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Autore: ChildOfTheDeath    25/08/2014    5 recensioni
" Cosa vedi nelle tue visioni? "
" Soltanto sabbia. Sabbia rossa, infuocata. E paura, tanta paura. "
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Quando Nico Di Angelo trascina una ragazzina al campo mezzosangue, nessuno si aspetta che quella semidea dall'aria spaurita possa rappresentare una vera minaccia. Ma Genesis Hale sa di essere completamente pazza. Sente le voci, ha gli incubi e le visioni. Visioni spaventose, di scenari apocalittici, sangue e morte.
Qualcosa di oscuro e potente si sta risvegliando, e lei l'ha visto in anticipo. Quando Rachel Elizabeth Dare pronuncia la profezia è troppo tardi.
Chaos si è ridestato dal suo profondo sonno, e reclama vendetta.
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" E' tutto nelle tue mani, ragazzina. "
" Cosa scegli? Te stessa o il mondo? "
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[ FUTURO APOCALITTICO, QUATTRO ANNI DOPO LA GUERRA DI GEA ] [ NICO/OC ]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nico di Angelo, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter eleven- In the End

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Time is a valuable thing
Watch it fly by as the pendulum swings
Watch it count down to the end of the day
The clock ticks life away


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<< E’ felice. >> Disse Annabeth, a mezza voce. Teneva in mano un bicchiere di aranciata, ma non aveva ancora bevuto niente. Seguii il suo sguardo tempestoso, trovandomi a fissare Nico. Il cortile della casa grande non era mai stato così tanto pieno di gente. Praticamente tutto il campo era stato invitato alla festa a sorpresa, perciò l’ambiente era un pochino sovraffollato. Due enormi tavoli da buffet erano stati posizionati al centro, e i semidei ballavano a ritmo di musica, o chiacchieravano amabilmente. La figlia di Atena sorrise. Era un sorrisetto tenero, quasi materno. Mi chiesi se sapesse che quel ragazzo era stato innamorato di Percy, ma credevo di si. Era troppo intelligente per non averlo capito.

<< Organizzate feste a sorpresa per tutti quanti? >> Domandai, incrociando le braccia al petto. Nico sembrava totalmente fuori dal suo elemento e molto imbarazzato, in mezzo a tutta quella gente che gli faceva gli auguri e batteva pacche sulle spalle, ma sorrideva. Un sorriso impercettibile, ma raggiungeva gli occhi.

<< Nah, soltanto per quelli speciali. >> Annabeth mi fece l’occhiolino. Dava l’impressione di essere rilassata, ma sapevo che non era così. Lo si notava dalla scintilla di inquietudine che le balenava ogni tanto nelle iridi, o dalla postura tesa delle spalle. Non la biasimavo. Non era un bel periodo per chi sapeva cosa stava succedendo.

<< Hai paura? >> Chiesi, senza quasi pensarci. Forse avevo semplicemente bisogno di qualcuno con cui sfogarmi, di qualcuno che provasse i miei stessi sentimenti. Non volevo parlarne con Nico, perché lui mi considerava abbastanza forte da riuscire a cavarmela da sola. Avrei voluto credergli, ma non era vero.

<< Non per me. Ho paura per Percy, per nostro figlio, per i miei amici… Il solito. >> Si strinse nelle spalle. Le lanciai un’occhiata di sottecchi. Non sembrava incinta. La pancia non si vedeva ancora, e poi era molto giovane. Lei e il suo ragazzo avevano ventuno anni, ma sembravano una coppia molto consolidata. Dovevano averne passate tante insieme.

<< Sono sicura che andrà tutto bene. >> Mormorai, ma lo dissi soltanto per convincere me stessa. Annabeth sorrise. Un sorriso falso, e tirato. I suoi occhi rimasero vigili ed inquieti. Mi strinse la spalla per un momento.

<< Vado a vedere dov’è Leo. Non vorrei che avesse fatto esplodere qualcosa. >> Poi si allontanò. Sapevo che la sua era soltanto una scusa per rimanere sola, ma non dissi niente.

