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Autore: Nemia    18/09/2008    11 recensioni
[…][_ Pronto _
Mail socchiuse gli occhi. Camuffò un po’ la voce. _ Buonasera. Lei è la signora Keehl? _ Incertezza, dall’altra parte della cornetta. Lo aveva riconosciuto? _ Sì, sono io. Lei..? _
_ Chuck Norris. Sono della polizia, abbiamo appena arrestato suo marito _ Era ovvio che la madre di Mihael non conosceva il mitico Chuck Norris..
Avvertì il sussulto della donna. _ Cosa?! Perché? Cos’ha fatto? _
Mail sogghignò. _ Mi dispiace, ma lo stato considera ancora un reato la sodomia _ ] […]
Questa era la fic per il concorso della Mella.. la pubblico qua, sperando piaccia <3 baci, Nemia
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Matt, Mello, Near
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Ola <3

Ascoltavo i blink 182..e questa canzone XD e m’è venuto in mente Matt u___u

La canzone, a parer mio, è stata fatta su misura per lui XD

Ce lo vedo a fare simili cazzate X3

E, cmq, Matt rulez

 

Sono solo 2 capitoli <3

 

ENJOY.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Took her out, it was a friday night
I wore cologne to get the feeling right
We started making out, and she took off my pants
But then I turned on the TV
And thats about the time she walked away from me

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il fumo della sigaretta galleggiava nell’aria, salendo lento fino al soffitto.

Il ragazzo dai capelli rossi la spense nella lattina vuota, sul tavolino di cristallo accanto al divano.

Un altro ragazzo biondo gli stava baciando il collo, armeggiando con i suoi pantaloni. Tirò la cintura in terra, con impazienza e stizza.

_ Mihael.. non è che mi vada oggi _ sbuffò annoiato il rosso, lasciando andare la testa sul cuscino.

_ Aaah! Sta’ zitto Mail! _

Mihael lo guardò male, riprendendo a fare quello che stava facendo prima. Appoggiò le labbra sul suo ombelico, infilandoci la lingua; con le dita lo toccava da sopra il pantalone.

Mail assunse un’espressione annoiata, e accese il gameboy.

Il suono che fece la console risuonò per qualche istante nella stanza. Mihael spalancò gli occhi, fermandosi mentre gli sfilava i pantaloni.

Fissò prima il gameboy, poi la faccia sfavata del suo ragazzo.

_ Ma vaffanculo! _ ringhiò, rivestendosi in fretta e uscendo sbattendo la porta alle proprie spalle.

Mail guardò la porta, senza parole. Perché aveva fatto così?

La musichetta del gameboy lo richiamò al suo dovere principale, e lasciò perdere Mihael. Tanto, arrapato fisso com’era, sarebbe tornato a breve..

 

Aveva quasi battuto l’ultimo allenatore di Petalipoli*, quando qualcuno bussò (o meglio, trivellò di colpi la porta).

_ Avanti.. _ disse infastidito, senza smettere di fissare il duello in corso sullo schermo.

Mihael entrò a lunghe falcate nella stanza e lui si affrettò a nascondere il gameboy sotto il cuscino, cercando di salvarlo dalla sua ira.

Il biondo era pallido di rabbia. Gli s’era piantato davanti, con uno sguardo omicida.

_ ORA MI SPIEGHI! _ aveva sbraitato, digrignando i denti. Mail deglutì. La cosa non si stava mettendo un granché bene per lui. Mihael gli puntò contro l’indice, facendosi sempre più vicino. _ Io vengo qua, con le migliori intenzioni, arrapato, con una voglia matta di farlo e tu..TU TI METTI A GIOCARE AL GAMEBOY?!?! CHE SENSO HA?! _

Il biondo lo aveva afferrato per la maglia a righe.

