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Autore: Inspired_girl    23/08/2014    20 recensioni
Cosa puoi fare quando l'insicurezza ti blocca? Cosa puoi dire quando la timidezza ti opprime la gola? Come puoi vivere quando attualmente vivi solo di malinconia e depressione?
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«Non abbiamo bisogno di psicopatici appena usciti da istituti per depressi, tornatene a casa Howen»
(N.d.A: tematiche delicate trattate con estrema cura e cautela, realismo)
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
Capitoli:
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'Con questo mio scritto pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo'.

Leggete lo spazio autrice e non ignoratelo per favore.
 

                                                         They are sorry


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”La perenne tentazione della vita 
è quella di confondere i sogni con la realtà”
-Jim Morrison




#Caren


Quando il mio sguardo riuscì a catturare il cancello scolastico, il mio cuore perse qualche battito e mi ritrovai a respirare con un po' di fatica. Scossi la testa per evitare qualsiasi forma di losco pensiero e mi feci avanti con la poca vitalità che dopotutto mi caratterizzava sempre, in ogni circostanza ed in qualsiasi ora del giorno.
Purtroppo man mano che mi avvicinavo, avvertivo il nervosismo bloccarmi il respiro, così abbassai il capo agitata e sorpassai il cancello. Il grande cortile era gremito di studenti, che si raccontavano i programmi per il weekend.
«Andiamo al lago!» urlò eccitata una ragazza, guadagnandosi concordanza da parte dagli amici. 'Io me ne starò barricata in casa' pensai. Senza Justin e i ragazzi, non avevo vita sociale. Sospirai di sconforto. Rallentai il passo e lentamente entrai nel corridoio principale. Il battito del cuore tornò alle stelle e un senso di mal di pancia mi fece ansimare. La mano destra tremò e per evitare che qualcuno lo notasse, la inserii nella stretta tasca dei jeans. Nonostante il mio interno stesse morendo di tensione, m'impegnai a mutare per bene l'espressione del viso; in quel momento era l'esterno a contare. Rilassai i muscoli degli zigomi e smisi di stringere i denti. Il resto andava bene. Ero stanca e avevo come al solito lo sguardo perso, sarebbe bastato. Mossi i passi e con facilità notai il gruppo dei ragazzi, quella era sempre stata la loro postazione. Alzai leggermente lo sguardo e compresi che nessuno mi aveva visto. Alex e Zack mi davano le spalle, mentre Chris era appoggiato all'angolo tra il muro e l'inizio degli armadietti. Stava guardando Justin e quando mi concentrai su quest'ultimo, un tremolio mi scosse da capo a piedi. 
Stava guardando il terreno e aveva tra le braccia Lizzie. 
Lei era girata, però riuscivo a vedere con quale forza lo stesse stringendo e l'affetto con cui attualmente lo stava facendo. Mandai giù un groppo di saliva e sentii quella voglia di scappare piangendo. La cosa che più mi feriva, era che Justin non avesse ascoltato né le mie parole, né quelle di Lil. Aveva preferito fidarsi della sua ragazza, continuando a scambiare con lei affettuosità pubbliche senza alcun possibile rimorso nei miei confronti. Dopotutto il modo con cui tutti ieri l'avevano abbracciata mollandomi sola, avrebbe dovuto farmi comprendere al mille per cento che per loro Lizzie era più che una migliore amica. Mi sentii tremendamente sola e insignificante, abbassai lo sguardo distrutto e continuai a camminare per il corridoio. Era chiaro che avessi gli occhi lucidi e che provassi tristezza, ma decisi lì per lì che non mi sarebbe dovuto importare e ripetei a me stessa che mi sarei dovuta comportare indifferentemente. Avanzai passo per passo guardando altrove, ero quasi di fianco a loro. Mi sentii chiamare.
«Caren!» fece la voce che riconobbi come quella di Justin. Alzai rapidamente il viso, lo vidi correre in mia direzione. Aggrottai le sopracciglia e sbuffando continuai a camminare. Non avrei chiesto scusa a Lizzie, per nulla al mondo.
«Ehi!» fece di nuovo una volta giuntomi vicino, «No, non chiederò scusa a Lizzie. Avrò esagerato però no...» protestai alzando la voce di un'ottava. «Cosa?» chiese corrucciando il viso. In quello stesso istante fui raggiunta da Chris, Alex e poi Zack, che disse qualcosa a Lizzie prima di venire. Non capii bene la situazione, avevano lasciato Lizzie da sola per venire da me?
«Come va? Tutto bene?» domandò Chris, «sembri stanca, non hai dormito?» aggiunse Justin sorridendo a trentadue denti. Feci una leggera smorfia e mi voltai per vedere Lizzie. Però a catturare la mia attenzione fu Lil, che insieme ad un gruppo di amici iniziò a prendere in giro la ragazza dai bellissimi capelli biondi. 

«Gne, gne, gne. La bambolina di porcellana piange» fece imitando i versi e le azioni di un bambino che lacrimava. Coinvolse tutti i suoi amici. Persino altri studenti che neanche conoscevo, si unirono al coro che si era formato. Non riuscii ad assemblare i pezzi di quel puzzle così disordinato, fatto stava che non appena guardai Lizzie, provai un senso di dispiacere. Stava difficilmente intrattenendo i singhiozzi e aveva il viso rosso. Non passarono altri secondi che corse fuori dalla scuola, imbarazzata e vergognosa. Mi voltai dando le spalle ai ragazzi e la seguii con lo sguardo. Avrei voluto confortarla. Certamente meritava un'umiliazione per tutte le cose che aveva fatto, ma così era esagerato.
‘E smetti di fare la buonista’ mi rimproverai mentalmente. Evitai di pensare alla ragazza che era appena scappata in lacrime e mi girai dai ragazzi. Avevano tutti uno sguardo perso, sopratutto Justin che continuava a guardare il portone d'uscita. Chris sembrava provare dispiacere, così come Zack, Alex invece era leggermente desolato. Sotto sotto, sembrava pensare che Lizzie se lo fosse pienamente meritato. Il coro di Lil non si era ancora fermato, e stava continuando anche nel gigante cortile, segno che Lizzie non era ancora uscita completamente dal cancello.
«Lil, basta!» urlò Justin, «può bastare così. Ora smettila» aggiunse Chris. Il mio nuovo amico però non li ascoltò. Justin si mosse in sua direzione e per paura che un guaio potesse nascere, mi affrettai a intervenire. 
«Lil, falli smettere per favore» urlai per catturare la sua attenzione. «Solo perché me lo hai detto tu» affermò per poi urlare a tutti «Stop, amici!». Il coro smise di rimbombare così ferocemente e dovettero passare minuti prima che si arrestasse completamente. Gli sorrisi devota. «Caren, come stai?» chiese Justin. Farfalle trotterellarono al mio interno. Un nano secondo dopo compresi tutto. I ragazzi avevano litigato con Lizzie e ora volevano fare le loro scuse. La mia espressione mutò e respirai profondamente di soddisfazione. Mi accorsi di dover rispondere. Inizialmente avevo l'intenzione di tranquillizzarlo e abbracciarli tutti, però dei flashback cominciarono a farmi cambiare idea, occultando ogni traccia della benevolenza che provavo.



'Strinsi in pugno il mio vestito e alzai lo sguardo per vedere Lizzie alzarsi e camminare lontano da noi, per poi poggiarsi ad un albero e coprirsi il viso con le mani, con il petto che faceva su e giù ed il corpo leggermente tremante. 
«Brava Caren» fece Justin, che sbuffò alzandosi e andando dalla sua ragazza.
«Già, bravissima» disse anche Alex, che seguì l'amico.
Guardai Zack rivolgermi un'occhiata delusa e Chris guardare l'altra parte del parco. Non passarono venti secondi che si alzarono anche loro per raggiungere Lizzie, lasciandomi lì, seduta e sola come un cane'.



«Caren, ci sei?» chiese Zack cercando di studiarmi l'espressione che avevo in faccia: distrutta, in procinto di piangere ed estremamente confusa. Anche Justin sembrò averlo notato, infatti si scambiò un'occhiata con Zack piuttosto preoccupata.


'«Caren, vogliamo del bene anche a te, ma Lizzie...» iniziò a dire Justin sospendendo la frase in aria, incapace di esprimere la verità che aveva dentro'.


«Perché non rispondi?» m'interruppe i pensieri Chris. «A che pensi?» fece Alex, «come va, Caren?» domandò Justin calcando le prime due parole, consapevole che pensieri spiacevoli avessero invaso la mia mente. Ero in totale confusione, ma fu un ultimo ricordo a indicarmi le direttive da prendere. 


'«Qualsiasi cosa succeda, ricorda che sei sempre la nostra ragazza Liz» affermò Zack, cullandola tra le braccia e dandole un bacio sui capelli.
«Tu e solo tu» precisò poi Alex. In quel momento crollai mentalmente. Era tutto così assurdo e io che mi ero illusa che le cose potessero andare bene con loro. All'abbraccio si aggiunsero Justin, Alex ed infine Chris, formando una specie di barriera a cui non mi avrebbero lasciato aggiungere'.


