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Autore: Il Pavone e la Piantana    23/08/2014    2 recensioni
Junior e Willow sono i figli di una nuova Panem, nata sulle ceneri dei caduti e sulle cicatrici di una libertà pagata con il sangue. Sono i figli della rinascita e del dolore, della promessa di un nuovo futuro e dei fantasmi del passato, spesso talmente oscuri da adombrare perfino il giallo brillante della speranza.
«Credevo fosse normale...» Dico, in un sussurro. Mi sembra brutto dirlo a voce troppo alta, come se lo rendesse più reale.
«Ma è normale. Esattamente come te». Risponde, fredda, con un'espressione seria sul viso. Perché io sono come lei, sono il figlio di eroi di guerra che portano sulle loro spalle i dolori del passato, rendendo le nostre vite più difficili di quelle di chiunque altro.
[…]
Mi allungo nell'erba, strofinando lente le braccia lungo i fianchi, fingendo di essere di nuovo una bambina che disegna con il proprio calore una ghiandaia nella neve fresca. Ma non c'è neve da raccogliere, qui. Solo cocci, gusci vuoti di conchiglie e un listello di legno che ormai suona solo note stonate.

{Fa parte della serie Colors. || Fanfiction fortemente psicologica che tratta in modo esplicito alcune patologie psichiche}
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimba Mellark, Bimbo Cresta-Odair, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Colors.'
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II.




La zia la stringe forte al petto, la figlia. «Non si piange, mamma!» La rimprovera, asciugandole le lacrime. Ma lei, imperterrita, continua a versarne, senza volerla lasciare andare.
È normale. È la sua bambina e non vuole abbandonarla qui, lontano da lei.
«Lo so». Risponde, accarezzandole i capelli e cercando di sorridere. «Ci vediamo tra una settimana, okay? Stai attenta, fa quello che ti dice zia Johanna».
La bambina annuisce, chiudendo gli occhi. Quando li riapre sono lucidi ed il suo labbro inferiore trema, cercando di trattenere il pianto che vorrebbe versare. E succede, quando il padre si unisce all'abbraccio. Lui non si trattiene e non si vergogna delle lacrime che gli rigano il volto. Le asciuga più volte, accarezzandole la guancia e baciandole la fronte.
«Ti divertirai con Johanna e Junior». Dice, stringendola forte tra le braccia. «Ti divertirai così tanto che quando torneremo ci dirai: di già?» Sorride tra le lacrime, il marito della zia, e mi domando perché, se anche lui sta così male nel lasciarla qui, debbano andarsene. Potremmo stare tutti insieme, potremmo divertirci tutti insieme. Io, le zie e perché no? Anche quella bambina che vorrebbe tuffarsi tra le onde del mare.
Quando i genitori si allontanano, la piccola strepita, rincorrendoli. «Non lasciatemi qui!» Implora ed è come se stessi annegando, ora. Come se avessi un masso legato alle caviglie che mi spinge sotto l'acqua ed io ho finito l'aria. Volto lo sguardo, scappando da quella scena patetica. So che zia Johanna mi sta guardando, quindi rientro in casa, facendo i gradini del portico due a due.
Dovrei salutare la zia, però. Non posso andarmene così, senza dirle nemmeno un ciao, senza abbracciarla.
«La prossima volta sarai tu a stare da noi. Non c'è molto nel 12, lo sai, ma potrei portarti al lago e nel bosco. Potrei insegnarti a cacciare...» Mi giro verso di lei e vorrei dirle di non andarsene, di rimanere qui. Con me. Che mi è mancata, la mia zia, una delle poche persone sane della mia vita, che mi vede per quello che sono.
«L'ultima volta che hai cercato di insegnarmi a tirare con l'arco non ti è andata bene». Lo ricordo bene, odiavo tendere quella corda e scoccare la freccia. Non riuscivo a centrare nemmeno il tronco di un albero.
«Ora sei più grande». Mi abbraccia lei, alzandosi in punta di piedi. «Ci vediamo tra una settimana, Junior... Willow... insomma... proteggila, okay?»
Annuisco. Non c'è nessuno da proteggere, non qui. È al sicuro con Johanna, ma se la fa stare meglio, posso dirle che lo farò.
«Fai buon viaggio e torna presto». Stringe ancora una volta la figlia, facendole altre raccomandazioni. Il marito ha gli occhi gonfi e rossi, che stonano nella sua carnagione chiara, ma sembra non interessarsene. La zia gli stringe una mano, intrecciando le loro dita. Si volta indietro, più volte ad osservare la sua bambina, tenuta per mano da Johanna. Urla, la piccola, li saluta, li chiama e più volte Katniss si ferma con la paura negli occhi. Guarda il marito, cercando un modo per rimanere, ma ogni volta, lui nega con la testa. Dice qualcosa che non capisco e passa il piccolo tra le braccia di zia, per asciugarsi il pianto. Ti senti in colpa, ora che la stai definitivamente abbandonando?
«Voglio papà». Sussurra, alzando lo sguardo verso zia Johanna.
Se potessi, la riporterei nel 12 io stesso, pur di farla contenta. Anche io, alla sua età, avrei sempre avuto bisogno di mia madre. Anche io avrei voluto che mio padre fosse rimasto, invece di lasciarmi da solo, avrei voluto conoscerlo, parlarci e chiedergli perché. Avevo e ho zia Johanna, però. Non è mio padre, né mia madre, ma è la migliore persona che abbia mai avuto modo di conoscere.
«C'è zia Johanna». Dico, abbassando lo sguardo verso di lei. Sembra calmarsi, stringendo con più forza la mano della zia. «Andate al mare?» Chiedo, poi, ricordandomi della sera precedente, di come lei volesse notare le differenze tra lago e oceano.
«Andiamo al mare». Risponde Johanna, salendo i gradini del portico. «Tutti a mettere il costume, compreso te, Junior».
Sospiro, abbassando lo sguardo. Non ho voglia di trascorrere il mio tempo il loro compagnia, di vedere la mocciosa ridere e divertirsi, dimenticando quanto abbia pianto sino ad ora.

