, e Alexy aveva già scoperto tutto giorni fa, perciò non potevo mentire e tu avevi detto che presto o tardi gliene avresti parlato, così ho pensato che era inutile temporeggiare e... gliel'ho detto».

 

Silenzio.

 

Un lungo e imbarazzante silenzio, almeno per me.

«Lo so. Avrei dovuto dirtelo prima, ma quando sono arrivato ne ho parlato con tuo padre, e poi sei stata male e io non sapevo più che fare. Insomma, eri in ospedale, questa cosa è passata in secondo piano e sinceramente, se non ne avessi parlato tu ora, me ne sarei completamente dimenticato. Scusami».

 

Silenzio.

 

Ancora...

 

«Mel. Parlami ti prego» - la supplicai - «Davvero, se ho sbagliato ti chiedo scusa, ma l'hanno presa bene credimi. Insomma, Iris e Rosalya saltellavano come due adolescenti impazzite, Alexy già lo sapeva, Armin è caduto dalle nuvole, ma era contento per noi e Nath... beh, Nathaniel è quello che mi ha stupito più di tutti in realtà, ha detto che se noi eravamo felici anche loro lo erano per noi, e che gli piaci ancora, ma dopo quello che è successo con il libro e con Ambra, sa di non avere alcuna possibilità, così non si intrometterà più tra noi».

 

«Nessuna scenata?» - chiese.

«No» - risposi sollevato dal fatto che stesse parlando.

«Non vi siete presi a pugni?» - domandò ancora.

«No» - sorrisi.

«Quindi è tutto ok» - disse, ma era più un pensiero che stava facendo ad alta voce, che una domanda o un esclamazione.

«Melissa» - richiamai la sua attenzione - «Questo punto ormai è chiarito, risolto e superato, perciò non devi preoccuparti, domani gli racconterai di Emma, e vedrai che non ci saranno problemi».

«Lo credi davvero?» - mi chiese un po' titubante.

«Hanno accettato me che non sono carino e coccoloso come Em, vedrai che l'adoreranno» - celiai divertito.

La vidi rilassarsi e sorridere a sua volta - «Ti stai sottovalutando mio caro» - esclamò prima di sporgersi verso di me e baciarmi con dolcezza.

 

La trascinai piano su di me, fino a farla praticamente sdraiare sul mio corpo. Non sapevo quanto ci avrebbe impiegato Emilio nel tornare dalla spesa, e di certo non volevo ci trovasse così, sarebbe stato piuttosto equivoco, anche se di fatto, non avevamo ancora fatto niente.

Il problema è che se in un qualsiasi giorno, ce la saremmo cavata con una battuta, qualcosa mi faceva pensare che oggi, farsi trovare a “pomiciare” sul divano avrebbe avuto parecchie controindicazioni.

Così, nonostante Melissa si stesse impegnando parecchio, a farmi perdere il controllo, cercavo di ascoltare qualsiasi rumore esterno.

«Non tornerà prima delle undici» - mi sussurrò Mel, quasi avesse capito i miei pensieri.

«Sei sicura?» - chiesi un po' sconcertato dalla cosa.

«E' mio padre, lo conosco. Passa ore al mercato in centro, alla ricerca della frutta e della verdura migliore. E' una deformazione professionale credo».

«Se lo dici tu» - dissi facendo morire la mia esclamazione contro le sue labbra.

La sentii sorridere e poco dopo, stava intrecciando le mani nei miei capelli.

 

Ogni volta che ci trovavamo in queste situazioni, scoprivamo un po' più dell'altro. Nel tempo trascorso insieme, avevamo capito che il collo era una zona estremamente sensibile per entrambi. Inoltre, lei resisteva al solletico, molto meno di me, e per questo a volte iniziavamo battaglie fino all'ultima risata. La complicità che stavamo costruendo, era una cosa che adoravo, e tornare a casa con il suo profumo addosso, mi faceva fantasticare ben più del dovuto.

Ammetto di non essermi spinto molto oltre con lei, per paura, forse. Non ho mai voluto affrettare le cose, dopo tutto quello che mi aveva raccontato, la cosa migliore era lasciarle il suo tempo, ma ogni volta che si spingeva un po' più in la, ogni volta che mi faceva capire di essere pronta per qualcosa di più, non mi tiravo certo indietro.

Mi sollevò piano la maglia, facendo scorrere le mani dagli addominali fino alle spalle.

«Qualcuno fa palestra» - sorrise maliziosa.