«Come va?» domandai riprendendo la domanda. «Beh, adesso che vi ho visti direi male» conclusi. Mi pesò il cuore notando le loro espressioni, ma tuttavia lo sconforto durò poco. Mi sarei vendicata e se volevano il mio perdono per davvero, allora avrebbero dovuto insistere.
«Non fare così...» sussurrò addolorato Zack, passandosi la mano sul bel viso stanco. Nonostante avesse le occhiaie e qualche livido che risaliva alla rissa di ieri sera, continuava ad essere stupendo. La sua bellezza mi faceva tremare le gambe, come quella di Justin e Chris del resto. «E cosa dovrei fare? Inchinarmi a voi e baciarvi i piedi, felice che i quattro sovrani mi abbiano rivolto la parola e consegnato la chiave per il perdono?» chiesi negativamente ironica. «Potete scordarvelo» feci poi inclinando il viso di marmo gelato. 
«Caren, abbiamo sbagliato e ne siamo consapevolissimi. Non fare così, ci fai male. Ti prego» sussurrò Chris toccandosi il torace, con occhi dolci, con occhi sinceri e pentiti. Ma non sarebbe bastato. 
«Anche voi mi state facendo del male, ragazzi. Mi state facendo tanto male, tantissimo. Mi state distruggendo. Mi state facendo sentire dannatamente poco bene. Mi state disintegrando. Mi state facendo soffrire più di quanto non lo stia già facendo io» risposi aprendomi un po' di più. Non avrei mai pensato di rivelare qualcosa di me e del mio dolore. Avevo sempre finto che tutto andasse bene, che non provavo alcuna forma di negatività, mentre ora stavo cercando di far loro capire, che stavo male, che avevo bisogno di qualcuno, che molto probabilmente necessitavo di loro.
«Io non so cosa dire...» sussurrò Justin guardandomi con quegli occhi che sembravano pozzi, tanto erano profondi. Lo guardai facendo di no con la testa, non bastava per avere il mio perdono, non bastava e non sarebbe bastato. 
«Non mi pare che siamo stati così duri» fece Alex torturando il cellulare che aveva in mano, stringendolo forte, premendo tasti a caso e sbattendolo leggermente contro l'altra mano. Ridacchiai tristemente e lo guardai con una faccia tutt'altro che ironica.
 «Cosa? Non siete duri? Proprio voi che ieri mi avete letteralmente sputato in faccia di essere inferiore a Lizzie, e di essere fuori dal cosiddetto gruppo?» urlai, attirando l'attenzione di numerosi studenti e di Lil che era ancora lì, concentrato nel comprendere i nostri dialoghi. Ringraziai Dio di aver trovato lui, almeno non sarei rimasta sola come un cane.
«Non sei inferiore a Lizzie» mi corresse Zack. Lo guardai calma e mi affrettai a rispondergli. «Ieri non hai detto questo» sussurrai, ricordandomi il dolore che provai quando abbracciò la sua amica. «Va bene, abbiamo sbagliato. Siamo dei bastardi, duri, insensibili e cechi ragazzi. Siamo pentiti, a te ci teniamo, e ora siamo qui a chiederti umilmente scusa» intervenì Justin  guardandomi negli occhi. Le sue parole non mi toccarono il cuore, così scossi la testa ancora. «No» sospirai leggermente, come se fossi stanca di sprecare le mie parole per loro. «Ti vogliamo bene» disse Alex. «Non lo dimostrate però» replicai intontita dalla sua affermazione. Aveva appena detto di volermi bene. Non esultai come avrei dovuto fare, ma immagazzinai la frase nel cuore. 
«Te lo dimostreremo e cambierai idea» intervenì un Chris diabolicamente convinto e deciso. «Come volete» troncai il discorso sorpassandoli per andare da Lil. Fui tenuta per mano da Justin e trascinata con forza vicino a lui.
«Lasciami andare» protestai un po' spaventata. «Dove da Lil? No» rispose con fermezza. Strabuzzai gli occhi, da quando in qua il ragazzo che più mi aveva maltrattata, mi dava ordini? 
«Mollala» fece il ragazzo da cui stavo andando. 
«Altrimenti che fai?» rispose Zack, incrociando le braccia al petto. 
«Non vi piacerà saperlo»
«Cosa, cosa? Pensi di farmi paura?» lo canzonò Zack, assumendo l'aria strafottente che utilizzava solo con chi non gli andava a genio. 
«Zack, siamo a scuola» tentò di farlo ragionare Chris, che mi lanciava occhiate supplichevoli. Mi allarmai anche io, aveva il timore che potesse nascere un litigio a causa mia, nel bel mezzo del corridoio scolastico. 
«E allora Chris? Anche se fossimo a scuola, dov'è il problema? Non ci si mette molto a sistemare un'idiota» disse Justin ridacchiando, senza però mollare la presa sul mio polso. Non mi opposi, rimasi a guardare confusa la situazione.
Lil non sembrò digerire l'insulto e avvicinandosi urlò «ripetilo se hai il coraggio». Tuttavia il ragazzo dagli occhi nocciola non sembrava per niente spaventato, così mollo la presa spingendomi leggermente tra le braccia di Chris e avanzò verso Lil.
«Idiota, idiota, idiota, figlio di...», «Justin no!» urlai, interrompendo l'insulto. Non volevo che mettesse in mezzo i suoi genitori, sopratutto dopo aver saputo che lo avessero duramente cacciato di casa. Mi scansai da Chris e corsi verso Lil.
«Smettetela di rovinarmi sempre tutto, non voglio vedervi!» gridai nervosa in direzione dei ragazzi, sopratutto Justin.
«Non puoi andare con lui» disse Zack con sguardo freddo e mani che sembravano prudergli dalla voglia di prendere a pugni qualcosa. Guardai il viso ferito e decisi che avrei fermato tutto. Non avrei permesso che potesse nascere un'altra rissa, non dopo quella di ieri. Tentai di troncare il discorso con cautela. 
«Perché no?» domandai mettendomi le mani sui fianchi, in attesa di una plausibile risposta. «Semplice» commentò Justin con calma, «perché no!» aggiunse poi urlando. «Sei geloso?» chiese Lil ridendo con i suoi amici, convinto di averlo ferito o di avergli provocato fastidio. «Sì» replicò guardandomi. La mia bocca si aprì leggermente. Sapere che la sua fosse gelosia, calmò i miei bollenti sensi di vendetta e percepii un pizzico di contentezza, subentrare nel mio cuore come una goccia di sangue in un bicchiere di acqua pura. 
«Lil ti prego, vai avanti. Ti raggiungo ora», «se hai bisogno chiama» rispose lui, per poi allontanarsi da me, i ragazzi e gli studenti che ancora ci guardavano. Mi avvicinai a Justin che non distava molto, ignorando involontariamente l'ultima frase che mi rivolse il mio nuovo e a quanto pareva, fedele amico.


«Se sei realmente pentito, sia tu che loro, dimostratemi quanto v'importa di me» sussurrai con aria misteriosa. Accennai un sorriso per rassicurarlo e per fargli capire che avrei accettato un tentativo di scuse. Mi allontanai di poco, guardando prima lui, poi Zack, Chris ed infine Alex. Nessuno di loro osò rispondere. Ne approfittai per voltarmi e camminare verso il bar della scuola, dove Lil mi stava sicuramente aspettando. Ieri mi aveva detto che mi avrebbe presentato tutti i suoi amici.






#Lizzie

Fui spinta con poca cautela e attenzione da Justin. Rischiai quasi di cadere a terra, ma ricomponendomi, notai che Caren fosse entrata nel corridoio principale, attirando come una calamita l'attenzione dei miei migliori amici e del mio ragazzo. Guardai quest'ultimo raggiungerla in men che non si dicesse, chiamando più volte il suo nome e grattandosi nervoso la nuca. 
«Sai è così che funziona. La ruota gira per tutti» disse Zack, sorridendo con un angolo della bocca, per poi raggiungere Justin. Lo guardai ferita e mi chiesi come fosse potuto succedere, che persino lui, mi avesse voltato le spalle in questa maniera. Una morsa mi attanagliò lo stomaco e grondante di frustrazione e gelosia, schioccai le ossa delle dita. Intrattenni un singhiozzo quando anche Chris e Alex mi lasciarono da sola, come se valessi meno di un granello di sabbia. Osservai i ragazzi circondarla e tentare di avere un dialogo con lei, sorridendo e mutando l'espressione cupa che avevano con me, in cordiale. 
Era chiaro che tra non molto sarei scoppiata a piangere. La vista di Justin, Zack, Chris e Alex attorno a Caren, mi dava la nausea e mi urtava parecchio. Sbuffai cercando di intrattenere il pianto, ma poco dopo rinunciai. Ancora con gli occhi fissi su quei quattro ragazzi che erano il mio tutto, non mi accorsi che pure Lil e il suo solito gruppetto di ganzi, fossero entrati a scuola. 
«Gne gne gne, la bambolina di porcellana piange» urlò imitando i miei gesti e ridicolizzandomi davanti ai ragazzi, Caren e gli studenti presenti. Mi batté il cuore rumorosamente e singhiozzai più volte. La vergogna che provavo raggiunse il massimo livello, quando anche gli amici di Lil cominciarono a prendermi in giro, trascinando con loro altri ragazzi, dentro e fuori la scuola. Diventai rossa e volsi un'ultimo sguardo ai ragazzi e Caren. Justin mi guardava con occhi dispiaciuti, ma continuava a rimanere in silenzio, senza difendermi come era solito fare o consolarmi. Zack non mi guardava nemmeno, teneva gli occhi verdi sul muro opposto al mio. Chris mi guardava desolato, era chiaro che volesse venire da me o far smettere il coro, ma c'era qualcosa che lo intratteneva, mentre Alex era più freddo del solito, neanche quando era arrabbiato aveva un'espressione del genere. Aspettai che qualcuno di loro mi difendesse, che uno prendesse a calci Lil, l'altro mi abbracciasse e qualcun altro facesse smettere il coro, per poi raggiungermi premuroso. 
Attesi ancora, ma nessuno di loro si mosse e fu lì che scoppiai a lacrimare disperata, correndo fuori da scuola. Non guardai in faccia nessuno, ero talmente confusa, triste e imbarazzata. Corsi per il cortile, dove altri studenti canticchiavano ciò che Lil mi disse. Avevo il battito a mille e non mi capacitavo di nulla. Raggiunsi il cancello e dopo esserne uscita, continuai a correre per una meta al momento sconosciuta. Pensai alla figuraccia che avevo appena fatto a scuola, all'indifferenza dei ragazzi e a Caren, che molto probabilmente starà ridendo compiaciuta di me, abbindolando Justin, Zack, Chris e Alex come una strega. Mi venne istintivo strillare di dolore e far capire a tutti quanto stessi male. Quando persi fiato mi fermai esausta e crollai a terra, affannata e sudata. Respirai con fatica date le lacrime che non si fermavano, e compresi di essere arrivata al parco di ieri. Mi alzai con fatica e raggiunsi l'albero su cui ieri mi ero appoggiata per piangere. Mi asciugai il viso e presi un fazzoletto dalla cartella per soffiarmi il naso. Ripensai alla nottata di ieri e a come vedendomi piangere, i ragazzi mi avevano raggiunta e difesa. Ero consapevole di averlo fatto apposta, così come avevo finto di star male in discoteca e di ubriacarmi subito. In un certo senso mi sentivo motivata a farlo. Non era bello vedere la ragazza che inizialmente volevi aiutare date le difficoltà che aveva, rubarti gli amici, il ragazzo e soffiarti il posto. Era così. Da quando l'avevamo conosciuta, Justin era diventato meno affettuoso e parlava spesso di lei. Caren di qua, Caren di là e dimenticava me e lui. Non mi guardava più con gli occhi desiderosi di prima, non mi dava le attenzioni di un tempo, tanto che da qui a poco aveva raffreddato il nostro rapporto. Era normale che volessi cure e attenzioni da parte sua, insomma era la sua ragazza, andavo matta per lui e per quegli occhi così belli e magnetici.
Mi dava buca numerose volte e non rispondeva ad alcune mie chiamate.  Era interessato a Caren, si vedeva lontano un miglio che sotto sotto, provava qualcosa per lei. Dopotutto lo aveva affermato ieri, nel gioco della bottiglia. Numerose volte lo sorprendevo guardarla dall'alto al basso e fare uno dei suoi sorrisini, quelli che faceva a me poco tempo fa. Caren però era lenta e ottusa, non coglieva nulla e non comprendeva che non aveva colpito solo Justin, ma anche Zack. Quest'ultimo poi, non passava più la maggior parte del suo tempo con me e non ci confidavamo più. Prima era dolcissimo solo con me, mentre ora lo stava diventando anche con Caren. Da quando in qua Zack era gentile e premuroso con qualcun altro che non fossi io? Ultimamente poi, se n'era uscito dicendo che lui e lei si frequentavano, mi aveva dato fastidio, però avevo digerito tutto. Certo, mi dispiaceva che usasse premute con un'altra ragazza che non fossi io, ma non ci potevo fare nulla, separarlo da lei oramai era pressoché impossibile. Nonostante io e lui non fossimo fidanzati, mi trattava come se fossi la sua ragazza. Mi teneva per mano, mi sussurrava parole dolci e confortevoli, mi ospitava se litigavo con i miei genitori e mi consolava se nasceva una discussione con Justin. Ricordai di quella volta che litigai con mio padre e Justin era assente. Bussai alla sua porta alle due del mattino e mi aprì senza indugio. Mi concesse la sua camera per dormire, mi coprì con un piumino morbidissimo e stette al mio fianco finché non mi addormentai. Mi tornarono le lacrime agli occhi, avevo perso il mio migliore amico, il mio fratello e il mio braccio destro, avevo perso Zack, tutto a causa di Caren. Il pensiero di perdere anche Justin, mi mozzò il respiro, temevo che Caren me lo rubasse, dentro di me sapevo che sarebbe accaduto prima o poi, per questo tentavo di riportarlo da me. Mi sarò anche comportata da falsa, ma Caren lo era sicuramente più di me. Tutte quelle volte in cui le venivano appositamente gli occhi lucidi, tutti quei finti sguardi da cucciolo ferito, era insopportabile. Se faceva la falsa, l'avrei fatto pure io. Però, ora i ragazzi se l'erano presa con me e non con lei, perché? Persino Chris che all'inizio non la sopportava, era intenzionato a chiederle scusa. Era cambiato persino lui. Aveva smesso di parlare tanto e aveva sempre un'espressione pensierosa e spenta. Era spesso di cattivo umore e non scherzava più. Mi era sempre rimasto vicino, solo ieri quando ci eravamo alzati per cercare Justin, si era avvicinato a Caren. Di fatti da quell'istante aveva cominciato ad atteggiarsi con lei premurosamente, smettendo di guardarla male e di offenderla con comportamenti arroganti. All'inizio non volevo che si comportasse così con lei, perché mi dispiaceva vedere come se la prendeva inutilmente con lei. Solo adesso capivo che dopotutto Caren se l'era meritato, ma nello stesso tempo non comprendevo cosa fosse successo ieri tanto da indurre Chris a cambiare. Alex era l'unico che non era cambiato tanto, però fatto stava che pure lui parlava spesso di Caren. Che le sorrideva sempre e si comportava in maniera troppo cordiale. Alex non si atteggiava così con le persona che conosceva appena. Era prima distaccato e freddo, solo dopo mesi si apriva. Ma con Caren era sempre stato generoso e cordiale. 

