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Autore: HollyMaster    20/08/2014    1 recensioni
Perchè Mags è sottovalutata.
1. Il gioco continua: "Volevano allenare i loro figli perché vincessero e tornassero a casa, impazziti ma vivi. E io avrei fatto lo stesso."
2. La rosa del caduto: "Il corpo deforme di un Tributo in un campo di rose bianche."
3. E' un gioco di strategia: "[...] era necessario. Era strategia."
4. Presa all'amo dai ricordi: "Era così che mi calmavo."
5. L'Elenco Bianco: "Tutti ancora ragazzini, per questo il colore bianco, perché sono puri e innocenti."
6. L'Ibrido che in me: "-Vuoi diventare tu il mostro dal quale scappa?-"
7. Un’intervista con la coscienza: "-Non dire nulla. Io credo in te.-"
8. Il silenzio del cannone: "La nube si avvicina. Ne vengo immersa."
Storie scritte per il contest a turni indetto da ManuFury "1 su 24 ce la fa!" sul forum di EFP
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mags
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nick: HollyMaster

Tributo: Mags

Turno: Cinque

Titolo Storia: L’Elenco Bianco

Genere: Introspettivo

Raiting: Giallo

Avvertimenti: Nessuno

Pairing: Mags/Bellamy (?)

Note: Il mio contenitore diceva “Mags... aveva bisogno di bere.” Ed essendo questo Bianco, dovevo inserire questo colore nel titolo.

Il nome Bellamy è stato spaventosamente rubato da una serie di cui mi sono innamorata in questo periodo (The 100) e non so, mi sembrava un nome perfetto, i due personaggi comunque non hanno nulla a che fare l’uno con l’altro.

 

 

Il viaggio della vittoria era finalmente finito.

Non avrei più dovuto sopportare la vista di quei volti impregnati di dolore mentre mi dichiaravo spiacente per la morte dei loro figli ma onorata dalla vittoria che aveva portato gloria e onore a tutti i Distretti, leggendo diligentemente il discorso che mi avevano preparato.

In piedi sul palco appositamente allestito davanti all’enorme edificio del Municipio del Distretto 4 però non riuscivo ad abbassare lo sguardo sul foglio che tenevo tra le mani. L’inchiostro stava svanendo lavato via dal sudore delle mie mani mentre il mio sguardo vagava tra la folla, tra quei volti noti che di rimando mi scrutavano perplessi combattuti dai loro stessi sentimenti: grati che una di loro fosse tornata a casa ma allo stesso tempo distrutti dalla perdita di Caleb. Solo mio padre e mia madre che mi guardavano tra la folla sembravano essere decisi su quale fosse la migliore espressione da mostrare e era il sollievo per poter abbracciare nuovamente la propria bambina.

I miei occhi non riuscivano a staccarsi dall’enorme poster che ballava al vento facendo muovere in modo innaturale il volto di Caleb. Era stato raffigurato con lo sguardo a scrutare l’orizzonte, come se laggiù potesse vedere un futuro splendente.

Su un terrazzo che si alzava tra la folla stava Bellamy, il fratello maggiore di Caleb, l’unico rimasto della loro famiglia.

Lo ricordavo perché anche lui era un pescatore e per il suo apprendistato aveva lavorato per mio padre. Era facile vederlo passeggiare per la riva con una rete colma di pesci tra le mani, magari a petto nudo e con i raggi del sole che picchiavano sui suoi addominali scolpiti. Nonostante la differenza d’età era stata una delle mie prime cotte.

Non mi ero accorta di quanto fosse simile a Caleb fino a che non lo vidi lì, vicino a quel poster che sembrava essere uno specchio: gli stessi capelli scuri e leggermente mossi, le stesse labbra severe e lo stesso sguardo battagliero. L’unica cosa che li distingueva era il limpido azzurro che riempiva le iridi di Caleb che contrastava nettamente con il profondo abisso che sembravano essere quelli di Bellamy. Un abisso che sembrava essere sempre più acquoso dato che tutto il corpo del ragazzo, dai pugni chiusi che mettevano in evidenza le vene delle braccia, alla mascella che era contratta all’inverosimile mostrando l’aorta, indicavano che stesse trattenendo a stento le lacrime. Ma l’avrebbe fatto, ne ero convinta; non avrebbe mostrato la sottomissione a Capitol City.

Mai!

Anche se fosse stato per commemorare la perdita del fratello, unico familiare a lui rimasto.

Non ricordavo bene cosa fosse successo a quella famiglia; una disgrazia in mare quando io ero ancora troppo piccola per ricordare.

Erano cresciuti insieme, Bellamy e Caleb, e quando quest’ultimo era stato sorteggiato durante la Mietitura, il maggiore non aveva nemmeno potuto prendere il suo posto per salvarlo, essendo già fuori dai giochi da un paio d’anni.

La caparbietà che dimostrava Bellamy in quel momento era, per me, d’ispirazione e allo stesso tempo un ricordo del mio fallimento. Io non ero stata capace di combattere per i diritti del Distretto 4, ero solo stata capace di uccidere i miei stessi coetanei per poter continuare a vivere una vita che, solo ora mi accorgevo, non ero degna di continuare.

