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Autore: Ray Wings    20/08/2014    2 recensioni
Non voltare la testa, non andartene di nuovo! Sono cambiata. Sì, è vero, non sono più Alice! E questa ti sembra una colpa? Tu e il tuo strafottutissimo gruppo del cazzo mi avete trascinata qui: è solo colpa vostra. Mai più, mai più rivedrò gli occhi di mia sorella o di mia madre, ed è solo colpa vostra. Mai più rivedrò i tuoi occhi. Ma quelli non voglio nemmeno ricordarli, vuoti e disperati, mentre affondavano e annegavano e io impotente sulla spiaggia a pregare.
Mi avete lasciata sola, cazzo!
Sono rimasta in un angolo a piangere, come ho sempre fatto, aspettando l'arrivo di qualche supereroe dimenticandomi che questa è la fottuta realtà! Che qui si muore!
E sono morta.
Dimentica Alice...te la sei portata via.
So che sei un sogno, stai sfumando, comincio a non vederti più e so che quando aprirò gli occhi sarò di nuovo sola. Ma non voltare la testa. Guardami fino alla fine...guarda l'Oceano. Fino alla fine. Come ho fatto io. Pregando, sciocco, di svegliarti.
Manu. Guardami.
Ora sono Ocean.
[In revisione]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daryl Dixon, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sabotaggio

La notte calò...e portò buio non solo al cielo sopra le loro teste.
Il gruppo si era riunito come di consueto, dopo una giornata piena di impegni e problemi, arrivava l'ora del ritrovo. Non era stato dettato ufficialmente...si riunivano e basta. Quando ormai il buio impediva di fare altri progetti e rimandava tutto a domani, e quando la fame comunicava l'ora di cena, i membri del gruppo si stringevano intorno al fuoco, ognuno prendeva un piatto e si riscaldavano della loro semplice compagnia, non sempre scambiandosi parole. E così anche quella sera, al calar del sole, uno dopo l'altro si avvicinarono al fuoco e lì rimasero a cenare, e scambiarsi qualche parola ogni tanto.
Tutti, tranne Ocean.
Hershel l'aveva richiamata in casa poco prima, voleva visitarla di nuovo, per assicurarsi che si stesse rimettendo e per fornirle altra acqua che doveva bere assolutamente, per reintegrare i liquidi persi. Si era raccomandato di mangiare e di stare a riposo, poi l'aveva mandata via. Era ospite di Rick, non suo, e Rick doveva occuparsi di darle un posto dove stare. Ma Ocean non raggiunse il gruppo come le era stato detto. Uscì dalla porta di casa bevendo subito qualche sorso della sua bottiglia d'acqua obbligatoria, e si fermò lì, non andando oltre, piantanto gli occhi sullo scenario di fronte a lei. Un gruppo intorno al fuoco. Un semplice gruppo intorno al fuoco, niente di più banale. Ma, come già detto, il buio non calò solo sul cielo sopra la sua testa.
La sua espressione si incupì improvvisamente, e dopo aver chiuso distrattamente la bottiglia, lasciò cadere le braccia stese lungo i fianchi. Le era stato detto di raggiungerli. Ma non voleva...improvvisamente non voleva neanche più mangiare. Fece due passi avanti, attraversando la verandina buia, e si mise a sedere sui gradini, continuando a osservare la scena davanti a lei con lo sguardo pieno di tristezza. Un enorme masso sembrava essere caduto dal cielo colpendola in pieno petto, ecco cosa era successo. E un altro sentimento si fece largo su quel viso: rabbia.

Max riposava ai piedi di Carl, aveva mangiucchiato qualcosa e bevuto un po' d'acqua, poi si era poggiato lì e non si era più mosso, continuando a osservare la casa di fronte a loro. Sapeva che la sua padroncina era lì dentro e presto li avrebbe raggiunti, perciò aspettava.
Poi improvvisamente alzò la testa, rizzando le orecchie e puntando lo sguardo davanti a sè. L'atteggiamento improvviso attirò l'attenzione di Carl, che portò anche lui lo sguardo alla casa, curioso di capire cosa avesse attirato l'attenzione del cane, il quale si era subito alzato e scodinzolando si era diretto velocemente in quella direzione. Il buio impediva di vedere chiaramente cosa ci fosse, ma nonostante questo si poteva vedere una figura nera seduta sugli scalini della veranda, immobile.
Max raggiunse Ocean in pochi secondi, scodinzolando contento di poter stare finalmente un po' con lei, e Ocean lo premiò con una grattata sotto l'orecchio, ma l'espressione cupa rimase indelebile.
Poi un'ombra attirò l'attenzione della ragazza, che spostò lo sguardo dal cane rivolgendola a essa, e in breve riconobbe la donna che quel pomeriggio le aveva salvato la vita.
<< Vieni lì con noi. >> le disse Andrea, cercando di sembrare il più cordiale possibile, convinta forse che l'unica cosa che impediva a Ocean di raggiungerli fosse la timidezza << Avrai freddo qui. E abbiamo una porzione di cibo in più, dovresti mangiare. Te lo ha detto Hershel. >> continuò. Ocean guardò la donna davanti a sè senza dire una parola, continuò a osservarla, e anche se non poteva vedere il gruppo dietro di lei sapeva che aveva tutti gli occhi puntati contro. E la cosa la irritò più di quanto già non lo fosse. Dovevano lasciarla in pace! Lei non voleva avere niente a che fare con quel gruppo di persone, e non si sarebbe ridotta a far combriccola intorno a un fuoco come dei ragazzini al campeggio! No, non lo avrebbe fatto. Non più.
