Sabotaggio
La
notte calò...e portò buio non solo al cielo sopra
le loro teste.
Il
gruppo si era riunito come di consueto, dopo una giornata piena di
impegni e problemi, arrivava l'ora del ritrovo. Non era stato dettato
ufficialmente...si riunivano e basta. Quando ormai il buio impediva
di fare altri progetti e rimandava tutto a domani, e quando la fame
comunicava l'ora di cena, i membri del gruppo si stringevano intorno
al fuoco, ognuno prendeva un piatto e si riscaldavano della loro
semplice compagnia, non sempre scambiandosi parole. E così
anche
quella sera, al calar del sole, uno dopo l'altro si avvicinarono al
fuoco e lì rimasero a cenare, e scambiarsi qualche parola
ogni
tanto.
Tutti,
tranne Ocean.
Hershel
l'aveva richiamata in casa poco prima, voleva visitarla di nuovo, per
assicurarsi che si stesse rimettendo e per fornirle altra acqua che
doveva bere assolutamente, per reintegrare i liquidi persi. Si era
raccomandato di mangiare e di stare a riposo, poi l'aveva mandata
via. Era ospite di Rick, non suo, e Rick doveva occuparsi di darle un
posto dove stare. Ma Ocean non raggiunse il gruppo come le era stato
detto. Uscì dalla porta di casa bevendo subito qualche sorso
della
sua bottiglia d'acqua obbligatoria, e si fermò
lì, non andando
oltre, piantanto gli occhi sullo scenario di fronte a lei. Un gruppo
intorno al fuoco. Un semplice gruppo intorno al fuoco, niente di
più
banale. Ma, come già detto, il buio non calò solo
sul cielo sopra
la sua testa.
La
sua espressione si incupì improvvisamente, e dopo aver
chiuso
distrattamente la bottiglia, lasciò cadere le braccia stese
lungo i
fianchi. Le era stato detto di raggiungerli. Ma non
voleva...improvvisamente non voleva neanche più mangiare.
Fece due
passi avanti, attraversando la verandina buia, e si mise a sedere sui
gradini, continuando a osservare la scena davanti a lei con lo
sguardo pieno di tristezza. Un enorme masso sembrava essere caduto
dal cielo colpendola in pieno petto, ecco cosa era successo. E un
altro sentimento si fece largo su quel viso: rabbia.
Max
riposava ai piedi di Carl, aveva mangiucchiato qualcosa e bevuto un
po' d'acqua, poi si era poggiato lì e non si era
più mosso,
continuando a osservare la casa di fronte a loro. Sapeva che la sua
padroncina era lì dentro e presto li avrebbe raggiunti,
perciò
aspettava.
Poi
improvvisamente alzò la testa, rizzando le orecchie e
puntando lo
sguardo davanti a sè. L'atteggiamento improvviso
attirò
l'attenzione di Carl, che portò anche lui lo sguardo alla
casa,
curioso di capire cosa avesse attirato l'attenzione del cane, il
quale si era subito alzato e scodinzolando si era diretto velocemente
in quella direzione. Il buio impediva di vedere chiaramente cosa ci
fosse, ma nonostante questo si poteva vedere una figura nera seduta
sugli scalini della veranda, immobile.
Max
raggiunse Ocean in pochi secondi, scodinzolando contento di poter
stare finalmente un po' con lei, e Ocean lo premiò con una
grattata
sotto l'orecchio, ma l'espressione cupa rimase indelebile.
Poi
un'ombra attirò l'attenzione della ragazza, che
spostò lo sguardo
dal cane rivolgendola a essa, e in breve riconobbe la donna che quel
pomeriggio le aveva salvato la vita.
<<
Vieni lì con noi. >> le disse Andrea, cercando
di sembrare il
più cordiale possibile, convinta forse che l'unica cosa che
impediva
a Ocean di raggiungerli fosse la timidezza << Avrai
freddo qui.
E abbiamo una porzione di cibo in più, dovresti mangiare. Te
lo ha
detto Hershel. >> continuò. Ocean
guardò la donna davanti a
sè senza dire una parola, continuò a osservarla,
e anche se non
poteva vedere il gruppo dietro di lei sapeva che aveva tutti gli
occhi puntati contro. E la cosa la irritò più di
quanto già non lo
fosse. Dovevano lasciarla in pace! Lei non voleva avere niente a che
fare con quel gruppo di persone, e non si sarebbe ridotta a far
combriccola intorno a un fuoco come dei ragazzini al campeggio! No,
non lo avrebbe fatto. Non più.
Guardò
la donna con un certo disprezzo, come se le avesse lanciato un
terribile insulto, poi si alzò e senza dire una parola di
allontanò,
inoltrandosi nel buio della fattoria, cercando un angolo solitario
che fosse suo e di nessun altro. Solo la compagnia di Max era
tollerata, che la seguì senza indugio, lasciando il resto
del gruppo
pensieroso.
Non
le fu difficile trovare subito il suo angolo di paradiso, lo aveva
sempre saputo e lo aveva sempre avuto: il suo posto era insieme ai
suoi unici compagni di viaggio, Max e Peggy. Perciò, per
quanto la
cosa poteva a un occhio esterno non allettare troppo, si diresse
verso la stalla, aprì il cancellino del box di Peggy e vi
entrò,
permettendo anche a Max di entrare. Peggy li salutò con uno
sbruffo,
poi tornò a dormire e riposare tranquilla, nonostante la
presenza
dei due ospiti.