E non mi ero limitata a quello.

La mia gola si seccò nello stesso istante in cui ci pensai, era totalmente arida e nonostante continuassi a cercare saliva per poterla bagnare questa sembrava scappare da me, come se in quel momento il mio corpo fosse impossibilitato a produrne. Era come se un nuovo abitante si fosse trasferito lì e quel qualcuno non faceva altro che gridare e sbraitare il suo bisogno di dissetarsi.

Più la sete cresceva più pensavo alle mie parole e alle sue, quelle che Snow aveva rivolto a me e l’elenco che mi aveva consegnato; e più ci pensavo meno la sete sembrava intenzionata ad estinguersi.

Il Presidente Snow mi aveva convocata per quella che sembrava essere la mia missione dopo la vittoria. Ciò che spettava a coloro che tornavano vivi dall’Arena era tutt’altro che gloria e onore. Ciò che avevo trovato io era facilmente riassumibile in una parola: ricatto.

Mi aveva convocata nel suo ufficio solo per essere sicuro che la minaccia fosse efficace, solo per accertarsi che avrei fatto ciò che voleva.

Era da quel momento, da quando l’odore fastidioso di rose mi aveva seccato la gola, che avevo bisogno di bere, da allora che nessuno si era minimamente preoccupato di passarmi nemmeno un goccio d’acqua, nonostante la mia mano poggiata sul mio collo e i miei colpi di tosse frequenti facessero presumere facilmente la mia disidratazione.

Avevo accettato a malincuore l’offerta di Snow riuscendo così ad allontanarmi da quell’edificio e da quell’odore nauseabondo di rose ma la sete era rimasta lì.

Persistente.

Mi aveva accompagnata durante tutto il viaggio verso il Distretto 4 e anche ora che ero scesa dal palco facendo credere a tutti che da quel momento in poi sarei stata libera dalle costrizioni alle quali loro erano costantemente sottoposti pur sapendo benissimo che era tutta una bugia, menzogna su cui si basava l’intero potere di Capitol City, neppure in quel momento la sete mi aveva lasciata sola.

Avrei ben presto assaporato le acque depurate che sgorgavano dai rubinetti delle case nel Villaggio dei Vincitori ma il mio sguardo si era perso nell’abisso di due occhi che mi fissavano curiosi.

-Mags…-

Cercai invano della saliva nella mia bocca da poter inghiottire per cercare di bagnare la mia gola disidratata. Ero certa che volesse vendicarsi in qualche modo per la morte del fratello, urlarmi contro rivelandomi la mia natura distruttiva e attaccarmi picchiandomi fino a che enormi fiotti di sangue sarebbero sgorgati dalle mie ferite lasciandomi lì per la strada a morie. Quando però mi sentì tossire per il mio bisogno di abbeverarmi e si avvicinò a me con passo sicuro e con tono gentile mi chiese:

-Va tutto bene?-

-Sì, ho… ho solo un po’ di… di sete, ecco.- Riuscì a rispondere tra un colpo di tosse e l’altro.

-Se vuoi ho delle buone scorte di alcool a casa.- Mi sorrise mentre con il pollice indicava la strada dietro di lui che ci avrebbe portato alla sua abitazione.

-Grazie ma io…io ho solo quindici anni, non posso bere alcool.- Spiegai lusingata che la mia cotta delle elementari si dimostrasse interessato a me.

-Giusto, niente alcool prima della maggiore età, ma uccisioni a sangue freddo quelle sono legalmente accettate.- Disse con un sorriso spento mentre abbassava lo sguardo.

-Bellamy, mi disp…- Cercai di manifestargli che la situazione addolorava anche me ma lui mi bloccò riportando gli abissi a contatto coi miei occhi.

–Ho anche dell’acqua a casa, sai.-

Così mi ero ritrovata nella cucina di casa sua, seduta su uno sgabello mentre lui mi versava dell’acqua fresca in un bicchiere.

-Non devi sentirti in colpa.- Cominciò sedendosi al mio fianco non appena bevvi il primo sorso.

-L’ho ucciso io. Io gli ho insegnato a costruire quegli aggeggi infernali che lo hanno fatto trovare dagli Ibridi.- Stava parlando di Caleb, di suo fratello, e di come quegli ami fossero stati la sua sfortuna più grande.

-Io sto facendo di peggio.- Confessai su due piedi ingoiando poi l’intero contenuto del bicchiere.

-Esiste di peggio che uccidere il proprio fratello?-

-Fare in modo che i nomi che mi passa Lui vengano sorteggiati durante la Mietitura come ti sembra, meglio o peggio?- Non so perché mi ero confidata con lui, ma in quel breve brevissimo istante la mia gola aveva quasi smesso di implorare per dell’acqua.

Mi guardò per qualche secondo. Non era sconvolto, non era deluso, mi scrutava semplicemente con quegli abissi che si trovava al posto degli occhi.

