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Autore: SmellyJelly    26/08/2014    2 recensioni
Io sono invincibile.
Sì, e potete dirlo forte... Sono sopravvissuta al mio passato e sto sperando nel mio presente.
(Sequel della storia "HIStory & HERstory")
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Jackson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Him

La prima cosa da fare era cambiare vita, quindi andare a vivere in un altro posto. Un posto lontano da occhi indiscreti, lontano da persone che pensi di aver deluso, lontano da tutto e tutti in poche parole.
Però avevo fatto una promessa. Sarei dovuta tornare da Siria, le gemelle e Ariel, ma non potevo.
Loro sapevano com’ero fatta e probabilmente sapevano che non sarei mai restata in quel paese. Ogni giovane all’epoca sognava l’America, e io ero giovane.
Perciò dovevo andare da loro per salutarle… E grazie alle mie conoscenze feci radunare tutte tramite una specie di codice segreto che usavamo tutte e cinque per incontrarci nelle situazioni pietose.
-Cristo santo!- esclamazione che usavo in poche occasioni. Poche occasioni estremamente drammatiche, e questa era una di quelle.
Ci abbracciammo.
-Ragazze devo dirvi una cosa molto importante-
-Anche noi- sentenziò Siria.
Attesi.
-Ti vogliamo bene Elizabeth…- cominciò Miriam.
-… Sappiamo a cosa pensi…- continuò Scarlett.
-… Questa volta non ci opporremo, siamo con te…- disse ancora Siria.
-… E questa volta mia cara, abbiamo agito prima di te- terminò Ariel passandomi una busta.
-Aprila coraggio!- sorrise Miriam.
Le squadrai prima tutte e quattro, poi prestai attenzione alla busta, ma non feci troppa attenzione perché ero troppo ansiosa. Presi la prima cosa che mi capitò, una lettera.
L’aveva scritta Siria.
Lessi:
‘Cara Elizabeth,
ne abbiamo passate di avventure insieme, io, te, Miriam, Scarlett e Ariel. Sono più di vent’anni che ci conosciamo e sappiamo praticamente ogni sfumatura del tuo carattere, del tuo spirito libero e delle tue iniziative fuori dal comune, perciò sappiamo che di certo dopo questo brutto periodo che hai vissuto non avremmo mai potuto tenerti un po’ con noi, perché sapevamo che le coccole non servivano a te, che per coccolarti servivano ben altro che baci e abbracci... sapevamo anche che tenerti con noi era come tenere un animale fuori dal suo abitat naturale, era come volerti del male, perciò ti abbiamo fatto un regalo che penso ti farà molto piacere ricevere. A te non piacciono le sorprese, sappiamo anche questo è vero, ma questa secondo noi è l’unica che potrebbe farti davvero felice.
Quindi questa è la nostra ultima avventura, che sarà un po’ diversa dalle altre perché non la vivremo insieme, però sarà come se fossimo per sempre con te ricordalo.
Ecco, penso che questo sia un addio. Addio è una parola difficile specialmente per me, la tua Siry, però questa volta è una parola necessaria e sarei egoista se non avessi voluto un giorno pronunciarla...
Forse avrai le lacrime agli occhi quando leggerai queste parole, ma devi restare forte. Adesso devi tirare fuori tutta la forza che hai, o tutta quella che ti è rimasta per farne posto ad altra che di certo sarà più potente per affrontare la NOSTRA prossima avventura. In più alla tua ti diamo anche la nostra di forza, sappi che ti meriti tutto il bene del mondo ora e tu non fartelo scappare, sarà prezioso.
L’ultima cosa che devi sapere, e che forse sai già, ma che specialmente adesso devi ricordarti... è che noi ti abbiamo voluto bene, ti vogliamo bene e te ne vorremo per sempre.
Queste parole sono il frutto della nostra amicizia speciale, le tue,
Ariel, Siria, Miriam e Scarlett.
P.s. buona fortuna per questo periodo della tua storia, sei invincibile.’
Avevano ragione quando pensavano che avrei pianto. Un fiume mi scorreva sulle guance, fino a proseguire per arrivare al profondo del mio cuore. Quando alzai il capo le quattro non c’erano più, si erano volatilizzate.
Nella busta c’erano anche qualche migliaia di euro e un biglietto di prima classe diretto a New York e dovevo muovermi per non perderlo. Sapevano che dovendo partire subito non avrei avuto neanche il tempo di piangere o di pensare, e sapevano che almeno sull’aereo quel meraviglioso paesaggio sotto di me mi avrebbe consolata.
Ora capivo chi aveva pagato la cauzione. L’unica cosa che non capivo era il perché dell’anonimo. Forse non voleva farsi scoprire dai genitori, o per non infangarsi la reputazione che nella sua vita contava moltissimo, quindi potevo capire… Ma infondo nessuno l’avrebbe saputo comunque… Mah.
Poi mi accorsi di quanto davvero contava per me la loro amicizia e che eravamo cresciute praticamente insieme… E notai di quanto Siria fosse maturata in questi anni. Altroché se mi sarebbero mancate, adesso capivo davvero il valore di tutto ciò che sino a quel momento avevo avuto sotto gli occhi, ma infondo una cosa la si apprezza più quando non la si ha.
All’improvviso mi venne l’idea di risponderle, mi ripromisi di mandargliela più presto quella mia lettera.
Presi carta e penna.
‘Care ragazze,
avete centrato con quel regalo, sapevo che non mi avreste mai delusa e sapevo che infondo un po’ di fiducia in me vi era rimasta. Però dovete sapere che non solo voi avete prestato attenzione alla mia personalità “sfuresta” come dici tu Ariel, e perciò anche io vi ho preparato delle sorprese coi fiocchi.
Credevate di non essere le uniche ad agire senza destare sospetti non è così?
Sì, io ho pianto. Voi sapete quanto ci vuole per farmi piagnucolare come una bambina, beh ci siete riuscite, ma infondo me l’aspettavo...
Neanche io sono favorevole a questo addio, ma prima o poi doveva accadere lo so, le nostre vite devono prendere strade diverse e questo è un bene da un lato, ma dall’altro non vi dimenticherò mai, perché è impossibile dimenticare delle persone eccezionali come voi, che mi hanno supportata e sopportata anche in circostanze in cui mi sarei odiata da sola. Non so come ci siete riuscite, ma in qualche modo ce l’avete fatta!
Prima che pianga di nuovo vi auguro una buona vita, siete invincibili e... vi voglio bene, siete le persone più speciali che ci siano sulla faccia della Terra.
Rimarrete sempre nel mio cuore, siete la mia infanzia perduta che grazie a voi un po’ ho vissuto.
Grazie di tutto, la vostra,
Elizabeth (Lely o bambina).’

