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Autore: sorridimilouis    21/08/2014    3 recensioni
"Vedo che non la smetti di gruardarmi, per caso vuoi una foto? Guarda che quella dura di più" ridacchia.
Cos'ho fatto di male? Perché ora ci si mettono anche i professori?
"No, grazie" mi affretto a dire.
"Preferirei passare tutta la mia vita all'inferno, piuttosto" sputo acida, abbassando il tono di voce.
Sogghigna ancora una volta e si avvicina al mio orecchio.
"Spero di non deluderti, allora" e sussurra.
[Attenzione: questa fanfiction è presente anche su wattpad, l'ho scritta io con il mio account, non è copiata. Ci sono contenuti forti e tematiche delicate. Buona lettura.]
Genere: Erotico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
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"Mamma.." sospiro contro la cornetta del telefono.
"Mamma davvero, non ho fame, ho mangiato tanto a pranzo." affermo corrucciando le labbra in una strana smorfia.
"Non c'è bisogno che mi fai preparare qualcosa da Derek." la ammonisco, caricando il nome con un tono leggermente schifato.
"Non mi interessa se è bravo! Non passerò dal suo ristorante, e non iniziare con la storia che mangerei gratis, per favore." rispondo sbuffando, svoltando nel vialetto di casa mia.
"Ormai sono a casa. Divertiti, mamma."  e chiudo la conversazione, premendo l'icona rossa sullo schermo del mio cellulare che ripongo in tasca, ed estraggo le chiavi per aprire la porta principale dalla borsa. 

Una volta trovate, le inserisco nella toppa e giro verso sinistra un paio di volteprima di sentire lo scatto della serratura. Giro il pomello della maniglia e mi fiondo nell'ingresso, salendo poi in cameraper svuotare la borsa. Decisamente troppo scomoda con questi vestiti, decido di cambiarmi, infilando un paio di leggins neri su per e gambe e un maglione rosso e largo a ricoprire la parte superiore del mio corpo, poi lego i capelli in uno chignon disordinato. Prendo in mano il telefono e il libro di geografia e mi dirigo in cucina per rinfrescarmi un po' la gola. Poso il volume sul ripiano in marmo della penisola ed estraggo un bicchiere dalla credenza sopra il lavandino. Mi avvicino al frigo e prendo la bottiglia di plastica contente succo d'arancia, ne svito il tappo e verso il liquido con un po' di grumi nel bicchiere.
Ne bevo un sorso, afferro libro di testo e mi vado a sdere sulla sedia a dondolo nella veranda che da come vista il vialetto di pietre. 
Sistemo il maglione largo tirandolo leggermente all'altezza della pancia e appoggio il bicchiere e il cellulare sul tavolino accanto alla sedia, mentre il libro giace sulle mie gambe incrociate. Inizio a sfogliarlo, leggendo in modo sconnesso le righe che spigano l'agricoltura della Croazia.

Nemmeno dieci minuti dopo, lo smartphone inizia a vibrare, e dalla suoneria riconosco che si tratta di un messagio. Lo afferro e sul display appare il nome di Rose con affianco l'icon di whatsapp. Con una velocità sorprendente sblocco il telefono e vado a leggerne il contenuto espresso in dodici righe..
Finito di far fare ping-pong ai miei occhi sullo schermo, riblocco il telefonoe torno a concentrarmi sull'agricoltura e l'economia  dello stato che sarà argomento dell'imminente verifica. 
Giocherello con una ciocca di capelli dall'acconciatura trasandata e improvvisata, artoccigliandola fra le dita, mentre la mia mente cerca di immagazzinare tutte le informazioni scritte nel testo. 
Il telefono vibra di nuovo, lo riprendo fra le mani e lascio perdere, rimettendolo a posto, quando rileggo il nome 'Rose'. 

Dopotutto non è la prima volta che leimi tratta in questo modo . Io sono Abby Jai Benson e non posso cambiare, nessuno può farlo. Sono la più sfigata della scuola, forse, anche se nessuno mi ha mai definita così. 
Diciamo che, all'inizio, il primo anno, ero trattata come una normale matricola. Venivo definita carina, dolce, intelligente, a volte anche secchiona, ma a quei tempi sono sicura non fossero insulti o prese in giro.
A metà settembre ero la ragazza nuova -e non matricola- più popolare della scuola, insieme a Rose.
Ero diventata così grazie a lei, ero la sua spalla, la sua ombra. Ma ero anche la seconda scelta. Infatti, essendo lei la più carina tra le due, tutti i ragazzi le chiedevano di uscire. Poi, quelli che venivano rifiutati, si accorgevano di me. 
La ruota di scorta, ecco. Ero più o meno anche la sua segretaria. 
Non ho neanche mai fatto la metà delle cose che Rose faceva -e fa- ai suoi appuntamenti. Non ho mai regalato nulla di me, a nessuno.
E nel frattempo che lei continuava ad essere elogiata, io sprofondavo sempre di più nell'oblio della mia adolescenza. Almeno, questo finché non arrivò Michael Aserea.
Lui non era uno degli 'scarti' della mia migliore amica -che consideravo così solo perché, oltre a lei, non avevo nessuno-. Quando mi aveva chiesto di uscire, avevo provato così tantafelicità che sarei ptuta scoppiare da un momento all'altro.
Perché, cazzo, era anche il primo ragazzo che si accorgeva della mia disponibilità sentimentale senza essere prima passato da quella di Rose.
Era bello, poi. Uno di quei bad-boy dei romanzi per ragazzi, che la protagonista della storia doveva salvare dal disastro, dalla piega sbagliata, che avrebbe preso la sua vita. E io mi sentivo così: la protagonista del libro della mia vita. Per la prima volta mi sentivo partecipe di una storia d'amore coi fiocchi, senza accontentarmi del ruolo di spettatrice occasionale.
Lui con me era così.. dolce, premuroso e anche molto protetivo. Era stato comprendivo quando gli avevo negato una notte felice, facendogli capire che era un passo troppo importante per me e io non mi sentivo ancora pronta per affrontarlo. 
La cosa aveva destato sospetti da parte della mia unica amica, che mi aveva ripetutamente consigliato e avvisato di lasciar perdere e di allontanarmi da lui, quando facevamo le serate a casa sua e il giorno dopo si poteva -ancora- raccontare agli altri. Ma d'altronde ero troppo stupida e accecata dall'amore misto alla rabbia per poterle dare ascolto. 
Ancora mi ricordo i suoi "Ma non mi piace!" in risposta alle mie accuse sul fatto che voleva separarci solo per poi tenerselo tutto per se'. Nel secondo anno delle superiori, in una sera fredda di febbraio, anche la pazienza di Michael andò a farsi fottere, facendomi passare le due ore più lunghe della mia vit in quell'inferno che si rivelò la sua macchina. 