Mail lo guardava mezzo inebetito. _ Che c’è di male, mica t’ho detto di no! _

Mihael lo guardò a sua volta, sconvolto. _ Cos..?! PER TE NON C’E’ NIENTE DI MALE?! _

Il ragazzo dai capelli rossi non rispose. Ma, dalla sua faccia lievemente stralunata, il biondo intuì che lui DAVVERO pensava di essere nel giusto.

Rimasero in silenzio per un attimo, squadrandosi, e furono interrotti dalla musichetta del gameboy, sotto il cuscino.

Mihael lanciò un’occhiata omicida a Mail, poi lo lasciò cadere sul divano mollandogli la maglia.

_ M’è anche passata la voglia, ‘fanculo _ ringhiò innervosito, uscendo per la seconda volta e sbattendo la porta alle spalle.

Mail rimase esattamente dov’era, a fissare il muro.

Sghignazzò, recuperando il gameboy. Keehl era uno spettacolo, quando s’arrabbiava.

Accavallò le gambe, la lingua fuori dalla bocca, ritornando concentratissimo sul giochino.

 

Qualche ora dopo decise di salvare, e andare a fumare una sigaretta sul balcone.

Ma solo qualche ora dopo.

 

 

 

 

Mihael entrò in casa e si diresse in fretta verso la cucina.

Aprì lo sportello del frigorifero con uno scatto, recuperando la cioccolata.

La signora Keehl appoggiò la schiena contro il muro, fissando il figlio che sbranava la barretta.

Si avvicinò per sistemare i suoi capelli scarmigliati dal vento e un po’ arruffati, ma quello scansò con un’imprecazione la sua mano.

Gli tirò uno scappellotto sulla testa, con un’occhiata di rimprovero.

_ Non ti permettere queste confidenze, Mihael _

Lui concentrò lo sguardo sulla barretta, arrossendo di rabbia.

_ Non sono un bambino, mamma _ borbottò tra i denti.

_ Oh bè, questo ancora non lo so! _ esclamò stizzita la madre, pettinandolo con le dita un po’ come si pettina una Barbie.

E Mihael era consapevole di essere la Barbie di sua madre.

Sentì spaventato lei che lo annusava. Spalancò gli occhi.

Tempesta in vista..!

_ Tu.. TU!! _ gridò la donna, afferrandolo per le spalle e facendolo voltare. Mihael cercò di mantenersi calmo.

_ SEI STATO ANCORA DA QUEL TEPPISTA!! _

_ Ma no.. mamma, l’ho visto solo a scuola..! _

Dannazione, perché lei riusciva sempre a metterlo in difficoltà?!

Il suo schiaffo lo colpì sulla bocca. Perse l’equilibrio, cadendo dalla sedia.

La signora Keehl rimase con la mano a mezz’aria, furibonda. _ Quante volte t’ho detto che non mi piace?! QUANTE VOLTE?!! _

Mihael rimase in silenzio, la bocca che pulsava di dolore, le lacrime agli occhi.

_ E poi.. FUMA!! Sai perchè ho mollato tuo padre? Perchè non sopportavo quel vizio! _

Il ragazzo socchiuse le palpebre, alzandosi in piedi. Era più alto di lei di quasi tutta la testa, e nonostante questo non riusciva a opporle resistenza.

_ Infatti, non deve piacere a te.. _ sibilò sottovoce.

La donna gli tirò un altro schiaffo, e Mihael rimase col viso voltato, gli occhi chiusi. Una lacrima colò lungo la guancia.

Sua madre, ovviamente, non la vide.

_ Va in camera tua!! ..e non osare rispondermi! _

Il ragazzo non le rispose, scansandola e andando verso le scale.

Si voltò a guardarla.

La signora Keehl si teneva la testa con le mani, singhiozzando. _ Perché..? Cos’ho fatto per meritare un figlio così..?! _

“Ed io perché ho dovuto avere una madre così?!” si chiese tra sé Mihael, mentre pestava i piedi su ogni scalino.

 

 

Stava sorseggiando una lattina di birra, sbracato sulla poltroncina di pelle del piccolo salotto polveroso.