Ocean
era riuscita quel giorno a farsi ridare le cose che aveva lasciato
sopra al cavallo al momento della loro separazione, le aveva
custodite Dale in quei giorni pensando che potessero tornare utili,
ma dato che la legittima proprietaria era tornata si era visto
costretto a ridargliele. E solo grazie a quello che Ocean
riuscì a
non congelare quella notte. Si coprì col suo mantello
ritrovato,
tirandosi su il cappuccio per coprire anche il viso, e si rannicchio
sopra un mucchio di fieno. Max le si avvicinò, annusando un
po' la
zona, poi scelse anche lui il suo posto per passare la notte,
ranicchiandosi e stringendosi contro la sua padroncina, che come
sempre gli dedicava qualche carezza e coccola prima di cadere
addormentato. Sentiva però che qualcosa la turbava, riusciva
a
percepire le sue emozioni, per questo motivo non si
addormentò
immediatamente ma tentò prima di fornirle un po' di conforto
spingendo il muso contro la sua mano e cercando di darle qualche
leccata di consolazione. Ocean capì il tentivo del cane e
non potè
fare a meno di sorridere intenerita << Sai sempre come
prendermi, tu, vero? >> sussurrò prima di
fargli un grattino
sotto al collo. Sospirò e si strinse ancor più
all'animale,
circondandolo con un braccio, stringendolo un po' a sè come
farebbe
una bambina col proprio orsetto di peluche in una notte di temporali.
Max la lasciò fare, e sistemandosi ancora un po',
riuscì a trovare
una posizione comoda prima di addormentarsi definitivamente. Per
Ocean non fu così semplice. Il silenzio divagava intorno a
lei,
eppure non potè fare a meno di considerare quella notte una
delle
più rumorose che avesse mai sentito prima. E tutto quel
baccano le
impedì di prendere sonno per molto tempo, fino a quando,
ormai
prossimi all'alba, la stanchezza non prese il sopravvento.
Ma,
nonostante il sonno, continuò per tutta la notte a vedere un
gruppo
di persone intorno a un fuoco.
Il
risveglio, come poteva immaginare, non fu dei migliori. La notte
passata completamente in bianco le aveva lasciato come souvenir un
martellante ed estenuante mal di testa, e un profondo senso di
confusione. A farle aprire gli occhi fu qualcosa di...ruvido e umido.
"Ma
che diavolo...che fastidio!!" pensò già
innervosita, mentre
pian piano riprendeva conoscenza, agitandosi per quel qualcosa sul
viso che continuava a strofinare senza darle tregua. Riuscì
finalmente ad aprire un occhio, e un muso gigantesco con dei denti
enormi si trovava pericolosamente vicino alla sua faccia, e
continuava insistentemente a strofinare la sua lingua altrettanto
enorme sul viso della ragazza ancora confusa.
<<
Oh, che diavolo! Peggy! >> brontolò la ragazza
cercando di
proteggersi con le braccia e allontanare l'animale dalla sua faccia.
Le sembrava di aver infilato la faccia in una bacinella di gelatina,
tanto si sentiva viscida e umida. Doveva immediatamente correre a
lavarsi, era disgustoso, ma non potè negare di essere quasi
divertita.
Finalmente
la cavalla si fece da parte, permettendo alla ragazza di sollevarsi a
sedere. Il sole splendeva già da tempo probabilmente, era
abbastanza
caldo da averle permesso una bella sudata con quel mantello pesante
addosso. La testa sembrava pesare 10 kili in più, e credeva
di avere
qualcuno dentro che stesse martellando...anzi era certa di averlo.
Si
massaggiò una tempia, e aprì gli occhi
lentamente: sentiva che
perfino la luce le faceva aumentare il mal di testa.
<<
Oh mio Dio!! >> urlò terrorizzata, sobbalzando
e
indietreggiando appena di qualche passo.
<<
Sei impazzita?!?! >> urlò contro Carol, che si
trovava in
piedi davanti all'entrata del box e la fissava immobile
<< Non
lo fare mai più, vuoi farmi morire d'infarto?
>> brontolò
ancora Ocean, col cuore che le correva impazzito nel petto (ulteriore
tortura per il suo mal di testa). Appena aperti gli occhi si era
ritrovata quella figura immobile a fissarla da chissà quanto
tempo,
la cosa poteva far morire di crepacuore qualcuno, avrebbe dovuto
immaginarlo! Soprattutto in tempi come quelli.
<<
Scusami >> disse Carol sinceramente << Ho
pensato tu
avessi fame. Ti ho portato qualcosa. >> e solo allora
Ocean
notò che teneva tra le mani un piatto. La ragazza
capì le buone
intenzioni della donna, e una parte di lei le diceva di chiederle
scusa per la brutta reazione avuta, ma non poteva fare a meno di
provare fastidio. Fastidio che fosse lì, intorno a lei, a
considerarla e cercare ancora di fare amicizia trattandola con
gentilezza e quasi con preoccupazione. Perciò combattuta tra
la
pietà e il nervoso, optò per il silenzio. Si
alzò lentamente in
piedi, togliendosi di dosso il mantello e lasciandolo appeso a bordo
box, sospirò e uscì seguita da Max che ancora si
trovava lì con
lei. Carol si fece da parte per permetterle di prendersi i suoi
spazi, e restò in attesa col piatto in mano,
finchè Ocean, dopo
essersi stirata un po', lo afferrò e fece due passi verso
l'uscita
della stalla, guardando fuori: il campo era praticamente deserto, e
solo ogni tanto si poteva vedere sbucare la testa di una delle donne
che andavano in giro a far faccende o ad occuparsi del bestiame e del
raccolto. Ocean afferrò la forchetta e tirò su un
po' di quello che
c'era nel piatto, senza neanche guardare cosa fosse e lo
portò alla
bocca, mentre Carol alle sue spalle le si avvicinava, in attesa di
chissà quale ringraziamento. O forse solo per poter
controllare se
mangiava, visto che la sera prima era stata a digiuno, al contrario
di quello che avrebbe dovuto fare. Chissà perchè
tutti si
preoccupavano così per lei, cosa gliene importava se stava
male?
Erano affari suoi.
