Nick:
HollyMaster
Tributo:
Mags
Turno:
Cinque
Titolo
Storia: L’Elenco Bianco
Genere:
Introspettivo
Raiting:
Giallo
Avvertimenti:
Nessuno
Pairing:
Mags/Bellamy (?)
Note:
Il mio contenitore diceva “Mags... aveva bisogno di
bere.” Ed essendo questo Bianco, dovevo inserire questo colore nel titolo.
Il
nome Bellamy è stato spaventosamente rubato da una serie di cui mi sono
innamorata in questo periodo (The 100) e non so, mi sembrava un nome perfetto,
i due personaggi comunque non hanno nulla a che fare l’uno con l’altro.
Il
viaggio della vittoria era finalmente finito.
Non
avrei più dovuto sopportare la vista di quei volti impregnati di dolore mentre
mi dichiaravo spiacente per la morte dei loro figli ma onorata dalla vittoria
che aveva portato gloria e onore a tutti i Distretti, leggendo diligentemente
il discorso che mi avevano preparato.
In
piedi sul palco appositamente allestito davanti all’enorme edificio del
Municipio del Distretto 4 però non riuscivo ad abbassare lo sguardo sul foglio
che tenevo tra le mani. L’inchiostro stava svanendo lavato via dal sudore delle
mie mani mentre il mio sguardo vagava tra la folla, tra quei volti noti che di
rimando mi scrutavano perplessi combattuti dai loro stessi sentimenti: grati
che una di loro fosse tornata a casa ma allo stesso tempo distrutti dalla
perdita di Caleb. Solo mio padre e mia madre che mi guardavano tra la folla
sembravano essere decisi su quale fosse la migliore espressione da mostrare e
era il sollievo per poter abbracciare nuovamente la propria bambina.
I
miei occhi non riuscivano a staccarsi dall’enorme poster che ballava al vento
facendo muovere in modo innaturale il volto di Caleb. Era stato raffigurato con
lo sguardo a scrutare l’orizzonte, come se laggiù potesse vedere un futuro
splendente.
Su
un terrazzo che si alzava tra la folla stava Bellamy, il fratello maggiore di
Caleb, l’unico rimasto della loro famiglia.
Lo
ricordavo perché anche lui era un pescatore e per il suo apprendistato aveva
lavorato per mio padre. Era facile vederlo passeggiare per la riva con una rete
colma di pesci tra le mani, magari a petto nudo e con i raggi del sole che
picchiavano sui suoi addominali scolpiti. Nonostante la differenza d’età era
stata una delle mie prime cotte.
Non
mi ero accorta di quanto fosse simile a Caleb fino a che non lo vidi lì, vicino
a quel poster che sembrava essere uno specchio: gli stessi capelli scuri e
leggermente mossi, le stesse labbra severe e lo stesso sguardo battagliero.
L’unica cosa che li distingueva era il limpido azzurro che riempiva le iridi di
Caleb che contrastava nettamente con il profondo abisso che sembravano essere
quelli di Bellamy. Un abisso che sembrava essere sempre più acquoso dato che
tutto il corpo del ragazzo, dai pugni chiusi che mettevano in evidenza le vene
delle braccia, alla mascella che era contratta all’inverosimile mostrando
l’aorta, indicavano che stesse trattenendo a stento le lacrime. Ma l’avrebbe
fatto, ne ero convinta; non avrebbe mostrato la sottomissione a Capitol City.
Mai!
Anche
se fosse stato per commemorare la perdita del fratello, unico familiare a lui
rimasto.
Non
ricordavo bene cosa fosse successo a quella famiglia; una disgrazia in mare
quando io ero ancora troppo piccola per ricordare.
Erano
cresciuti insieme, Bellamy e Caleb, e quando quest’ultimo era stato sorteggiato
durante la Mietitura, il maggiore non aveva nemmeno potuto prendere il suo
posto per salvarlo, essendo già fuori dai giochi da un paio d’anni.
La
caparbietà che dimostrava Bellamy in quel momento era, per me, d’ispirazione e
allo stesso tempo un ricordo del mio fallimento. Io non ero stata capace di
combattere per i diritti del Distretto 4, ero solo stata capace di uccidere i
miei stessi coetanei per poter continuare a vivere una vita che, solo ora mi
accorgevo, non ero degna di continuare.
E
non mi ero limitata a quello.
La
mia gola si seccò nello stesso istante in cui ci pensai, era totalmente arida e
nonostante continuassi a cercare saliva per poterla bagnare questa sembrava
scappare da me, come se in quel momento il mio corpo fosse impossibilitato a
produrne. Era come se un nuovo abitante si fosse trasferito lì e quel qualcuno
non faceva altro che gridare e sbraitare il suo bisogno di dissetarsi.