«Già» - risposi compiaciuto - «E' merito dell'abbonamento annuale che mi hanno regolato i miei... oh cazzo...».

«Che c'è?» - domandò bloccandosi all'istante.

«Tuo padre...» - iniziai a dire, ma venni subito travolto da Melissa che con una forza che non credevo le appartenesse, mi aveva già rimesso la t-shirt - «Che diavolo...».

Mel mi trascinò a sedere e poi si sistemò in maniera fin troppo composta al mio fianco.

«Che stai facendo?» - chiesi perplesso?

«Hai detto che è arrivato mio padre» - disse come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo.

«No...» - sospirai - «Io ho detto... Tuo padre... Ma non mi hai lasciato finire».

Restò a guardarmi in silenzio per qualche secondo, poi sbottò - «Beh?».

«Tra le tante cose che sono successe» - conclusi - «Mi sono dimenticato di dirti, che questa mattina, tuo padre ha parlato con mia madre al telefono».

«Quando scusa?» - chiese perplessa.

«Oh giusto... Vediamo di riassumerti le ultime ventiquattro ore. Sei stata male, Emilio ti ha portato al pronto soccorso, io ho chiamato Lys per avere supporto morale e sono andato a prendere Emma all'asilo. Tuo padre mi ha chiamato per dirmi che ti ricoveravano, ma che non sembrava essere niente di grave. Io ho portato Em al parco, l'ho coccolata e viziata un po'» - sorrisi - «Credimi, ne avevo più bisogno io di lei. Poi sono tornato qui» - sogghignai compiaciuto - «Visto che Emilio mi ha dato le chiavi, e le ho fatto fare il riposino. Ho preparato cena, poi ho mangiato con Emma, abbiamo guardato un po' di cartoni animati, le ho fatto il bagnetto e messa a dormire. Sono rimasto a qui fino a quando tuo padre non è tornato, sperando che ci fossi anche tu, stavo per andarmene, ma mi ha chiesto di rimanere a dormire nel caso gli fosse servito aiuto con la piccola, visto che di solito te ne occupi t...».

Mi baciò interrompendomi e non mi lamentai affatto della cosa.

«Questo era per?» - chiesi quando si staccò da me.

«Per essere un uomo di parola» - sorrise stampandomi un altro bacio - «Hai promesso che saresti rimasto al mio fianco, che mi avresti aiutato e l'hai fatto. Lo hai fatto davvero».

«Aspetta a ringraziarmi, non ho finito di raccontare» - celiai accarezzandole i capelli - «Mi sono svegliato con Emma che mi strattonava la maglietta e mi chiamava papà» - dissi intenerito e un po' imbarazzato per il sorriso ebete che ero sicuro di avere in quel momento - «Poi tuo padre ci ha chiamato per la colazione, e mentre preparavo la bimba per l'asilo, mi ha chiamato mia madre. Avevo dimenticato il telefono di sotto, perciò sono sceso, ho risposto e visto che eravamo leggermente in ritardo le ho chiesto di richiamarmi più tardi, ma Emilio mi ha chiesto di passargliela e così io sono tornato di sopra da Emma. Non so che cosa si siano detti di preciso, ma tornano tra due settimane e da quello che ho capito, si sono già organizzati per incontrarsi a cena».

«Cioè...» - esclamò Mel perplessa - «Sto male, un giorno, e tu e mio padre rivoluzionate tutto?».

«Come puoi vedere» - sorrisi tranquillo - «Va tutto bene. Io fossi in te non mi farei troppe domande. I ragazzi hanno accettato il nostro rapporto, i nostri genitori presto si conosceranno, l'ultima cosa che ti resta da fare domani è raccontare di Emma. Pensi di farcela?».

«Devo farcela... Non ho molte alternative. Però non voglio che Em sia presente. Insomma, sa già tutto, con mio padre abbiamo deciso da subito, di non nasconderle niente, però vorrei evitare di coinvolgerla».

 

La tirai piano contro di me e iniziai ad accarezzarle la schiena. Non c'era molto da dire, potevo capire come stava, ma in questo momento non avrei potuto dire niente che non risultasse banale o inutile. Così mi limitai a stringerla per fargli sentire la mia presenza, e continuai a coccolarla e vezzeggiarla.

Dopo una decina di minuti si addormentò contro la mia spalla. Immagino fosse stanca per tutto quello che le era successo in questi giorni. Fortunatamente quando Emilio tornò, sembrava fosse tranquillo, così mi alzai cercando di non svegliare Melissa, e andai a dargli una mano.