Solo
alla prima masticata Ocean capì cosa stava mangiando, e non
potè
trattenere un espressione leggermente disgustata << Sono
uova?
>> chiese masticando un po' a fatica, biascicando
ciò che
aveva in bocca e cercando di mandarla giù. Carol si
preoccupò per
la sua reazione, lo si potè vedere dalla sua espressione
quasi
mortificata << Strapazzate >>
spiegò subito <<
Fresche! Appena raccolte. Non ti piacciono? >>
Ocean
mandò giù il boccone a fatica, e nel frattempo,
per dare una
risposta repentina alla donna, negò con la testa che
però rimase in
silenzio ad aspettare una spiegazione verbale, e non solo gesti e
mugolii.
<<
No, sono deliziose. Scusami, non sono abituata a mangiar uova di
prima mattina. E' stato...strano. >> latte e cereali,
ecco la
giusta colazione italiana! Il salato di prima mattina era quasi
veleno per le sue papille gustative, abituate da sempre a buttar
giù
dolci e al massimo un caffè amaro al punto giusto. Quasi
piangeva al
ricordo del caffè...ecco un'altra cosa per cui avrebbe
potuto
uccidere.
Carol
parve in parte sollevata dalla risposta della ragazza, ma l'imbarazzo
e la mortificazione persistevano. Probabilmente era una di quelle
donne che tendevano a darsi la colpa di ogni cosa, anche quando a
venir colpite erano loro.
<<
Beh, tecnicamente non è prima mattina. >>
disse Carol e Ocean
le lanciò uno sguardo quasi spaventato....che ore erano?!?!
Quanto
diavolo aveva dormito?
<<
Sarà passato mezzodì. Il sole è sorto
ormai da molto tempo. >>
spiegò ancora la donna brizzolata, sollevando gli occhi al
cielo, a
cercar conferma nel sole.
Ocean
rimase per un po' immobile, a guardarla quasi sconvolta. Era la prima
volta che si spingeva a tanto, era la prima volta dopo tanto tempo
che dormiva così a lungo...e se Peggy non l'avesse svegliata
avrebbe
volentieri dormito un'altra era. Era veramente a pezzi, a quanto
pareva.
<<
Cavoli, che sorpresa! >> si limitò a dire
prima di finire
velocemente il suo piatto. Non era il massimo, e il salato appena
sveglia le faceva venire i brividi, ma era l'unica cosa a portata di
mano e sapeva che doveva mangiare qualcosa. Restituì il
piatto a
Carol, si pulì velocemente la bocca con la manica e si
diresse
nuovamente verso il box, dove aveva lasciato la sua bottiglia d'acqua
che doveva assolutamente finire. Ma aveva appena messo piede nel box
quando con la coda dell'occhio vide qualcosa fuori dallo sportello, a
lato, appoggiato alla staccionata, e senza muoversi cercò
solo di
sporgersi all'infuori con la testa per vedere meglio.
Una
piccola catasta di rametti ben appuntiti era stata appoggiata
lì
ordinatamente.
Il
mal di testa di Ocean diede un altro colpo ben assestato e per un
attimo il suo sguardo si incendiò. Si chinò
velocemente e ne
afferrò uno, poi rialzandosi con altrettanta
velocità si voltò
verso Carol e glielo puntò al viso << Che
diavolo significa?
>> chiese furibonda, terrorizzando di nuovo la donna che
sobbalzò e quasi si lasciò sfuggire il piatto di
mano.
<<
Io...non lo so. >> disse lei e si poteva leggere
sincerità in
quello sguardo.
<<
Tu non lo sai? >> chiese Ocean gonfiandosi come un
pallone che
stava per scoppiare, urlando sempre più forte
<< TU NON LO
SAI? >> Urlò ancora << TE LO
DICO IO COSA SONO QUESTI!!
>> sembrava posseduta da un demonio, l'ira funesta la
stava
accecando e per un attimo Carol temette volesse picchiarla,
perchè
non smetteva di gonfiare il petto e di avvicinarsi a lei col viso. Ma
invece Ocean non glielo disse cosa erano...sapeva che lei non
c'entrava niente. Si voltò di nuovo, muovendosi con
rapidità e con
scatti decisi, la testa in fiamme per il dolore e la rabbia che
peggiorava il tutto, si poteva vedere la sua voglia di uccidere
qualcuno nei tremolii delle mani, e afferrò alla ben e
meglio la
catasta di ramoscelli, lasciandone cadere qualcuno, fregandosene, e
si allontanò a grandi falcate.
Arrivò
al campo dove erano sistemate le tende che ancora lanciava fulmini
dagli occhi, e la presa sui ramoscelli era tanto precaria che aveva
lasciato dietro di lei una scia, manco fosse Hansel che doveva
tornare a casa con la sua sorellina Gretel. Si guardò
attorno, ma
neanche vide chi era presente che cominciò a urlare
<< Dov'è?
Dove sta quel figlio di buonadonna?!?! >> Glenn
guardò la
ragazza con un certo timore e girandosi un po' col corpo, ma sempre
tenendola sott'occhio, disse ad alta voce << Oh, no.
Rick! Di
nuovo! >> Ocean si voltò verso il cinesino,
scrutandolo. Non
era lui che voleva. Rick le si avvicinò con le mani alzate,
convinto
ormai di trovarsi di fronte a una matta uscita dal manicomio...stava
veramente cominciando a chiedersi chi fosse prima quella ragazza e se
prima davvero non fosse soggetta a qualche disturbo mentale.
<<
Calma, Ocean. Che succede? >> cercò di
placarla. Ocean lo
guardò, non era neanche lui che voleva. Alle sue spalle si
trovava
Shane, che sghignazzava e se la rideva, cercando di nascondere un po'
la cosa, abbassando la testa e grattandosi la nuca. Probabilmente
anche lui credeva fosse pazza. Ma non era neanche lui che voleva.