L'acqua è fresca e rigenerante. Mi immergo sotto la sua superficie, aprendo gli occhi ed osservando il fondale, nuoto finché i polmoni non mi richiedono ossigeno. Nuoto, allontanandomi dalla riva. Dalla zia, dalla bimba e da mia madre che, oggi, non mi perde mai di vista. Non vengo spesso al mare con lei, ed ogni volta mi guarda immergermi, nuotare e sbracciare vedendo l'uomo che amava e che ora non c'è più. Ma oggi anche altri occhi puntati su di me, vigili e attenti. Mi studiano e si impressionano. Portano le mani davanti alla bocca, poi un braccio si allunga e dice qualcosa alla zia, indicandomi. Johanna ride, e nega con la testa.
Mi allontano ancora, raggiungendo lo scoglio, mi arrampico, sedendomi sopra la roccia per asciugarmi al sole. Guardo la riva e la vedo, la bambina, saltellare indicandomi ancora. Questa volta la capisco, vorrebbe venire anche lei qui. Mia madre si alza, prendendole la mano, accompagnandole nell'acqua. Rimangono ferme sulla riva, mentre la mocciosa muove le braccia e le gambe, cercando di seguire il ritmo che mia madre le fa vedere.
Le sta insegnando a nuotare, le sta facendo da madre.
Mi tuffo, nuotato sul dorso. Torno dagli altri, distendendomi nell'asciugamano vicino a alla zia. Guardo mia madre istruire la bambina ed il suo viso concentrato mentre annuisce e cerca di eseguire ogni ordine. È testarda e continua a sbracciare finché mamma non le dice di aver fatto un ottimo lavoro. Allora sorride e cerca di continuare ad allenarsi.
«Non aveva detto che sapeva nuotare?» Domando, girandomi verso zia che alza le spalle.
«Katniss l'ha portata al lago, ma questo non significa che l'abbia fatta diventare una nuotatrice provetta». Risponde, guardando l'orizzonte. «Voleva raggiungerti allo scoglio».
«Se non sa nuotare non vedo come. E poi è solo uno stupido scoglio».
«Per questo tua madre le sta insegnando...» Mi porge secchiello e paletta, sorridendomi. «Su, regalale un castello!»
«Perché mai dovrei?»
«Sono troppo vecchia per mettermi a giocare con la sabbia, tesoro. Falla divertire, io continuo a prendere il sole». Appoggia i gomiti a terra, prima di chiamare la mocciosa, urlandole di venire a giocare con me.
«Ti odio». Sussurro, alzandomi per raggiungere la sabbia bagnata dall'acqua.
«Lo sai che non è vero! Sei innamorato di me, tesoro!» Sento la sua risata ed il movimento del suo corpo che fa attrito sull'asciugamano.
La bambina mi raggiunge veloce, prende i lunghi capelli scuri tra le mani, strizzandoli per eliminare l'acqua in eccesso. «Cosa facciamo?» Mi domanda, guardandomi divertita. È tutto nuovo per lei, tutto bello e divertente. Ma di tanto in tanto, vedo i suoi occhi azzurri abbassarsi per osservarsi le mani, la sua bocca si incurva verso il basso pensando, con tutta probabilità, ai genitori che l'hanno lasciata qui.
Ci mettiamo al lavoro, lavorando la sabbia bagnata con le mani e la paletta. È brava, la bambina, ha una buona manualità e senso estetico. Con una piccola conchiglia ha disegnato la porta d'entrata, ed ha scavato, creando un fossato. «Ora dobbiamo fare il ponte, Junior». Dice, riempiendo la buca con la sabbia, riprendendo subito dopo a scavare. Non faccio più nulla, ora. Le varie torri sono state fatte e manca soltanto il ponte. È concentrata e non mi guarda più, presa nello scavare con le sue piccole manine la sabbia umida. Non le interessano i capelli sporchi di granelli, anzi, li sposta senza preoccuparsene, impiastricciandoli pure di più. Le sue ciocche nere si sono schiarite, un po', a forza di spostarle.
«Finito!» Esclama, sorridendo ed alzandosi in piedi per allontanarsi e vedere il lavoro finito nella sua completezza. Mi guarda, adesso, e mi tende la mano. «Andiamo a fare il bagno, Junior e togliamoci tutta questa sabbia di dosso».
Non rispondo, seguendola però nei riflessi acquamarina dell'oceano. La bambina prende un respiro profondo, immergendosi sotto la superficie dal mare, la guardo frizionarsi i capelli, cercando di togliersi dalle ciocche la sabbia e la imito tuffandomi e nuotando quanto più mi è possibile in parallelo al fondale. Siamo vicino alla riva e vorrei continuare ad avanzare, allontanandomi, cercando più profondità, ma ho promesso di proteggerla e non sa nuotare così bene come diceva.
Torno a galla, riprendendo fiato e trovando i suoi occhi azzurri su di me. Ha un'espressione seria e pensierosa, e muove le braccia per raggiungermi.
«Che c'è?» Le chiedo, proseguendo a muovermi sotto l'acqua sentendo il corpo leggero.
«Mi porti allo scoglio?» Non distoglie mai il suo sguardo dal mio. È determinata, la bimba, e con tutta probabilità continuerebbe a chiedermelo anche se le dicessi di no.
«Bisogna nuotare tanto».
«So nuotare».
«Ti stancheresti prima di arrivare».
«Non è vero!» Esclama, battendo le mani sul filo dell'acqua, schizzandone un po' contro di noi.
«Io conosco l'oceano, bambina. Tu no. Non riusciresti nemmeno ad arrivare a metà strada».
Scuote la testa. «Mi chiamo Willow, non bambina e posso arrivarci!» Più trascorro il tempo con lei, e più noto quanto sia simile a zia Katniss. Anche lei, anni fa, si era buttata per raggiungere quel medesimo scoglio. Ci eravamo andati insieme e ci eravamo riposati al sole, mentre la zia mi accarezzava i capelli bagnati, canticchiando una canzone.
«Affogheresti prima, mocciosa!» Rispondo, tornando verso la riva.
«Non sono una mocciosa, Junior! Voglio andare allo scoglio!» Mi segue, muovendo i suoi piedi sul fondale del mare. Mi distendo vicino a zia Johanna che continua a prendere il sole. «Zia! Diglielo che posso arrivare allo scoglio! E che non sono una bambina».
La zia apre un occhio, guardandoci. «È già finito l'amore? Junior, non la portare allo scoglio, Katniss ci ucciderebbe». Dice, annoiata, appoggiando la testa sulle proprie braccia. «Ora zitti, stavo dormendo».
«Dovreste badare voi alla mocciosetta qui, non io». Mi alzo in piedi, camminando lungo la spiaggia. «Mi sono stancato, vado a casa». La zia mi fa cenno con la mano, come se non le interessasse quello che faccio, quando so bene che sia così tranquilla proprio perché le ho riferito dove vado. La bambina invece mi guarda, cercando di non farsi notare, facendo guizzare le iridi veloci da una parte all'altra, senza uno scopo ben preciso.
Quando capisco che mia madre non dirà nulla e la zia mi ha liquidato con un cenno della mano, mi volto, riprendendo la strada verso casa. Alla fine, non mi vedono. Se ci sono o non ci sono non fa alcuna differenza. L'importante è che la bambina non abbia problemi, che sia protetta, che non le succeda nulla. Di me non importa, non è mai importato un granché perché non sono mio padre.