Mi sedetti per terra e strappai l'erba. La prima immagine che mi venne in mente fu quella di Caren, e mi chiesi come avesse fatto a scombussolare tutto il mio mondo nel giro di qualche giorno. Ero convinta di non aver mai esagerato o sbagliato con lei, avevo ragione io e le mie azioni erano giustificate. Non le avrei permesso di soffiarmi il ragazzo e gli amici, per nulla al mondo. Qualsiasi ragazza nella mia situazione avrebbe reagito così. Non stavo facendo nulla di così scandaloso. Non volevo che i ragazzi mi mettessero da parte e così facevo qualche finta per farli ricordare che esistevo anche io, e non solo Caren. All'ennesimo ricordo suo, emanai un urlo di gelosia e promisi a me stessa, che non le avrei dato la possibilità di rubarmi tutto ciò che avevo.
Tuttavia mi ricordai di essere innocua, oramai tutti avevano rotto con me e non ero in grado di fare più nulla. Imprecai per minuti che sembrarono ore, mi chiesi perché tutti fossero interessati a Caren. Era una ragazza carina, certo; riusciva ad apparire tenera nonostante non s'impegnasse nemmeno a farlo, però non era un granché. Non comprendevo che tipo di personalità avesse e aveva sempre quello sguardo spento. Ricordai i primi giorni di scuola, quando era completamente sola e spaesata. Lì mi faceva compassione, ed ero stata proprio io a proporre ai ragazzi di conoscerla e starle vicino. Ma mai avrei pensato, che un giorno avrebbe potuto rovinare il rapporto che legava me e i miei migliori amici, mai. Continuai a rimembrare quei giorni, quando Chris la trattava in malo modo e i ragazzi non le davano per nulla attenzioni. Qualcosa doveva essere scoppiato il giorno del mio compleanno. Da lì, c'era stato il grande cambiamento. Lei che alla vista mia e di Justin aveva rotto il bicchiere. 
Troppi pensieri confusi e attorcigliati per la testa, mi mandarono in bestia. Mi portai le ginocchia al petto e un pensiero capovolse l'idea che avevo di Caren. E se fossi io quella che stava sbagliando?
Dei sensi di colpa mi procurarono una morsa allo stomaco e completamente confusa e divisa a metà, corsi a casa mia con una sola cosa in mente da fare.



#Caren

Salutai Lil e gli amici che mi aveva appena presentato: Gabriel, Thomas e Will. Avevano un aspetto ingannevole. Indossavano quei vestiti larghi e le catene al collo, che davano l'impressione che fossero ragazzi del ghetto, maleducati e senza futuro. La realtà era un'altra. Si erano comportati in maniera gentile ed educata. Fui felice di aver conosciuto nuova gente. Avevo mal di testa date le chiacchiere dei numerosi studenti, così tirai fuori il cellulare e le cuffie, sistemandole bene nelle
orecchie. Stavo per mettere un bellissimo brano, quando casualmente il mio sguardo cadde sull'orologio attaccato sul muro alla mia destra. Sbuffai, la campanella che segnava l'inizio delle lezioni sarebbe suonata tra una decina di
minuti, e per colpa di Justin e compagnia bella non avevo ancora preso i libri dall'armadietto. Uscii dal bar della scuola e corsi nel corridoio principale. Dei ragazzi non c'era più traccia. Ignorai la cosa e tirai fuori le chiavi. Mi avvicinai al mio armadietto, lo aprii e sussultai quando vi trovai un orsacchiotto e del cioccolato bianco. 
«Oh mio Dio» sussurrai addolcita. Lo tirai fuori e girandolo, notai che attaccato vi fosse un bigliettino color rosa confetto. Lo staccai e lo lessi. 

'Non starò bene finché non ti vedrò sorridere nuovamente. Chris x'

Sorrisi leggiadra e mi domandai come avesse fatto ad aprire il mio armadietto senza la chiave. Certo che lui e i ragazzi erano capaci di fare qualsiasi cosa. Stavo per aprire la scatola di cioccolato, quando sentii bisbigliare nel silenzio del corridoio quasi vuoto «le è piaciuto, ve l'ho detto razza di babbei senza esperienza». Capii subito che fosse stato Chris a parlare, e che fosse nascosto in qualche angolo con i ragazzi. Aveva parlato senza badare al tono della voce, perchè pensava che stessi ascoltando della musica dato che avevo ancora le cuffiette addosso. Senza muovere la testa, guardai a destra e sinistra. Erano chiaramente dentro lo sgabuzzino dei bidelli, vicino agli ultimi armadietti della lunga fila. Alzai fintamente gli occhi al cielo, buttai dentro l'armadietto la scatola di cioccolato e strappai il biglietto in mille pezzettini, lasciandolo indifferente sul pavimento appena pulito. 
«Chi è il babbeo senza esperienza, novellino?» fece la voce di Zack, chiaramente indirizzata a Chris.
«Stai zitto, potrebbe sentirci!» disse Justin allarmato. Canticchiai la strofa di una canzoncina a caso per indicare che non avessi sentito nulla. «Ha le cuffie, amico» lo tranquillizzò Alex. Dovetti mordermi il labbro inferiore per non sorridere, i ragazzi erano così esilaranti. «Chris che mi dici del tuo cioccolato?» riprese a canzonarlo Zack. 
«Ti dico che l'ho pagato carissimo» rispose l'altro sbuffando. 
Scossi la testa divertita e presi i libri che mi servivano. Chiusi l'armadietto e corsi verso l'aula centonove, dove la lezione di filosofia mi stava aspettando. I ragazzi si erano vaporizzati, meglio per loro. 
Mancavano pochi minuti al suono della campana, e arrivata in classe aggrottai le sopracciglia. La lavagna era piena di scritte, tutte indirizzate a me. Ne lessi alcune in un batti baleno, avrei dovuto cancellarle, altrimenti il professore non avrebbe apprezzato la cosa. 

'Come hai potuto farlo? Il mio cioccolato era buonissimo! Mi hai spezzato il cuore, proprio come hai fatto col bigliettino', 'siamo tutti pentiti', 'Caren, se non mi scusi mi butto dal balcone', 'Caren, sii misericordiosa', 't.v.b', 'Dio ha detto di essere buoni e di essere tutti fratelli, che ne dici?', 'aaaah nanetta, sei così speciale', 'fa caldo oggi, perdonaci', 'bla bla bla. Scusa ma dobbiamo riempire la lavagna, non so cosa scrivere', 'scusa, scusa, scusa, scusa, scusa', 'Ho i crampi alle dita perché questo gesso fa schifo e tra poco mi ritroverò a scrivere con le unghie', 'Ho finito i soldi per quel cioccolato, sono offeso da morire, però ti perdono. Visto come sono buono? Prendi esempio da me. ;)', 'Per te sarei disposto a tutto, persino a dire che sono brutto'.
‘Zack, Justin, Chris e Alex x’



Ridacchiai istericamente davanti a tutta la classe. Non mi accorsi nemmeno del suono della campana e del professore che era entrato. Feci qualche saltello prima di prendere il cancellino, e con estrema esaltazione cancellai la lavagna.
«Sei desiderata Howen» disse il professore, provocando qualche commento da parte di alcuni compagni di classe e sopratutto delle ragazze. Ridacchiai per far intendere al prof. Brown di averlo sentito, ma non ancora in grado di parlare dalla sorpresa, andai a sedermi muta come un pesce. Questa volta trovai un banco vuoto dietro, vicino a due ragazze. Tirai fuori il quaderno e il libro di filosofia, distraendomi ben presto da Socrate e i suoi teoremi filosofici. I ragazzi erano stati davvero carini, non pensavo di importare loro a tal punto da indurli a regalarmi cioccolato e riempire la lavagna di scritte per me. Era una sensazione semplicemente fantastica, contando il fatto che nessuno aveva mai fatto qualcosa del genere per me. Mi sentii per la prima volta dopo anni, una ragazza fortunata. Le loro attenzioni mi piacevano talmente tanto, da farmi venire voglia di urlare di gioia. 