<<
Dov'è? >> chiese ancora Ocean, non trovando
chi realmente
stava cercando.
<<
Chi? Dov'è chi? >> chiese Rick, sperando di
riuscire in
qualche modo a placare la sua furia, magari stando un po' al suo
gioco.
<<
Cosino, lì! Come si chiama?! >> la rabbia e il
mal di testa
non erano alleati alla sua già scarsa memoria dei nomi
<<
Harry! >> Shane non riuscì a trattenersi e
scoppiò a ridere.
E per Rick fu difficile non fare altrettanto << Chi?
>>
chiese continuando a darle corda.
<<
Harry! Berry! Denny! Come cavolo si chiama?!?! Mister figone sono io!
Il balestriere! >> continuò Ocean, ignorando
Shane che voltato
continuava a sghignazzare. Trovava esilarante la scena, ma Ocean era
davvero furiosa, e appena lo avrebbe trovato gli avrebbe staccato la
testa come minimo. Poi sarebbe tornata ad occuparsi di quel cretino
di Shane, che nonostante il trattamento che le aveva riservato, si
prendeva pure la libertà di ridere di lei.
<<
Ah, Daryl! >> la illuminò Glenn, capendo per
primo chi stava
cercando.
<<
Quello che è! >> tagliò corto Ocean
<< Dov'è? Dimmelo!
Ora! >>.
Glenn
guardò Rick con timore, cosa doveva fare? La ragazza
sembrava
intenzionata a far guai di nuovo. Ma Rick sapeva che non avrebbe mai
potuto far del male a nessuno, era disarmata e certamente non poteva
competere con Daryl in quanto a forza fisica.
<<
Alla fontana laggiù. >> le indicò
semplicemente, lasciandola
andare, ignorando il perchè di tanto furore, ma cercando di
capirlo
insieme agli altri osservando la scena che stava per compiersi tra i
due. Non avrebbero sentito bene cosa si sarebbero detti, ma con la
rabbia di Ocean probabilmente i gesti avrebbero parlato più
delle
parole.
<<
Molto divertente, davvero! >> urlò Ocean
lanciando con tutta
la forza che aveva la sua catasta di ramoscelli addosso a Daryl, che
l'aveva ignorata fino al momento in cui gli aveva rivolto la parola e
al momento in cui si era ritrovato addosso una pioggia di rami.
<<
Ehi, sei impazzita? >> le chiese lui voltandosi a
guardarla
sconvolto e forse anche un po' offeso.
<<
Poi sono io quella col senso dell'umorismo pessimo, vero?
>>
continuò a urlargli contro Ocean, non dandogli nemmeno
ascolto:
tutto ciò che avrebbe detto sarebbe stato irrilevanto. Era
un
cretino stronzo, non meritava ascolto. E Ocean aveva scoperto di
odiarlo.
<<
Ma certo, bravo, sei un figo tu! Bravo! >> gli
applaudì <<
Prendiamo in giro la ragazza imbranata, che poi gli faccio vedere io
quanto son figo che riesco a far le cose meglio di lei. Guardami,
sono bello e muscolo, bravo a far tutto io, al contrario tuo stupida
ragazzina imbranata che neanche riesci a costruirti delle frecce da
dei ramoscelli del cazzo! >> proseguì
facendogli il verso e
incazzandosi sempre di più, ma mano che proseguiva, alzando
sempre
più il tono della voce.
<<
Tu sei tutta matta! >> si limitò a dirle
Daryl, prima di
rivoltarsi verso la fontana, dove fino a poco prima stava cercando di
darsi una pulita. Ma Ocean lo spinse per una spalla costringendolo a
rivoltarsi << Io sono la matta! Pure questo ora! Ma chi
cavolo
sei tu per giudicarmi, si può sapere? Neanche sai come mi
chiamo, e
ti permetti di giudicarmi e prenderti gioco di me. Bello, io sono
sopravvissuta mesi lì fuori da sola, al contrario tuo che
dovevi
sempre avere qualcuno che ti parasse il tuo bel culetto da super
modello! >>
<<
Non toccarmi più! >> le gridò Daryl
innervosendosi e
puntandole un dito minaccioso contro << Dovresti essermi
grata
invece! Eri senza frecce, no? Ti ho fatto un favore! >>
<<
Bel favore del cazzo! Certo, ora il tuo intento era solo quello di
essermi amico e farmi un favore, non certo dimostrarmi che io son
imbranata e tu un figo. >> Ocean gli fece una grossa
risata
sarcastica << Divertente come un dito nel culo!
>>
<<
Certo meglio del tuo modo di ringraziare! Ti abbiamo salvato il culo,
bella! >>
<<
Voi avete.... >> Ocean si bloccò, prima
incredula, rimanendo a
bocca aperta, poi ricevendo come un'illuminazione, e un sorriso
sarcastico si dipinse sul suo volto << Ora ho capito.
>>
e pian piano riprese a urlare << Adesso ho capito tutto!!
Tu...
e i tuoi cari amichetti My Little Pony state cercando di comprarmi!
Tutte ste carinerie, le cure mediche, la colazione a letto e i tuoi
stupidi legnetti a presa per il culo! Volete convincermi che ho
bisogno di un gruppo, così resto qui e il figlioletto del
tuo caro
fidanzatino Rick può vivere felice e contento col MIO cane!!
>>
<<
Non permetterti di offendermi! >> sputacchiò
Daryl,
avvicinandosi al suo viso di colpo, minaccioso, pronto a sferrar
pugni se fosse stato necessario.
<<
E tu non giudicarmi! Non sono imbranata, se lo fossi stata sarei
morta al primo angolo! E smettetela tutti di essere così
disgustosamente carini con me! Io me ne andrò, e Max viene
via con
me! >> continuò a urlare Ocean.
