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Autore: FairLady    25/08/2014    3 recensioni
Una persona può cambiare totalmente per un'altra? Può annullarsi per un'altra?
Questa è la storia di Mark e Marta, gentilmente concessomi da Ohra_W, e del percorso che, in qualche anno, li porterà a capire cosa realmente vogliono e di cosa hanno veramente bisogno.
Dal primo capitolo:
"E, a un tratto, quella donna si era trasformata nella sua ossessione personale. Era possibile che fossero stati sufficienti cinque minuti, in cui, per altro, non era successo assolutamente nulla di anche solo lontanamente rilevante, per farlo impazzire? "
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Owen, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
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«Senti, Roby, mi dispiace. Mi dispiace davvero tantissimo, ma io non ce la faccio, non posso accompagnarti a Play Radio.»
Mentre ancora la folla si accalcava sotto gli studi, Roberta si era voltata in cerca della sorella, la cui mano aveva lasciato la presa dalla sua da un po’. Nel panico, si era fatta strada attraverso le persone fino a vederla accovacciata a terra nella via perpendicolare, fuori dal casino e lontana dall’evento.
Ora le era di fronte e l’aveva sentita dire che non l’avrebbe accompagnata alla radio; tremava leggermente sotto al pesante cappotto e si teneva le ginocchia abbracciate al petto.
«Marta – e quando la chiamava con quel tono serio erano davvero guai –, mi spieghi cosa diavolo sta succedendo? Sono giorni che sei strana, capisco i tuoi problemi di cuore anche se al riguardo non ne so praticamente niente, ma proprio non riesco ad afferrare quale sia il tuo reale problema», e Marta scoppiò in lacrime. Roberta aiutò la sorella ad alzarsi da terra e l’abbracciò forte.
Dopo qualche minuto in cui nessuna della due si permise di aprire bocca, la maggiore prese la sorella minore per mano e cercò i suoi occhi.
«Io spero davvero che prima o poi mi dirai cosa ti turba tanto, piccola. Nel frattempo ti riaccompagno a casa e andrò da sola alla radio, non c’è problema.»
Nemmeno Marta seppe per quale motivo, cosa l’avesse spinta a rispondere scuotendo il capo, ma in quel momento sentì la sua voce dire:
«Tranquilla, ora sto meglio. Non c’è bisogno che mi riporti a casa, finiresti con il far tardi e non voglio farti perdere la tua occasione» baciò la guancia di Roby e le sorrise, anche se l’ansia non l’aveva ancora abbandonata.
«Però vorrei andare in un bar ora, mi è venuta fame.»
Tutto pur di allontanarsi da lì ed evitare il momento in cui i Take That fossero usciti per raggiungere il van.
 