La campanella suonò e mi accorsi di aver perso la cognizione del tempo, pensando ai ragazzi e al loro modo di farsi perdonare da me. Dovetti ammettere che grazie a queste attenzioni, mi stavo sentendo importante, come se valessi qualcosa per davvero. 
Ero diretta all'aula di scienze per l'ora con la professoressa Miles, incrociai Chris e Zack. Sbuffai fintamente e cambiai strada, ma fui raggiunta velocemente e si piazzarono davanti a me. 
«Caren, senti questa. Un tricheco dice all'altro: cos'hai in petto?. L'altro si guarda e muore» fece Zack, per poi scoppiare a ridere come un pazzo. Chris fece una smorfia schifata nei confronti del suo amico e mi guardò mutando l'espressione in cordiale.
«La vuoi una rosa rossa, baby?» chiese alzando un sopracciglio, in maniera seduttiva. «No» replicai, incrociando le braccia al petto. 
«Va bene, eccoti la rosa... Ma come? Hai detto no?» chiese accigliato, poggiandosi la mano sul cuore, fingendo dolore e spasimo. 
«Sì» risposi. «Ah, mi sembrava strano, tienila...», «No» feci nuovamente. «No che no, o no che sì?» domandò poi. 
«No che no» dissi sorridendo arcigna. Un'espressione di delusione si fece spazio sul suo viso. Buttò la rosa rossa a terra e disse «fa niente, ne ho una bianca». Prese una rosa bianca dallo zaino e me la porse inchinandosi. Mi guardai a destra e a sinistra, imbarazzata dato che eravamo nel centro del corridoio e una massa di studenti ci stava fissando. 
«Chris mi fa schifo anche questa» commentai prendendola e staccando i petali, tutti una sola volta, per poi rompere il busto del fiore, buttarlo a terra e calpestarlo. Zack ridacchiò e Chris ne tirò fuori una nera. 
«Non puoi dire di no a questa» disse, porgendomela con eleganza, ma senza alzarsi dal pavimento. «Ridacchiai maleficamente, prendendola e rompendola proprio come avevo fatto con quella bianca. «Ho l'ultima in cartella. Ed è di plastica, impossibile da rompere con le mani» fece, tirando fuori una rosa fucsia. «Che me ne faccio di una rosa di plastica?» domandai assumendo un'espressione di nausea. «Buttala. Basta che non lo fai davanti a me, mi spezzi il cuore» rispose il bel ragazzo dagli occhi di cristallo. 
«Va bene» sussurrai prendendola. 
«Ora scusami» urlò all'improvviso buttandosi alle mie gambe, stringendole con forza e scuotendomi con poca finezza. Zack lo seguì, prendendomi la gamba destra, mentre Chris s'impossessò di quella sinistra. «Ragazzi non qui, alzatevi!» urlai tentando di sbarazzarmi di loro, e arrossendo a causa degli sguardi divertiti dell'intero corridoio. 
«Non ti molliamo finché non ci perdoni. Altrimenti ti faccio fare una figuraccia» disse Zack ghignando losco. «Ma che diavolo...» sussurrai prima che il ragazzo attaccato alla mia gamba destra cominciasse ad urlare, fingendo un pianto disperato.
«Amore mio non mi lasciare. L'amore trionfa sempre. Anche noi dobbiamo trionfare, amore mio. Ricordi quando mi dicevi che il nostro era un per sempre, amore mio? Ricordi tutte quelle tue false promesse? Anche se te ne sei andata, io ti ho perdonata amore mio, torna da me. Devi farlo, sai perché? Perché l'amore trionfa sempre» urlò Zack gesticolando, e gridando in modo che tutta la scuola lo potesse sentire. Mi tenni il viso tra le mani e cercai di farlo tacere. Ma lui si alzò e continuò a urlare mettendomi in imbarazzo davanti a tutti, mentre Chris restava ancora attaccato all'altra mia gamba, abbracciandola come se fosse un umano.
«Questa donna gente, mi ha fatto le corna il giorno prima del nostro matrimonio. Ma nonostante tutto io l'ho perdonata, e ora lei non vuole tornare con me. Perché pupilla dei miei occhi? Perché vita mia? Perché cuoricino mio? Perché? Amici, avevo invitato tutto il quartiere, avevo comprato di tutto, avevo sistemato tutto, era tutto pronto, ma perché mi hai tradito con Gian  Piero Ludovico Della Valcamonica, perché?» continuò a gridare Zack con una mano in tasca e l'altra posata teatralmente in alto, come se stesse recitando i versi della divina commedia. Volevo raggiungerlo per farlo tacere, ma avevo Chris letteralmente incollato alle gambe che piangeva disperato. Non capivo se lui stesse fingendo come Zack o se fosse davvero desolato, ma al momento la cosa più importante era zittire il biondino, che mi stava mettendo in ridicolo davanti a tutti. 
«Zack!» urlai attirando la sua attenzione. Si voltò e sorridente ricominciò a gridare. 
«Sì, amore mio. Oh per l'amor del cielo e di tutti gli astri vangelici, mi hai perdonato? Avete visto amici? Mi ha perdonato anche se non ho fatto nulla! Ricordatevi figliuoli, che l'amore trionfa sempre. Prendete quella di oggi come una lezione dello spirito e dell'anima, che vi guiderà nel vostro futuro e che vi farà capire che l'amour trionf tout le jours, a tout le or et pour tutta la vit!» concluse poi con il suo pessimo francese, inchinandosi e ricevendo applausi dai tantissimi studenti che si erano fermati a guardarlo. «dankeschon, mes amis!» ringraziò poi ignaro che la parola 'dankeschon' fosse tedesca e non francese. «Zack!» urlai nuovamente sbattendomi una mano sulla fronte. Quest'ultimo corse verso di me, ignorando la massa di studenti che applaudivano ancora. 
«Devo continuare?» chiese facendo un sorriso a trentadue denti. «No, perché ho cambiato idea» bleffai. «Davvero?» chiese con lo sguardo di un bambino felice. Annuii. 
«Dì a Chris di staccarsi» dissi indicando il ragazzo che ancora abbracciava la mia gamba. «Alzati sfigato» fece Zack.
«No, sai perché? Perché sono Chris la sanguisuga. Flop flop.»
«la sanguisuga non fa flop!», «e comunque staccati» fece il biondino staccandolo da me e rischiando di farmi cadere a terra. Una volta libera, li presi entrambi per le mano e li condussi allo sgabuzzino dei bidelli, chiudendo la porta a chiave. 
«Cosa avete in mente?» urlai gesticolando nervosa. 
«Una bella ragazza in bikini» rispose Zack facendo ridere Chris. 
«Sono seria» precisai con rudezza, anche se sarei voluta scoppiare a ridere come una stupida.
«Va bene, scusa»
«mi avete messo in imbarazzo di fronte a tutti!» urlai. I due si guardarono. 
«Zack sdrammatizza» sussurrò Chris all'amico, convinto che la situazione si stesse facendo estremamente tesa, «e cosa dovrei dire?» rispose lui. 
«Qualcosa di elettrizzante», «che Dio ti fulmini».
«Ragazzi!» gridai, attirando la loro attenzione. Intrattenni un risolino quando Zack prese in giro Chris. Erano così divertenti.
«Hai riso?» chiesero all'unisono. «No, ho pasta» replicai con una nota di ironia, «certo che non ho riso» finì poi di dire.
«Scusaci. È che vogliamo che tu ci perdoni. Anche se scendessero gli alieni in questo preciso momento, nonostante la paura sprecherei le mie ultime ore a cercarti!» affermò Zack addolcendo il viso, facendomi sciogliere il cuore, era così dolce.
«Se gli alieni sono alla ricerca di vita intelligente... Perché dovresti aver paura, Zack?» lo interruppe Chris facendo un sorrisino vendicativo. 
«Ma se sono un cervellone» si giustificò lui. 
«Allora recitami l'infinito di Leopardi», «leopardare» replicò. 
«Parlavo della poesia, idiota» 
«Ehilà, in questa stanza ci sono anch'io!» urlai alzandomi in punta e salutando ironicamente. I due smisero di discutere e mi guardarono finalmente seri. 
«Dicci» m'incitò a parlare Chris. «Chris ti uccido!» urlai, rammentando il fatto che per colpa sua non avevo potuto fermare Zack, che mi aveva messo in imbarazzo davanti a tutti.
«E poi sarete tutti obbligati ad andare al suo funerale» continuai riferendomi a Zack e gli altri. 
«Perché devo andare al suo, se poi lui non verrà al mio?!» protestò il biondino. 
«Perché sarò già morto, forse?»
«Frena un attimo, hai detto forse? Vuol dire che tornerai con aria cattiva, reincarnandoti in una bella ragazza, e venendo al mio funerale mangerai il mio cadavere, perché non sono venuto al tuo di funerale?».
«Perché dovrei reincarnarmi in una bella ragazza, non sono forse già bello per te?», «Chris! Tu per me sei solo un amico».
«Ma cosa? Guarda che sono etero» specificò Chris, corrucciando il viso in una smorfia stranita, «e anche se fossi dell'altra sponda, non mi piaceresti mai, perché non mi piacciono i biondi!», «vuoi dire sono brutto?» domandò Zack, puntando il dito verso se stesso. 
«Tutti quelli che non mi somigliano sono brutti. Prendi questa, ho spento il tuo ego» replicò il ragazzo con gli occhi azzurri, ridendo compiaciuto. 
«L'unico qui con un ego elevato sei tu. Sei un narcisista!», «non sai nemmeno che vuol dire, Zack!»
«Come faccio a non sapere cosa vuol dire, se l'ho detto?»
«Cerchi di usare la psicologia inversa?»
«No, uso la psicologia dritta, perché dovrei invertirla?»
«Ragazzi!» strillai con la testa che scoppiava. I due mi guardarono e attesero che parlassi.
«Sarò veloce, smettetela d'infastidirmi» sputai fingendo di essere in collera e di essere stanca delle loro bambinate. Aprii la porta e uscii correndo. Mi tappai le orecchie quando li sentii borbottare qualcosa. Controllai l'ora al polso e per colpa loro, avevo perso la lezione di scienze. Divertita e poco desolata però, andai ad aspettare la terza ora al bar, attendendo che l'ora di scienze terminasse del tutto. Mancavano circa venti minuti e pensai bene di leggere un libro che portavo sempre con me.

«Cucù, indovina chi sono?» disse Justin coprendomi gli occhi da dietro. 
«Non so... Direi uno stupido?», «ho azzeccato?» domandai poi. Justin sbuffò e si sedette sulla sedia di fianco alla mia. 
«Ti voglio invitare. Ti va di andare in un fast-food per il pranzo, dopo scuola?» chiese. Dovevo scaricarlo in modo da metterlo in difficoltà, così al posto di un semplice 'no', pensai bene di mentire. 
«Sono vegetariana» bisbigliai
«ah... Quindi mangi l'erba?»  
«Ti sembro una mucca?» lo rimproverai, «mucca no... Più una deliziosa capretta» replicò ridacchiando. Lo guardai con una faccia offesa e schifata, mi alzai e lo lasciai lì sul tavolo di quel bar così pulito. 
«Non ti piacciono le capre?» chiese da lontano, «tu che dici?» risposi, girandomi un'ultima volta per poi mandargli un'occhiataccia. 


Passeggiai per la scuola in attesa che la terza ora iniziasse e mi ritrovai a pensare al comportamento dei ragazzi. Erano stati dolcissimi, ma Zack mi aveva fatto fare proprio una brutta figura, così come Chris, attaccato alla mia gamba come colla. Nonostante tutto, apprezzai il loro tentativo e anche quello di Justin. In realtà li respingevo tutti a malincuore, se fosse stato per me, li avrei potuti perdonare anche ora, dopo ciò che mi avevano dimostrato, sarebbe stato da stupidi non farlo. Ma, volevo divertirmi un po', così facendomi forza li trattavo male. La campana suonò interrompendomi dai miei pensieri, così mi mossi in direzione dell'aula di inglese, ripassando la lista di vocaboli che dovevamo memorizzare per oggi.



#Chris

Dopo aver passato la terza ora a pensare a Caren, avevo iniziato a farmi dei complessi. E se lei non mi perdonasse perché mi reputava un'incapace? L'intervallo era  già iniziato e dopo aver comprato una bevanda dalla macchinetta, raggiunsi i ragazzi nella nostra postazione. 
«Ragazzi, mi sento una nullità» sospirai desolato. Avevo paura che Caren non volesse avere più nulla a che fare con me.
«Ti capisco» fece Justin, guardandosi le scarpe. 
«Amici, sono distrutto. Nulla funziona con lei» feci giù di morale. 
«Tranquillo amico, se non ti si aprirà una porta, ti si aprirà un portone» cercò di consolarmi Zack.
«E se non mi si apre nemmeno quello?» chiesi titubante.
«Allora si aprirà una porticina piccolina, come quella degli otto nani» rispose prontamente, «non sono sette?» domandò perplesso Justin. «Più Chris fanno otto, credi che io non sappia contare? Sette più uno fa otto, smetti di confondermi» rispose Zack. Sbuffai e continuai a fargli domande, ignorando l'insulto.
«E se non mi si apre neanche quella dei sette nani più me, uguale otto?»
«Ti si aprirà una porta ad entrata scorrevole, tipo quella dei supermercati»
«E se no, neanche quella?» domandai, cominciando a perdere le speranze.
«Beh amico, allora ti si aprirà un cancello»
«E se non mi si apre pure quello?»
«Ti si aprirà un sesamo, come quello di Alì Babà» replicò.
«E se...», «Chris, basta!» m'interruppe Justin, era consapevole che io e Zack saremmo potuti andare all'infinito. 
«Senti Zack, dato che ci hai detto che tu e Caren vi stavate frequentando, dacci un consiglio» disse burbero Alex, «insomma, ieri ci avete detto che vi piacevate. È vero no?» aggiunse. Lui sembrò pensarci sù e solo dopo un paio di secondi annuì.
«Si è vero. Ve lo giuro su tutto quello che ho, credetemi» replicò sorridendo e grattandosi la nuca. «Allora aiutami!» urlai scongiurandolo. 
«Caren deve perdonarci tutti, non solo te piccolo egoista» mi rimproverò Justin, che oggi sembrava avercela con me, «allora Zack, che ci consigli?» domandò Alex.
«Vi consiglio di... Regalarle qualcosa» continuò poi in difficoltà. Lo guardai imperterrito dato che regalarle oggetti era l'unica cosa che stavo facendo da questa mattina.   
«Le ho regalato del cioccolato ed un peluche, poi una rosa rossa, una bianca, una nera ed una plastica! Che mi dici?» mi lamentai. «Ti dico di regalarle un animaletto» mi consigliò Zack. Una lampadina si accese nella mia testa e spalancai gli occhi, sorridendo in modo inquietante. 
«Ragazzi, ma Lizzie?» chiese Justin mordendosi le labbra. L'avevamo dimenticata tutti. Il modo in cui era corsa fuori da scuola, con il viso rosso dal pianto e gli occhi gonfi, mi faceva ricordare di quella volta in cui Justin ubriaco, aveva baciato un'altra ragazza che le somigliava molto. Oppure di quando le era giunta notizia che sua nonna era in ospedale. 
«Beh Lizzie... Non so, spero solo che stia bene e che non faccia qualcosa di stupido» non appena Zack pronunciò queste parole, tutti i nostri sguardi s'incrociarono. «Ma cosa volete che faccia, ha diciotto anni, no?» fece Alex deglutendo. Annuimmo tutti ed una volta suonata la campana, c'era chi tornava a fare un'ora di lezione e chi come Zack, a bighellonare per la scuola. Mi chiedevo come facesse a non venire beccato da qualche professore o dalla preside. Smisi di pensare al resto e mi concentrai sul regalo da fare a Caren. Corsi in segreteria per chiamare mia mamma e farmi dare il permesso di uscire un'ora prima, così sarei uscito da scuola e avrei comprato un animaletto. Anche se avessi perso l'ora di scrittura creativa che tanto amavo, ne sarebbe sicuramente valsa la pena.