Scosse la cenere della sigaretta nella lattina vuota accanto a sé, annoiato.

Povero Keehl. Sua madre chissà che tragedia avrebbe fatto, una volta a casa.

..

Mail guardò fuori dal balcone.

Quella donna lo odiava giusto un pelino.

..

Portò la sigaretta alle labbra, aspirando. Forse s’era comportato troppo male con Mihael.. in fondo non avevano molti momenti da passare insieme in “intimità” loro due.

Se si escludevano quelli passati nei bagni o negli sgabuzzini a fare cose non proprio ortodosse. Oppure quando lo trascinava in assurdi giri in moto e quello gli stava appiccicato come una piovra..

Rabbrividì al pensiero, con un sorriso.

Lasciò stare la birra, appoggiandola sul tavolo. Tenne la sigaretta tra le labbra, mentre rovistava nel casino della stanza per cercare il cellulare.

Doveva scusarsi, dannazione.

In fondo a lui neanche dispiaceva l’arrapamento continuo di quel Keehl.

Batacchiò il telefonino nel muro –nell’ultimo periodo s’incantava spesso- e compose il numero del ragazzo.

Si rese conto, mentre sentiva squillare, della grande cazzata che stava facendo: rischiava che rispondesse la madre di Mihael - la strega -, come l’ultima volta!

Chiuse immediatamente la chiamata, maledicendosi.

E ora?!

Camminò avanti e indietro per la stanza, nervosamente.

Poi si buttò di nuovo sulla poltrona, facendo volar via la lattina piena di cenere che aveva appoggiato lì. Sbarrò gli occhi, afferrandola prima che cadesse a terra.

Starnutì, investito dal suo contenuto disperso nell’aria.

_ Ma porco cazzo!! _ sbraitò, guardando il disastro che aveva combinato.

Sbuffò, alzandosi ancora  e decidendosi a fare, per una volta, qualcosa di utile per l’umanità –o almeno, per quella parte di umanità che fosse entrata nel suo appartamento.

 Si mise a pulire.

 

Levando le incrostazioni dal fornello, il pensiero andava a Mihael.

Una famiglia di buona reputazione, la sua. Persone che non si facevano notare troppo, non davano fastidi e non ne volevano, sempre impeccabili nel vestire, nel comportamento e Dio solo sa che altro.

Insomma, era una fortuna che Mihael avesse incontrato lui!

Mail si mise a sghignazzare tra sé.

Non poteva certo dire di avere una famiglia, lui. Il padre alcolizzato, la madre che l’aveva piantato appena ne aveva avuta la possibilità, regalandogli un appartamento, lasciandogli un mucchio di soldi per mettersi l’anima in pace e il fratellastro più piccolo da accudire. E se n’era andata in Italia senza un attimo di esitazione, poi.

Ridacchiò ancora. Triste.

In fondo, invidiava un po’ Mihael.

Una famiglia, una madre, ce le aveva. Gli volevano tutti bene.

Si preoccupavano per lui..

Mail si ridusse a sorridere. Lui era solo uno pseudo-punk sul teppista andante.

Scrollata di spalle. Bè, almeno poteva contentarsi con l’idea che nessuno poteva dirgli nulla.

..

Che schifo di contentino, però.

 

 

 

 

Il giorno dopo, spedito il fratellino in classe, si era appostato al cancello della scuola come sempre, sigaretta in bocca e faccia annoiata, dava qualche sberla alle matricole e cercava Mihael con lo sguardo.

Ma non c’era ancora alcuna traccia.

Strano, arrivava sempre in anticipo lui..

Infine, vide una Mercedes nera che si avvicinava. Sbarrò gli occhi.

Quella macchina..!

Lanciò la sigaretta di là dal cancello, colpendo di striscio una ragazzetta che si mise a strillare.

 Ci mancava solo che la madre di Mihael lo beccasse a fumare!

La macchina della signora Keehl inchiodò a mezzo metro da lui, e il ragazzo biondo scese con una faccia da funerale che gli aveva visto poche altre volte.