E fu così che tre interminabili ore dopo furono nel cortile degli studi di Play Radio.
Marta si sentiva a disagio, nervosa e, soprattutto, frustrata dal non poter dar sfogo a quei sentimenti, dovendoseli tenere dentro per non creare altri problemi alla sorella e per non rovinargli ulteriormente quella giornata che doveva essere per lei la più bella della sua vita.
Quando furono alla porta d’ingresso Roberta si volse a guardarla.
«Vieni anche tu, provo a chiedere se possono farti entrare. Non mi va l’idea di lasciarti qui da sola al freddo» le disse, rammaricandosi di non aver domandato al telefono il permesso di portare un’accompagnatrice.
«Stai tranquilla, resterò qui e ti aspetterò con un defibrillatore pronto all’uso in mano – le rispose sfoggiando un sorriso finto quanto una banconota da due euro –, non preoccuparti.»
Roby però non era affatto tranquilla, tutt’altro, così la prese per mano e la trascinò dentro al palazzo, sicura che non avrebbero avuto il cuore di lasciarla nel cortile a congelare.
Infatti, pochi minuti dopo Marta sedeva su una sedia nella regia degli studi, mentre la sorella, già perfettamente calata nella parte della fan invasata, stava scambiandosi pressione arteriosa e battito cardiaco con le altre quattro vincitrici nel tentativo di capire chi sarebbe svenuta per prima.
Da dove si trovava poteva vedere i due presentatori della trasmissione e le cinque ragazze sedute su dei divanetti dietro di loro. Vedeva tutto. Questo significava che…
«Dall’altra parte ci vedono anche loro?» chiese, cercando di contenere il panico che sentiva crescerle dentro a un ritmo preoccupante.
«Non siamo mica in un commissariato di polizia e questo non è un interrogatorio – rispose simpaticamente il dj, sperando di strapparle un sorriso –, certo che ci vedono.»
Marta, però, non sembrò divertita.
Era in trappola.
Sua sorella era di fronte a lei, con gli occhi lucidi e le mani strette intorno a “Beautiful World”, in procinto di essere frantumato da quelle dita troppo nervose.
Lei si trovava su una nave che stava per affondare; era come un topolino che, dalla stiva, avrebbe corso come un ossesso verso la superficie, cercando di scappare.
Solo che era già arrivata in alto e non c’era nessun’altro posto dove cercare salvezza.
Mark, a breve – molto breve – sarebbe stato in quello studio di registrazione e con tutta probabilità si sarebbe accorto di lei. Non aveva scampo.
Mentre tentava di capire se il dj avrebbe ritenuto strano vederla sgattaiolare sotto la consolle, intercettò del movimento nel corridoio che aveva percorso qualche istante prima, quando era arrivata con Roberta. Il cuore iniziò a battere talmente forte che se non ci fosse stata la musica alta probabilmente il suo coinquilino accidentale lo avrebbe percepito chiaramente.
Pochi secondi dopo intravide dal vetro dello studio un biondo sospetto; poi un riccio, uno spilungone… e infine comparve Mark in tutto il suo “dannato” splendore.
Entrarono nello studio in fila indiana e, uno alla volta, abbracciavano le cinque ragazze. Roberta era così tesa che il sorriso le si era paralizzato sul viso; a Marta venne momentaneamente da ridere – solo perché grazie a tutta quella cerimonia Mark dava ancora le spalle alla regia - nel vedere sua sorella in quello stato. Sembrava fatta di legno. Comunque, fino a qui, tutto bene.
La situazione precipitò quando fu il turno di Roberta di presentarsi a Mark.
«Piacere, Mark, sono Roberta Mancini.»
Il cantante s’irrigidì come una corda di violino – Marta se ne accorse subito, pur sforzandosi non riusciva a togliergli gli occhi di dosso –, ma scosse impercettibilmente la testa e si volse verso i due presentatori, abbracciandoli e regalando sorrisi. Si misero a sedere al lungo bancone, uno vicino all’altro; lei pregava silenziosamente che per qualche miracolo divino Mark non si accorgesse di lei, anche se i suoi occhi cioccolato pareva stessero trapanando il vetro che la divideva dallo studio in cerca di quelli di lui.
Non avrebbe voluto averci più nulla a che fare. Avrebbe voluto andare avanti, superare tutta la situazione, ma con quegli occhi azzurri lì davanti, a un passo dall’incrociarsi di nuovo con i suoi, non sapeva più nemmeno lei cosa sperare.
E il secondo dopo Mark la stava fissando così intensamente che le sembrò di morire.
 
***
 
Da quando aveva creduto di averla vista in mezzo alla folla, Mark non aveva fatto altro che pensare a quanto ormai fosse caduto in basso se era arrivato a soffrire di allucinazioni così realistiche.
Doveva concentrarsi sul lavoro, sulle interviste, sulla promozione, invece sprazzi di ricordi dolorosi e sogni a occhi aperti gli sfrecciavano nella mente facendolo impazzire.
Arrivarono a Play Radio con un ritardo spaventoso sulla tabella di marcia, a causa della folla enorme che li aveva travolti in Piazza Duomo, ed erano tutti molto di fretta, tesi e nervosi.
Quando però incontrarono Petra e Marco, che li avevano sempre sostenuti in Italia come pochi altri, si sentirono subito a loro agio e più tranquilli. Avrebbero dovuto affrontare un breve Meet&Greet con qualche fan e poi sarebbero finalmente tornati in albergo.
Entrarono nello studio e vi trovarono subito i due presentatori e le cinque ragazze vincitrici dell’incontro. Come di consueto si avvicinarono e parlarono brevemente a ognuna di loro prima di iniziare l’intervista.
Quando Mark arrivò all’ultima donna, di nuovo l’ossessione che lo tormentava si palesò come un coltello piantato nella gola.
«Piacere, Mark, sono Roberta Mancini.»
Come diavolo era possibile – come? – che tra tutte le persone che avrebbe potuto incontrare, ne aveva di fronte una con lo stesso cognome di Marta? Stava già impazzendo di suo, e ora ci si metteva anche qualcosa nell’universo che cercava di impedirgli di dimenticarla: non potevano essere tutte solo coincidenze!
 
Un uomo fa ciò che può, finché il destino non si rivela*
 
Aveva provato con tutte le sue forze a scacciare quei pensieri, a demonizzare quei sentimenti sbagliati e inutili – visto che lei lo aveva definitivamente allontanato –, ma ogni cosa remava contro di lui, contro la sua volontà.
Poi… alzò gli occhi.
Vedersela lì davanti, con lo sguardo sgranato, teso, umido, caldo fu davvero troppo; averla a pochi passi e tornare a sentirla pulsare nelle proprie vene come se non se ne fosse mai andata.
Il suo destino si era appena rivelato.
 
 
It wastn’t a question before I knew
It’s just an answer here by my side
I found it out just in time
It’s you.
   
 
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