Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Ricorda la storia  |      
Autore: JoiningJoice    24/08/2014    7 recensioni
Lo ha condannato alla vita di un infermo, uno storpio, un cieco; e tutto questo per puro e semplice egoismo. Per paura di perdere l'unica spalla contro la quale sia mai stato in grado di appoggiarsi, l'unica mano che sia mai stato in grado di toccarlo senza farlo scappare.
- Come va? - sussurra.
L'indice della mano destra di Marco sfiora uno zigomo; le altre dita si allungano fino a sfiorargli la nuca, dove i capelli sono corti, quasi del tutto rasati. Il sorriso che il solletico provoca in Marco è tanto sincero da sembrargli doloroso.
- È strano. - risponde. - È come...imparare a leggere, da bambini. -
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

You are the night time fear, you are the morning when it's clear

When it's over, you're the start; you're my head, you're my heart



No Light, No Light


Jean non ha mai amato il contatto fisico. Non lo ripudia, ma lo infastidisce sicuramente; è più forte di lui.

Per questo, quando le dita tremanti del ragazzo che gli siede di fronte iniziano a sfiorare i suoi lineamenti, Jean sussulta appena; ma le sue dita sono tanto incerte e spaventate all'idea di poterlo toccare che il fastidio svanisce con la rapidità con cui è arrivato, e Jean vuole solo farsi avanti, far sì che Marco imprima le sue dita su di lui, lo marchi a fuoco, memorizzi il suo volto fino a non poterlo dimenticare nemmeno volendo.

Ma non è questo che i dottori gli hanno chiesto; no, i dottori gli hanno chiesto di andarci con cautela, piano, di dare spazio a Marco per abituarsi a quella novità.

Jean apre appena gli occhi, osservando il suo migliore amico, l'ombra di due lunghe cicatrici che sfuggono alle bende sui suoi occhi. Per un attimo è tentato dolorosamente di alzare una mano e contraccambiare il tocco di Marco, di sfiorare le garze che bloccano la visuale di due occhi che non potrà mai più guardare; due occhi che non potranno mai più guardarlo.

- Come va? - sussurra.

L'indice della mano destra di Marco sfiora uno zigomo; le altre dita si allungano fino a sfiorargli la nuca, dove i capelli sono corti, quasi del tutto rasati. Il sorriso che il solletico provoca in Marco è tanto sincero da sembrargli doloroso.

- È strano. - risponde. - È come...imparare a leggere, da bambini. -
Jean aggrotta le sopracciglia.

Non sa che altro dire; non c'è nulla di cui valga la pena di parlare. Sa che se fosse più forte riuscirebbe a chiedere scusa a Marco, urlando con la stessa intensità di quando lo ha trovato sdraiato in una pozza di sangue, nelle strade di Trost; sa che se fosse più maturo riuscirebbe a chiedergli scusa per non esserci stato quando l'assassino che lo ha assalito ha passato il suo volto a fil di spada, colpendo entrambi gli occhi con movimenti esperti e spegnendo per sempre la vista di Marco.
Ma non è nessuna delle due cose. Non è forte, perchè ha gridato all'infermiera intenzionata ad aiutarlo di star lontana, di non avvicinarglisi per nessuna ragione al mondo, spaventato dal sangue, dal troppo sangue che non voleva saperne di smetterla di colare dagli occhi di Marco. Non è maturo, perchè ha protestato alla proposta dei dottori di porre fine alla vita di Marco a causa delle sue condizioni disastrose, e così facendo lo ha condannato a una vita che, ne è sicuro, Marco non desidera.

Nessuna possibilità di tornare sul campo di battaglia. Nessuna possibilità di fare un lavoro che lo soddisfi, lo faccia sorridere.

Lo ha condannato alla vita di un infermo, uno storpio, un cieco; e tutto questo per puro e semplice egoismo. Per paura di perdere l'unica spalla contro la quale sia mai stato in grado di appoggiarsi, l'unica mano che sia mai stato in grado di toccarlo senza farlo scappare.

- Se ti sfioro qui. - mormora Marco, toccandogli la fronte. - Riesco a capire che sei teso. E...il tuo respiro è irregolare. -
Entrambe le mani di Marco scivolano in basso, verso le sue labbra.
- Hai le labbra strette. Jean, sei...sei arrabbiato? -
Se fosse più forte, se fosse più maturo, se solo fosse più onesto, Jean risponderebbe di sì.

Ma non è nessuna di queste cose. E il suo cuore si stringe ancora di più quando vede Marco sussultare, spaventato da ciò che è appena accaduto; dal lamento debole che ha abbandonato le labbra di Jean, e dalle lacrime che bagnano le sue dita.

Senza dire nulla – non ne hanno mai avuto bisogno – Marco asciuga lentamente entrambi gli occhi di Jean. Non sorride, ora; non cerca di spiegare a Jean come funziona quel suo nuovo mondo buio.