Guardò la donna con un certo disprezzo, come se le avesse lanciato un terribile insulto, poi si alzò e senza dire una parola di allontanò, inoltrandosi nel buio della fattoria, cercando un angolo solitario che fosse suo e di nessun altro. Solo la compagnia di Max era tollerata, che la seguì senza indugio, lasciando il resto del gruppo pensieroso.
Non le fu difficile trovare subito il suo angolo di paradiso, lo aveva sempre saputo e lo aveva sempre avuto: il suo posto era insieme ai suoi unici compagni di viaggio, Max e Peggy. Perciò, per quanto la cosa poteva a un occhio esterno non allettare troppo, si diresse verso la stalla, aprì il cancellino del box di Peggy e vi entrò, permettendo anche a Max di entrare. Peggy li salutò con uno sbruffo, poi tornò a dormire e riposare tranquilla, nonostante la presenza dei due ospiti.
Ocean era riuscita quel giorno a farsi ridare le cose che aveva lasciato sopra al cavallo al momento della loro separazione, le aveva custodite Dale in quei giorni pensando che potessero tornare utili, ma dato che la legittima proprietaria era tornata si era visto costretto a ridargliele. E solo grazie a quello che Ocean riuscì a non congelare quella notte. Si coprì col suo mantello ritrovato, tirandosi su il cappuccio per coprire anche il viso, e si rannicchio sopra un mucchio di fieno. Max le si avvicinò, annusando un po' la zona, poi scelse anche lui il suo posto per passare la notte, ranicchiandosi e stringendosi contro la sua padroncina, che come sempre gli dedicava qualche carezza e coccola prima di cadere addormentato. Sentiva però che qualcosa la turbava, riusciva a percepire le sue emozioni, per questo motivo non si addormentò immediatamente ma tentò prima di fornirle un po' di conforto spingendo il muso contro la sua mano e cercando di darle qualche leccata di consolazione. Ocean capì il tentivo del cane e non potè fare a meno di sorridere intenerita << Sai sempre come prendermi, tu, vero? >> sussurrò prima di fargli un grattino sotto al collo. Sospirò e si strinse ancor più all'animale, circondandolo con un braccio, stringendolo un po' a sè come farebbe una bambina col proprio orsetto di peluche in una notte di temporali. Max la lasciò fare, e sistemandosi ancora un po', riuscì a trovare una posizione comoda prima di addormentarsi definitivamente. Per Ocean non fu così semplice. Il silenzio divagava intorno a lei, eppure non potè fare a meno di considerare quella notte una delle più rumorose che avesse mai sentito prima. E tutto quel baccano le impedì di prendere sonno per molto tempo, fino a quando, ormai prossimi all'alba, la stanchezza non prese il sopravvento.
Ma, nonostante il sonno, continuò per tutta la notte a vedere un gruppo di persone intorno a un fuoco.

Il risveglio, come poteva immaginare, non fu dei migliori. La notte passata completamente in bianco le aveva lasciato come souvenir un martellante ed estenuante mal di testa, e un profondo senso di confusione. A farle aprire gli occhi fu qualcosa di...ruvido e umido.
"Ma che diavolo...che fastidio!!" pensò già innervosita, mentre pian piano riprendeva conoscenza, agitandosi per quel qualcosa sul viso che continuava a strofinare senza darle tregua. Riuscì finalmente ad aprire un occhio, e un muso gigantesco con dei denti enormi si trovava pericolosamente vicino alla sua faccia, e continuava insistentemente a strofinare la sua lingua altrettanto enorme sul viso della ragazza ancora confusa.
<< Oh, che diavolo! Peggy! >> brontolò la ragazza cercando di proteggersi con le braccia e allontanare l'animale dalla sua faccia. Le sembrava di aver infilato la faccia in una bacinella di gelatina, tanto si sentiva viscida e umida. Doveva immediatamente correre a lavarsi, era disgustoso, ma non potè negare di essere quasi divertita.
Finalmente la cavalla si fece da parte, permettendo alla ragazza di sollevarsi a sedere. Il sole splendeva già da tempo probabilmente, era abbastanza caldo da averle permesso una bella sudata con quel mantello pesante addosso. La testa sembrava pesare 10 kili in più, e credeva di avere qualcuno dentro che stesse martellando...anzi era certa di averlo.
Si massaggiò una tempia, e aprì gli occhi lentamente: sentiva che perfino la luce le faceva aumentare il mal di testa.
<< Oh mio Dio!! >> urlò terrorizzata, sobbalzando e indietreggiando appena di qualche passo.
<< Sei impazzita?!?! >> urlò contro Carol, che si trovava in piedi davanti all'entrata del box e la fissava immobile << Non lo fare mai più, vuoi farmi morire d'infarto? >> brontolò ancora Ocean, col cuore che le correva impazzito nel petto (ulteriore tortura per il suo mal di testa). Appena aperti gli occhi si era ritrovata quella figura immobile a fissarla da chissà quanto tempo, la cosa poteva far morire di crepacuore qualcuno, avrebbe dovuto immaginarlo! Soprattutto in tempi come quelli.