 

Quando la ragazza si riprese dal suo sonnellino, mi chiese di lasciarli soli un attimo perché voleva parlare con suo padre.

Io acconsentii subito e mi spostai in soggiorno, così dopo un quarto d'ora l'atmosfera tra i due era decisamente migliorata e potemmo pranzare in completa tranquillità.

Passammo il resto del pomeriggio sul divano ad ascoltare musica, mentre suo padre gironzolava per casa a fare qualche lavoretto di manutenzione.

«E' quasi ora di andare a prendere Emma» - mi disse Melissa - «Vado a cambiarmi».

«Sbaglio o la dottoressa ti ha detto di restare a riposo fino a lunedì?» - chiese suo padre interrompendoci.

«Sto meglio» - esclamò - «E poi non ci metteremo molto».

«Resta qui» - le suggerii - «Vado a prenderla io».

«Ma...» - provò a ribattere.

«Niente ma» - dissi lasciandole un bacio sulla fronte - «Riposa».

 

Quando tornai a casa, Em mi teneva la mano e una volta aperta la porta corse tra le braccia di Melissa che quasi commossa se la “spupazzò” per bene. Essendo malata infatti, Mel aveva passato poco tempo con la piccola nei giorni precedenti, per paura di contagiarla di nuovo. Perciò dire che sentivano nostalgia l'una per l'altra era riduttivo.

Emilio preparò la merenda per tutti e insieme giocammo con la bambina.

Dopo essersi rovesciata della marmellata alla fragola sulla maglia, Em fu portata da Melissa al piano di sopra. Quando scesero Mel si appoggiò allo stipite della porta della cucina, per chiedere qualcosa a suo padre, e lo spettacolo che mi stava offrendo era decisamente interessante.

Devo essere rimasto imbambolato per qualche minuto, visto che Emma mi guardava perplessa, ma certe cose non le poteva ancora capire.

Melissa aveva un paio di short neri a point bianchi e una maglietta a righe, sempre bianca e nera, che si era leggermente alzata a contatto con il legno, lasciando in bella mostra il fianco nudo della ragazza.. La bambina invece indossava dei pantaloncini neri, con calze a righe e una maglia con la stessa fantasia a point di Mel.

Oggettivamente erano davvero carine da vedere vestite così, ma quello che attirava prepotentemente la mia attenzione era il fondoschiena della mia ragazza. Sodo, tonico, irresistibile...

Per cercare di non pensarci, presi Emma per mano e la portai a giocare in soggiorno, stando ben attento a dare le spalle a quella visione celestiale.

Emma e Melissa


 

Melissa

Dal ritorno dall'ospedale c'erano stati alti e bassi.

Castiel mi era stato molto vicino, e il suo aiuto era davvero indispensabile nelle mie condizioni.

Io che odiavo dipendere dagli altri, avevo sommessamente accettato che se fosse stato Cas il soggetto in questione, mi sarei arresa all'idea. Era stato perfetto con Emma, ed aveva legato tantissimo con mio padre nelle ultime settimane. Non riuscivo ancora a rendermi conto di come il nostro rapporto fosse diventato così essenziale nella mia vita di tutti i giorni. Solitamente sarei scappata a gambe levate davanti a una constatazione simile, e invece ogni volta finivo tra le sue braccia a fare le fusa.

Comunque, il cocktail di farmaci che mi avevano somministrato durante il mio ricovero, era stato portentoso. Stavo bene e se solo lo avessi saputo prima, ci sarei andata molto prima di arrivare alle condizioni pietose in cui versavo due giorni fa.

Ma sbagliando si impara, e questa lezione ormai era assodata.

 

Gironzolavo avanti e indietro per il soggiorno, aspettando l'arrivo dei miei amici alle quattro. Castiel, che al mattino era andato a scuola, aveva fatto da portavoce, invitandoli a casa mia nel pomeriggio, dicendo che stavo meglio, e avevo voglia di vederli. E per quanto fossi agitata, ammetto che era vero. I gemelli soprattutto, mi erano mancati molto, anche se Alexy mi scriveva regolarmente per sapere come stavo.

Mio padre aveva preparato degli stuzzichini e sul tavolo del soggiorno, avevo già posizionato bicchieri, piatti e quant'altro. Le bibite erano ancora in frigo, ma non sarebbe passato molto tempo prima che suonassero.

