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Autore: Gamblut    23/08/2014    1 recensioni
LA RAGAZZA GHIACCIO. Fredda. Impassibile. Con il cuore congelato. Cosa le sarà successo per farla diventare così "gelida"? Qualcuno riuscirà a sciogliere questo ghiaccio che le avvolge il cuore? Beh.. Forse. Un ragazzo misterioso, che non si fa notare, SOLO... MISTERIOSO COME L'ARIA.
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"Lei lo osserva, lo guarda. Non sa nemmeno per quale motivo, non lo comprende. Sa solo che quel ragazzo la incuriosisce, ma non capisce nemmeno perché."
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Ghiaccio e Aria, un amore, un'avventura straordinaria.


Capitolo 2

 
“Lui le dichiarò il suo amore, lei era felice. Si sposarono e vissero sempre felici e contenti.”
Subito dopo aver letto quel finale, gettò il libro accanto alla pattumiera che aveva accanto. Che finale irreale. Nulla finisce bene, mai, pensava. Come sempre, rimase nella panchina, seduto. Quanti libri aveva inserito dentro la spazzatura! Non aveva nemmeno una libreria e li metteva sempre lì, in quel bidone che non veniva svuotato mai, anche se era pieno. Pieno dei suoi libri, di fiori che giorno dopo giorno perdevano il loro profumo, il loro colore, e diventavano secchi, inutili... come tante “Q” senza “U”. La panchina color ciliegio ormai era tutta sgualcita, rovinata e soprattutto... bagnata. Sembrava tutto quello spazio un piccolo stagno riempito dalle sue lacrime dolorose. Lacrime di disperazione, di ansia, di panico, mai lacrime di felicità. Poteva creare un fiume con tutto questo. Non era mai andato né a mare, né al fiume, né al lago, e avevo visto poche volte la pioggia, una in particolare, il giorno peggiore della sua vita.
Quando le signore venivano qui a visitarlo, chiedeva loro di prestargli dei libri, per non pensare alla sua inutile vita e capire che esistevano situazioni peggiori. Ma tutte quelle persone gli regalavano libri d’amore o divertenti, come per tirargli su il morale. Tutti quei libri li leggeva solo per disperazione, per ozio, per non passare tutta la sua vita in quella panchina, il suo posto preferito. Li leggeva perché sperava poi in finali strani, dolorosi, ma ritrovava solo finali stupidi e irreali che facevano pensare lui che la sua vita fosse orrenda e la peggiore di tutte quelle in questo pianeta. Solo un vecchietto, il signor. Wilson,  gli prestava dei veri libri. Quelli veramente interessanti, di fantascienza, gialli, horror, che lo facevano incuriosire parecchio e sentire come il protagonista. Veniva lì una volta ogni due settimane e gli portava sempre qualcosa da mangiare, perché non aveva mai voluto vederlo con le gambe secche che aveva sempre avuto. Era scheletrico, con poca pancia e un po’ basso. Occhi di sua madre, lineamenti del padre... Capelli neri. Se avesse avuto gli occhiali, lo avrebbero scambiato per Harry Potter, anche se è aveva qualche boccolo che gli incorniciava il suo bel viso. Pensava sempre che la loro storia fosse simile, ma, leggendo tutta la saga, sapeva benissimo che alla fine lui riesce a vincere, nonostante tutti i problemi che aveva dovuto risolvere. Dovrebbe dargli speranza questo racconto, ma li hanno sempre provocato tristezza. Non sa precisamente il motivo, forse, perché Harry, anche se non aveva parenti, aveva sempre avuto degli amici e qualcuno che lo confortava. Anche lui li aveva, solo che li rifiutava. Quando era ancora più piccolo, una ragazzina si era dichiarata a lui ma la rifiutò. Lei pianse e scappò. Si ero sentito un po’ triste, ma non molto. Non poteva pensare alla ragazza sapendo che sua nonna aveva il cancro e stava malissimo. Ma non glielo disse nemmeno, perché non gli piaceva la pietà e la compassione. Le disse soltanto che la consideravo brutta, quindi una bugia grande quanto una casa, sapendo benissimo che era stupenda ed era l’unica ragazza che vedeva nella sua classe, non considerando Lei. Con il suo migliore amico non si sentiva da due mesi, dopo quello che era successo. Aveva cercato in diversi modi di consolarlo, ma invano. Dopo quel giorno lui era diventato presuntuoso, scorbutico e aveva sempre amato la solitudine, o almeno accettava solo la compagnia degli anziani e delle signore ancora zitelle o vedove che gli raccontavano la loro vita.  Sapeva che le due vecchiette che gli portavano sempre “Piccole Donne” e “Piccole Donne Crescono”– ma anche una grande scorpacciata di lasagne che era buonissima – avevano perso il marito qualche anno fa, a lavoro. Erano entrambi impiegati in una fabbrica e tutti e due ebbero lì un incidente. Ogni volta che parlavano di quell’argomento, quella che portava sempre un berretto molto ornato di color rosa antico – che poi aveva saputo che glielo aveva regalato proprio il marito – incominciava a piangere. L’altra parlava senza provare emozioni, come se ormai il ricordo del suo ex coniuge fosse morto e sepolto con lui, come se fosse solo un conoscente.. strano, molto. Passarono due ore e lui rimase sempre nella panchina e dopo aver finito quel libro, aveva incominciato a fare un pisolino.
-Ciao – gli disse qualcuno con voce dolce toccandogli la schiena, facendolo così svegliare. In questo modo, il ragazzo fece un grande sbadiglio e poi si girò.
-Ah.. salve, signor. Wilson.. –
-Ti ho detto che mi puoi chiamare John, Stephen. – disse l’uomo anziano con un sorriso. L’altro era un po’ sbalordito. Per lui era strano essere chiamati per nome, tutti lo soprannominavano “Figliolo, cucciolo..” o nomignoli di questo genere. Essere chiamati per nome, voleva dire essere dei pari.
- Va bene... scusi mi viene troppo difficile. Sono abituato a darle del lei. – rispose il ragazzo. - Comunque, cosa ci fa qui? – continuò.