E io che mi ero innamorata davvero.

Ero stata un gioco nelle sue mani. Un gioco che è durato fino all'inizio dell'estate appena conclusa, quando fu arrestato per spaccio. 

Nessuno mi aveva dato una mano. 
Nessuno aveva cercato di capire il perché delle mie maglie a maniche lunghe anche con il calore estivo, della mia voce che man mano diventava sempre più roca.
Nessuno.
Ma tutti si erano impegnati per farmi sentire in qualche modo 'strana' e per farmi notare la decadenza della mia reputazione. Peggiorata, ovviamente. Dalla spalla popolare della ragazza più popolare dell'istituto, a sfigata, anche se, ripeto, nessuno mi ha mai chiamata così. Ma le continue prese in giro e gli insulti gratuiti me l'avevano fatto comprendere in poco tempo. 
Nei miei confronti è cambiato anche l'atteggiamento di Rose che, per difendere la sua popolarità, aveva pensato bene di rivelarsi indifferente a tutti i segni e le richieste d'aiuto che gli lanciavo con lo sguardo. 
Lo stesso di sempre. 

Abbiamo litigato molto spesso per questo genere di cose, alla fine farò come sempre. 
La perdonerò dicendo che è l'ultima volta, anche se so che non lo è.

"Benson!" una voce fin troppo famigliare mi saluta quasi sollevata nel vedermi.

Alzo gli occhi dal libro, che poi avevo abbandonato, immersa nei miei pensieri, e la figura che trovo camminare lungo il vialetto di ciottoli, mi stupisce e non poco.

"Professore?" ma cosa.. "Cosa ci fa qui?" chiedo, cercando di ricompormi un po', in fin dei conti sembrerò una scappata di casa conciata in questo modo. 
"Stavo facendo una passeggiata e.. nulla, sono passato qui vicino e ti ho vista. Cosa studi?" chiede disinvolto. 

Glielo ricordo io che giusto un'ora fa mi ha praticamente urlato contro, o pensa di ricordarselo da solo? 

"Cosa vuole?" rigiro la domanda.
"Te l'ho detto" ghigna, non lo reggo. 
"Geografia." affermo, per poi ritornare con gli occhi su libro di testo. 
"Disturbo?" non si offenda ma si, mi sta disturbando. 
"No, solo che.. ho la verifica dopodomani, e non so nulla" sospiro e rivolgo la mia attenzione su di lui.
"Vuoi una mano?" chiede e si piega sulle ginocchia per raggiungere la mia altezza.

In questa posizione, con lui appoggiato con i gomiti al bracciolo della mia sedia, sono decisamnte più alta io. 

"Ma mi sta prendendo in giro?" chiedo e mi mordo la lingua subito dopo.
"Perché?" sorride strafottente.
"Nulla, lasci perdere." mi alzo e raccolgo tutte le mie cose, apro la porta e, mentre to per entrare, il ragazzo mi afferra per il gomito.
"Dove stai andando?" dallo sguardo sembra preoccupato, ma sul suo viso non si fa largo nessuna emozione che lo confermi.
"In casa, è un problema?" domando tenendo ben stretti libro e telefono tra le braccia.
"Si. Cioè, no. E' casa tua, insomma, puoi fare come vuoi" si guarda intorno più volte, e, quando si sofferma sulla figura di un uomo alle sue spalle in piedi dalla parte opposta del marciapiede, capisco che non sta ammirando la tappezzeria della mia abitazione. 

Con un gesto veloce si fa largo nell'ingresso e chiude la porta. 

"Ma ti sembra il caso? Entra pure eh! Che ti è preso?!" sbotto, lo sapevo che c'era qualcosa sotto.

 

Spazio autrice: eehi :) scusate il ritardo ma non mi caricava il capitolo. 
Allora, che ve ne pare? E' un capitolo di passaggio, svela un altro pezzo della storia di Abby, ma per quanto riguarda il rapporto tra lei e il professore non dice molto. Mi dispiace, il prossimo capitolo sarà sicuramente migliore e più ricco di avvenimenti. 

Continuo a due recensioni, buone lettura e al prossimo capitolo. :)

Fra .xx
  
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