Cas sarebbe arrivato con Lys, e prima sarebbero passati a prendere Emma. L'accordo con papà era che una volta presentata Em ai ragazzi, lui l'avrebbe portata al parco, in modo da lasciarmi libera di parlare.

Rimpiangevo amaramente le mie sigarette in questo momento, ma avevo dato la mia parola e non volevo deluderlo ancora.

 

Il suono del campanello mi distolse dai miei pensieri.

Quando andai ad aprire, fui letteralmente presa d'assalto da Alexy, Iris e Rosalya, che con i loro abbracci, mi stavano praticamente stritolando.

«Non respiro» - rantolai divertita, così mi lasciarono finalmente andare.

«Melly come stai?» - domandò subito Alexy sorridendomi.

«Molto meglio grazie» - risposi sincera - «Entrate, accomodatevi».

I tre passarono subito, lasciandomi il tempo di salutare come si deve anche Armin e Nathaniel.

«Dov'è Cassy?» - chiese sogghignando il biondino, mentre mi stampava un bacio sulla guancia.

«Arriverà tra poco con Lysandro e una persona che vorrei presentarvi» - spiegai - «Sedetevi pure, fate come se foste a casa vostra».

 

Pochi minuti dopo essersi sistemati in salotto, mio padre arrivò con le bibite fresche, presentandosi a Nath, l'unico che non aveva ancora conosciuto dal giorno del mio comizio in palestra.

Dopo aver parlato del più e del meno, e averli calorosamente ringraziati per tutti gli appunti presi durante la mia assenza, decisi che era il momento di iniziare a trattare le cose serie, anche perché Cas doveva quasi essere arrivato.

«Se vi ho invitato oggi, c'è anche un altro motivo» - accennai - «Spero mi capirete».

«Che succede Mel?» - chiese Armin spalancando i suoi occhioni azzurri.

«Vi ricordate quando Alexy mi chiese che cosa stavo nascondendo, dopo la riunione in palestra?» - chiesi, vedendoli annuire con la testa - «Beh, se non vi dispiace vorrei raccontarvi tutto. Sono successe alcune cose in questi giorni, e per svariati motivi ho bisogno di parlarvene, sperando che possiate capire e comprendermi».

«Se dici così ci fai preoccupare» - esclamò Rosalya.

Spiegai loro brevemente, che a causa dell'emicrania ero finita in pronto soccorso e si stupirono tutti dell'accaduto. Precisai subito che ormai era tutto passato, ma che il tutto era dovuto dallo stress, motivo per cui avevo richiesto la loro presenza.

«Saremo anche molto simpatici» - celiò Iris - «Ma da qui, a dire che siamo la cura contro il tuo mal di testa, mi sembra eccessivo».

Risi divertita da questa sua esclamazione, e mi affrettai a spiegare.

«Diciamo, che avevo sperato di lasciarmi il passato alle spalle, fingere che non fosse mai successo nulla, e vivere cercando di ricominciare da zero» - iniziai - «Purtroppo per svariati motivi, non posso ignorare che cosa sia successo perciò voglio raccontarvi tutto. Questo perché mi fido di voi, e so... Che mi capirete».

 

Annuirono tutti in silenzio e si prepararono ad ascoltare la mia storia. Fui come catapultata in un orrendo flashback, durante il quale raccontai la mia vita ad un inaspettato pubblico.

 

«Mamma sbrigati o faremo tardi» - dissi sistemandomi per l'ennesima volta i capelli davanti allo specchio del corridoio d'entrata.

«Melissa calmati» - sorrise la donna, poi con fare materno, mi sistemò una rossa ciocca ribelle dietro l'orecchio sinistro - «Abbiamo tutto il tempo, non ti farò tardare alla tua prima presentazione» - continuò orgogliosa - «Non posso ancora crederci... La mia piccolina ha già pubblicato il suo primo libro».

Sorrisi contenta della soddisfazione che le leggevo negli occhi, e poi mi decisi a raggiungere l'auto posteggiata nel vialetto.

«Era ora» - celiò Stefania che era già seduta sul sedile anteriore.

«Mamma sta arrivando» - la informai torturandomi appena le mani.

«Sei nervosa sorellina?» - mi chiese Ste guardandomi dallo specchietto retrovisore.

 

«Aspetta» - mi interruppe Alexy - «Hai una sorella?».

«Avevo» - constatai amaramente.

Li vidi restare leggermente sorpresi dalla notizia, ma prima che potessi continuare, arrivò un messaggio da parte di Castiel - «Siamo qui fuori».

