Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Harleen    20/08/2014    3 recensioni
#1 Il primo ad accorgersene, per la gran sorpresa di tutti, è Olaf.
#2 Anna urla. […] “È un mostro.” Le dice quindi, con qualcosa di strano che le brilla negli occhi.
[Helsa, Fireverse!Hans]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elsa, Hans
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Three may keep a secret, if two of them are dead.
Beta: Will
Disclaimer: Alas, non sono il signor Disney e queste sono tutte menzogne.
Pairing(s)/Personaggi: Olaf, Elsa, Surprise!StalliereMalwagio, Surprise!Anna
Sommario: Il primo ad accorgersene, per la gran sorpresa di tutti, è Olaf.
Parole: 1385 (Word)
Warnings: Fluff! Oh quanto! Also Elsa e Hans se la intendono. Also also, fireverse!Hans perché fa sempre bene alla salute.
Note: Capita che mi annoi. E capita che incidentalmente il cassetto dei calzini sia in ordine, pertanto occupo il mio tempo sparando boiate seduta al pc.
Credits per il titolo della fic a Benjamin Franklin e a google per avermi permesso di arrivarci dopo che, in vena di titoli pregni di significato, ho googlato “quotes about secrets”. Grazie, Google.
Non è necessariamente obbligatorio aver letto Come on, put your hands into the fire (Explain, as I turn and meet the power) – Gesoo che titoli lunghi che scelgo per le mie ff aiuto – per capire cosa stia accadendo. Ma aiuterebbe, ecco.
(Ma capisco che non tutti possano aver voglia di sorbirsi quasi 3k di gente che ciurla nel manico e si ammazza di seghe mentali, pertanto.)
Hans vive al castello perché i suoi dodici fratelli pazzi l’avrebbero decapitato e avrebbero appeso il suo cadavere per gli alluci alla torre più alta delle IsoleDelSud ed Elsa nel suo buon cuore ha deciso di accoglierlo come servo/stalliere/ultimodeglistronzi. Poi un giorno ha scoperto che aveva il potere del fuoco e sono accadute ~cose~ pertanto ora si infrattano ogni tanto e nessuno ne sa niente. Circa.
Enjoy! :D


Il primo ad accorgersene, per la gran sorpresa di tutti, è Olaf.

E non è che da parte sua ci sia una grande opera investigativa: è che diventa difficile ignorare due persone che, nascoste nell’ombra a farsi il solletico a vicenda, stanno congelando e sciogliendo a cadenze alterne pezzi di muro.
Ne è sicuro al terzo squittio acuto che sente, qualcuno sta facendo il solletico a qualcun altro! E non hanno avuto nemmeno il buon cuore di invitarlo! Oh, di sicuro deve essere stata un’idea di quello zotico di Sven. Non lo Sven con le corna, no; quello Sven fa le feste al suo nasino ogni volta che lo vede. Parla dello Sven che puzza e che di quando in quando fa il solletico ad Anna e se ne va senza una parola ogni volta che viene scoperto, ovviamente.

Ma non è lui, questa volta.

Il muro viene percorso da linee candide, frattali di ghiaccio e neve che si materializzano con una velocità e una precisione sorprendente e che, allo stesso modo, scompaiono lasciando le pietre dapprima umide e subito dopo asciutte. Olaf osserva lo spettacolo per diversi minuti, e potrebbe giurare di vedere di quando in quando l’aria accanto alla parete deformarsi dal caldo. E allo stesso modo, potrebbe giurare di sentire uno sfrigolio sottile ogni volta che nuove ondate di gelo tracciano altri disegni astratti.

È Elsa!

Olaf trilla la propria gioia all’idea di andare a salutare Elsa e scodinzola verso l’angolino buio e.

“Tu non sei Elsa.”

Davanti a lui c’è uno stalliere molto, molto arruffato che lo guarda con due occhi molto, molto spiritati. Una pozzanghera d’acqua ai suoi piedi si asciuga nell’arco di tre secondi, e può vedere a terra, accanto a dove fino a poco prima stava l’acqua, un paio di guanti.

“Tu sei lo stalliere cattivo!” Realizza con uno squittio felice Olaf. Oh, adora conoscere nuove persone.

Lo stalliere cattivo lo guarda con la stessa aria spiritata di prima e annuisce, il torace ben voltato verso di lui quasi fosse uno scudo per non lasciargli sbirciare cosa ci sia dietro.

(Olaf non vorrebbe mai contraddire Anna, che è la prima e più accanita sostenitrice della teoria ‘lo stalliere è cattivo’, ma così cattivo non gli è mai sembrato; non quando dà le carote a Sven e ammonticchia il foraggio per gli animali, almeno. E nemmeno quando ogni tanto, solo ogni tanto, con l’inverno implacabile che si infila da ogni fessura dei muri e i cavalli che diventano una macchia indistinta di nero marrone bianco, da quanto stanno vicini per conservare il calore, si sfila i guanti e accarezza le pareti della stalla prima di chiudersi la porta alle spalle, e tutti gli animali sembrano tirare un sospiro di sollievo collettivo. Olaf se lo ricorda quel tepore bellissimo che sente quando succede: lo prende dai piedi e gli si inerpica lungo il corpo e una volta o due si è dovuto rotolare nella neve per potersi riattaccare le braccia senza il rischio di seminarle in giro per i corridoi del palazzo, ed è stato splendido.)

“Proprio io.” Conferma in un mormorio che vorrebbe suonare minaccioso e invece risulta affannato, quasi spaventato. “Lo stalliere molto, molto cattivo.”