Ringraziamenti:
Come per ogni nostra fanfiction, non possiamo esimerci dal ringraziare tutte le persone che ci sono state vicine nella stesura della storia, quelle persone che, in qualche modo, hanno contribuito a rendere Aqua la storia che è, quindi i nostri ringraziamenti più sentiti vanno a:
radioactive che non solo ha creato per noi questo fantastico banner – e non ci stancheremo mai di dire che è una grafica nata – ma che ci ha promptate, aiutate, ispirate e che è la persona che più ci ha aiutate e spronate a scrivere Aqua. Questa fanfiction è anche sua;
_eco che ci ha fatto immaginare un incontro tra JJ e Will;
gabryweasley che ci ha seguite sin dall’inizio, amando Aqua tanto quanto noi. Che ci chiedeva di passarle i pezzi e li leggeva dicendoci sempre cosa ne pensasse.
Se amiamo tanto Aquamarine è anche merito loro ♥ Grazie per tutto, vi amiamo! ♥


Veniteh a fare le bolleh d'Assenzioh con noi nel gruppoh Facebook gestito dalla nostra meravigliosah famiglia disfunzionale ♥ A Panda piace fare le bolle d'assenzio [EFPfanfic]
Abbiamo apertoh anche una pagina Facebook dedicatah a questa serie, doveh potreteh farci qualsiasi domanda su questa raccoltah, seguire tutti gli aggiornamentih, salutareh Finnickinoh che ballah nella p0rn Narnia e devolvere zolletteh alla sua causah ♥ Vi aspettiamoh numerosih ♥ Colors.

   
 
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