 

Mi alzai in piedi, e mi guardarono tutti stupiti. Emilio capì che era arrivato il momento, così con un cenno del capo mi fece capire che sarebbe andato lui ad aprire.

«Non fate domande, vi spiegherò tutto più tardi» - dissi sorridendo nervosamente.

Il primo ad entrare nel soggiorno fu Lys, che salutò tutti e si sedette vicino a Rosalya. Subito dietro di lui, fece capolino Castiel, che mi guardò cercando di capire come stessero andando le cose.

«Gliel'hai già detto?» - mi bisbigliò mentre posava un bacio sulla mia tempia, tenero e accorato.

«Lo stavo per fare ora» - risposi avanzando verso mio padre.

Presi Emma in braccio e la baciai sulla fronte.

«Ragazzi» - dissi voltandomi e cercando di sembrare il più tranquilla possibile - «Vi presento Emma».

La bambina sollevò la manina salutando tutti i presenti, aggiungendo un solare - «Ciao».

Vidi chiaramente le loro facce sconcertate, ma nessuno osò chiedere o dire nulla.

Mio padre la prese dalle mie braccia e salutando tutti, annunciò che l'avrebbe portata al parco.

Quando richiuse la porta alle sue spalle, mi voltai lentamente verso tutti i presenti.

 

«Lei è...» - sospirai - «Lei, sarebbe mia nipote» - dissi per dissipare gli evidenti dubbi. Poi continuai da dove mi ero interrotta.

 

Mia madre stava guidando sulla statale. Eravamo appena usciti dall'autostrada, e la strada da percorrere non era poi molta. Per alleviare la tensione stavo sistemando il vestitino di Emma, che si trovava nel seggiolone affianco a me. Aveva appena un anno, ma i suoi sorrisi già mi illuminavano le giornate.

Mia sorella Stefania l'aveva partorita a ventitré anni, ma il padre della bambina, Filippo, non aveva voluto riconoscerla. Non voleva proprio niente in realtà, niente che lo legasse a noi.

Quando mia sorella gli disse di essere incinta, lui cercò di convincerla ad abortire. Non riuscivo a capire come un uomo, seppur giovane – lui all'epoca aveva venticinque anni – non volesse assumersi le sue responsabilità. Inoltre, bastava guardare Em negli occhi per innamorarsi subito di lei. Come... Come poteva averle abbandonate?

 

Quel giorno però, non arrivai mai a alla presentazione di “Only child”. Era grottesco pensare, che il titolo del libro, da quel momento rispecchiava anche la mia situazione. Nel giro di pochi minuti, ero diventata figlia unica.

Non saprei dire con esattezza che cosa accadde, ricordo solo che mentre intrattenevo la mia nipotina, ricevemmo un urto potentissimo. Istintivamente cercai di difendere con il mio corpo la piccola, ma quando mi resi conto di che cosa era successo, non potevo fare più nulla.

I vetri del parabrezza era ormai un lontano ricordo. Schegge di vetro avevano invaso l'abitacolo confondendosi con quelle dei finestrini. Le mie braccia sembravano un campo di battaglia, e il colore che regnava incontrastato, nonostante la tappezzeria fino a poco prima fosse color crema, era il rosso del sangue.

Un fischio assordante mi stava torturando le orecchie, e tutto intorno potevo sentire soltanto rumori ovattati.

«...ssa» - credo che qualcuno mi stesse chiamando - «Mel..sa».

Cercai di riprendere coscienza di ciò che mi circondava, e finalmente capii che era Ste l'artefice di quel suono.

«Mel ascoltami» - stava dicendo con voce roca e spenta - «Come sta Emma?» - continuava a chiedermi.

Guardai la bambina, che dallo spavento continuava a piangere - «Sta bene credo» - dissi esaminando il suo esile corpicino - «Non vedo tagli, forse ha solo qualche botta».

«Mel guardami» - aggiunse allora, e quando mi voltai nella sua direzione, il mio cuore perse un battito.

«Sorellina devi promettermi che ti prenderai cura di Emma» - sussurrò cercando di trattenere le lacrime.

«Ste che dici» - risposi scrollando la testa - «Scommetto che hanno già chiamato i soccorsi, cerca di stare sveglia» - esclamai - «Mamma diglielo anche tu».

Guardai la figura che stava al posto di guida, ma quando mi resi conto che non respirava più, scoppiai a piangere come una bambina.

«Mamma...» - dissi con voce tremante, provando a scrollarla, ma non ricevetti alcuna risposta.