#Caren
Le ore passarono e nessuno dei ragazzi si fece vedere. Per un po' credetti che avessero rinunciato a me, solo poi mi ricordai, che quei quattro erano testardi e che avrebbero fatto di tutto, pur di ricevere il mio perdono. Ero così onorata di ricevere tutte quelle premure e attenzioni. Anche se il fatto che fossero tutti e quattro dei maschi, mi metteva un po' a disagio.
La campanella di fine lezioni suonò. Raccolsi il mio astuccio e le mie cose nello zaino e mi diressi a passi spediti verso il mio armadietto. Presi i libri che mi sarebbero serviti per domani e vi poggiai quelli inutili. Uscii fuori da scuola e una volta sorpassato il cancello un Alex con un foglietto in mano, mi aspettava impaziente.
Mi fermai alzando gli occhi al cielo, feci per sorpassarlo quando disse «ti prego resta!». Feci come mi chiese e tornai davanti a lui. «Vuoi nuovamente rompermi le scatole? Non ho più tempo per queste cavolate, sappilo» lo avvertii seccata, continuando a guardarlo con aria di sufficienza. 
«Ti ho scritto una poesia, senti qui» iniziò a farfugliare, aprendo quel foglio stropicciato e sorridendomi come per dirmi che mi sarebbe piaciuta e che non stavo sprecando il mio tempo. Tossì rumorosamente più volte, allungò di poco il collo e cominciò a leggere, fermandosi varie volte per leggere la mia espressione.
«Cara Caren, ogni volta che ti vedo, mi viene da dire 'amen'...», «ma che diavolo di poesia è?» domandai strabuzzando gli occhi a quella rima priva di senso. 
«È che non trovavo nulla che rimasse con il tuo nome, però aspetta, il resto è magnifico!» 
«Quando sorridi, accadono tanti omicidi. Penso che tu mi debba scusare, altrimenti mi viene voglia di scalciare, ho bisogno del tuo perdono, sono un ragazzo così buono. Perché non lo vuoi capire? Le pene sono tante da patire, ma se facciamo pace, mi trasformo in un rapace e saltello felice, vomitando della vernice» finì sorridendo fiero della sua orribile opera. Alzò e abbassò le sopracciglia per un minuto, mentre non la smetteva di ridacchiare. Continuai a guardarlo con una faccia impassibile, per poi sputare vicino a me e sorpassarlo. 
«Justin mi aveva detto che era bellissima, non ti è piaciuta? Perché? Dio mio, perché? Non voglio essere fallito come Chris. Ho anche preso una nota per finirla!» strillò come una bambina inginocchiandosi a terra e tirandosi i capelli. Mi ritrovai a ridacchiare a quella visione, scuotendo la testa e camminando per la strada di casa mia. 
Continuai a ridere come una ritardata per tutto il cammino, la poesia di Alex era davvero brutta, ma divertente. Ricordai l'ultima strofa e mi piegai in due dalle risate. Le persone che passavano mi guardavano in male, ma non m'importava nulla. In quel momento ero presa dalle rime strampalate di quel ragazzo, e dal modo in cui strillò, tirandosi i capelli e imprecando come una bambina viziata, scalciando a destra e sinistra e mordicchiandosi le unghie. 


Giunta di fronte a casa mia, spalancai gli occhi alla visione che mi presentò davanti.

’Penso di meritarmi il tuo perdono, non mi lasciare così, sto morendo senza te, sono così triste e depresso!
Ps. Scusa per il muro :)
Justin x' 


era la scritta che torreggiava in blu, sul muro di casa mia. Imprecai numerose volte, senza smuovermi da lì. Il suo era chiaramente un gesto carino, ma se i miei genitori l'avessero visto, domani ci sarebbe stato il mio funerale. Pensai bene di chiamarlo e di fargli la ramanzina.
«Ciao. Segreteria telefonica di Justin Bieber, che ha spento il cellulare perché sa che Caren lo ammazzerà. Lascia un messaggio dopo il tin, e se sei Caren, ti prego non urlare. Tin» fece lui, cercando invano di imitare la voce della donna che parlava alla segreteria.
«Justin, so che sei tu. Ti rendi conto di cos'hai combinato?» gridai nervosa. Lo ero per davvero, quella scritta mi avrebbe comportato guai.
«No, non sono Justin. Dai, ora lascia un messaggio dopo il tin. Lo rifaccio guarda, tin».
«Smettila!»
«Di fare tin? Ma è il mio lavoro, ti dò una terza possibilità, attendi il tin... Tin!» 
«Justin, so che sei tu» quasi strillai, «oh, non ho un futuro da imitatore, giusto?» chiese con voce desolata. 
«No, e se non cancelli questa scritta, un futuro non ce lo avrai più in tutti i sensi. Arrangiati, ma la scritta deve evaporare, sparire, dissolversi. Eliminala del tutto, i miei genitori non la devono vedere, perciò porta la vernice dello stesso e ripeto stesso, colore di casa mia, e dipingi. Dato che ami dipingere, fallo, con passione, ispirazione e solennità, dai pittore, sbrigati a venire e a cancellare quello scempio. Sai quando? Ora!», «e non provare a bussare alla mia porta, cancella quella robaccia e poi  vola via» aggiunsi adirata.
«Ma non ho le ali! A meno che non me le metta il red bull» farfugliò. Tuttavia gli riattaccai il telefono in faccia.
 Ero stata cattiva, sperai solo che così cancellasse la scritta velocemente. Sbuffai e ripresi fiato dato che avevo gridato per tutto il corso della chiamata, entrai in casa e feci direttamente pranzo. Le ore passarono velocemente e verso le cinque sentii la presenza di qualcuno fuori. Era chiaro che fosse Justin e che stesse pitturando, aveva scalato il cancello dato che non avevo sentito il citofono. Risi tra me e me, e dispiaciuta dal non poterlo vedere, corsi in camera mia e ci stetti finché non finì. Verso le sei bussò. Non aprii la porta, ma quando insistente bussò di nuovo, mi affacciai alla finestra. C'erano lui e Zack, con il viso sporco di vernice e i vestiti macchiati. Justin aveva una salopette, mentre l'amico portava una polo firmata bianca e dei bermuda rossi.
«Ragazzi, smettete di bussare, tanto non vi apro» dissi, per far loro capire che ogni tentativo sarebbe stato vano. 
«Ho fame!» urlò Justin, con una faccia da bambino piccolo, che gli donava un'aria piuttosto tenera, «io sono stanco» aggiunse Zack mettendosi le mani in tasca. Lo ignorai e corsi di sotto, presi un pacco di biscotti dalla credenza e una volta tornata sopra, glieli buttai dalla finestra. 
«Avete finito di pitturare? I miei tornano verso le otto, oggi» esclamai cercando di fare l'indifferente, la realtà era che mi facevano un'estrema tenerezza. Avrei potuto perdonarli, ma c'era qualcosa che mi diceva di aspettare e di tirarmela sulle lunghe. I due annuirono sedendosi per terra, continuando a consumare quei biscotti, come due dolci cagnolini con il loro cibo. 
«Caren, vieni con noi al museo, mercoledì prossimo?» domandò Zack, sgranocchiando il cibo. «Di cosa?» chiesi interessata.
«delle cose vecchie» rispose con la bocca piena e con un'aria troppo ovvia. Mi sbattei la mano in faccia data la stupidità che dimostrava certe volte, «no» tagliai corto, anche se non sarebbe stata una cattiva idea. Era stato di sicuro Chris ad insistere affinché i ragazzi ci andassero con lui. 
«Mi scusi?» domandò il biondino. «Perché dovrei?» risposi.
«Perché ho un peso enorme sulla schiena che, beh... mi fa appesantire la schiena», «e tu non vuoi che mi si appesantisca la schiena, vero? Diventerei tipo il gobbo di Nôtre dame» aggiunse qualche attimo dopo.
«Zack, sei stupido?»
«Io non sono stupido, chissà perché lo dite tutti» protestò con tono bambinesco. «Chissà...» biascicai, facendomi sentire da lui e anche Justin. Zack sbuffò e tornò a mangiare i biscotti al cioccolato.
Sorrisi, non smettendo di guardarli. Il secchio della vernice color vaniglia era ancora pieno, un'idea piuttosto crudele mi balenò per la testa. 
«Ragazzi, già che ci siete. Potete pitturare parte dell'altra facciata della casa? Certo, non tutta, sarebbe impossibile. Ma c'è una parte in cui i miei cugini hanno accidentalmente scarabocchiato con i gessi e... Avete capito no?» domandai sorridendo falsamente. I due smisero di abbuffarsi e alzarono il viso per vedermi. Le loro espressioni erano esterrefatte e sembravano indecisi, sul se verniciare o darsela a gambe. Quando notai che fossero poco convinti, mi affrettai a bleffare. 
«Dopotutto, volete che vi perdoni, giusto? Oppure non v'importa nulla di me?»  chiesi alzando la voce di un'ottava. «Aspetta, decidiamo in riunione e poi ti rispondiamo» fece Justin, avvicinandosi a Zack e parlando a bassissima voce. «Il consiglio ha deciso di sì» rispose dopo una decina di lunghi minuti. 
«Però mi scappa la pipì e non posso intrattenerla»  aggiunse facendo una faccina triste. «Non ti faccio entrare» puntualizzai. 
«Allora t'innaffio il giardino! Prendiamo due piccioni con una sola fava», «Justin, non osare» gridai, cercando di cancellare l'idea furba del ragazzo. Voleva entrare in casa a tutti i costi,  e non potevo rischiare che il giardino di casa mia diventasse un bagno. «E caso mai io debba fare i bisognini grandi... Vengo qui, così il mio letame farà nascere delle belle piantine» disse ridendo e battendo il cinque a Zack, che segretamente stava finendo tutti i biscotti all'amico. «Fai schifo» gridai, nauseata. 
«Stavo scherzando per il letame... Per la pipì no, mi fai entrare?» chiese nuovamente, tentando di fare la faccia cucciolo. Feci di no con la testa. 
«Zack, quelle piante sono secche, non credi?», «sì, amico, lo credo» rispose il biondino che non faceva altro che alimentare la benzina nel fuoco. «Ti dò un vasino, ma non toccare il mio povero giardino» lo supplicai. «Io mi rifiuto di farla in un vasino!» protestò il bel ragazzo dagli occhi color del grano, «ho smesso all'età di sei anni!» aggiunse poi, guardandomi basito. «Così tardi?» chiese Zack. «Sì, amico. Ho avuto bisogno dello psicologo. Te lo avevo già detto, no?» rispose Justin, perdendosi fra chiacchiere inutili. 
«Non sei nella posizione di obbligarmi a fare qualcosa, siete voi che volete il mio perdono, no? Allora verniciate l'altra facciata e la pipì... Intrattienila! Se tocchi le mie piantine, ti banno dalla mia vita» gridai, con un tono di voce autoritario. I ragazzi sbuffarono e esausti, se ne andarono a pitturare l'altra facciata. Sbattei la finestra per far loro capire che non stavo scherzando. Mi affacciai di nascosto  dal balcone, giusto per assicurarmi che non la facesse davvero sulle piantine. 
«Amico, sono distrutto» sussurrò Justin, «frello, anche io» gli rispose Zack, sospirando di sconforto. Si zittirono subito e verniciarono gli scarabocchi in gesso, che i miei cugini avevano fatto qualche mese fa. Io non c'ero, ero nell'istituto, ma una volta tornata a casa e visto quel macello, mio padre mi raccontò l'accaduto.  Mi domandai perché non lo avesse subito coperto.  
«Ragazzi, una volta finita quella facciata, date un colpo di vernice anche nell'altra facciata. Sapete, ci sono delle increspature evidenti» urlai. Gli avrei fatti sudare sette camice.
«Cosa?!» gridarono all'unisono. «Avete capito bene, altrimenti non vi perdono» risposi, tornandomene dentro. Mi dispiaceva un sacco, ma trascinarli in quella maniera era piuttosto divertente. Poi se lo meritavano... Dopo il fatto di ieri, pitturare un po' non era nulla. Ripensai all'accaduto e mi accorsi di averla buttata sull'ironia. Non sapevo se stessi facendo bene o no, fatto stava che ormai avevo già deciso di dar loro delle possibilità. Ricordai anche Lizzie, che corse fuori da scuola come un razzo. 'Chissà cosa stava facendo ora' mi chiesi, tornando in camera mia.
Giunsero le sette e quaranta e i ragazzi stavano finendo l'ultima facciata. Il loro non era un lavoro professionale, però era lo stesso d'aiuto. Quando terminarono, cominciarono ad urlare il mio nome in maniera troppo rumorosa, tanto da attirare l'attenzione di tutto il vicinato. 
«Caren! Caren! Vieni» , «cosa c'è?» sbottai, affacciandomi dalla finestra di camera mia. 
«Abbiamo finito, ti prego possiamo tornare a casa?» chiese Zack inginocchiandosi, sporco di vernice dai piedi alla testa, «ti supplico!» mi scongiurò anche Justin, che si era inginocchiato come il suo migliore amico. «Volete già andarvene? Ci stavamo divertendo così tanto...» dissi chiaramente ironica. «Non è stato bello in realtà» sussurrò Justin, facendo una faccia stanca e disperata. 
«Cosa?» chiesi con tono arrabbiato. «Scherzava, ci siamo divertiti un sacco. Non vediamo l'ora di rifarlo, però un altro giorno!» corresse Zack il suo amico. 
«Non volete stare con me? Ah, grazie» risposi, ridacchiando tra me e me.  Sembravo un'arpia velenosissima. 
«No, no. Non è questo! Se fosse per noi ti staremmo accanto per tutta la vita. È solo che... Justin ha la vescica rotta, vero amico?» domandò il biondino. «Cosa? Ho la vescica rotta? I suoi pezzi si saranno sparpagliati nel mio sangue» fece il ragazzo che indossava la salopette. «Zitto, stupido» sussurrò Zack, «allora, possiamo andarcene?» aggiunse, unendo le mani per pregarmi. 
«Okay, andatevene» borbottai con non chalance. I ragazzi sorrisero felici, presero il secchio di vernice e il materiale da pittura, per poi correre via, saltando il cancello in modo animalesco. Justin correva a pinguino, segno che doveva urgentemente urinare. Ridacchiai, per poi cominciare i compiti che avevo iniziato prima. 

