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Autore: Julietds    23/08/2014    0 recensioni
Capelli neri appiccicati alla fronte, corpo grondante di sudore, centinaia ragazzi urlanti davanti a me e un forte mal di testa dovuto al troppo alcool misto a eroina in corpo quella sera.
Ecco com'era essere Ronald Joseph Radke.
Ero in quell'esatto momento in cui il rumore si fa ovattato per le mie orecchie e la mia mente si svuota completamente; è come se non fossi più nel mio corpo, come se non fossi io a dover cantare e fossi lì per mero caso. Il mio chitarrista mi fa un cenno, sono pronti ad iniziare. Ma io decisamente no, mi sento un cerchio alla testa. Cerco poco realisticamente di alzare il microfono per aprire questa serata ma riesco solo a fare qualche passo barcollando all'indietro prima di ritrovarmi per terra.
Tutto quello che ricordo dopo sono solo un mucchio di pallini neri che mi appannano la vista.


Una storia che racconta molti fatti realmente accaduti e molte altre situazione che ho immaginato.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Craig Mabbit, Max Green, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Ronnie Radke
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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ESCAPE THE FATE PT.1:

IF HOME IS WHERE MY HEART IS, THEN MY HEART HAS LOST ALL HOPE


“Mi hanno sbattuto fuori! Il mio migliore amico mi ha sbattuto fuori dalla band che abbiamo creato insieme!” urlava Ronnie alla cornetta. Era in una cabina telefonica e aveva ai suoi piedi una scatola piena di cianfrusaglie che gli appartenevano: la sera prima aveva provato a rientrare nell'appartamento che divideva con gli altri ragazzi ma la chiave non entrava nella serratura e notò poco dopo che di fianco alla porta era appoggiato uno scatolone con all'interno alcuni oggetti di sua proprietà. Alcuni vestiti mancavano. Se li è voluti tenere quel pezzente pensò quella mattina rovistando nella scatola, ancora con l'amaro in gola.

Non aveva sentito provenire nemmeno un rumore da dentro l'appartamento mentre cercava senza successo di entrare; sarebbe stato bello se i suoi ex amici fossero stati tutti in casa, quando lui era arrivato. Se li immaginava: Robert in piedi appoggiato allo stipite della porta della sala, Monte seduto al tavolo che cercava di non incrociare gli occhi degli altri due e Max sprofondato nel divano di pelle nera che si tormentava le unghie. E lui fuori che tentava come un idiota di capire perché quei tre avessero deciso tutto d'un tratto di cambiare la serratura. Li avrebbe chiamati, avrebbe colpito la porta così forte da buttarla giù, o più realisticamente l'avrebbe scassinata trovandosi davanti la scena più triste della sua vita. 'Sono tornato stronzi' avrebbe urlato a quegli zombie prima di cacciarli di casa.  E invece l'appartamento era vuoto. Probabilmente erano in giro a spassarsela.

“Non ho bisogno di loro, insomma… mi era già capitato di lasciare la band. Anche Omar se n'era andato, volevamo ripartire da zero. Le cose nella band andavano uno schifo e non era solo colpa mia. Cosa pensi? Anche Max si strafaceva di eroina e Xanax. Dove pensi che fosse stato lui quando io ero alle feste dei nostri amici, a farmi in bagno? Era lì a passarmi gli aghi. Però poi era tutta colpa del cantante drogato degli Escape The Fate. Non ho mai visto un centesimo, ci credi? Me li toglievano di mano, me li toglieva dalla vista. Del tipo 'Vieni Ron, andiamo a bucarci, chi se ne frega dei soldi' e poi li usava tutti per comprare la droga.”

Aveva addosso una giacca di pelle rovinata, una canottiera bucata, dei pantaloni tagliati e delle converse sporche. I suoi occhi erano rossi e i suoi capelli più unti del solito.