«Melissa» - mi chiamò nuovamente mia sorella - «Ti prego, bada ad Emma, non far mai mancare niente alla mia piccolina».

«Non te ne andare anche tu...» - la implorai - «Resisti ti prego».

«Salutami papà» - continuò sempre più stanca, sforzandosi di sorridere, nonostante i numerosi tagli che le attraversavano il volto - «Digli che è stato un padre fantastico e che gli voglio un mondo di bene».

«Ste smettila» - piansi - «Ce la farai, sento le sirene dell'ambulanza. Resta con me».

«Mel ti voglio bene» - sorrise lasciandosi sfuggire una lacrima - «Comportati bene, non far disperare papà... E ti prego... Ti scongiuro... Cresci Emma e amala esattamente come avrei fatto io... Sono sicura che diventerà una splendida donna un giorno».

«Stefania smettila, per favore» - dissi con un filo di voce.

«Promettimelo» - ripeté - «Promettimelo».

«Sì» - annuii con la testa - «Adesso però cerca di restare sveglia, stanno arrivando. Andrà tutto bene».

 

«Purtroppo non fu così» - conclusi, vedendo che non ero l'unica a trattenere a stento le lacrime -

«Stefania morì poche ore dopo, mentre i medici la stavano operando per cercare di salvarla. Io svenni poco dopo l'arrivo dei soccorsi. Appena vidi che Emma era al sicuro tra le braccia di un paramedico, l'adrenalina scemò ed io con lei» - continuai - «Inutile che vi racconti cos'è successo dopo. Mio padre era disperato, fortunatamente Em non si era fatta niente di grave, ma io dovetti restare in ospedale un mese. Non sono nemmeno potuta andare al funerale di mia madre e mia sorella» - dissi amaramente.

«Mel» - esclamò Nathaniel - «Mi dispiace...».

Dal suo sguardo capii quante cose erano contenute in quelle poche parole.

Mi sforzai di sorridere, facendogli capire che andava tutto bene, mentre la mano di Castiel era serrata sul mio fianco e mi stringeva contro di se, per farmi sentire la sua vicinanza. Lui del resto conosceva già la storia, era il primo con cui mi ero confidata, e le lacrime che avevo versato erano state un'ottima valvola di sfogo.

«Tecnicamente Emma è mia nipote» - aggiunsi, cercando di riportare la conversazione ad argomenti meno tragici - «E mio padre è il suo tutore legale, ma siamo già d'accordo, che appena avrò compiuto i diciotto anni a dicembre, avvierò le pratiche per l'adozione» - esclamai sorridendo - «Ho fatto una promessa e la manterrò fino infondo, perciò la sto crescendo come se fosse davvero mia figlia. Non voglio che si senta discriminata rispetto agli altri bambini e se non vi ho detto nulla fino ad ora è perché è abituata a chiamarmi mamma» - sospirai - «Se lo aveste scoperto, senza che io prima, vi avessi raccontato tutta la storia, sarebbero sorti grossi malintesi, soprattutto dopo la faccenda del libro. E io non ero pronta per affrontare tutto questo. Perciò vi chiedo scusa, spero sinceramente che non cambi nulla tra di noi, se ho deciso di confidarmi con voi, è perché sento che mi posso fidare, quindi... Beh grazie di essere diventati miei amici».

 

Le ragazze mi saltarono addosso piangendo copiosamente, Alexy aspettò che avessero finito per fare altrettanto. Nath e Lys si limitarono a sorridere dietro ad un filo di tristezza e Armin...

Armin si alzò, e venne ad abbracciarmi. Mi strinse così forte contro di se che pensai mi avrebbe soffocata, e dopo qualche secondo così, mi diede un bacio sui capelli, vicino all'orecchio. Non serviva dire niente, così mi limitai a ringraziarlo con lo sguardo, una volta che fummo abbastanza distanti.

«Giù le mani!» - esclamò giocoso Castiel probabilmente per stemperare l'atmosfera che si era creata - «Vi ricordo che lei è MIA ora» - sorrise, ed io non avrei voluto essere di nessun altro, se non del ragazzo che mi stava stringendo contro il suo petto, protettivo e tenero, come solo Cas sapeva essere.

 


Ciao a tutti ^_^

Come state?

 

Scrivere questo capitolo è stato un piccolo parto...

Non so voi, ma io ho pianto... >.<

Come cambieranno le vite dei nostri amici, ora che tutti sono a conoscenza del segreto di Melissa?

 

A presto!

Un bacione, Nyx

   
 
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