I miei genitori arrivarono verso le otto, consegnandomi una lettera che a quanto pare il postino aveva portato proprio mentre erano alla porta. Era da parte di Alex e Justin. 
La aprii con facilità e tornando in cameretta, la lessi. 




'Cara Caren,
quando ti vedo mi viene da dire amen. Hahahaha scherzo, però devi ammettere che non era male la mia poesia. Che dire, ci sono rimasto male quando mi hai detto che faceva schifo, però fa niente, ho già dimenticato tutto. Anche se non capisco con che coraggio hai detto che la mia opera è brutta... Fa niente, basta, non m'importa più, o forse un po'.
Comunque, spero che tu mi perdoni con tutto il cuore,  perché sto malissimo. Sto male da morire, e se muoio e non vieni al mio funerale, morirò ancora di più. Che dire, ti supplico di perdonarmi, quel giorno non ero in me e vedere Lizzie piangere di soppiatto, mi ha messo contro di te subito. Sono pentito e mi dispiace di averti fatto sentire fuori, la realtà e che tu sei dentro, proprio come tutti noi. Ti chiedo ancora scusa, ti voglio tanto bene e mi dispiace se ti ho fatto stare male ieri, mi dispiace con tutto il cuore.
Alex
x

Cara Caren,
Alex ha cominciato al mio stesso modo però fa niente, perché io sono buono, e lo perdono. Hai capito, l'ho perdonato. Pi e erre dì o enne a ti o, perdonato. Voce del verbo perdonare, modo infinito, tempo presente. Ti ho appena mandato una frecciatina lol. Volevo solo dirti che sono pieno di rimorsi e che mi dispiace un sacco, per tutto.
Sono desolato e sopratutto sofferente. Mi dispiace di non averti difesa ieri e di averti trattata male. Lizzie era la mia ragazza, eh già. Ho usato il verbo al passato, perché ho deciso di lasciarla. Non appena si farà viva glielo dirò. So che può sembrare strano, ma ho riflettuto tantissimo e ho deciso di tornare single. Ancora mille grazie per avermi fatto lavorare duramente, ho le braccia a pezzi. Però,ti scuso.lol. No scherzo :)
ps. Zack mi ha detto di dirti che qualsiasi cosa ti regalerà Chris, è anche da parte sua.
E già che ci sono, volevo dirti che è anche da parte mia ;)
Un saluto,
Justin
x'


Mi portai la mano alla bocca, felice e allo stesso tempo triste. Ero contenta perché finalmente Justin era tornato single, ma ero triste perché mi dispiaceva per Lizzie. Lei andava matta per il suo ragazzo e dopo l'umiliazione di questa mattina, mi chiesi come avrebbe sopportato anche la notizia della rottura con Justin. Mi buttai a peso morto sul letto e mi strinsi quella lettera al petto. Dopo aver saputo che lui e Lizzie non stavano più insieme, mi sentivo più leggera e forse, sollevata. Significava che Justin era completamente libero e che mi sarei potuta avvicinare a lui, ancora di più, senza dover badare ad una Lizzie arpia. Continuai a sorridere nonostante la mascella mi dolesse, ero così felice che non ci badai. Mi chiesi cosa avrei fatto con Zack, dato che provavo qualcosa anche per lui. Al suo pensiero la mia espressione contenta si frantumò in mille pezzi. E Zack? Ero attratta anche da lui, ma Justin... 
«Dannazione» imprecai, cercando di smetterla di pensare troppo. Scesi in cucina a mangiare qualcosa. Domani era sabato, non c'era scuola, ne avrei approfittato per passare più tempo al computer e meno su quel libro di storia. 
«Caren, tesoro. C'è un certo Chris alla porta!» urlò mia madre ancor prima che scendessi le scale del tutto. Aggrottai le sopracciglia e corsi verso la porta. Un Chris con due occhiaie enormi e un sorriso piuttosto inquietante, mi stava aspettando alla porta, con un gatto palesemente randagio tra le braccia. Notai che avesse qualche graffio sul collo.
«Ci sei?» gli chiesi intrattenendo un piccolo risolino. 
«Sì, ti ho portato un regalo» fece inebetito.
«E dov'è? Vediamo»
«tra le mie braccia» sussurrò guardando il gattino con aria schifata, «è randagio e poi cosa me ne faccio di un animale» puntualizzai. Feci per chiudere, ma riuscì a impedirmelo, bloccando la porta con il piede. «Mi ha anche graffiato e può avermi ufficialmente infettato» fece indicandolo. 
«e a me non importa, ufficialmente!» lo rimproverai menefreghista. 
«Se non vuoi un gatto, cosa vuoi? Un cane? Un criceto? Un cavallo? Un piccione? Un passero? Un pappagallo? Un cavallo? Delle formiche? Un topino? Un coniglietto bianco? Un coniglietto marrone? Un cincillà? Uno scoiattolo? Un maialino? Un pony? Una rana? Un pesce rosso? Cesare la capra di Georgie o la capra di Heidi? Una coccinella? O una mucca da giardino?», «una mucca da giardino?» chiesi accigliata, interrompendo quella che sembrava la lista più lunga del mondo. 
«Ho detto mucca da giardino?» chiese con aria preoccupata. Io annuii con disinteresse e subito dopo, si portò le mani alle guance, tirandosele leggermente e sussurrando cose strane. «Di solito, non sono io che dico cose del genere, ma è Zack!», «oh signore, deve avermi infettato! Caren, ti prego aiutami. Non voglio diventare stupido, fammi fare un vaccino, una puntura o tutto ciò che vuoi, te ne prego, io non voglio essere stupido, sono troppo intelligente per diventare stupido» strillò cadendo a terra e lasciando scappare il gatto. Dato il suo alito, compresi che fosse palesemente ubriaco. Lo rialzai dal terreno e lo accompagnai lontano dalla soglia  di casa e fuori dal cancello. 
«Sei ubriaco Chris. E vedi quella? È la retta via che dovrai prendere per andartene via da qui!», «retta via?» chiese risvegliandosi da quella specie di torpore. 
«Sì Chris, retta via. Proprio quella di cui parla Dante Alighieri nella divina commedia. Nel bel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una terra oscura che la diritta via era smarrita...», «capisci?» aggiunsi mostrandogli la strada per andarsene. 
«E se smarrisco anche io la retta via, cosa faccio?» chiese titubante.
«Chiama Dante e fattelo dire»
«Va bene, lo chiamerò. Ciao Caren» sussurrò prima di camminare a zig zag, verso la fine del viale di casa mia. Preoccupata chiamai Justin. Mi ero comportata male, ma dato che non era la mia vera intenzione, mi dovevo assicurare che stesse bene. 
«Pronto Justin!»
«Caren! Hai letto la mia lettera, sai... Ho messo tutto il cuore nello scriverla e-», «sì sì, molto bello ed interessante. Senti, Chris se ne appena andato via da casa mia, è ubriaco e non sembra a posto con la testa. Raggiungilo, si è seduto sul marciapiedi infondo alla mia via» sputai velenosa per poi riattaccargli in faccia il telefono per la seconda volta durante questo interminabile giorno. Rientrai a casa e mi affacciai dalla finestra, finché Justin non giunse e aiutandolo a camminare, lo portò via. 
«Tesoro, chi era?» domandò mia madre da sotto, «un amico a cui servivano dei compiti» urlai di rimando. 
«E perché aveva quel gatto in mano?» chiese. Sbuffai, mancava solo lei a farmi il terzo grado, «è un gattaro» gridai con la speranza che smettesse di farmi domande, e di fatti successe. Si fece tardi, così dopo aver cenato, mi feci una doccia e andai direttamente a dormire, pensando a quanto fossi fortunata ad aver trovato persone che finalmente mi dimostravano di tenere a me. «Grazie mille, amici» sussurrai prima di cadere in un sonno profondissimo.