Olaf lo guarda negli occhi per lunghissimi istanti. Poi spalanca le braccine ramose e urlacchia. “Io sono Olaf, e amo i caldi abbracci!”

Alle spalle dello stalliere cattivo, qualcuno scoppia a ridere. Dapprima è un suono incerto, quasi isterico, poi la risata si fa argentina, fresca come acqua di sorgente e altrettanto cristallina. Olaf sente di amare quella risata e chiunque ne sia l’origine, e quando finalmente lo stalliere si scansa ne ha la certezza.

“Elsa!” La saluta con un sorrisone che va da orecchio a orecchio – se ne avesse un paio a disposizione, ovvio – mentre le sculetta incontro come una papera particolarmente grassoccia e goffa. Elsa si appoggia meglio al muro e prova a rassettarsi i capelli con movimenti veloci e distratti, e tutto nei suoi gesti e nel suo sguardo fa fare le capriole allo stomaco di Olaf. Non che abbia uno stomaco, ma- ecco, il senso è quello.

Ancora non ci crede, Olaf. Si guarda attorno ogni giorno ed è tutto bellissimo, ma niente è come Elsa; e non è solo perché l’ha creato e tiene viva la sua nuvoletta. È che ci sono giorni in cui Olaf vede da dove viene: segue lo sguardo di Elsa e si rende conto, sente che tra i due chi amerebbe di più un abbraccio non è lui. Sono giorni in cui trova le sue ginocchia a occhi chiusi e le stringe più forte che le sue braccia nodose gli consentano, e quando la regina – che non è la regina, davanti a lui, è una bambina di sette anni con gli occhi celesti grandi come il mondo e brillanti come due perle – gli chiede perché l’abbia fatto Olaf si stringe nelle spalle e le spiega che è Olaf, e ama i caldi abbracci. Elsa si inginocchia e lo stringe fortissimo, e le sue lacrime non lo sciolgono: vengono dalla neve tutti e due. Ma Olaf ha la leggerezza del nevischio che scende dolce durante i primi freddi di dicembre, ed Elsa ne conserva dentro tutto il peso di quando si accumula, e il dolore di quando diventa ghiaccio.

“Cos’è successo al vestito?” Si informa con l’aria divertita di chi già pregusta chissà che esilaranti aneddoti.

Alle sue spalle, lo stalliere che si finge cattivo inizia a tossire come se gli fosse andato di traverso un polmone intero. Elsa diventa di una graziosa sfumatura a metà tra il rosa pesca e il viola lavanda, segno che un qualsiasi altro essere umano sarebbe già morto per un aneurisma cerebrale dal troppo imbarazzo, e si affretta a ricostruire il proprio vestito, a buchi come se fosse passato sotto le mani di un branco di tarme particolarmente affamate. “Niente, Olaf.” Dice con un sorriso dolce, e subito dopo fa una mezza piroetta per mostrargli ogni dettaglio tornato al proprio posto. “Vedi? Come nuovo.”

“Ma prima era a buchi. Perché era a buchi?” E poi l’illuminazione: sgrana gli occhi enormi e la mandibola gli cede mentre finalmente realizza che… “Stavate facendo un gioco?”

Elsa esala un rantolo che sa di sconfitta e sollievo al tempo stesso e annuisce. “Sì. Un gioco.” Conferma. Si punta con le mani sulle ginocchia e si sporge verso di lui con aria da cospiratrice. “Olaf,” lo richiama quindi col tono delle missioni importanti, e Olaf si sente pronto a scalare la montagna del nord tutto da solo. Magari in un paio di mesi ce la potrebbe fare. E magari Sven potrebbe accompagnarlo, tanto per essere sicuri che il mostrone di neve sia definitivamente scomparso. “Sai mantenere un segreto?”

Olaf si illumina. “Sì!” Trilla quindi.

“Lo terrai solo per te, senza dirlo a nessuno?”

“Sì!” Prosegue. Alle sue spalle, lo stalliere-non-tanto-cattivo si schiarisce la voce e finalmente smette di tossire, per la gran gioia collettiva. Olaf lo guarda per un breve istante. “Lui che ci fa qua?”

Elsa sorride, più divertita che mai, e annuisce. “È come te, sai?”

Olaf ci mette qualche istante in cui si volta e lo analizza minuziosamente, passando per i capelli rossi e gli occhi verdi e le spalle larghe e le mani grandi, ormai solcate da numerosi calli, e annuisce. “Sì, vedo la somiglianza.” Risponde con aria assorta.

Elsa ride. “Deve mantenere un segreto anche lui.” Spiega con tono dolce, e lo sguardo saetta su di lui per un istante – quanto bassa perché qualcosa le si accenda nel fondo degli occhi, una fiamma di pura gioia che potrebbe oscurare il cielo – e torna su Olaf senza che il sorriso si scalfisca minimamente. “Allora, puoi tenere un segreto per me?” Gli chiede di nuovo, gli occhi due zaffiri che brillanobrillanobrillano.

Olaf annuisce, perché se dipendesse da lui le regalerebbe l’universo intero, e viene congedato con un gentile ed elegante cenno della mano. Quando volta l’angolo saluta Anna con un trillo estasiato, e subito dopo torna a guardarsi attorno con aria da cospiratore.

“Olaf,” lo richiama quindi Anna, più divertita che perplessa, “cosa fai?”

“Elsa mi ha chiesto di mantenere un segreto. Sta facendosi il solletico con lo stalliere cattivo, ma poi me lo dirà e io lo conserverò a costo della vita.”

…Quindi, la seconda a scoprirli è Anna.
Fin
   
 
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