Guardò per curiosità la faccia della madre. Sorrise, innocuo.

Quella lo stava fulminando con gli occhi.

Si affrettò a seguire Mihael, rabbrividendo sotto lo sguardo assassino della donna.

Ma che gli aveva fatto, lui!!

Mihael sembrava averlo visto con la coda dell’occhio, e gli aveva rivolto uno sguardo terrorizzato.

Ma cos..?!

..

Capì quando notò che la Mercedes era sempre lì.

Rallentò il passo, stiracchiandosi. Non gli veniva in mente altro, per far capire alla strega che non stava correndo dietro Mihael.

Si grattò la testa, entrando nella scuola a una buona distanza dall’amico.

Dopo un po’ si guardò alle spalle, e lo raggiunse correndo. I ragazzi nei corridoi erano ormai pochi, tutti già in classe.

Afferrò Mihael per la cartella, trascinandolo nei bagni nonostante le sue proteste.

Chiuse la porta, poi lo guardò.

_ Che è successo?! _

Silenzio.

Il biondo fissava il soffitto.

_ Ehi? _

_ Che dovrei dirti?! Le solite cose, dannazione!! Sempre lei, SEMPRE-LEI!! _

Mail fissò le sue dita strette a pugno, le nocche che sbiancavano.

_ TUTTO PERCHE’ NON TI SOPPORTA!! _

_ Non ne capisco il motivo _

Mihael fece un gesto stizzito, poi si coprì la faccia, come se stesse per piangere, e riprese a sbraitare contro sua madre.

_ Perché non vieni a stare da me? _

Il biondo s’irrigidì. Spalancò gli occhi.

_ Che? _

_ Quest’anno sei maggiorenne o sbaglio? E allora! Vieni da me, la casa è grande _

Mihael sembrò scombussolato da quell’uscita. Lo guardò, mentre la campanella d’inizio lezioni suonava nel corridoio.

Mail si sporse verso di lui per baciarlo. _ O, al massimo, se proprio non la sopporti più, puoi scappare e venire da me comunque _

Il biondo rise, allontanandolo. Jeevas lo afferrò per le braccia, schiacciandolo contro di sé. Mihael atteggiò le labbra in un sorrisetto, gli occhi in uno sguardo malizioso mentre Mail lo fissava a sua volta, fingendosi stupito.

_ L’ho sempre detto che sei un arrapato fisso.. _ sussurrò, spingendolo contro il muro ghignando ancora.

Lo baciò, stringendogli una chiappa con le dita.

Mihael mugugnò il suo disappunto, guardandolo malissimo e divincolandosi.

_ Ti puzza..l’alito..di sigaretta! _ ansimò, mentre lo sentiva toccarlo.

Mail sbuffò infastidito. _ Anche tu, adesso..! Dio santo, sembri tua madre _

 

_ Chi c’è nel bagno? _

Una voce fece sussultare entrambi.

Il biondo stava per rispondere, ma l’amico gli tappò la bocca con una mano.

_ Aaa Roger, sono io. Ieri ho mangiato pesante _ disse Mail.

_ Sempre tu..sempre tu, eh, Mail? Possibile che tu non riesca a inventarti scuse migliori, una volta tanto? _ l’anziano bidello si sistemò il colletto della camicia, uscendo dal bagno borbottando tra sé.

Mail rimase in ascolto, mentre Mihael rideva sottovoce.

_ Mangiato pesante, eh? _ il biondo gli diede un pugno sulla spalla.

Mail lo baciò, stringendogli le spalle con le mani.

Il più piccolo si lasciò baciare, sorridendo. Poi improvvisamente si rese conto che era tremendamente tardi e spinse via il compagno, scappando dal bagno.

Mail rimase dove l’aveva fiondato il ragazzo. Era sempre a scoppio ritardato quel tipo.