Inclinai la testa, finché la mia nuca non toccò  il tronco a cui mi ero appoggiata. Le fronde degli alberi coprivano parzialmente il cielo, ma si vedevano le stelle. Era luminose, ed immobili. Mi sarebbe piaciuto essere una stella. Sembravano così lontane ed intoccabili… Come se niente e nessuno potesse sfiorarle. Brillavano di luce propria, ed erano bellissime. Sarebbero rimaste per sempre lassù, proprietarie di un piccolo pezzo di universo. Diedi un calcio alla corteccia, sbuffando. Perché stavo facendo pensieri poetici sulle stelle? Avevo cose più importanti a cui pensare. Per esempio, erano le undici e trenta. Nella visione alle undici e trenta il mondo stava cominciando ad andare in rovina. Per il momento non c’era stato alcuno spargimento di sangue, niente tempeste di sabbia o mostri che risorgevano dalle profondità della terra. Ma io non ero per niente tranquilla. Avevo persino rifiutato l’enorme ed invitantissima fetta di torta al cioccolato che Rachel aveva minacciato di infilarmi in gola, perché non ero sicura che sarei riuscita a tenerla nello stomaco. Mi passai una mano tra i capelli, ripensando alla giornata trascorsa. Mi ero divertita, se si escludeva la parte in cui Apollo mi consegnava le pasticche di XANAX. Nico si era comportato complessivamente bene, e avevamo parlato come due persone civili. Ci mettevamo a litigare per cose stupidissime, ma finiva tutto in una risata e sguardi divertiti. Avrei voluto che durasse di più. Strinsi i denti. Non dovevo pensare a lui in quel momento. Non in quel modo.

<< Genesis, vieni con noi, dai! >> Emma sbucò dal buio, prendendomi per mano. Sorrisi, dandole un buffetto in testa. Aveva dodici anni, ma sembrava molto più piccola. Mi sentivo come in dovere di proteggerla. Mi ricordava me quando ero più giovane. Così ingenua ed innocua… Ancora inconsapevole del fatto che alcune persone potessero essere davvero cattive. Adrian mi salutò da lontano. Stava parlando con Lux. Lei rideva. Un sorriso bellissimo, che le illuminava il volto perfetto.

<< Agli ordini, Em… >>

Poi qualcosa dentro di me si spezzò.

Mi inginocchiai, con il fiato bloccato in gola.

Mi sembrava di essere tornata a qualche giorno prima, quando Ipno aveva spezzato il blocco. Ma quella volta era più forte. Come se migliaia di persone stessero gridando nelle mie orecchie contemporaneamente, come se qualcuno si stesse divertendo a trapanarmi il cervello con un martello pneumatico. Sentii la gola bruciare, e mi resi conto soltanto in quel momento che stavo urlando. Sentivo la voce di Emma che cercava di farsi strada in quel mare di dolore, ma non capivo cosa stesse dicendo. Mi aveva afferrata per un braccio, mi parlava. Volevo soltanto che smettesse di fare male. Volevo svenire, volevo cessare di sentire. Qualsiasi cosa, ma non quella tortura. Ondate rosso fuoco si abbattevano su di me, scuotendomi dall’interno. Mi sembrava di distruggermi in mille piccoli pezzi di ossa e anima. I polmoni mi facevano male da tanto stavo urlando, ma volevo coprire il suono di quel dolore. Basta, basta.

<< Genesis! >> Sentii una presa sulle braccia. Una presa troppo forte.

 Erano i mostri.

 I mostri delle mie visioni che reclamavano vendetta. Reclamavano il mio corpo, per trascinarmi con loro nel Tartaro. Gridai qualcosa di insensato, perché non riuscivo a parlare. Cercai di liberarmi, ma gli artigli che mi avevano afferrata non mi lasciavano scampo. Strinsi i denti, scalciai, colpii l’aria… Ma niente. Lo sapevo. Sapevo che prima o poi sarebbe successo.

Dov’era Nico? Avevo bisogno di lui. Apollo gli aveva detto di proteggermi, perché mi aveva abbandonata? Sbraitai il suo nome, disperatamente. I mostri mi stavano trascinando via, mi avrebbero uccisa. Non avrei mai più visto mio padre, non avrei avuto una vita. Non volevo morire. Non volevo provare quel terrore viscerale, non volevo avere paura. Ma erano dappertutto, con la loro pelle butterata e la bocca spalancata in un’espressione ripugnante. E non potevo scappare, non potevo fare niente. Soltanto urlare il suo nome, sperando che riuscisse a sentirmi.