<<
Vai! Ci faresti solo un favore! Meno cibo andato sprecato!
>>
rispose Daryl urlando << Nessuno ti trattiene, puttana!
>>
<<
Questa cos'è psicologia inversa? E quell'offesa? Puttana?
PUTTANA?
Non sai fare di meglio? Molto maturo complimenti! Vai al diavolo tu e
quel gruppo di idioti che ti porti appresso! E non permettetevi mai
più di avvicinarvi a me e ai miei animali! >>
disse Ocean,
completando la frase con un gesto violento del braccio, usato solo
per sfogare la rabbia, ma che voleva essere anche un gesto
minaccioso.
<<
Razza di imbecilli >> grugnì infine Ocean
prima di voltarsi e
andarsene.
<<
Stupida puttana! >> grugnì Daryl di rimando,
tirando un calcio
a uno dei ramoscelli ai suoi piedi, prima di tornare a ciò
che stava
facendo.
<<
Vaffanculo! >>
<<
Vaffanculo tu! >> si urlarono alla fine. E Ocean
ritornò sui
suoi passi, con i pugni serrati e lo sguardo fisso davanti a
sè.
Passò davanti al resto del gruppo, tutti attirati dalla
lite, e
nessuno riuscì a essere discreto nell'osservarla mentre si
allontanava, ma Ocean non li degnò di considerazione e
tornò alla
stalla, dalla sua Peggy, borbottando tra sè e sè
offese e
imprecazioni di ogni tipo.
Nel
giro di pochissimi minuti la cavalla era sellata e pronta per una
bella cavalcata, e Ocean vi salì sopra, attraversando la
strada che
la divideva dal campo al trotto, e fermandosi davanti alla roulotte.
<<
Vecchio!! >> urlò Ocean da fuori, mentre
scendeva da cavallo
<< Vecchio!! >> chiamò ancora, e
Dale si affacciò
curioso e confuso da sopra il tettuccio del camper. Ocean lo
guardò
e disse subito decisa << Dammi le mie armi. So che le
tieni tu,
insieme a tutte le altre. >>
<<
Non posso. >> si limitò a rispondere Dale.
<<
Vado nel bosco a farmi una passeggiata, vuoi avermi sulla coscienza
per quel poco che ti rimane della tua vita? Dammi le mie armi, ora.
>> insistette Ocean, mandando alle ortiche le buone
maniera.
Non era proprio in vena di carineria e fiocchetti ornamentali.
Dale
la guardò un po' pensieroso, e sicuramente anche un po'
irritato per
i modo poco cordiali, ma non aveva intenzione di ribattere ancora. Di
certo non si sarebbe messo a far storie in quel momento, e se
veramente la ragazza andava nel bosco allora le armi le servivano
davvero. Perciò dopo aver tirato un sospiro di rassegnazione
scese
dal tettuccio del camper, entrò all'interno e dopo pochi
minuti uscì
con tutte le armi di Ocean.
<<
Tieni. E non farmene pentire. Portale fuori di qui e quando ritorni
me le riporti, chiaro? >>
<<
Sempre se ritorno. >> si lasciò sfuggire Ocean
mentre si
allacciava le cinture che tenevano su la sua spada e le sue daghe, ma
Dale si rese conto che la frase non era rivolta a lui, e non
sentì
il bisogno di intervenire. La rabbia usciva da ogni poro della sua
pelle, probabilmente era solo una frase di circostanza.
Mentre
finiva di allacciarsi l'ultima cintura, Ocean si riavvicinò
a Peggy
e saltò di nuovo in groppa, allontanandosi velocemente,
senza
rivolgere neanche uno sguardo all'uomo che gli stava di fronte. E se
uno sguardo era stato così d'oro, figuriamoci un "grazie".
Passò
di fianco a Carl, che già stava tentando di coinvolgere Max
in
qualche gioco, e lanciò un fischio, aggiungendo solo un
<< Max
>> di richiamo. Nient'altro. Ma ciò
bastò perchè l'animale
si voltò subito verso di lei, e quando la vide allontanarsi
in
groppa a Peggy corse loro dietro, consapevole che si sarebbero andati
a fare una passeggiatina e probabilmente Ocean aveva bisogno di lui.
Si sentiva più sicura se c'era Max insieme a lei,
perchè lui
riusciva a sentire il pericolo avvicinarsi, e per Ocean era facile
capire quando era l'ora di togliere le tende, bastava ascoltare i
suoi due animali.
Corsero
velocemente verso la staccionata ai confini del campo, e la
superarono, dirigendosi verso il bosco davanti a loro. Hershel
avrebbe avuto sicuramente da ridire, Ocean era ancora troppo debole
per permettersi cavalcate sotto al sole e in mezzo al pericolo della
"gente malata", ma tanto Hershel non l'aveva vista andar
via, perciò non aveva avuto modo di romperle le scatole.
In
pochi minuti furono circondati da alberi, e non si vedeva altro nel
giro di molti metri. In lontananza si poteva udire il rumore di un
ruscello, ma niente più. Ocean stette in silenzio, cercando
di
rendere silenzioso anche il suo respiro, e proseguì
lentamente
seguendo una direzione non ben precisa a lungo, seguita da Max che se
ne stava quatto e annusava ogni cosa. Tesi come corde di violino, ma
senza troppa fatica, ormai ci erano abituati.
Ocean
fece svoltare il cavallo, decisa che andare a caso non era il metodo
migliore per muoversi: doveva trovare un filo da seguire, e
lì
l'unica cosa di diverso e di lineare era il ruscello, perciò
si
mosse verso esso. Il sole che passava delicato attraverso le foglie
degli alberi era quasi piacevole, come era piacevole la leggera
brezza che ogni tanto le scompigliava i capelli e il rumore delicato
degli zoccoli della sua Peggy sul terreno secco, lontano da piogge
che ormai da giorni si facevano desiderare.