“Frank, mi puoi prestare cinquanta dollari?” l'amico dall'altra parte della cornetta riattaccò così Ronnie si vide obbligato a chiamare il prossimo della lista. “Ehilà Andy, sono Ronnie. Si, è da tanto che non ci sentiamo.. stiamo tutti bene, si.. Dovremmo vederci uno di questi giorni. Magari potremmo anche vederci ora, volevo chiederti se potessi prestarmi dei soldi.. Non te li chiederei se non.. Ah, ho capito.. Si..” annuiva alla cornetta. Una signora anziana bussava contro il vetro della cabina. Ronald mimò con le labbra un 'ho quasi finito' prima di procedere con la telefonata successiva.
“Ciao Dave, sono Ronnie. Sì, Ronnie Radke. Si, lo so che non ci sentiamo da qualche anno ma mi chiedevo se.. pronto? Pronto?” ormai aveva finito gli amici a cui rivolgersi. Si voltò e aprì per quanto poteva la porta della cabina. “Signora, per caso avrebbe una moneta da cinquanta centesimi?” l'anziana signora si tutta risposta gli lanciò contro la sua borsetta finché il cantante non si decise ad andarsene. Un paio di ragazzi lo riconobbero. Firmò qualche autografo ma si dileguò ben presto infilandosi il cappuccio prima che qualcun altro lo riconoscesse.

 
***
 
Vagò per qualche ora in giro per i sobborghi di Las Vegas, abbandonando la scatola contenente i suoi effetti personali vicino alla cabina telefonica; francamente non gli importava. Né per i vestiti, né per quella sudicia città: da sempre voleva andarsene da quella città corrotta e aveva assurdamente pensato che Max e la band potessero essere il suo biglietto per lasciarsi tutto lo schifo alle spalle.
Quel detto, “fa che la morte ti trovi vivo quando arriva”, aveva perso senso molto tempo fa per Ronnie. Era sempre sull'orlo del baratro.

Camminava per strada stringendosi nella sua giacca, cercando di proteggersi dal vento che soffiava per quelle stradine, quando lo vide.
Indossava un cappotto lungo color caffellatte con delle maniche troppo lunghe che gli coprivano i polsi, un paio di pantaloni grigi e dei grossi Rayban. I folti baffi coprivano per gran parte il suo volto mentre i suoi capelli scuri a malapena arrivavano alle spalle. Era seduto in quel bar a leggere il giornale, come se nulla fosse successo.
Ronald non ci pensò due volte. Si abbassò e prese una pietra da terra senza perdere il contatto visivo mentre l'uomo continuava imperterrito a leggere l'ultimo numero di Rolling Stones. Fece per lanciarla quando qualcuno, all'interno del bar, poggiò una mano sulla spalla dell'uomo.
Robert.
Il ragazzo abbassò lentamente il braccio dai muscoli ormai contratti e posò il sasso. Si rimise il cappuccio e si voltò cercando di sparire più velocemente possibile prima che uno dei due lo riconoscesse.

Avrebbe quasi giurato che il ragazzo dai capelli mossi, da sotto quegli occhiali da cui mai si separava, gli avesse accennato un sorriso in segno di compassione.







Ottavo capitolo, Escape the fate... che dire, ringrazio tutti quelli che ancora seguono la storia dopo duemila anni dallo scioglimento degli Escape e nonostante il fatto che finora abbia aggiornato una volta ogni morte di Papa, ma cercherò di darmi da fare piu' spesso d'ora in poi.
Perchè dividere il capitolo in due sottocapitoli?
Una nota a questo punto, è necessaria: ho deciso di dividere il capitolo in due sottotitoli "If home is where my heart is, then my heart has lost all hope" e "Runaway" perchè trattavano di momenti legati tra loro ma a distanza di qualche giorno uno dall'altro; se nella prima parte Ronnie sta ancora metabolizzando gli eventi della sera prima e il fatto che non sa piu' dove andare, nel secondo sarà già in fuga. E' sottointeso il passaggio in cui Ronald decide di mettersi in fuga, che sarebbe direttamente dopo che incontra Robert nel bar, ma prima di arrivare a questo succederà qualcosa che nessuno si aspetta... meno di tutti Max!

A proposito, qualcuno ha una mezza idea di chi sia l'uomo baffuto nel bar?

See ya soon,

Juliet.

   
 
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