<< Genesis, sono qui! >> Una voce umana.

Spalancai gli occhi, e improvvisamente tutto si fermò.

Il mondo tornò il luogo che era veramente. Niente rosso, niente dolore, niente mostri… Soltanto una marea di facce terrorizzate che mi fissavano, ad occhi sgranati. Ero in ginocchio, con le unghie piantate nei palmi delle mani. Il sangue mi colava lungo i polsi, lento, cremisi… Vitale. Con la coda dell’occhio scorsi Rachel. Era pallidissima, aggrappata ad un braccio di Piper. Poi trovai il coraggio di alzare lo sguardo. Nico mi fissava, e per la prima volta nelle sue iridi scorsi una scintilla di vera paura. Repressi un singhiozzo, e lui se ne accorse.

 Improvvisamente mi sentii crollare. Tutti i semidei del campo mi avevano vista in quello stato pietoso, sapevano che avevo un punto debole. Avevano capito che qualcosa in me non andava, e non soltanto perché ero una figlia di Eris. Perché avevo avuto una visione nel bel mezzo di una festa, e dopo anni ci ero ricascata. Mi era sembrata così vera… Così reale. Mi sentii mancare il respiro. La mia mano scattò verso la tasca dei jeans, dove tenevo le pastiglie di XANAX. Nico mi afferrò il polso prima che potessi fare un solo movimento.

<< Sta succedendo. >> Mimai con le labbra. Poi mi alzai di scatto, liberandomi dalla sua presa. Non ci fu nemmeno bisogno di prendere a spintoni la calca, perché al mio passaggio si apriva un sentiero tutto mio. Alzai gli occhi, arrivata al centro del cortile della casa grande. Sentii soltanto un colpo al cuore, ma la mia mente analizzò freddamente la situazione.

C’era la sabbia.

Tanta sabbia.

Si abbatteva contro la barriera del campo mezzosangue, non riuscendo a scalfirla, ma il bosco circostante era percosso dalle ventata infuocate. Il cielo notturno era illuminato di rosso e arancione, ma non dai bagliori del tramonto. Era come se qualcuno avesse deciso di rovesciare un enorme  secchio di vernice addosso al mondo. Guardai l’orologio. Erano le ventitré, trentanove minuti e cinquanta secondi.

Nove.

Sapevo cosa sarebbe successo. Il legame tra me e Rachel sembrava essere diventato incandescente. Le parole dell’Oracolo di Delfi risuonarono nell’aria, leggere come il vento, ma allo stesso tempo pesanti come un macigno.

<< Nel diciottesimo giorno dell’angelo, i semidei oscuri alla chiamata risponderanno. >> Il diciottesimo giorno dell’angelo; il compleanno di Nico.

Otto.

<< Il calice della vita nascosto sarà nella terra della morte, dove l’antico potere regna senza Sorte. >> Non avevo bisogno di abbassare lo sguardo per sapere che più o meno tutti erano sul punto di vomitare, o di svenire. Mi sentivo così anche io.

Sette.

<< Il padre del mondo si sta risvegliando, i cinque semidei sconfiggerlo dovranno. >>

I cinque semidei. Nico, Lux, Adrian, me… Ne mancava uno.

Sei.

<< Il figlio della Morte, Paladino, protegge gli altri contro il suo destino. >> Cosa significava? Stavo cominciando ad odiare le profezie.

Cinque.

<< La Ladra di ricordi giurerà vendetta. >> Lux.

Quattro.

<< La figlia della Notte ad uccidere sarà costretta. >> Una sensazione di gelo mi investì. Il quinto semidio era un altro figlio di Nyx. Emma, la sorellina di Adrian.

Tre, due, uno.

 << Il sangue della bambina maledetta verrà versato. >>

<< Soltanto così il mondo può essere salvato. >>

Zero.