Il ragazzo più piccolo porta una mano su quella di Marco e la stringe, premendola contro il suo volto, maledicendo qualunque paura abbia mai avuto di avvicinarsi a lui. Ad occhi chiusi, incapace di smettere di singhiozzare, Jean non si allontana quando due labbra sconosciute si avvicinano alle sue e vi premono contro, cercando di cancellare il tremore nel suo fiato. Non si avvicina nemmeno, lasciando che sia Marco a trovarlo; non ha nemmeno il coraggio di fare quello, e per questo si odia.

Le labbra di Marco giocano con le sue, aprendole delicatamente; asciutte, si bagnano delle lacrime che hanno bagnato già le labbra di Jean, vi sorridono contro, cercano di calmarlo senza riuscirci. Jean abbassa il capo, e le labbra di Marco si poggiano contro la sua fronte, il suo naso affonda nei capelli biondi di Jean.
- Non potrai mai più vedere nulla. Non potrai mai più vedermi. - sussurra Jean. E non sono delle scuse, non è una dichiarazione d'amore ed è estremamente egoista, ma è tutto quello che riesce a dire, ed è l'unica cosa che valga la pena dire.

E la risposta di Marco arriva veloce, naturale. - Non ne ho bisogno. -

Le loro mani si incontrano ancora una volta, si stringono, si cercano frenetiche; Jean torna a guardarlo altrettanto freneticamente, ed è come se Marco sapesse, come se non avesse mai smesso di guardarlo con quegli occhi pieni di rimprovero e tanto, troppo amore non meritato. Quando Jean si sporge a baciarlo, Marco è lì, pronto ad accoglierlo.

Presente, come sempre.


- 5 anni dopo, cancelli di Trost -


La gente era solita lasciarlo passare, per gentilezza o semplice rispetto, consapevoli che quelle che martoriavano il suo volto erano ferite di guerra. Marco Bodt non aveva mai avuto difficoltà a destreggiarsi nella folla, nemmeno in una di quelle dimensioni.

E soprattutto, sapeva sempre dove andare.

Seppe di essere arrivato in prima fila quando sentì la massa di corpi alle sue spalle e il vuoto davanti a sé; i nitriti dei cavalli si erano fatti più forti, la polvere del terreno sollevata dai loro zoccoli gli solleticava il naso.

Si voltò a destra e sinistra, attendendo con pazienza e appoggiandosi al bastone da passeggio con tutta la naturalezza possibile, ogni senso all'erta.

Sentì un bambino strattonargli la manica della giacca e si chinò a quella che credeva essere l'altezza del suo volto. Il bimbo poggiò la piccola mano su una delle due cicatrici che scorrevano dalla sua fronte fino alle sue guance, senza domandare come se le fosse procurate.

- Chi stai aspettando? - chiese, curioso.
Marco alzò un dito indice, chiedendogli un momento; il bambino attese per una manciata di secondi, prima che Marco scattasse in piedi e allungasse il bastone da passeggio a mezz'aria, fermandolo proprio davanti il muso di un cavallo.

L'animale nitrì innervosito; Marco rise di gusto, avvertendo il ragazzo che lo guidava abbandonarlo e donare le redini al soldato alla sua destra.

- Sai che il mio cavallo odia quando fai quel giochetto. - sorrise Jean. Poi, senza attendere che replicasse, gli si gettò al collo, stringendolo in un abbraccio.

- Mi sei mancato. - sussurrò.
Marco sorrise, la testa poggiata contro la sua spalla; e quando Jean si scostò per baciare piano entrambe le cicatrici non protestò minimamente.

- Anche tu. - rispose piano, lasciando vagare le dita sul volto di Jean.

Ne ricordava ogni dettaglio. Gli zigomi alti, la forma allungata, gli occhi di un vivido color ambra e dalla forma sottile; l'espressione corrucciata in grado di rilassarsi solo in rari momenti. Jean era stato e sarebbe rimasto il raggio di luce nell'oscurità del suo mondo.
Strinse la sua mano, sorridendo piano nel sentire il freddo metallo dell'anello all'anulare di Jean contro la sua pelle.
- Anche tu. -






PERCHE' IO DEVO METTERE SEMPRE IL FINALE CHE NON VI FACCIA ANGOSCIARE DEL TUTTO, SENNO' HO GLI INCUBI PER GIORNI.

POI DITE CHE NON VI VOGLIO BENE. SCREANZATI.

Ma a parte questo... come al solito, grazie per essere arrivati fin qui. Grazie per aver letto e sopportato il mio masochismo, e grazie per...esserci, in generale. Se vorrete farmi sapere che ne pensate, lo apprezzerò molto! Qui su EFP come su tumblr (what-a-joice.tumblr.com)!

Alla prossima,

- Joice

   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: JoiningJoice