- Che me lo chiedi a fare? Tanto, penso che sai benissimo perché mi trovo qui. Sono andato a vedere mia moglie.- disse con noncuranza delle sue parole. Posò i fiori, le diede un bacio e poi si sedette nella panchina accanto al giovane.
- Stephen... è da più di due settimane che stai qui. – gli disse.
- Quindi?-
-Non ti rendi conto? Vuoi vivere come un barbone? So quello che è successo e mi dispiace che tu debba provare questo grandissimo dolore a soli quindici anni, ma devi riprenderti. So che eri bravo a scuola, che sei sempre stato intelligente.. ho sempre vissuto in questo quartiere e anche tu. Sempre ti vedevo giocare con  i tuoi amici e osservavo anche le vostre gare in bici. Sei veramente un bel ragazzo, non puoi lasciare che la tua vita vada a rotoli. – gli disse il signore. Stephen fu commosso, non sapeva come rispondere. Era da tanto che qualcuno non si comportava così con lui, come.. un padre. Delle lacrime gli caddero dei suoi grandi occhioni verdi e queste piccole gocce che gli rigavano il viso, valevano più di mille parole.
- Stephen... io ti volevo chiedere...tu.. vorresti vivere da me? – chiese l’altro.
Il ragazzo rimase più sconvolto... stava proprio diventando giallo, poi blu e subito dopo verde... beh, diciamo arcobaleno e spargiamo anche qualche brillantino nel viso.
-Cosa!? - rispose.
-Sai, dopo quello che è successo.. volevo ospitarti. Non puoi rimanere qui per sempre e so che non hai altri parenti, ma potresti sempre stare con me. –
-Ma io ho una casa. -
-Lo so... ma stai più spesso in questa panchina rispetto a dentro quelle mura, Stephen! Non puoi rimpiangere tutta la tua vita! Ancora non hai vissuto niente..-
- Penso di aver vissuto già abbastanza emozioni, per la età – disse il ragazzo con una nota dolente.
Ci fu un po’ di silenzio, poi era iniziato un nuovo argomento.
- Cosa sanno la signora Collins e la signora Rowling della tua situazione? – chiese il signor. Wilson.
- Ah, intendi quelle che mi regalano sempre “Piccole Donne” non ricordandosi che me l’avevano già prestato la scorsa settimana? Però è stata la sig.ra Rowling a consigliarmi quella fantastica saga di “Harry Potter”, mi aveva detto che l’aveva scritto un suo parente! – rispose Stephen non volendo affrontare quel discorso.
- Stephen...-
- Quando mi vedono sono sempre un po’ sbalordite, non vogliono che vengo in questo posto da solo. Ma sanno che abito vicino, quindi... –
- Quindi che sanno? –
-Sanno della situazione,  ma pensano che io abbia uno zio e abiti con lui, nonostante io lo odi e quindi preferisca venire qui da solo per stare in.. pace. - beh, poteva dire tutte le parole che voleva, ma quella era la meno adatta. IN TUTTI I SENSI.
- Almeno a me non hai dovuto mentire.. –rispose il signor. Wilson. Poi continuò:
-Veramente.. da quell’avvenimento è passato quasi un mese e tu da più di due settimane sei in questa panchina. Anche se le panchine non hanno una forma precisa, il tuo culo sarà diventato quadrato lo stesso. – il ragazzo soffocò una leggera risata.   – Comunque. Non lo dico solo per te, davvero, mi faresti un grande favore. Di solito, oltre a venire qui per mia moglie, vengo anche per incontrarti. Per parlare con un essere un umano... con cui possa discutere non usando un filo per il telefono o una scatoletta della televisione. Forse mi sono spiegato male, più che parlare con un essere umano, con una creatura della mia stessa specie... mi piace parlare con un mio amico.. anzi, con un parente. – dopo quella parola si bloccò.
-Scusami, Stephen, non dovevo dire proprio quella parola. Mi ero preparato il discorso, ti prego, io tengo a te e forse per te questa situazione è un po’ strana, però voglio che tu possa vivere una bella vita e io voglio avere qualcuno accanto per questi pochi anni che mi rimangono. Posso sembrare egoista, però..-
Il ragazzo l’abbracciò.
-Non sei egoista. Hai ragione. Devo continuare a vivere. Sarei davvero felice di vivere con te, John. – e il vecchietto sorrise. Non un sorriso finto, uno semplice. Non composto da tutti e trentadue denti bianchi e perfetti. Formato massimo da una dozzina di quelli e quasi tutti giallognoli. Ma, nonostante questo, un sorriso felice, un sorriso.... che si può provare solo quando sai che da quel momento in poi la tua vita cambierà.
Quello stesso giorno Stephen tornò a casa per prendere le cose che gli potevano servire. Era da tanto che non osservava in modo così accurato la sua dimora. Entrando sentì subito quell’odore di famiglia.. Aspro come un limone ma dolce come una fragola ricoperta di cioccolato. Stranamente, questo profumo era mischiato a un peto assurdo ed, entrando in cucina., il ragazzo notò dei piatti e bicchieri sporchi che pensava di aver lavato ma erano luridi e puzzolenti come le calze e le mutande che trovava sul pavimento sparpagliate per casa. Prese tutto quello che trovava nell’armadio e lo mise dentro lo zaino più grande che trovò, più alcuni oggetti che gli potevano essere cari. Anche quella, sì. Prese anche quella e minuscola cosa. Chiuse la porta a chiave e andò verso casa di John, che lo aspettava già lì. Arrivò. Era la prima volta che entrava. Facendo solo il primo passo, notò subito l’odore che “affascinava” la stanza. Sembrava borotalco scaduto mischiato a caccola di rinoceronte. Beh, si doveva abituare. La casa era piccola, ma, nonostante questo, molto carina: un bagno, due camere da letto, il salone, la cucina e un piccolo studio. Per due persone, era anche abbastanza. Entrando nella cucina dove si trovava il signore, l’odore cambiò subito. Cosa c’era stato? Si girò e capì subito.
-Ho ordinato una pizza, per te va bene? –
Se per lui andava bene? Seriamente?! Quella bellezza assurda era fumante e caldissima, e aveva un sapore spettacolare. Anche se aveva i suoi settant’anni, John se la cavava proprio bene.  La serata fu fantastica insieme e si divertirono parecchio.
 