Raggi di sole mi scaldarono il viso e nello stesso tempo mi svegliarono dal mio sonno. Fui accecata, così portai la mano sugli occhi e di malavoglia mi alzai, avvicinandomi alla finestra e notando che oggi fosse una bellissima giornata. Mi stiracchiai, sbadigliando sonoramente e portandomi indietro i capelli disordinati. Affacciandomi, inspirai l'aria mattutina. Alzai il capo e lasciai che il sole mi scaldasse di nuovo il viso, chiusi gli occhi e rimasi lì per qualche minuto, assaporandomi la dolcezza di quella situazione, che portava ispirazione e voglia di uscire a fare un bella passeggiata. Però mi dovetti privare di tutto per guardare che ore fossero. Le sette e venti. Lo sapevo, mi svegliavo sempre durante quell'orario e a stento tornavo a dormire nel weekend, che era iniziato oggi. Camminai lenta in bagno, per poi lavarmi i denti, bagnarmi il viso con acqua ghiacciata e per idratarmi con delle creme mattutine, al viso e alle mani. I miei genitori lavoravano anche di sabato, perciò casa era vuota.  Indossai una maglietta a maniche corte bianca, con una scritta nera che diceva 'I'm gonna say no'.  Era piuttosto larga e quindi comodissima. Aprii l'armadio che conteneva i vestiti estivi e tirai fuori dei pantaloncini di jeans. Erano i miei preferiti. Non mi truccai tanto, applicai del mascara e scesi giù scalza a fare colazione, anche se di mangiare qualcosa non ne avevo proprio voglia. Divorai qualche biscottino al cioccolato e mandai giù tutto con un bicchiere di latte fresco. Presi il cellulare, le chiavi ed indossai degli stivaletti neri molto carini. Uscii di casa e  davanti alla porta vi era un mazzo di gigli bianchi. Un fiore che ispirava molta tenerezza e purezza. Era il fiore della tenera età, dello spirito puro e non ancora corrotto dalla malizia della vita. Accanto vi era un foglietto piegato. Lo aprii subito. Era il mio ritratto mentre dormivo, fatto in matita e con tanto di dedica. 

‘Mi dicono che sei bella anche quando dormi, i fiori sono da parte di tutti. J x’



E se mi avesse fatto il ritratto di notte?  La finestra era aperta, quindi si sarebbe potuto arrampicare ed entrare nella mia stanza senza problemi. Era un tantino inquietante, preferii restare con il dubbio che magari mi avesse disegnato da solo, immaginandosi il mio viso. Adesso che ci pensavo mi ero addormentata sul suo petto la notte della panchina sotto la pioggia. Mi rilassai e sospirai. Era tutto così dolce, quasi melenso.Ridacchiai inebetita da quel gesto così carino, rinunciai alla passeggiata e rientrai in casa. E se ci stesse provando con me dato che con Lizzie aveva rotto? Saltellai coprendomi il viso con le mani. Dopotutto nel gioco della bottiglia aveva detto che avevo un 'potenziale'. Il mio cuore tamburellò ed emanai un urletto eccitato. Se così fosse, mi sarei definita la ragazza più fortunata al mondo. 
«Oh mio Dio» sussurrai, sorridendo a trentadue denti, inchinandomi varie volte per tenermi la pancia, che sembrava scoppiettare date le numerose farfalle che sentivo svolazzare. Era impossibile, sembrava tutto un sogno, non riuscivo a crederci. Lui non poteva provare qualcosa per una come me. Insomma, non ero tanto bella, non avevo una personalità brillante e non avevo pregi evidenti. Qual era il potenziale di cui parlava?  Era impossibile che gli piacessi e che avesse lasciato Lizzie per me. Lei era perfetta, era irrealistico il fatto che volesse me. Non avevo nulla, non ero nulla. Ero sicura di non essere speciale e di avere ragione. Ero una persona realistica, se fossi stata bellissima lo avrei saputo, se fossi stata una ragazza piena di risorse l'avrei detto senza problemi, valutavo tutto come si doveva, ed ero convinta di non essere un pezzo d'oro. 
Lizzie lo era. Tralasciando l'aspetto da ipocrita, era dolce e premurosa. Ricordai i primi giorni di scuola, in cui era stata proprio lei a starmi vicino e a convincere i ragazzi a conoscermi. Inoltre era sensibile, il giorno del suo compleanno aveva pianto tantissimo e continuava ad abbracciarmi. Se ora ce l'aveva con me, era perché aveva dovuto notare qualcosa in Justin, qualcosa che sicuramente riguardava me. E se fossi proprio io il motivo della loro rottura e dei loro brevi litigi? Ebbi improvvisamente paura. No, non potevo piacere a Justin e non c'entravo nulla con loro. Non avevo responsabilità. 
Tornai in camera e indossai un'altro pigiama. Presi un libro e iniziai a leggere, tentando di dimenticare Justin, quel ragazzo che mi stava mandando in confusione. Passarono ore, si fecero le dodici e pensai bene di fare un po' di spesa per me. I miei biscotti preferiti stavano finendo, poi per pranzo avevo voglia di un hamburger farcito. Indossai i vestiti di prima, presi i soldi e uscii. Una volta arrivata al supermercato comprai cinque pacchi dei miei biscottini al cioccolato, thè alla pesca e qualche scatola di gelato. Presi anche il mio pranzo a base di hamburger, patatine fritte, coca cola e crosticini di pollo. Tornai a casa affaticata dato che ero a piedi e il super mercato distava, così come il Fred's hamburgers. Pranzai senza smettere di pensare alla mia amicizia con i ragazzi, e al fatto che non me li meritavo. Una volta lavate le mani e i denti, tornai a fare i miei compiti. Non avevo vita sociale, era evidente. Passai la giornata tra esercizi di matematica, internet e televisione, finché il sole non tramontò e iniziò a farsi buio. 
I miei genitori sarebbero tornati da lì a poco e dei ragazzi non c'era neanche l'ombra. Dubbi iniziarono ad assalirmi e pensai che si fossero stancati di me. Era ovvio, dopo aver rifiutato ogni tentativo di scuse si erano stufati. Lo sarei anche io. Stare dietro ad una persona per troppo tempo diventava estenuante. Sperai solo di sbagliarmi. 