<< Scusami >> disse Carol sinceramente << Ho pensato tu avessi fame. Ti ho portato qualcosa. >> e solo allora Ocean notò che teneva tra le mani un piatto. La ragazza capì le buone intenzioni della donna, e una parte di lei le diceva di chiederle scusa per la brutta reazione avuta, ma non poteva fare a meno di provare fastidio. Fastidio che fosse lì, intorno a lei, a considerarla e cercare ancora di fare amicizia trattandola con gentilezza e quasi con preoccupazione. Perciò combattuta tra la pietà e il nervoso, optò per il silenzio. Si alzò lentamente in piedi, togliendosi di dosso il mantello e lasciandolo appeso a bordo box, sospirò e uscì seguita da Max che ancora si trovava lì con lei. Carol si fece da parte per permetterle di prendersi i suoi spazi, e restò in attesa col piatto in mano, finchè Ocean, dopo essersi stirata un po', lo afferrò e fece due passi verso l'uscita della stalla, guardando fuori: il campo era praticamente deserto, e solo ogni tanto si poteva vedere sbucare la testa di una delle donne che andavano in giro a far faccende o ad occuparsi del bestiame e del raccolto. Ocean afferrò la forchetta e tirò su un po' di quello che c'era nel piatto, senza neanche guardare cosa fosse e lo portò alla bocca, mentre Carol alle sue spalle le si avvicinava, in attesa di chissà quale ringraziamento. O forse solo per poter controllare se mangiava, visto che la sera prima era stata a digiuno, al contrario di quello che avrebbe dovuto fare. Chissà perchè tutti si preoccupavano così per lei, cosa gliene importava se stava male? Erano affari suoi.
Solo alla prima masticata Ocean capì cosa stava mangiando, e non potè trattenere un espressione leggermente disgustata << Sono uova? >> chiese masticando un po' a fatica, biascicando ciò che aveva in bocca e cercando di mandarla giù. Carol si preoccupò per la sua reazione, lo si potè vedere dalla sua espressione quasi mortificata << Strapazzate >> spiegò subito << Fresche! Appena raccolte. Non ti piacciono? >>
Ocean mandò giù il boccone a fatica, e nel frattempo, per dare una risposta repentina alla donna, negò con la testa che però rimase in silenzio ad aspettare una spiegazione verbale, e non solo gesti e mugolii.
<< No, sono deliziose. Scusami, non sono abituata a mangiar uova di prima mattina. E' stato...strano. >> latte e cereali, ecco la giusta colazione italiana! Il salato di prima mattina era quasi veleno per le sue papille gustative, abituate da sempre a buttar giù dolci e al massimo un caffè amaro al punto giusto. Quasi piangeva al ricordo del caffè...ecco un'altra cosa per cui avrebbe potuto uccidere.
Carol parve in parte sollevata dalla risposta della ragazza, ma l'imbarazzo e la mortificazione persistevano. Probabilmente era una di quelle donne che tendevano a darsi la colpa di ogni cosa, anche quando a venir colpite erano loro.
<< Beh, tecnicamente non è prima mattina. >> disse Carol e Ocean le lanciò uno sguardo quasi spaventato....che ore erano?!?! Quanto diavolo aveva dormito?
<< Sarà passato mezzodì. Il sole è sorto ormai da molto tempo. >> spiegò ancora la donna brizzolata, sollevando gli occhi al cielo, a cercar conferma nel sole.
Ocean rimase per un po' immobile, a guardarla quasi sconvolta. Era la prima volta che si spingeva a tanto, era la prima volta dopo tanto tempo che dormiva così a lungo...e se Peggy non l'avesse svegliata avrebbe volentieri dormito un'altra era. Era veramente a pezzi, a quanto pareva.
<< Cavoli, che sorpresa! >> si limitò a dire prima di finire velocemente il suo piatto. Non era il massimo, e il salato appena sveglia le faceva venire i brividi, ma era l'unica cosa a portata di mano e sapeva che doveva mangiare qualcosa. Restituì il piatto a Carol, si pulì velocemente la bocca con la manica e si diresse nuovamente verso il box, dove aveva lasciato la sua bottiglia d'acqua che doveva assolutamente finire. Ma aveva appena messo piede nel box quando con la coda dell'occhio vide qualcosa fuori dallo sportello, a lato, appoggiato alla staccionata, e senza muoversi cercò solo di sporgersi all'infuori con la testa per vedere meglio.
Una piccola catasta di rametti ben appuntiti era stata appoggiata lì ordinatamente.
Il mal di testa di Ocean diede un altro colpo ben assestato e per un attimo il suo sguardo si incendiò. Si chinò velocemente e ne afferrò uno, poi rialzandosi con altrettanta velocità si voltò verso Carol e glielo puntò al viso << Che diavolo significa? >> chiese furibonda, terrorizzando di nuovo la donna che sobbalzò e quasi si lasciò sfuggire il piatto di mano.
<< Io...non lo so. >> disse lei e si poteva leggere sincerità in quello sguardo.
<< Tu non lo sai? >> chiese Ocean gonfiandosi come un pallone che stava per scoppiare, urlando sempre più forte << TU NON LO SAI? >> Urlò ancora << TE LO DICO IO COSA SONO QUESTI!! >> sembrava posseduta da un demonio, l'ira funesta la stava accecando e per un attimo Carol temette volesse picchiarla, perchè non smetteva di gonfiare il petto e di avvicinarsi a lei col viso. Ma invece Ocean non glielo disse cosa erano...sapeva che lei non c'entrava niente. Si voltò di nuovo, muovendosi con rapidità e con scatti decisi, la testa in fiamme per il dolore e la rabbia che peggiorava il tutto, si poteva vedere la sua voglia di uccidere qualcuno nei tremolii delle mani, e afferrò alla ben e meglio la catasta di ramoscelli, lasciandone cadere qualcuno, fregandosene, e si allontanò a grandi falcate.