Più
la sete cresceva più pensavo alle mie parole e alle sue, quelle che Snow aveva rivolto a me e l’elenco che mi aveva consegnato;
e più ci pensavo meno la sete sembrava intenzionata ad estinguersi.
Il
Presidente Snow mi aveva convocata per quella che
sembrava essere la mia missione dopo la vittoria. Ciò che spettava a coloro che
tornavano vivi dall’Arena era tutt’altro che gloria e onore. Ciò che avevo
trovato io era facilmente riassumibile in una parola: ricatto.
Mi
aveva convocata nel suo ufficio solo per essere sicuro che la minaccia fosse
efficace, solo per accertarsi che avrei fatto ciò che voleva.
Era
da quel momento, da quando l’odore fastidioso di rose mi aveva seccato la gola,
che avevo bisogno di bere, da allora che nessuno si era minimamente preoccupato
di passarmi nemmeno un goccio d’acqua, nonostante la mia mano poggiata sul mio
collo e i miei colpi di tosse frequenti facessero presumere facilmente la mia
disidratazione.
Avevo
accettato a malincuore l’offerta di Snow riuscendo
così ad allontanarmi da quell’edificio e da quell’odore nauseabondo di rose ma
la sete era rimasta lì.
Persistente.
Mi
aveva accompagnata durante tutto il viaggio verso il Distretto 4 e anche ora
che ero scesa dal palco facendo credere a tutti che da quel momento in poi sarei
stata libera dalle costrizioni alle quali loro erano costantemente sottoposti
pur sapendo benissimo che era tutta una bugia, menzogna su cui si basava
l’intero potere di Capitol City, neppure in quel
momento la sete mi aveva lasciata sola.
Avrei
ben presto assaporato le acque depurate che sgorgavano dai rubinetti delle case
nel Villaggio dei Vincitori ma il mio sguardo si era perso nell’abisso di due
occhi che mi fissavano curiosi.
-Mags…-
Cercai
invano della saliva nella mia bocca da poter inghiottire per cercare di bagnare
la mia gola disidratata. Ero certa che volesse vendicarsi in qualche modo per
la morte del fratello, urlarmi contro rivelandomi la mia natura distruttiva e
attaccarmi picchiandomi fino a che enormi fiotti di sangue sarebbero sgorgati
dalle mie ferite lasciandomi lì per la strada a morie. Quando però mi sentì
tossire per il mio bisogno di abbeverarmi e si avvicinò a me con passo sicuro e
con tono gentile mi chiese:
-Va
tutto bene?-
-Sì,
ho… ho solo un po’ di… di sete, ecco.- Riuscì a rispondere tra un colpo di
tosse e l’altro.
-Se
vuoi ho delle buone scorte di alcool a casa.- Mi sorrise mentre con il pollice
indicava la strada dietro di lui che ci avrebbe portato alla sua abitazione.
-Grazie
ma io…io ho solo quindici anni, non posso bere alcool.- Spiegai lusingata che
la mia cotta delle elementari si dimostrasse interessato a me.
-Giusto,
niente alcool prima della maggiore età, ma uccisioni a sangue freddo quelle
sono legalmente accettate.- Disse con un sorriso spento mentre abbassava lo
sguardo.
-Bellamy,
mi disp…- Cercai di manifestargli che la situazione
addolorava anche me ma lui mi bloccò riportando gli abissi a contatto coi miei
occhi.
–Ho
anche dell’acqua a casa, sai.-
Così
mi ero ritrovata nella cucina di casa sua, seduta su uno sgabello mentre lui mi
versava dell’acqua fresca in un bicchiere.
-Non
devi sentirti in colpa.- Cominciò sedendosi al mio fianco non appena bevvi il
primo sorso.
-L’ho
ucciso io. Io gli ho insegnato a costruire quegli aggeggi infernali che lo
hanno fatto trovare dagli Ibridi.- Stava parlando di Caleb, di suo fratello, e
di come quegli ami fossero stati la sua sfortuna più grande.
-Io
sto facendo di peggio.- Confessai su due piedi ingoiando poi l’intero contenuto
del bicchiere.
-Esiste
di peggio che uccidere il proprio fratello?-
-Fare
in modo che i nomi che mi passa Lui vengano sorteggiati durante la Mietitura
come ti sembra, meglio o peggio?- Non so perché mi ero confidata con lui, ma in
quel breve brevissimo istante la mia gola aveva quasi smesso di implorare per
dell’acqua.
Mi
guardò per qualche secondo. Non era sconvolto, non era deluso, mi scrutava
semplicemente con quegli abissi che si trovava al posto degli occhi.