«Caren, siamo a casa!» urlò mia madre dal piano di sotto. Scesi per salutarli e per trovare conforto da loro. 
«Ben arrivati» dissi un po' stanca, per poi dare un bacio sulla guancia ad entrambi. «Papà, se fossi arrabbiata con te e tu tentassi di scusarti in ogni maniera, ma io non ne voglio sapere. Tu ti scocci e ci rinunci?» domandai senza neanche dargli tempo di sedersi e farsi una doccia. «Molto probabilmente» replicò, scoppiando a ridere con mia mamma. 
Salii in camera mia ancor prima di lasciare che mi chiedesse il perché della domanda. Mi sedetti sulla sedia e poggiai la testa sulla scrivania. Mi chiesi se non sarebbe stato meglio chiamare Justin e gli altri, e dire loro che volevo fare pace. Ci pensai a lungo ed infine giunsi alla conclusione che avrei dovuto aspettare. Presi dal cassetto il ritratto di Justin e lo lodai per essere così bravo e preciso. Mi alzai per una doccia calda, tra poco sarei andata a dormire, fa niente se non avessi cenato. Finita anche quella, indossai un pigiamino con i coniglietti e m'infilai tra le coperte del mio letto, mettendo della buona musica sul mio ipod. Riuscii ad addormentarmi con la mente vuota quando mia madre e mio padre irruppero in camera mia, urlando cose che non riuscivo a capire. Erano entrambi in accappatoio e sembravano essere seri. Mi tolsi le cuffiette con uno scatto quasi animalesco. 
«Qual'è il problema?» chiesi, facendo una smorfia infastidita. Ero già di cattivo umore per paura di aver stufato Zack, Justin, Chris e Alex, mancavano solo loro a farmi la ramanzina. «Non senti?» fece mia madre, dicendomi di stare zitta e di sentire bene. In effetti un coro di persone stava urlando qualcosa e c'era della musica ad accompagnarli. 
Una lampadine si accese nella mia testa e corsi in direzione della finestra, spalancandola e affacciandomi come una bestia. 
«Buon giorno bellissima addormentata!» gridò Zack alzando le mani in mia direzione. Risate generali partirono, mentre io ero letteralmente bloccata. Il cortile era pieno di studenti che vedevo a scuola, qualcuno che non conoscevo e i ragazzi. C'era anche Lil, assieme a Gabriel, Thomas e Will. Mi sorrisero tutti quanti.
C'erano tavoli dappertutto, colmi di cibi e bevande. Ce n'era uno con bibite alcoliche e altri con succhi di frutta, coca cola, aranciata e tanto altro. Numerose lucine erano attaccate alle piante, alle tovaglie e sui muri. Vi era anche un impianto stereo che rimbombava musica ad alto volume. Era una specie di party serenata. 
«Ferma l'impianto e musica maestro!» gridò Chris, interrompendo i miei pensieri. Il maestro doveva essere Justin, che con una chitarra tra le mani, iniziò a suonare una dolce canzone. I ragazzi iniziarono a cantare per me, avvicinandosi tutti e quattro e guardandomi con occhi sinceri e pentiti. Sorrisi onorata, senza sapere cosa fare o cosa dire. Intanto la canzone continuava, i ragazzi cantavano e gli altri alzarono le mani al cielo, scuotendole a ritmo della musica lenta che Justin suonava. Lil continuava a farmi il pollice all'insù. Non staccai lo sguardo dai ragazzi, che continuavano a canticchiare la canzone che solo adesso riconobbi come 'hard to say sorry' dei Chicago. Solo Justin e Chris avevano una voce soave e sapevano cantare. Alex urlava stonato e Zack lo seguiva, segno che si era dimenticato il testo, di fatti continuava a bloccarsi facendo smorfie pensierose.  Ridacchiai varie volte continuando a vedere come Alex convinto, credeva di essere ad un concorso di lirica e il biondino canticchiava parole a caso, cercando di provvedere con il ballo. 
«I really want to tell you I'm sorry. I could never let you go, after all that we've been through, I will make it up to you» terminarono, lasciando a Justin l'acuto finale. Tutti cominciarono ad applaudire e a congratularsi con i ragazzi, compresa mia madre che si affacciò con me. Tornai dentro e guardai mio padre sorridermi felice, così come mia madre.
«C'entrate qualcosa?» chiesi accennando un sorrisino, un po' timido e un po' curioso. «Scendi che ti aspettano» sussurrò mio padre, prima di venirmi incontro e di stringermi fra le sue braccia. Ricambiai l'abbraccio al quale si aggiunse mia madre. «Sono qui da prima che tu ti addormentassi, solo che non te ne sei accorta» fece mamma.
«Li avete aiutati voi?» chiesi, staccandomi da loro. Entrambi annuirono. «Sono contento che tu abbia amici, Caren. Sono quelli giusti, non lasciarteli scappare. Anche se nel gruppo servirebbe un'altra ragazza, non puoi stare da sola-», «c'è già papà! Si chiama Lizzie» lo interruppi, ridendo data la sua incorreggibile gelosia. 
«Caren, non è che mi presenteresti Justin» disse mia madre, ridendo come una scolaretta dei cartoni animati giapponesi. 
«Mamma!» la rimproverai, «allora il biondino» rispose facendomi l'occhiolino. «Anche Chris mi va benissimo, Alex pure. Sono così indecisa....» sussurrò, fingendo uno stato di confusione. «Non ti basto io?» intervenì mio padre. «Scherzavo, tu sei l'unico nella mia vita» gridò mia madre, abbracciandolo e scambiandosi qualche effusione. Sorrisi di fronte a quella vista, sembravamo una famiglia perfetta ed infondo era possibile che lo fossimo già. 
«Dai scendi!» gridò qualcuno da sotto. «Vi amo» dissi ai miei genitori, prima di correre di sotto, scalza e con un pigiama alquanto ridicolo. Rischiai di cadere dalle scale due volte, ma in quel momento ero ansiosa di abbracciare i ragazzi e di dire loro quanto li adorassi. Spalancai la porta e corsi fuori, raggiungendo in neanche due secondi il cortile. 
Altri applausi da parte delle persone presenti mi misero un tantino in imbarazzo, era strano essere al centro dell'attenzione in questa maniera. Fatto stava che corsi subito da Justin, saltandogli fra le braccia e stringendolo a me come non avevo mai fatto. «Mi sei mancata» sussurrò, stringendomi con la medesima forza con cui lo stavo facendo io. Odorava di buono ed era bellissimo, come sempre del resto. Quegli occhi così espressivi ed il viso perfetto. Sentivo le farfalle svolazzare dentro il mio stomaco e la voglia di urlare dalla felicità. Non mi ero mai sentita così prima d'ora, mai.
Continuai ad abbracciarlo, il fatto che ricambiasse con la mia stessa foga, mi faceva sentire ifinita ed estremamente carica. Continuavo a fremere, mancava poco che tremassi dal contatto piacevole. Sentivo il cuore battere troppo forte e la paura improvvisa di poterlo perdere mi tolse il fiato. Gli stampai un bacio sul collo e gli accarezzai la nuca. «Grazie per tutto» farfugliai, balbettando con voce sottile.  «E tu scusami» rispose accarezzandomi la schiena e i capelli. Inspirai più volte il suo profumo e gli diedi un altro bacio sulla mascella. Lo sentii sospirare di sollievo e anche se non lo vedevo, ero convinta che stesse sorridendo. Quel momento non doveva finire, iniziai già a temere il momento in cui mi sarei staccata da lui. 
«Esistiamo anche noi»  disse Zack, infilandosi le mani in tasca. Mi feci coraggio e separandomi leggermente da Justin, corsi in direzione di quell'altro bellissimo ragazzo, con la simpatia stampata negli occhi e infinita dolcezza nelle gesta. «Vieni qui, pasticcione» esclamai circondandogli il collo con le braccia. Un odore aulente m'inebriò le narici e mi ritrovai ad annusargli la t-shirt bianca. Mi staccai da lui e gli presi il viso tra le mani, baciandogli la guancia destra e sinistra. Di rimando lui sorrise e mi scompigliò i capelli. 
«Sei bellissimo oggi» gli dissi all'orecchio, per poi appoggiare la testa sulla sua spalla e rilassarmi tra le sue braccia. Passarono una cinquina di minuti e fui trascinata per la maglia da Chris. «E io, che standoti dietro sono quasi andato in manicomio?» urlò, facendo quella faccia da cucciolo che tanto gli riusciva. 
Scoppiai a ridere abbracciando anche lui. «Ti chiedo scusa Chris. Ma eri dannatamente esilarante, non potevo non restare a guardarti» feci accarezzandogli il collo. 
«Ti perdono, anche se a chiederti scusa dovevo essere io» rispose, dandomi un bacetto sulla fronte. Mancava Alex, che rimase a guardarmi aspettando il suo momento. Gli sorrisi e camminai  in sua direzione. «Mi hai vista, non ti viene da dire amen?» chiesi ironica. Lui rise e mi abbracciò con dolcezza. Ricambiai senza smettere di pensare a quanto irrealistico potesse sembrare tutto. Una volta terminati i saluti con loro, abbracciai anche Gabriel, Thomas, Will e Lil.
«Come stai mademoiselle?» domandò dandomi il cinque. «Bene» risposi. Mi chiesi come avessero potuto invitarlo se con lui non parlavano. Sperai che avessero fatto pace. La musica dall'impianto stereo tornò a rimbombare e mi chiesi se i vicini fossero d'accordo. 
«Lil, ma la musica non è troppo alta?»
«No, i tuoi amici ci hanno parlato. Basta che alle undici abbassino il volume» rispose facendomi l'occhiolino. Sospirai sollevata.
«Sono così felice che tu ci abbia perdonati» disse Justin. 
«Volevo farlo ieri mattina, però era divertente vedere come cercavate di farvi scusare» ammisi ridacchiando assieme a Lil e gli altri presenti. «Vuol dire che le mie rose ti sono piaciute? Così come il cioccolato e il peluche?» domandò Chris strabuzzando gli occhi, «sì, sei stato estremamente dolce. È stato tutto meraviglioso» risposi.
«Tranne il gatto randagio però» aggiunsi, facendo scoppiare a ridere tutti. 
«La mia poesia?» fece Alex, «quella era davvero orribile, scusa» commentai con la paura di poterlo ferire. Tuttavia lui fece spallucce e tornò a sorridere. Mi dispiacque il fatto che Lizzie non fosse con loro, chissà dov'era. 
«Prima di continuare la festa, direi che c'è bisogno di un abbraccio di gruppo» gridò Zack, per poi raggrupparsi con Justin, Zack e Alex. Tutti e quattro mi guardarono e mi fecero cenno di avvicinarmi, volevano che mi unissi all'abbraccio che stavano per fare. Volevano compensare il fatto che due giorni fa, mentre lo facevano con Lizzie, mi avessero esclusa. Rimasi interdetta, li guardai per altri secondi, improvvisamente confusa. Stavo sognando? Tuttavia, mandai a quel paese ogni forma di pensiero e corsi verso di loro, abbracciandoli tutti. Ero in mezzo, proprio come Lizzie quella volta, e tutti e quattro stavano intorno a me. Respirai agiata e percepii serenità, liberarmi di un enorme peso. Era una sensazione magnifica. Sembravo il polline e loro i petali di un fiore, il fiore più bello di tutti.

Piccoli sussulti di incredulità scuotevano leggermente il mio animo, facendo in modo che aprissi leggermente la bocca e che lacrime di gioia apprestassero ad uscirmi dagli occhi. Brividi percorrevano ogni centimetro della mia pelle mentre sentivo il corpo fremere da una sensazione mai avvertita prima. Era tutto così forte da percepire, ma nello stesso tempo sembrava falso. Perché era pressoché impossibile che io potessi sentirmi così bene, che potessi concretizzare quella che tutti chiamavano 'felicità' per poi renderla un'emozione da immagazzinare nel cuore, assieme alle altre che avevo sempre provato: tristezza, solitudine e rabbia. L'automaticità stampava un sorriso sulle mie labbra che in questo momento niente e nessuno potevano spegnere. Più inalavo ossigeno, più adrenalina subentrata gonfiava il mio cuore tanto, talmente tanto da indurmi a pensare solo alle cose belle che da questo istante in poi sarebbero potute succedere. E da quando in qua io pensavo alle cose positive? Volevo urlare al mondo intero che ero contenta e che per la prima volta nella mia vita mi sentivo viva. Perché poco fa ero morta, trasparente. Tempo fa la mia permanenza terrena implicava solo il dover consumare l'ossigeno alla gente che al contrario mio, voleva vivere davvero, godendosi la vita e le percezioni umane che ne derivavano. Sentivo di poter toccare il cielo con un dito, di poter contare con pazienza le stelle presenti questa sera, di poter ripetere all'infinito 'mi sento felice' senza mai stancarmi e fu lì che capii che dopotutto la mia non era un'esistenza tutta negativa. 
Perché dopo diciassette anni di buio era sbucato il sole. L'arcobaleno dopo la lunga tempesta, il mare dopo la sabbia bollente ed il sorriso vero dopo un pianto doloroso. 
Compresi che la vita era un sentiero. Talvolta quest'ultimo era per chilometri e chilometri buio, pieno di arbusti curvi, rovi taglienti e colmo di corvi ed erba secca. Però, dopo diventava per forza bello e luminoso, con ai entrambi i lati rigogliosa natura e bellissimi fiori, pieno di colori e luci. E anche se il periodo di buio sarebbe tornato avrei potuto dire di aver visto la luce e non avrei temuto più nulla. 





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Quindi anche tu, ricorda che nulla è per sempre, così i periodi di tristezza e depressione. Ricorda che se ora piove dopo ci sarà l'arcobaleno, che se ora piangi dopo riderai. Ricorda che starai bene e che dimenticherai tutta la malinconia passata, buttandoti quella vecchia vita alle spalle e godendoti finalmente quella nuova, in cui il timone d'esistenza lo guiderai tu, in cui a governarti non saranno più le emozioni negative, ma tu, tu che sarai il re della tua stessa vita. 
#STAYPOSITIVE





SPAZIO AUTRICE
Ciao magnifici lettori,
vi ho chiesto di leggere il mio spazio autrice affinché sappiate che sono davvero dispiaciuta di essermi assentata per quasi due mesi.
Per l'esattezza un mese intero e ventidue giorni. Non era mia intenzione aggiornare così tardi, ma il fatto è che sono stata per tutto luglio, più una quindicina di giorni di agosto, in una campagna dove non c'era né rete e né connessione. 
Nonostante tutto ho scritto su un quaderno parti di questo capitolo e pezzi del sequel che non tarderà ad arrivare.
Tutto ciò che ho fatto in questi sette giorni, è stato riposarmi a causa del lungo viaggio e allungare questo capitolo che come avete visto è kilometrico, più 'abbellirlo'. 
Non vi nascondo che sento di essermela tirata un po' sulle lunghe, perché il ritmo della storia sta diventando noioso e lento.
Cioè, lei che si arrabbia ma ci sta lo stesso e bla bla bla. Volevo dirvi che da questo capitolo in poi non sarà più così.
Finalmente Caren si é aggregata al mille per cento con il gruppo, quindi da ora in poi i colpi di scena riguarderanno non più Lizzie che fa le scenate e i ragazzi che screditano Caren, ma qualcos'altro di più importante, i sentimenti nei confronti di Justin e Zack.
Poi ci saranno la reazione di Lizzie ad una cosuccia ed un gesto inaspettato che non posso spoilerarvi, ma che vi lascerà di stucco.
Ora veniamo a questo capitolo: che ne dite? Vi è piaciuto? Siete sicure? I ragazzi hanno fatto abbastanza? Caren ha esagerato?
Devo ammettere che le vostre recensioni mi sono mancate un sacco! Fremo dalla voglia di leggerle e rispondervi. 
Ho notato che ho perso numerosi lettori e mi dispiace tantissimo, davvero, ci sono rimasta male D:
Fatevi sentire, non mi abbandonate D: Vi prometto che aggiornerò velocemente, basta che non vi scocciate di me e della storia.
So di rompere, perciò vi lascio adesso, con le foto di tutti i protagonisti. 
Me ne vado, e vi auguro di passare un buon proseguimento delle vacanze e di stare bene, il pezzo scritto in corsivo era per voi cari lettori, per farvi capire che non siete soli e che per dire che se c'è qualcuno che legge questa storia, per rispecchiarsi in Caren e nella sua depressione, di non preoccuparsi, perché il bello della vita deve ancora arrivare. Se vi va scrivetemi, troverete conforto e aiuto.
Okay basta, vi lascio stare ora hahaha.
Un bacione a tutti,
Sarah
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Ps. Scusate gli errori ma sono stanchissima e li correggerò domani. So che prima devo correggere e poi pubblicare, ma non volevo farvi aspettare di più.



CAREN

  

JUSTIN



ALEX



LIZZIE



ZACK

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CHRIS

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