Frugò nella tasca del pantalone, cercando la sagoma familiare del pacchetto delle sigarette, fumandosene una con calma. Si sedette sul gabinetto, scrollando ogni tanto la cenere dalla cima della sua droga.

 

 

Mihael correva a perdifiato nel corridoio, cercando di raggiungere in un tempo decente la propria classe.

Anche quel giorno era in ritardo grazie a Mail! Ma perché ogni mattina continuava a cascarci?!

Si fermò davanti alla porta della classe, appoggiando le mani sui ginocchi e ansimando.

Chiuse gli occhi, riprendendo fiato.

Mise le dita sulla maniglia, la abbassò e spinse. La classe si girò a guardarlo, borbottando e ridendo.

Il professore gli rivolse uno sguardo omicida.

_ Mi scusi professore, ma la macchina.. _

_ La smetta, Keehl. Le scuse non attaccano _ il professor Yagami era un uomo attraente dai capelli lisci, castani, gli occhi a mandorla, di origini giapponesi. Insegnava filosofia. Era cinico, forse anche un po’ sadico, con idee che a Mihael non piacevano.

In giro si diceva che ci fosse qualche inciucio “particolare” tra lui e l’insegnante di economia domestica Lawlieth. Mail aveva sparso la voce di averli sentiti  far versi non proprio ortodossi mentre erano chiusi in bagno insieme.

Era spietato con tutti.

..in particolare con lui, da quando aveva scoperto di chi fosse amico.

_ Vedrò di riferire al più presto a sua madre questi suoi continui ritardi _

_ No _ Mihael impallidì. _ Non a.. mia madre _

Il professor Yagami non rispose, ricominciando a fare l’appello. Mihael raggiunse in fretta il proprio posto, spaventato.

 

 

 

Mail lanciò il mozzicone della sigaretta all’angolo del corridoio, camminando svogliatamente verso la propria classe. Scostò i capelli dagli occhi, sbuffando.

La catena appesa al suo pantalone tintinnava.

Rimase in ascolto, arrivando davanti alla porta, per capire più o meno cosa stessero facendo.

..

..regnava il solito casino.

Con un sorrisetto entrò, vociando un: BUONGIORNO!!

I ragazzi in classe risposero allo stesso modo, ridendo e gridando, mentre il professor Matsuda tentava di fare l’appello.

Era simpatico, giovane..un bersaglio ideale da schernire e da non rispettare per loro.

Mail si sbracò sulla propria sedia, sbadigliando.

Matsuda insegnava……..?

Era così tanto che non studiava che neanche se lo ricordava più.

Forse Teatro?

Incrociò le braccia sul banco, appoggiandoci la testa.

E crollando quasi subito addormentato, nell’ilarità generale.

..d’altronde le opere di bene stancano.

 

 

 

Mihael prendeva appunti con la mano tremante, gli occhi spalancati.

Se.. Yagami avesse riferito davvero a sua madre lei avrebbe subito collegato a Mail?

Il solo pensiero dell’ennesima litigata gli fece contorcere le budella.

Non stava scrivendo realmente degli appunti, i suoi sembravano degli scarabocchi.

Il professore camminava tra i banchi, tenendo il libro di filosofia in mano, spiegando.

Quando gli passò vicino, riuscì ad avvertire il suo sguardo gelido che lo passava da parte a parte. Il ragazzino del banco accanto guardò intensamente l’insegnante, adorante.

Mikami Teru.

Un fanatico spaventoso.

Anche lui era giapponese. Si era trasferito dai nonni americani quando era morta la madre, in un incidente.

Aveva i capelli lunghi, neri, portava gli occhiali.

Adorava Filosofia. Insieme alle centinaia di galline di quella scuola che seguivano quel corso.

Solo che lui era un tantino.. ecco.. particolare.

In quel momento alzò la mano, Light si fermò, si voltò verso di lui e lo invitò a parlare.

Mihael continuò a scarabocchiare.

Mollare tutto e andare da Mail? Poteva davvero farlo?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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