Arrivò al campo dove erano sistemate le tende che ancora lanciava fulmini dagli occhi, e la presa sui ramoscelli era tanto precaria che aveva lasciato dietro di lei una scia, manco fosse Hansel che doveva tornare a casa con la sua sorellina Gretel. Si guardò attorno, ma neanche vide chi era presente che cominciò a urlare << Dov'è? Dove sta quel figlio di buonadonna?!?! >> Glenn guardò la ragazza con un certo timore e girandosi un po' col corpo, ma sempre tenendola sott'occhio, disse ad alta voce << Oh, no. Rick! Di nuovo! >> Ocean si voltò verso il cinesino, scrutandolo. Non era lui che voleva. Rick le si avvicinò con le mani alzate, convinto ormai di trovarsi di fronte a una matta uscita dal manicomio...stava veramente cominciando a chiedersi chi fosse prima quella ragazza e se prima davvero non fosse soggetta a qualche disturbo mentale.
<< Calma, Ocean. Che succede? >> cercò di placarla. Ocean lo guardò, non era neanche lui che voleva. Alle sue spalle si trovava Shane, che sghignazzava e se la rideva, cercando di nascondere un po' la cosa, abbassando la testa e grattandosi la nuca. Probabilmente anche lui credeva fosse pazza. Ma non era neanche lui che voleva.
<< Dov'è? >> chiese ancora Ocean, non trovando chi realmente stava cercando.
<< Chi? Dov'è chi? >> chiese Rick, sperando di riuscire in qualche modo a placare la sua furia, magari stando un po' al suo gioco.
<< Cosino, lì! Come si chiama?! >> la rabbia e il mal di testa non erano alleati alla sua già scarsa memoria dei nomi << Harry! >> Shane non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere. E per Rick fu difficile non fare altrettanto << Chi? >> chiese continuando a darle corda.
<< Harry! Berry! Denny! Come cavolo si chiama?!?! Mister figone sono io! Il balestriere! >> continuò Ocean, ignorando Shane che voltato continuava a sghignazzare. Trovava esilarante la scena, ma Ocean era davvero furiosa, e appena lo avrebbe trovato gli avrebbe staccato la testa come minimo. Poi sarebbe tornata ad occuparsi di quel cretino di Shane, che nonostante il trattamento che le aveva riservato, si prendeva pure la libertà di ridere di lei.
<< Ah, Daryl! >> la illuminò Glenn, capendo per primo chi stava cercando.
<< Quello che è! >> tagliò corto Ocean << Dov'è? Dimmelo! Ora! >>.
Glenn guardò Rick con timore, cosa doveva fare? La ragazza sembrava intenzionata a far guai di nuovo. Ma Rick sapeva che non avrebbe mai potuto far del male a nessuno, era disarmata e certamente non poteva competere con Daryl in quanto a forza fisica.
<< Alla fontana laggiù. >> le indicò semplicemente, lasciandola andare, ignorando il perchè di tanto furore, ma cercando di capirlo insieme agli altri osservando la scena che stava per compiersi tra i due. Non avrebbero sentito bene cosa si sarebbero detti, ma con la rabbia di Ocean probabilmente i gesti avrebbero parlato più delle parole.
<< Molto divertente, davvero! >> urlò Ocean lanciando con tutta la forza che aveva la sua catasta di ramoscelli addosso a Daryl, che l'aveva ignorata fino al momento in cui gli aveva rivolto la parola e al momento in cui si era ritrovato addosso una pioggia di rami.
<< Ehi, sei impazzita? >> le chiese lui voltandosi a guardarla sconvolto e forse anche un po' offeso.
<< Poi sono io quella col senso dell'umorismo pessimo, vero? >> continuò a urlargli contro Ocean, non dandogli nemmeno ascolto: tutto ciò che avrebbe detto sarebbe stato irrilevanto. Era un cretino stronzo, non meritava ascolto. E Ocean aveva scoperto di odiarlo.
<< Ma certo, bravo, sei un figo tu! Bravo! >> gli applaudì << Prendiamo in giro la ragazza imbranata, che poi gli faccio vedere io quanto son figo che riesco a far le cose meglio di lei. Guardami, sono bello e muscolo, bravo a far tutto io, al contrario tuo stupida ragazzina imbranata che neanche riesci a costruirti delle frecce da dei ramoscelli del cazzo! >> proseguì facendogli il verso e incazzandosi sempre di più, ma mano che proseguiva, alzando sempre più il tono della voce.
<< Tu sei tutta matta! >> si limitò a dirle Daryl, prima di rivoltarsi verso la fontana, dove fino a poco prima stava cercando di darsi una pulita. Ma Ocean lo spinse per una spalla costringendolo a rivoltarsi << Io sono la matta! Pure questo ora! Ma chi cavolo sei tu per giudicarmi, si può sapere? Neanche sai come mi chiamo, e ti permetti di giudicarmi e prenderti gioco di me. Bello, io sono sopravvissuta mesi lì fuori da sola, al contrario tuo che dovevi sempre avere qualcuno che ti parasse il tuo bel culetto da super modello! >>
<< Non toccarmi più! >> le gridò Daryl innervosendosi e puntandole un dito minaccioso contro << Dovresti essermi grata invece! Eri senza frecce, no? Ti ho fatto un favore! >>
<< Bel favore del cazzo! Certo, ora il tuo intento era solo quello di essermi amico e farmi un favore, non certo dimostrarmi che io son imbranata e tu un figo. >> Ocean gli fece una grossa risata sarcastica << Divertente come un dito nel culo! >>
<< Certo meglio del tuo modo di ringraziare! Ti abbiamo salvato il culo, bella! >>
<< Voi avete.... >> Ocean si bloccò, prima incredula, rimanendo a bocca aperta, poi ricevendo come un'illuminazione, e un sorriso sarcastico si dipinse sul suo volto << Ora ho capito. >> e pian piano riprese a urlare << Adesso ho capito tutto!! Tu... e i tuoi cari amichetti My Little Pony state cercando di comprarmi! Tutte ste carinerie, le cure mediche, la colazione a letto e i tuoi stupidi legnetti a presa per il culo! Volete convincermi che ho bisogno di un gruppo, così resto qui e il figlioletto del tuo caro fidanzatino Rick può vivere felice e contento col MIO cane!! >>
<< Non permetterti di offendermi! >> sputacchiò Daryl, avvicinandosi al suo viso di colpo, minaccioso, pronto a sferrar pugni se fosse stato necessario.