-E’ questo che ti ha chiesto?-

-“Elenco Bianco” lo ha chiamato. Un foglio di carta pieno di nomi, abitanti del Distretto 4. Tutti ancora ragazzini, per questo il colore bianco, perché sono puri e innocenti. Qualcuno come questa “Lher Reyal”.- Cominciai a parlare a raffica. Durante il viaggio in treno avevo studiato bene tutta la lista e mi ricordavo ogni nome impresso a inchiostro su quel pezzo di carta. -Ha solamente otto anni, faceva dei piccoli lavori domestici a casa nostra a volte, ma non appena avrà raggiunto l’età per poter partecipare, grazie a me, verrà sicuramente sorteggiata.-

-Penso che suo nonno fosse uno dei capi della Rivolta contro Capitol City.- Mi interruppe lui.

Ora si spiegava il perché Snow avesse un elenco di quel genere e perché fosse così ricco di nomi, molti del nostro Distretto avevano partecipato alla rivolta e ora erano i loro eredi a doverne pagare le conseguenze.

-Ma lei che colpa ne ha?- Le parole mi uscirono dalle labbra in un grido di rabbia senza riuscire a trattenerle in alcun modo.

Il silenzio calò nella stanza.

Una quiete fastidiosa e opprimente  che riversava su di me tutta la colpa delle mie decisioni.

-Sono una persona orribile, vero?-

-Chi ha minacciato?- Non avevo idea di come lo avesse capito. Certo, Snow lo faceva spesso, era nel suo stile cercare di intimidire gli altri e i ricatti erano il suo metodo migliore ma il modo in cui guardandomi negli occhi in uno dei momenti in cui mi sentivo più vulnerabile, in collera con me stessa per la promessa fatta al Presidente era riuscito a comprendere che non era solo voglia di uccidere il prossimo, quella che avevo dimostrato nell’Arena, ma c’era qualcos’altro.

-La mia famiglia.- Risposi sinceramente.

Snow l’aveva fatto capire chiaramente; se i ragazzi dell’Elenco Bianco non fossero stati sorteggiati, allora i miei genitori avrebbero fatto una fine molto dolorosa e questo era tutto quello che mi serviva sapere. Non avrei permesso che accadesse.

-Non so se te lo sto dicendo solo perché ho perso mio fratello e la mia intera famiglia con lui ma fino a che ne hai la possibilità dovresti lottare per loro.-

-Non so se posso farcela.-

Il suo sguardo non si staccò dal mio nemmeno per un secondo quando sussurrò:

-Ti aiuterò io.-

Uscì da quella casa dopo aver finito il bicchiere che Bellamy mi aveva nuovamente riempito e infilai la mano in tasca estraendo la lista. La guardai per qualche secondo prima che la sete tornasse a farmi visita.

 

Anche per quell’anno la Mietitura era finita.

Il mio lavoro era stato fatto, i membri della mia famiglia erano ancora in vita e io avrei dovuto depennare altri due nomi dall’Elenco Bianco.
Questa volta ero riuscita a far estrarre due diciottenni, non che cambiasse qualcosa ma speravo fossero più preparati.

Era in quei momenti che la mia gola si disidratava totalmente lasciandomi con una mano sul collo a tossire.

-Conosco quella faccia. Vieni, ti offro qualcosa da bere, ora hai l’età, no?- Bellamy mi si avvicinò come faceva spesso dopo la Mietitura per controllare che stessi bene e ogni volt cercava di farmi sorridere nonostante sapesse ciò che avevo appena fatto.

Arrivati  casa sua mi sedetti sul solito sgabello e mentre lui mi preparava qualcosa da bere, questa volta di alcolico, presi la lista dalla tasca e la misi sul tavolo.

Feci un profondo respiro mentre poggiai la punta della penna sulla prima lettera del nome di colei che avevo spedito a morte certa perché Snow lo aveva voluto.

Lher Reyal

-Faccio io. Tu… tu bevi, vedrai starai meglio.- Mi strappò la penna dalle mani e si allontanò con il foglio andandosi a sistemare in un altro tavolino, lontano dalla mia vista.

Lo ringraziai mentalmente mentre cominciai a sorseggiare dal bicchiere.

Ero già a metà quando lui tornò ma la mia gola non accennava a smettere di gridare quanto fosse secca e inaridita.

Ma non avrei mai esaurito quella sete.

Il dolore, il senso di colpa, verso me stessa, verso quelli che avevo ucciso. Indirettamente certo, ma le mie mani erano sporche di sangue e non sarebbero mai più tornate bianche. La lista non faceva che aumentare di anno in anno e tirare una riga su quei nomi voleva dire uccidere i miei stessi compagni del Distretto 4.

Se quella sete era data dalla mia disperazione allora non si sarebbe mai spenta.

-Grazie.- Dissi finalmente. Sapevo che non era facile nemmeno per lui.

-Fidati di me, se avrei bisogno sarò al tuo fianco.-

E lo trovai lì.

Sempre.

 

 

 

 

 

   
 
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