Arrivarono
al ruscello e la prima cosa che Ocean fece fu guardarsi attorno,
seguendo con gli occhi il corso dell'acqua e poi nel senso inverso,
controllando che non ci fosse nessuno...o meglio che non ci fosse
"niente". Max subito si avvicinò all'acqua che scorreva
davanti a loro, l'annusò a lungo poi diede due rapide
leccate,
buttandosi un po' di quel liquido fresco e dissetante in gola.
"Pensa
come una ragazzina" si ritrovò a dirsi, cercando di trovare
una
pista. Non aveva chiesto informazioni a nessuno prima di partire, la
rabbia si era presto tramutata in orgoglio, e mai sarebbe andata da
loro a dirgli "nonostante vi odii a morte ho intenzione di
aiutarvi nelle ricerche della figlia di Carol". Perchè poi
volesse farlo era un mistero, forse per noia, anzi no, molto
probabilmente era così. E questo colpo di orgoglio, che le
aveva
portato una carenza di informazioni preziose, di certo non
l'avrebbero aiutata nella ricerca. Però era sempre una scusa
per
restare lontana dalla fattoria per un po', starsene finalmente sola,
senza gente fastidiosa ed egoista.
Seguire
il ruscello sarebbe stata la scelta più saggia da prendere,
se uno
aveva intenzione di farsi trovare, ma sicuramente non quella che
avrebbe preso una ragazzina, inesperta e terrorizzata. In quelle
condizioni, secondo Ocean, l'unica cosa che poteva volere era cercare
un nascondiglio, e starsene sulla riva del ruscello l'avrebbe tenuta
troppo scoperta. Gli alberi erano sicuramente più
allettanti. Ma
eccola di nuovo al punto d'inizio: se si fosse inoltrata nella
foresta avrebbe vagato senza una meta precisa, e la cosa non avrebbe
aiutato.
Però...forse
era la cosa migliore. Chi scappa non ha una meta precisa, va dove
capita. E se lei per trovarla doveva calarsi nei suoi panni, allora
doveva vagare alla stessa maniera. E poi, alla fine, che altra scelta
aveva?
<<
Va bene, proviamoci. >> disse tra sè e
sè e, superando il
ruscello, cominciò a vagare per il bosco senza seguire un
ordine
preciso, semplicemente spostandosi come le suggeriva il cuore e
l'istinto. Non era la scelta migliore, ma con un po' di
fortuna...chissà.
Era
già da molto che girovagava per il bosco, forse ore, e la
fame
cominciava a farsi risentire, ma decise di mettersi un tappo allo
stomaco e di tirare ancora per un po'. Il sole era ancora alto in
cielo, c'era ancora tempo per tornare, e la rabbia non era ancora
sbollita del tutto. Anzi, più ci ripensava e più
si innervosiva.
Perciò era meglio starsene sola ancora un po',
così la fame sarebbe
stata una buona motivazione per tornare, superando quella che la
spingeva ad andarsene immediatamente.
Cavalcava,
ormai persa nei suoi pensieri: aveva smesso di dare troppe attenzioni
e ascolto al mondo che la circondava già da un po', tanto
non c'era
niente che meritasse attenzione, quando poi all'improvviso
sentì Max
ringhiare. Si tese immediatamente in sella al suo cavallo e
cominciò
a guardarsi attorno, cercando di cogliere ogni minimo movimento o
anomalia nel circondario. Max stava osservando un punto ben preciso
però, perciò Ocean aveva più o meno
un'idea già chiara di dove
doveva rivolgere lo sguardo attento. Scese da cavallo, legandola
lì
vicino. Preferiva tenerla distante dai campi di battaglia, era la sua
via di fuga, e poi si muoveva meglio a piedi se doveva puntare
sull'invisibilità e la silenziosità.
Sfoderò la spada, e si tenne
china mentre si avvicinava al gruppo di cespugli che Max puntava,
fino a quando cominciò anche lei a sentire i loro lamenti.
Zombie.
Non sapeva se lì dietro, quanto dietro, o se direttamente
dentro i
cespugli, ma c'erano zombie lì. Ed era meglio dare
un'occhiata,
chissà che non trovasse qualcosa di interessante. Si
portò un dito
alle labbra, facendosi vedere da Max e cercando di trasmettergli uno
sguardo severo, di comando, che lo obbligasse a stare zitto. Non
dovevano attirare l'attenzione.
Man
mano che si avvicinava il cuore batteva sempre più forte, e
il
respiro quasi veniva a mancare. Si presume che dopo così
tanto tempo
una si fosse abituata a certe cose, ma non era così
semplice. Ogni
volta era come la prima volta, e il non sapere da dove sarebbero
sbucati la teneva in agitazione. Non era tanto lo scontro fisico che
la spaventava, aveva appurato che le difficoltà erano poche,
quelli
si muovevano lenti e disorganizzati, se non erano in troppi era
facile riuscire a farli fuori, ma la terrorizzava l'effetto sorpresa.
Sapeva erano lì, li sentiva, ma lì dove
precisamente? E se appena
avesse alzato la testa per guardare se ne fosse trovato uno davanti?
Non avrebbe fatto a tempo. Ma la paura però non era
abbastanza
convincente da farla tornare indietro. Dentro sè, aveva
proprio
voglia di tirare due fendenti e tagliare qualche testa, ne sentiva
quasi il bisogno, era una valvola di sfogo non sottovalutabile.
Alzò
la punta della lama all'altezza degli occhi, avvicinandola al viso, e
piano piano provo a raddrizzarsi per portare lo sguardo oltre il
sottobosco e vedere dov'era e quanti erano. In quella maniera se
anche se fosse trovato uno di loro davanti sarebbe stato facile
ucciderlo all'istante, bastava spingere la lama avanti.