<< E tu non giudicarmi! Non sono imbranata, se lo fossi stata sarei morta al primo angolo! E smettetela tutti di essere così disgustosamente carini con me! Io me ne andrò, e Max viene via con me! >> continuò a urlare Ocean.
<< Vai! Ci faresti solo un favore! Meno cibo andato sprecato! >> rispose Daryl urlando << Nessuno ti trattiene, puttana! >>
<< Questa cos'è psicologia inversa? E quell'offesa? Puttana? PUTTANA? Non sai fare di meglio? Molto maturo complimenti! Vai al diavolo tu e quel gruppo di idioti che ti porti appresso! E non permettetevi mai più di avvicinarvi a me e ai miei animali! >> disse Ocean, completando la frase con un gesto violento del braccio, usato solo per sfogare la rabbia, ma che voleva essere anche un gesto minaccioso.
<< Razza di imbecilli >> grugnì infine Ocean prima di voltarsi e andarsene.
<< Stupida puttana! >> grugnì Daryl di rimando, tirando un calcio a uno dei ramoscelli ai suoi piedi, prima di tornare a ciò che stava facendo.
<< Vaffanculo! >>
<< Vaffanculo tu! >> si urlarono alla fine. E Ocean ritornò sui suoi passi, con i pugni serrati e lo sguardo fisso davanti a sè. Passò davanti al resto del gruppo, tutti attirati dalla lite, e nessuno riuscì a essere discreto nell'osservarla mentre si allontanava, ma Ocean non li degnò di considerazione e tornò alla stalla, dalla sua Peggy, borbottando tra sè e sè offese e imprecazioni di ogni tipo.
Nel giro di pochissimi minuti la cavalla era sellata e pronta per una bella cavalcata, e Ocean vi salì sopra, attraversando la strada che la divideva dal campo al trotto, e fermandosi davanti alla roulotte.
<< Vecchio!! >> urlò Ocean da fuori, mentre scendeva da cavallo << Vecchio!! >> chiamò ancora, e Dale si affacciò curioso e confuso da sopra il tettuccio del camper. Ocean lo guardò e disse subito decisa << Dammi le mie armi. So che le tieni tu, insieme a tutte le altre. >>
<< Non posso. >> si limitò a rispondere Dale.
<< Vado nel bosco a farmi una passeggiata, vuoi avermi sulla coscienza per quel poco che ti rimane della tua vita? Dammi le mie armi, ora. >> insistette Ocean, mandando alle ortiche le buone maniera. Non era proprio in vena di carineria e fiocchetti ornamentali.
Dale la guardò un po' pensieroso, e sicuramente anche un po' irritato per i modo poco cordiali, ma non aveva intenzione di ribattere ancora. Di certo non si sarebbe messo a far storie in quel momento, e se veramente la ragazza andava nel bosco allora le armi le servivano davvero. Perciò dopo aver tirato un sospiro di rassegnazione scese dal tettuccio del camper, entrò all'interno e dopo pochi minuti uscì con tutte le armi di Ocean.
<< Tieni. E non farmene pentire. Portale fuori di qui e quando ritorni me le riporti, chiaro? >>
<< Sempre se ritorno. >> si lasciò sfuggire Ocean mentre si allacciava le cinture che tenevano su la sua spada e le sue daghe, ma Dale si rese conto che la frase non era rivolta a lui, e non sentì il bisogno di intervenire. La rabbia usciva da ogni poro della sua pelle, probabilmente era solo una frase di circostanza.
Mentre finiva di allacciarsi l'ultima cintura, Ocean si riavvicinò a Peggy e saltò di nuovo in groppa, allontanandosi velocemente, senza rivolgere neanche uno sguardo all'uomo che gli stava di fronte. E se uno sguardo era stato così d'oro, figuriamoci un "grazie".
Passò di fianco a Carl, che già stava tentando di coinvolgere Max in qualche gioco, e lanciò un fischio, aggiungendo solo un << Max >> di richiamo. Nient'altro. Ma ciò bastò perchè l'animale si voltò subito verso di lei, e quando la vide allontanarsi in groppa a Peggy corse loro dietro, consapevole che si sarebbero andati a fare una passeggiatina e probabilmente Ocean aveva bisogno di lui. Si sentiva più sicura se c'era Max insieme a lei, perchè lui riusciva a sentire il pericolo avvicinarsi, e per Ocean era facile capire quando era l'ora di togliere le tende, bastava ascoltare i suoi due animali.
Corsero velocemente verso la staccionata ai confini del campo, e la superarono, dirigendosi verso il bosco davanti a loro. Hershel avrebbe avuto sicuramente da ridire, Ocean era ancora troppo debole per permettersi cavalcate sotto al sole e in mezzo al pericolo della "gente malata", ma tanto Hershel non l'aveva vista andar via, perciò non aveva avuto modo di romperle le scatole.
In pochi minuti furono circondati da alberi, e non si vedeva altro nel giro di molti metri. In lontananza si poteva udire il rumore di un ruscello, ma niente più. Ocean stette in silenzio, cercando di rendere silenzioso anche il suo respiro, e proseguì lentamente seguendo una direzione non ben precisa a lungo, seguita da Max che se ne stava quatto e annusava ogni cosa. Tesi come corde di violino, ma senza troppa fatica, ormai ci erano abituati.