-E’
questo che ti ha chiesto?-
-“Elenco
Bianco” lo ha chiamato. Un foglio di carta pieno di nomi, abitanti del
Distretto 4. Tutti ancora ragazzini, per questo il colore bianco, perché sono
puri e innocenti. Qualcuno come questa “Lher Reyal”.- Cominciai a parlare a raffica. Durante il
viaggio in treno avevo studiato bene tutta la lista e mi ricordavo ogni nome
impresso a inchiostro su quel pezzo di carta. -Ha solamente otto anni, faceva
dei piccoli lavori domestici a casa nostra a volte, ma non appena avrà
raggiunto l’età per poter partecipare, grazie a me, verrà sicuramente sorteggiata.-
-Penso
che suo nonno fosse uno dei capi della Rivolta contro Capitol
City.- Mi interruppe lui.
Ora
si spiegava il perché Snow avesse un elenco di quel
genere e perché fosse così ricco di nomi, molti del nostro Distretto avevano
partecipato alla rivolta e ora erano i loro eredi a doverne pagare le
conseguenze.
-Ma
lei che colpa ne ha?- Le parole mi uscirono dalle labbra in un grido di rabbia
senza riuscire a trattenerle in alcun modo.
Il
silenzio calò nella stanza.
Una
quiete fastidiosa e opprimente che riversava
su di me tutta la colpa delle mie decisioni.
-Sono
una persona orribile, vero?-
-Chi
ha minacciato?- Non avevo idea di come lo avesse capito. Certo, Snow lo faceva spesso, era nel suo stile cercare di
intimidire gli altri e i ricatti erano il suo metodo migliore ma il modo in cui
guardandomi negli occhi in uno dei momenti in cui mi sentivo più vulnerabile,
in collera con me stessa per la promessa fatta al Presidente era riuscito a
comprendere che non era solo voglia di uccidere il prossimo, quella che avevo
dimostrato nell’Arena, ma c’era qualcos’altro.
-La
mia famiglia.- Risposi sinceramente.
Snow
l’aveva fatto capire chiaramente; se i ragazzi dell’Elenco Bianco non fossero
stati sorteggiati, allora i miei genitori avrebbero fatto una fine molto
dolorosa e questo era tutto quello che mi serviva sapere. Non avrei permesso
che accadesse.
-Non
so se te lo sto dicendo solo perché ho perso mio fratello e la mia intera
famiglia con lui ma fino a che ne hai la possibilità dovresti lottare per
loro.-
-Non
so se posso farcela.-
Il
suo sguardo non si staccò dal mio nemmeno per un secondo quando sussurrò:
-Ti
aiuterò io.-
Uscì
da quella casa dopo aver finito il bicchiere che Bellamy mi aveva nuovamente
riempito e infilai la mano in tasca estraendo la lista. La guardai per qualche
secondo prima che la sete tornasse a farmi visita.
Anche
per quell’anno la Mietitura era finita.
Il
mio lavoro era stato fatto, i membri della mia famiglia erano ancora in vita e
io avrei dovuto depennare altri due nomi dall’Elenco Bianco.
Questa volta ero riuscita a far estrarre due diciottenni, non che cambiasse qualcosa
ma speravo fossero più preparati.
Era
in quei momenti che la mia gola si disidratava totalmente lasciandomi con una
mano sul collo a tossire.
-Conosco
quella faccia. Vieni, ti offro qualcosa da bere, ora hai l’età, no?- Bellamy mi
si avvicinò come faceva spesso dopo la Mietitura per controllare che stessi
bene e ogni volt cercava di farmi sorridere nonostante sapesse ciò che avevo
appena fatto.
Arrivati casa sua mi sedetti sul solito sgabello e
mentre lui mi preparava qualcosa da bere, questa volta di alcolico, presi la
lista dalla tasca e la misi sul tavolo.
Feci
un profondo respiro mentre poggiai la punta della penna sulla prima lettera del
nome di colei che avevo spedito a morte certa perché Snow
lo aveva voluto.
“Lher Reyal”
-Faccio
io. Tu… tu bevi, vedrai starai meglio.- Mi strappò la penna dalle mani e si
allontanò con il foglio andandosi a sistemare in un altro tavolino, lontano
dalla mia vista.
Lo
ringraziai mentalmente mentre cominciai a sorseggiare dal bicchiere.
Ero
già a metà quando lui tornò ma la mia gola non accennava a smettere di gridare
quanto fosse secca e inaridita.
Ma
non avrei mai esaurito quella sete.
Il
dolore, il senso di colpa, verso me stessa, verso quelli che avevo ucciso.
Indirettamente certo, ma le mie mani erano sporche di sangue e non sarebbero
mai più tornate bianche. La lista non faceva che aumentare di anno in anno e
tirare una riga su quei nomi voleva dire uccidere i miei stessi compagni del
Distretto 4.
Se
quella sete era data dalla mia disperazione allora non si sarebbe mai spenta.
-Grazie.-
Dissi finalmente. Sapevo che non era facile nemmeno per lui.
-Fidati
di me, se avrei bisogno sarò al tuo fianco.-
E
lo trovai lì.
Sempre.