La tempesta di sabbia cessò improvvisamente, come avevo previsto. Un silenzio tombale calò sul campo mezzosangue. Un silenzio che valeva più di mille grida, esclamazioni, gemiti o parole. Ma dentro di me il tornado imperversava ancora, lasciandomi al posto del cuore e dello stomaco una landa brulla e desolata. Avevo pregato così tanto per la profezia… Ma mi ritrovavo a fare i conti con le conseguenze. Non avevo più scuse. Il giorno seguente si sarebbe tenuto il consiglio di guerra, con tutti i semidei, e avremmo organizzato l’impresa. Però io non ero pronta. Non sapevo combattere i mostri, non sapevo dove si trovasse questo calice della vita… Ma Rachel era stata chiara. Non c’era via di scampo.

Il mio sangue doveva essere versato, per la salvezza del mondo.

Io dovevo morire.

 

 

 

 

 

 

<< L’importante è mantenere la calma. >> Sospirò Chirone per l’ennesima volta. Mantenere la calma? Sul serio? Il mondo stava andando a scatafascio e lui pretendeva che ci sedessimo attorno ad un tavolo a sorseggiare camomilla. Bella strategia. Clarisse La Rue sembrava pensarla come me, perché sbuffò sonoramente dalle narici, come fanno i tori.

<< Devono partire, subito. >> Sibilò tra i denti, indicandoci con un ampio gesto teatrale. Io e i miei quattro nuovi compagni di avventura ce ne stavamo uno accanto all’altro. Il gomito di Adrian mi sfiorava le costole, mentre la mia mano e quella di Nico continuavano a toccarsi fugacemente, come se nessuno dei due volesse davvero quel contatto. Emma sembrava la più terrorizzata di tutti, e soltanto a vederla mi si strinse il cuore. Aveva soltanto dodici anni. Era una bambina. Non che noi altri fossimo così grandi, ma io e Lux perlomeno potevamo essere definite adolescenti, Adrian aveva diciassette anni e Nico era appena diventato maggiorenne. Sapevamo badare a noi stessi.

<< Non sappiamo nemmeno cosa cercare, come possiamo partire? >> Domandò il figlio di Nyx, passandosi una mano tra i capelli biondi. Mi trovai ad annuire. Aveva ragione. Cosa era un calice della vita? Per non parlare poi della terra della morte. Non credevo si trattasse del Tartaro. Sarebbe stato troppo… Scontato. E poi da quanto ne sapevo nel Tartaro non c’era la sabbia. Soltanto rocce, fiumi infernali e mostri.

<< Adrian ha colto il punto. >> Borbottò Percy. Lui, Annabeth e Clarisse non avrebbero preso parte all’impresa, ma erano i veterani del campo mezzosangue, e i migliori combattenti. La figlia di Atena e quella di Ares erano strateghe coi fiocchi, mentre Percy aveva coraggio da vendere. Quando avevano la mia età erano stati degli eroi. Al solo pensare quella parola mi vennero i brividi. Sembrava così strana ed irraggiungibile…

<< Ma non possiamo nemmeno aspettare molto, potrebbe scoppiare un’altra tempesta. >> Fece notare Lux. Era la prima volta che la vedevo con i capelli sciolti, senza la treccia. Così sembrava molto più giovane della sua età.

<< Togli il “potrebbe”. >> Intervenni, con tono monocorde. Nico mi lanciò un’occhiata. In quel momento avevo bisogno di Rachel, per capire se lei aveva avuto qualche visione che a me non era arrivata. Chirone aveva contattato Ipno dopo la mia performance da cantante lirica, quando il dolore alla testa mi aveva fatto desiderare di morire. Il dio aveva supposto che il mio corpo non era preparato per accogliere lo spirito dell’Oracolo, perciò aveva tentato di espellerlo, come si fa con le tossine. E per espellerlo aveva bloccato il collegamento tra me e Rachel, facendomi provare quella straziante ed insopportabile sofferenza.

Divertente, vero?

<< Io credo… >> Cominciò Chirone, passandosi una mano sul volto. Sembrava molto stanco.

<< Che dovreste andare tutti quanti a dormire. E’ mezzanotte passata, e ci aspettano giorni duri. >> Concluse, battendo a terra uno zoccolo.

Non potevo dirmi più d’accordo, ma non sarei mai riuscita a prendere sonno, ne ero sicura. Nonostante a malapena mi reggessi in piedi, sarebbe stato impossibile addormentarsi. Non dopo tutto quello che era successo quella sera. Avrei ripensato alla profezia, al suo significato, a mia madre… Mio padre. Sentii un tuffo al cuore, e la morsa che stringeva il mio stomaco mi artigliò con più forza. Come avevo fatto a dimenticarmene? Mio padre era a New York durante la tempesta. E se fosse stato fuori casa? Se la sabbia l’avesse risucchiato?