Ocean fece svoltare il cavallo, decisa che andare a caso non era il metodo migliore per muoversi: doveva trovare un filo da seguire, e lì l'unica cosa di diverso e di lineare era il ruscello, perciò si mosse verso esso. Il sole che passava delicato attraverso le foglie degli alberi era quasi piacevole, come era piacevole la leggera brezza che ogni tanto le scompigliava i capelli e il rumore delicato degli zoccoli della sua Peggy sul terreno secco, lontano da piogge che ormai da giorni si facevano desiderare.
Arrivarono al ruscello e la prima cosa che Ocean fece fu guardarsi attorno, seguendo con gli occhi il corso dell'acqua e poi nel senso inverso, controllando che non ci fosse nessuno...o meglio che non ci fosse "niente". Max subito si avvicinò all'acqua che scorreva davanti a loro, l'annusò a lungo poi diede due rapide leccate, buttandosi un po' di quel liquido fresco e dissetante in gola.
"Pensa come una ragazzina" si ritrovò a dirsi, cercando di trovare una pista. Non aveva chiesto informazioni a nessuno prima di partire, la rabbia si era presto tramutata in orgoglio, e mai sarebbe andata da loro a dirgli "nonostante vi odii a morte ho intenzione di aiutarvi nelle ricerche della figlia di Carol". Perchè poi volesse farlo era un mistero, forse per noia, anzi no, molto probabilmente era così. E questo colpo di orgoglio, che le aveva portato una carenza di informazioni preziose, di certo non l'avrebbero aiutata nella ricerca. Però era sempre una scusa per restare lontana dalla fattoria per un po', starsene finalmente sola, senza gente fastidiosa ed egoista.
Seguire il ruscello sarebbe stata la scelta più saggia da prendere, se uno aveva intenzione di farsi trovare, ma sicuramente non quella che avrebbe preso una ragazzina, inesperta e terrorizzata. In quelle condizioni, secondo Ocean, l'unica cosa che poteva volere era cercare un nascondiglio, e starsene sulla riva del ruscello l'avrebbe tenuta troppo scoperta. Gli alberi erano sicuramente più allettanti. Ma eccola di nuovo al punto d'inizio: se si fosse inoltrata nella foresta avrebbe vagato senza una meta precisa, e la cosa non avrebbe aiutato.
Però...forse era la cosa migliore. Chi scappa non ha una meta precisa, va dove capita. E se lei per trovarla doveva calarsi nei suoi panni, allora doveva vagare alla stessa maniera. E poi, alla fine, che altra scelta aveva?
<< Va bene, proviamoci. >> disse tra sè e sè e, superando il ruscello, cominciò a vagare per il bosco senza seguire un ordine preciso, semplicemente spostandosi come le suggeriva il cuore e l'istinto. Non era la scelta migliore, ma con un po' di fortuna...chissà.

Era già da molto che girovagava per il bosco, forse ore, e la fame cominciava a farsi risentire, ma decise di mettersi un tappo allo stomaco e di tirare ancora per un po'. Il sole era ancora alto in cielo, c'era ancora tempo per tornare, e la rabbia non era ancora sbollita del tutto. Anzi, più ci ripensava e più si innervosiva. Perciò era meglio starsene sola ancora un po', così la fame sarebbe stata una buona motivazione per tornare, superando quella che la spingeva ad andarsene immediatamente.
Cavalcava, ormai persa nei suoi pensieri: aveva smesso di dare troppe attenzioni e ascolto al mondo che la circondava già da un po', tanto non c'era niente che meritasse attenzione, quando poi all'improvviso sentì Max ringhiare. Si tese immediatamente in sella al suo cavallo e cominciò a guardarsi attorno, cercando di cogliere ogni minimo movimento o anomalia nel circondario. Max stava osservando un punto ben preciso però, perciò Ocean aveva più o meno un'idea già chiara di dove doveva rivolgere lo sguardo attento. Scese da cavallo, legandola lì vicino. Preferiva tenerla distante dai campi di battaglia, era la sua via di fuga, e poi si muoveva meglio a piedi se doveva puntare sull'invisibilità e la silenziosità. Sfoderò la spada, e si tenne china mentre si avvicinava al gruppo di cespugli che Max puntava, fino a quando cominciò anche lei a sentire i loro lamenti. Zombie. Non sapeva se lì dietro, quanto dietro, o se direttamente dentro i cespugli, ma c'erano zombie lì. Ed era meglio dare un'occhiata, chissà che non trovasse qualcosa di interessante. Si portò un dito alle labbra, facendosi vedere da Max e cercando di trasmettergli uno sguardo severo, di comando, che lo obbligasse a stare zitto. Non dovevano attirare l'attenzione.
Man mano che si avvicinava il cuore batteva sempre più forte, e il respiro quasi veniva a mancare. Si presume che dopo così tanto tempo una si fosse abituata a certe cose, ma non era così semplice. Ogni volta era come la prima volta, e il non sapere da dove sarebbero sbucati la teneva in agitazione. Non era tanto lo scontro fisico che la spaventava, aveva appurato che le difficoltà erano poche, quelli si muovevano lenti e disorganizzati, se non erano in troppi era facile riuscire a farli fuori, ma la terrorizzava l'effetto sorpresa. Sapeva erano lì, li sentiva, ma lì dove precisamente? E se appena avesse alzato la testa per guardare se ne fosse trovato uno davanti? Non avrebbe fatto a tempo. Ma la paura però non era abbastanza convincente da farla tornare indietro. Dentro sè, aveva proprio voglia di tirare due fendenti e tagliare qualche testa, ne sentiva quasi il bisogno, era una valvola di sfogo non sottovalutabile.