Riuscì
a vederli: 4 di loro erano chini su qualcosa, intenti probabilmente a
pranzare. Non l'avevano ancora notata, ma non ci avrebbero messo
molto: era l'unica cosa che profumava di vivo nel circondario. Ocean
si guardò velocemente intorno, per assicurarsi che non ce ne
fossero
altri, poi fece la sua mossa. Si rilassò, abbassò
la lama,
impugnandola con una mano sola mentre con l'altra spostò i
cesugli
per passarci attraverso e si fece lentamente avanti.
<<
Stai lì, Max >> disse, fregandosene se
l'avessero sentita,
anzi era proprio quello che voleva. Non voleva avvicinarsi oltre,
preferiva che si muovessero loro, così avrebbe avuto
più
possibilità di trovarsene addosso solo uno alla volta,
piuttosto che
tuffarsi in mezzo a loro.
<<
E' buono? Non preferireste dei deliziosi Cereali Cheerios?
>>
disse con ironia Ocean, attirando così l'attenzione dei 4
cosi, che
si voltarono dapprima lentamente, con le labbra ancora grondanti di
sangue e i denti marci scoperti, poi si alzarono e cercarono di
avvicinarsi a lei prendendo velocità, grugnendo, ruggendo e
facendo
ogni tipo di verso gutturale potesse uscirgli.
<<
Disgustoso. >> osservò Ocean tra sè
e sè, guardando come uno
di quei due arrancava e inciampava sulle sue stesse budella che
penzolavano fino ai piedi. E infine partì. Un fendente
dritto sulla
testa del primo, che si accasciò subito, e con un singolo
movimento
Ocean staccò la spada dal suo cranio e con un dritto tondo
tagliò
la testa al secondo, che rotolò un paio di metri in
là. Il sorriso
era stampato sul viso di Ocean, era macabro, ma si divertiva. Quelle
non erano più persone, erano mostri, e quello che stava
commettendo
non era omicidio, ma un atto di eroismo. Incredibile come il confine
tra le due cose fosse così labile e sottile.
Si
avvicinò il terzo, a braccia tese, urlando e già
a bocca aperta, in
attesa del suo pasto. Con un montante Ocean gli aprì il
ventre,
destabilizzandolo, e urlando per darsi carica fece un passo in avanti
in un affondo che portò la lama ad attraversare da parte a
parte il
cranio del mostro davanti a lei. Il sangue nero, marcio,
schizzò
dappertutto, sporcandole i vestiti, accumulando puzzo e marciume ad
altro puzzo e marciume, arrivando anche al viso, macchiandole una
guancia. L'odore era da nausea, ma anche a quello ormai ci era
abituata. Ricordava come un tempo, quando ancora era Alice, non
poteva neanche aprire il bidoncino dell'organico perchè
l'odore che
ne saliva la faceva correre in bagno con i conati di vomito. Ocean
invece non era così debole di stomaco, Ocean avrebbe potuto
farcisi
un bagno in quello schifo e stare bene per giorni, non sentendosi
neanche a disagio.
Smosse
la lama all'interno della testa del mostro, procurando rumori di ossa
sbriciolate da far accapponare la pell, e si assicurò di
aver
colpito le zone giuste. Poi estrasse la lama, e portandosi di nuovo
in posizione iniziale di combattimento, fissò il quarto e
ultimo
mostro, quello che inciampava nelle sue budella e che per questo era
stato più lento degli altri. Ocean sorrise di nuovo, sapendo
che non
avrebbe avuto nessuna chance e lanciò un altro urlo di
carica prima
di prendere la spinta giusta da dare alla spada, pronta a tagliare
un'altra testa, ma qualcosa la precedette. Un colpo di pistola la
fece sobbalzare, da dove diavolo era arrivato? Si voltò
velocemente
verso la direzione di provenienza, e vide a pochi metri da lei, con i
piedi ben piantati a terra ma il corpo tremolante e lo sguardo
terrorizzato, il ragazzino che voleva approppriarsi del suo cane. La
rabbia scoppiò nei suoi occhi: che cacchio ci faceva
lì?!?! Ma non
ebbe tempo di dire, o fare niente: il colpo aveva mancato il
bersaglio, e lo zombie non si era lasciato distrarre come Ocean e
aveva approfittato della sua distrazione per saltarle addosso.
Ocean
urlò quando si rese conto di cosa stava succedendo,
urlò più di
rabbia che di paura e d'istinto lasciò cadere la spada a
terra, per
poter utilizzare entrambe le mani per fermare la faccia dello zombie
che cercava di avvicinarsi a lei. Non era mai stata tanto forte, e
quei mesi di addestramento a fughe e combattimenti l'avevano
sicuramente migliorata, ma non abbastanza. Lo zombie tentò
di
spingere il suo viso contro quello della ragazza, continuando a
mordere l'aria, speranzoso di afferrare presto qualcos'altro e nel
frattempo portò le sue mani alle spalle delle ragazza. Non
appena
Ocean sentì le sue dita spingere contro i suoi vestiti
nell'intento
di afferrarla il panico insorse in lei: l'avrebbe graffiata! Si
sarebbe trasformata! E tutto per colpa di quello sciocco ragazzino
che non si faceva gli affari suoi!
<<
No, no!! >> urlò e facendo appello a tutto le
sue energie
cercò di fare forza e di spingere a lato lo zombie,
facendolo cadere
e sperando di riuscire a staccarsi le sue mani di dosso.
Riuscì, la
disperazione fa fare cose sovraumane, ma sentì uno "strap"
che le fece palpitare il cuore. Sfoderò una delle sue daghe
e senza
aspettare oltre si lasciò cadere sullo zombie a terra, che
già
aveva ripreso ad allungare le braccia nella sua direzione e le aveva
quasi afferrato una caviglia. Ma Ocean riuscì a
conficcargliela
prima che potesse fare altro e lo uccise all'istante.