Si sentì un coro di buonanotte mormorati a mezza voce. Adrian ed Emma si allontanarono velocemente. La piccoletta era aggrappata al braccio di suo fratello, come se lo considerasse un’ancora di salvezza. Lux si passò una mano tra i capelli, poi scosse la testa. Mi lanciò uno sguardo d’intesa, ma non disse niente. Legò la lunga chioma argentea in una coda sbarazzina, e si diresse verso la cabina di Ermes a grandi passi.

<< Genesis… >> Disse Nico, una volta che fummo rimasti soltanto io e lui. Scossi la testa.

<< No. Non adesso. Devo restare sola. >> Non aspettai di sentire la sua risposta.

In realtà non volevo restare sola. L’unica cosa che desideravo con tutto il cuore era di scoppiare a piangere contro la sua spalla, e autocommiserarmi per il resto della mia vita. Ma non potevo. Perché probabilmente mio padre era ferito e spaventato, aspettando che qualcuno lo aiutasse. Forse avrei dovuto semplicemente odiarlo, e smettere di preoccuparmi per lui, ma non ci riuscivo. Mi aveva supplicato di perdonarlo, e io gli avevo chiesto di darmi tempo. Forse quel tempo era scaduto. Non potevo lasciarlo solo. Dovevo almeno assicurarmi che stesse bene, e dirgli di chiudersi in casa per il resto dei suoi giorni. Corsi nella cabina di Ermes. Grazie agli dei c’era la solita confusione, nonostante quello che era successo, perciò nessuno mi prestò troppa attenzione. Ficcai Gioiosa nello zainetto, insieme ad una felpa e una barretta di cioccolato che avevo conservato dalla sera prima. Una risatina amara mi sfuggì dalla labbra. Ma dove stavo andando? Al campo scout? Al posto del cioccolato mi sarebbe stata più utile una fiala di nettare d’ambrosia, ma non potevo concedermi il lusso di fare una sosta in infermeria.  Non ci avrei messo tanto. Un salto a casa, e poi sarei tornata al campo. Nessuno si sarebbe accorto della mia assenza.

Riuscii ad arrivare alla barriera senza troppi problemi. Mi imbattei soltanto in un figlio di Dioniso completamente ubriaco, che quando mi vide si limitò a ridacchiare, e a mollarmi una pacca amichevole sulla spalla. Per fortuna non aveva il caratteraccio di suo padre, che era stato convocato sull’Olimpo di grande urgenza. Immaginai l’espressione che doveva aver fatto Zeus quando si era accorto che mia madre ed io avevamo ragione. Un sorrisetto macabro mi si dipinse sulle labbra.

Attraversai il bosco con la mia spada stretta in mano, sobbalzando ad ogni minimo scricchiolio. Arrivai indenne alla fermata dell’autobus. Ero sicura che sarebbe passato nonostante quello che era successo. La tempesta era stata soltanto un avvertimento, un assaggio di quello che sarebbe successo dopo. Chaos si stava divertendo a giocare al gatto e al topo. Aspettai più o meno dieci minuti, con lo sguardo fisso sul mio orologio. Mancava poco all’una, ma non ero più stanca. L’inquietudine e la voglia di agire mi tenevano sveglia e vigile, pronta ad affrontare qualsiasi minaccia. Non che sapessi cosa avrei fatto se mi fossi imbattuta in un mostro. Probabilmente sarei scappata a gambe levate, o cose del genere. Mentre mi sedevo sul sedile consunto, vicino alla cabina dell’autista, pensai che non ero tagliata per fare l’eroe.

Per niente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE AUTRICE

Ciaaaoooo :3 innanzitutto mi scuso per la profezia. Io e le rime non andiamo per niente d’accordo, ho fatto del mio meglio, lo giuro. Nel prossimo capitolo succederà un altro casino in mezzo al casino. Un casino più piccolo, ma pur sempre incasinato. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e come al solito ringrazio i miei recensori, chi segue, preferisce, ricorda o leggere questa storia. Grazie mille!

Bacioni

   
 
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