Alzò la punta della lama all'altezza degli occhi, avvicinandola al viso, e piano piano provo a raddrizzarsi per portare lo sguardo oltre il sottobosco e vedere dov'era e quanti erano. In quella maniera se anche se fosse trovato uno di loro davanti sarebbe stato facile ucciderlo all'istante, bastava spingere la lama avanti.
Riuscì a vederli: 4 di loro erano chini su qualcosa, intenti probabilmente a pranzare. Non l'avevano ancora notata, ma non ci avrebbero messo molto: era l'unica cosa che profumava di vivo nel circondario. Ocean si guardò velocemente intorno, per assicurarsi che non ce ne fossero altri, poi fece la sua mossa. Si rilassò, abbassò la lama, impugnandola con una mano sola mentre con l'altra spostò i cesugli per passarci attraverso e si fece lentamente avanti.
<< Stai lì, Max >> disse, fregandosene se l'avessero sentita, anzi era proprio quello che voleva. Non voleva avvicinarsi oltre, preferiva che si muovessero loro, così avrebbe avuto più possibilità di trovarsene addosso solo uno alla volta, piuttosto che tuffarsi in mezzo a loro.
<< E' buono? Non preferireste dei deliziosi Cereali Cheerios? >> disse con ironia Ocean, attirando così l'attenzione dei 4 cosi, che si voltarono dapprima lentamente, con le labbra ancora grondanti di sangue e i denti marci scoperti, poi si alzarono e cercarono di avvicinarsi a lei prendendo velocità, grugnendo, ruggendo e facendo ogni tipo di verso gutturale potesse uscirgli.
<< Disgustoso. >> osservò Ocean tra sè e sè, guardando come uno di quei due arrancava e inciampava sulle sue stesse budella che penzolavano fino ai piedi. E infine partì. Un fendente dritto sulla testa del primo, che si accasciò subito, e con un singolo movimento Ocean staccò la spada dal suo cranio e con un dritto tondo tagliò la testa al secondo, che rotolò un paio di metri in là. Il sorriso era stampato sul viso di Ocean, era macabro, ma si divertiva. Quelle non erano più persone, erano mostri, e quello che stava commettendo non era omicidio, ma un atto di eroismo. Incredibile come il confine tra le due cose fosse così labile e sottile.
Si avvicinò il terzo, a braccia tese, urlando e già a bocca aperta, in attesa del suo pasto. Con un montante Ocean gli aprì il ventre, destabilizzandolo, e urlando per darsi carica fece un passo in avanti in un affondo che portò la lama ad attraversare da parte a parte il cranio del mostro davanti a lei. Il sangue nero, marcio, schizzò dappertutto, sporcandole i vestiti, accumulando puzzo e marciume ad altro puzzo e marciume, arrivando anche al viso, macchiandole una guancia. L'odore era da nausea, ma anche a quello ormai ci era abituata. Ricordava come un tempo, quando ancora era Alice, non poteva neanche aprire il bidoncino dell'organico perchè l'odore che ne saliva la faceva correre in bagno con i conati di vomito. Ocean invece non era così debole di stomaco, Ocean avrebbe potuto farcisi un bagno in quello schifo e stare bene per giorni, non sentendosi neanche a disagio.
Smosse la lama all'interno della testa del mostro, procurando rumori di ossa sbriciolate da far accapponare la pell, e si assicurò di aver colpito le zone giuste. Poi estrasse la lama, e portandosi di nuovo in posizione iniziale di combattimento, fissò il quarto e ultimo mostro, quello che inciampava nelle sue budella e che per questo era stato più lento degli altri. Ocean sorrise di nuovo, sapendo che non avrebbe avuto nessuna chance e lanciò un altro urlo di carica prima di prendere la spinta giusta da dare alla spada, pronta a tagliare un'altra testa, ma qualcosa la precedette. Un colpo di pistola la fece sobbalzare, da dove diavolo era arrivato? Si voltò velocemente verso la direzione di provenienza, e vide a pochi metri da lei, con i piedi ben piantati a terra ma il corpo tremolante e lo sguardo terrorizzato, il ragazzino che voleva approppriarsi del suo cane. La rabbia scoppiò nei suoi occhi: che cacchio ci faceva lì?!?! Ma non ebbe tempo di dire, o fare niente: il colpo aveva mancato il bersaglio, e lo zombie non si era lasciato distrarre come Ocean e aveva approfittato della sua distrazione per saltarle addosso.
Ocean urlò quando si rese conto di cosa stava succedendo, urlò più di rabbia che di paura e d'istinto lasciò cadere la spada a terra, per poter utilizzare entrambe le mani per fermare la faccia dello zombie che cercava di avvicinarsi a lei. Non era mai stata tanto forte, e quei mesi di addestramento a fughe e combattimenti l'avevano sicuramente migliorata, ma non abbastanza. Lo zombie tentò di spingere il suo viso contro quello della ragazza, continuando a mordere l'aria, speranzoso di afferrare presto qualcos'altro e nel frattempo portò le sue mani alle spalle delle ragazza. Non appena Ocean sentì le sue dita spingere contro i suoi vestiti nell'intento di afferrarla il panico insorse in lei: l'avrebbe graffiata! Si sarebbe trasformata! E tutto per colpa di quello sciocco ragazzino che non si faceva gli affari suoi!
<< No, no!! >> urlò e facendo appello a tutto le sue energie cercò di fare forza e di spingere a lato lo zombie, facendolo cadere e sperando di riuscire a staccarsi le sue mani di dosso. Riuscì, la disperazione fa fare cose sovraumane, ma sentì uno "strap" che le fece palpitare il cuore. Sfoderò una delle sue daghe e senza aspettare oltre si lasciò cadere sullo zombie a terra, che già aveva ripreso ad allungare le braccia nella sua direzione e le aveva quasi afferrato una caviglia. Ma Ocean riuscì a conficcargliela prima che potesse fare altro e lo uccise all'istante.