Sfoderò
subito la daga e la lasciò cadere a terra, cominciando a
guardarsi
terrorizzata, in cerca di eventuali graffi e già sentendo il
nodo in
gola che bruciava. Vide che la manica della sua camicia era stata
strappata, e capì che era stata lei a fare quel rumore.
Allargò il
buco e guardò la sua pelle all'interno, con ossessione e
terrore,
guardandola più volte, tastandola, cercando anche il
più piccolo e
invisibile graffietto, ma per fortuna era ancora tutta integra. Nella
caduta lo zombie aveva afferrato la sua camicia ma non la sua pelle.
Si sentì la ragazza più fortunata del mondo in
quel momento ed ebbe
un calo di pressione, segno della tensione che era calata
improvvisamente. Fece grandi respiri e si poggiò con una
mano a
terra, chiudendo gli occhi e cercando di far calmare il cuore. La
testa aveva ripreso a pulsare, a scoppiare, ma in quel momento era il
male minore. Se l'era quasi fatta nei pantaloni, diavolo!
Afferrò
la daga non appena si sentì in grado di mettersi in piedi, e
la
rifoderò, ma la spada dovette aspettare ancora un po'
perchè c'era
prima qualcos'altro che andava fatto: si voltò e si
alzò di scatto,
col solo desiderio di menar ceffoni a quello stupido, e gli si
avvicinò a grandi falcate. Il ragazzino era pallido in viso,
ancora
tremolante, ancora confuso e spaventato, ma la cosa non
intenerì
Ocean che lo prese per un braccio e portò il suo viso
all'altezza di
quello del ragazzino
<<
Che cazzo fai qui? Sei impazzito? >> gli disse colma
d'ira, me
senza urlare.
<<
Mi hai quasi fatto uccidere, razza di cretino! I ragazzini come te
dovrebbero starsene a casa a giocare con le macchinine, non
maneggiare certe cose senza neanche saperle usare! >> ma
Carl
ancora non rispose, la guardò semplicemente, ancora
scombussolato,
forse facendo fatica a capire quello che Ocean gli stava dicendo.
<<
Andiamocene di qua, il tuo gesto eroico avrà attirato altri
di loro,
e non voglio rischiare di nuovo la vita per colpa tua. Meriteresti
una sculacciata >> e cominciò a trascinarlo
per il braccio,
ritornando da Peggy. Max era con lei che si guardava attorno
guardingo, attento che non ci fossero altre minacce nei paraggi, ma
non rimase sorpreso quando vide i due avvicinarsi. Probabilmente
aveva fiutato Carl.
<<
Forza, sali a cavallo! >> disse Ocean spingendo Carl
verso la
sua Peggy. Carl la guardò senza dire niente, si
massaggiò il
braccio dove la presa ferrea di Ocean gli aveva quasi fatto male, e
si avvicinò timoroso al cavallo. Non aveva mai cavalcato
prima
d'ora, e quasi neanche arrivava alla sella. Cercò di alzare
un
piede, infilandolo nella staffa, ma non riuscì a trovare un
appiglio
sicuro che potesse aiutarlo a tirarsi su, e saltellò un po',
senza
concludere niente.
Ocean,
che era stata un po' a guardarlo a braccia conserte, alzò
gli occhi
al cielo scocciata, sbuffando e si avvicinò a lui
<< C'è
qualcosa che sai fare? >> brontolò e
afferrandolo per l'altro
piede, quello rimasto a terra. Lo sollevò da terra e gli
diede la
spinta ideale per permettergli di arrivare alla sella. Carl si
sistemò e si lasciò sfuggire un sorriso: era
bello stare lassù. Ti
faceva sentire potente, ti faceva sentire grande, e lui adorava
essere grande.
<<
Fatti più avanti ragazzino, e togli i piedi di
lì. Devi farmi
posto. >> ordinò Ocean, e non appena Carl
tolse i piedi dalle
staffe, Ocean le usò per tirarsi su e posizionarsi in groppa
dietro
di lui.
<<
Oggi carico doppio, Peggy. Sai chi ringraziare. >> disse
sarcastica e scocciata alla cavalla << Andiamo, su.
Consegnamo
il pacco. >> e sempre seguita dal suo cane
cominciò ad
avviarsi abbastanza velocemente verso la fattoria. Aveva programmato
di star fuori tutto il giorno, di starsene sola per un po' e godersi
la pace della solitudine, e invece i suoi piani erano andati in fumo.
Anche il tentativo di cercare la ragazzina era andato perso, sempre
grazie all'intervento pessimo di Carl. Non c'era niente ancora che la
convincesse a restare con quel gruppo, niente che le suggerisse che
in fondo erano simpatici, niente che le piacesse di loro. E odiava
l'idea che avrebbe dovuto stare con loro almeno un altro po', ma
sapeva che non aveva scelta. Aveva bisogno del loro cibo, della loro
acqua e del riposo che solo quell'angolo di paradiso poteva
concederle. E sotto sotto, anche se non l'avrebbe mai ammesso neanche
a se stessa, stava cercando scuse, stava temporeggiando, per cercare
di rimandare il più in la possibile il momento in cui
sarebbe stata
costretta a separare il ragazzino da Max. Sapeva Max ci avrebbe
sofferto, lo faceva per lui, certo...ma anche per Carl. Nel suo
inconscio pulsava il dispiacere per la tristezza che avrebbe portato
a Carl nel separarli, nel suo inconscio qualcosa si stava scatenando,
Alice stava facendo sentire la sua voce, ma Ocean le tappava la
bocca, non voleva ascoltarla, e rispondeva con rabbia alle sue
richieste, cercando scuse e giustificazioni. Negando a se stessa
tutto ciò che portava chiuso in una cassaforte dentro di lei.