Dopo un anno
 
È passato un anno intero e, intanto, hanno fatto tutti i documenti per poter far andare Stephen a scuola. Quest’ultimo ha scelto di cambiare cognome, voleva essere Stephen Wilson, il nipote di John Wilson. Anche per il vecchio questa scelta è piaciuta e quest’anno il ragazzo è entrato in terza superiore
-
Stephen Wilson. –
Tutti osservano la classe,  per capire chi è questa persona, ma lui non vuole farsi notare, quindi alza solo il braccio. Dai, devo essere educato. Deve andare bene quest’anno. Allora alza la testa e Alaska rimane spiazzata.






~ Spazio a me! ~
Ehy! Ragazzi.. mi scuso sempre per il ritardo.. Spero che questo capitolo che riguardava la storia di Stephen vi sia piaciuto. Sinceramente non so se il borotalco scade e il rinoceronte ha le caccole, comunque xD Non so se avete capito in che luogo si trovino i protagonisti di questo capitolo mentre parlano e non l'ho voluto specificare, come anche la situazione familiare di Stephen. Se vi è piaciuto il capitolo, recensite :) O recensite anche per darmi critiche, basta che recensite ahahah. Comunque, se avete capito il luogo o quant'altro, non lo scrivete nelle recensioni: lasciamo un po' di suspense alla storia e non spoileriamo agli altri lettori che forse non l'hanno capito c: sarà più figo così!
Va bene, io vado che è l'una di notte e sono stanca D: Addio e al prossimo capitolo <3
L'autrice, Gamblut.

 
  
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