Sfoderò subito la daga e la lasciò cadere a terra, cominciando a guardarsi terrorizzata, in cerca di eventuali graffi e già sentendo il nodo in gola che bruciava. Vide che la manica della sua camicia era stata strappata, e capì che era stata lei a fare quel rumore. Allargò il buco e guardò la sua pelle all'interno, con ossessione e terrore, guardandola più volte, tastandola, cercando anche il più piccolo e invisibile graffietto, ma per fortuna era ancora tutta integra. Nella caduta lo zombie aveva afferrato la sua camicia ma non la sua pelle. Si sentì la ragazza più fortunata del mondo in quel momento ed ebbe un calo di pressione, segno della tensione che era calata improvvisamente. Fece grandi respiri e si poggiò con una mano a terra, chiudendo gli occhi e cercando di far calmare il cuore. La testa aveva ripreso a pulsare, a scoppiare, ma in quel momento era il male minore. Se l'era quasi fatta nei pantaloni, diavolo!
Afferrò la daga non appena si sentì in grado di mettersi in piedi, e la rifoderò, ma la spada dovette aspettare ancora un po' perchè c'era prima qualcos'altro che andava fatto: si voltò e si alzò di scatto, col solo desiderio di menar ceffoni a quello stupido, e gli si avvicinò a grandi falcate. Il ragazzino era pallido in viso, ancora tremolante, ancora confuso e spaventato, ma la cosa non intenerì Ocean che lo prese per un braccio e portò il suo viso all'altezza di quello del ragazzino
<< Che cazzo fai qui? Sei impazzito? >> gli disse colma d'ira, me senza urlare.
<< Mi hai quasi fatto uccidere, razza di cretino! I ragazzini come te dovrebbero starsene a casa a giocare con le macchinine, non maneggiare certe cose senza neanche saperle usare! >> ma Carl ancora non rispose, la guardò semplicemente, ancora scombussolato, forse facendo fatica a capire quello che Ocean gli stava dicendo.
<< Andiamocene di qua, il tuo gesto eroico avrà attirato altri di loro, e non voglio rischiare di nuovo la vita per colpa tua. Meriteresti una sculacciata >> e cominciò a trascinarlo per il braccio, ritornando da Peggy. Max era con lei che si guardava attorno guardingo, attento che non ci fossero altre minacce nei paraggi, ma non rimase sorpreso quando vide i due avvicinarsi. Probabilmente aveva fiutato Carl.
<< Forza, sali a cavallo! >> disse Ocean spingendo Carl verso la sua Peggy. Carl la guardò senza dire niente, si massaggiò il braccio dove la presa ferrea di Ocean gli aveva quasi fatto male, e si avvicinò timoroso al cavallo. Non aveva mai cavalcato prima d'ora, e quasi neanche arrivava alla sella. Cercò di alzare un piede, infilandolo nella staffa, ma non riuscì a trovare un appiglio sicuro che potesse aiutarlo a tirarsi su, e saltellò un po', senza concludere niente.
Ocean, che era stata un po' a guardarlo a braccia conserte, alzò gli occhi al cielo scocciata, sbuffando e si avvicinò a lui << C'è qualcosa che sai fare? >> brontolò e afferrandolo per l'altro piede, quello rimasto a terra. Lo sollevò da terra e gli diede la spinta ideale per permettergli di arrivare alla sella. Carl si sistemò e si lasciò sfuggire un sorriso: era bello stare lassù. Ti faceva sentire potente, ti faceva sentire grande, e lui adorava essere grande.
<< Fatti più avanti ragazzino, e togli i piedi di lì. Devi farmi posto. >> ordinò Ocean, e non appena Carl tolse i piedi dalle staffe, Ocean le usò per tirarsi su e posizionarsi in groppa dietro di lui.
<< Oggi carico doppio, Peggy. Sai chi ringraziare. >> disse sarcastica e scocciata alla cavalla << Andiamo, su. Consegnamo il pacco. >> e sempre seguita dal suo cane cominciò ad avviarsi abbastanza velocemente verso la fattoria. Aveva programmato di star fuori tutto il giorno, di starsene sola per un po' e godersi la pace della solitudine, e invece i suoi piani erano andati in fumo. Anche il tentativo di cercare la ragazzina era andato perso, sempre grazie all'intervento pessimo di Carl. Non c'era niente ancora che la convincesse a restare con quel gruppo, niente che le suggerisse che in fondo erano simpatici, niente che le piacesse di loro. E odiava l'idea che avrebbe dovuto stare con loro almeno un altro po', ma sapeva che non aveva scelta. Aveva bisogno del loro cibo, della loro acqua e del riposo che solo quell'angolo di paradiso poteva concederle. E sotto sotto, anche se non l'avrebbe mai ammesso neanche a se stessa, stava cercando scuse, stava temporeggiando, per cercare di rimandare il più in la possibile il momento in cui sarebbe stata costretta a separare il ragazzino da Max. Sapeva Max ci avrebbe sofferto, lo faceva per lui, certo...ma anche per Carl. Nel suo inconscio pulsava il dispiacere per la tristezza che avrebbe portato a Carl nel separarli, nel suo inconscio qualcosa si stava scatenando, Alice stava facendo sentire la sua voce, ma Ocean le tappava la bocca, non voleva ascoltarla, e rispondeva con rabbia alle sue richieste, cercando scuse e giustificazioni. Negando a se stessa tutto ciò che portava chiuso in una cassaforte dentro di lei.

   
 
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