Arrivai nell’aeroporto della grande mela nel tardo pomeriggio del 7 novembre 2001 e la prima cosa da fare era trovare un appartamento.
Di fronte all’uscita, però, riconobbi uno dei molteplici autisti di Siria che mi accolse con un caldo benvenuto.
-Salve signorina Nastro- mi sorrise.
-Ma voi cosa ci fate qui?- chiesi felicemente stupita.
-Sono venuto qui per il nostro ultimo appuntamento come mi ha riferito la signorina Rosenberg, vi porto nel vostro nuovo appartamento a time square- mi invitò a salire sulla limousine.
-Davvero? Siria ha fatto questo… Per me?- mi misi una mano sul cuore.
-Sì, insieme alle gemelline e alla loro madre-
-Lo sapevo, ma quanto posso amarle quelle quattro!- saltai subito in macchina, e quasi mi addormentai, ma non potevo farlo perché dovevo abituarmi ai ritmi americani.
Arrivammo di fronte a un palazzo poco meno alto degli altri, era delizioso, colorato di un adorabile color ceruleo che si distingueva perfettamente dagli altri che erano quasi tutti vetrati, e aveva le finestre belle grandi come piacevano a me.
Prima di scendere dall’auto consegnai la lettera all’autista.
-Mi raccomando- gli feci l’occhiolino.
-Sempre con molta discrezione miss- anche lui fece l’occhiolino che io poté vedere attraverso lo specchietto retrovisore, visto che lui era rivolto verso la strada.
Risi –vi ringrazio- aprii lo sportello e annusai l’aria frenetica della mia nuova dimora, New York City.
Quando entrai nell’appartamento capii subito che l’avevano scelto quelle quattro. Era tutto colorato, nessun muro bianco o color panna, solo verde, azzurro e rosa carne. Tutto sommato era piccolo, con un salone dove c’erano un divanetto, una tv (che era inutile visto che io non la guardavo mai) e altre cianfrusaglie varie, una cucina munita di qualsiasi cosa una donna abbia bisogno dove la caffettiera persino era a pois! Fu la prima cosa che notai perché la cosa più importante in una cucina per una donna napoletana era il caffè e quindi automaticamente la caffettiera, e poi c’era la camera da letto con un letto matrimoniale e infine il bagno.
Tutta la casa profumava di un’essenza particolare che mi ricordava qualcosa, o qualcuno. Fu una cosa particolarmente interessante cosicché rubò tutta la mia attenzione. Qualcuno che non fosse Siria o le altre c’era stato…
Riconobbi l’orchidea. Orchidea e cioccolato! Un momento. Quello era il profumo di Michael!
-Non può essere…- rimasi sconvolta –non può essere che Siria si sia messa un profumo da uomo?- domandai a me stessa, ma poi –no… Decisamente non può essere-
Ma Michael non poteva esser stato lì, di certo non era l’unico ad avere quel profumo. Ma sì, era solo un caso. Cercai di scacciare quei pensieri immediatamente e cercai di pensare solo a sistemare le mie cose.
Malgrado ciò quel profumo era ovunque, e io non l’avevo scordato.

Il giorno seguente mi svegliai un po’ tardino… Alle 11:30, minuto più, minuto meno. Preparai il caffè e in seguito lo bevvi affacciata alla finestra, com’era mio solito. Mi misi a guardare il via vai di gente che affollava time square e persi una mezz’ora di tempo.
Non sapevo cosa fare, così presi uno di quei giornali dove di solito c’erano elencati tutti i lavori possibili e immaginabili. Diciamo che non avevo nessun titolo scolastico eccezionale, il resto me l’avevo insegnato Ariel, ma di certo non potevo mandare un curriculum scrivendo le sue educazioni… Del resto a me non era mai piaciuta la scuola cosa potevo farci, così cerchiai questo lavoro come domestica di una ricca donna che abitava a qualche isolato da dove stavo io.
Nel pomeriggio decisi di andare a trovare questa donna, ma ovviamente doveva per forza capitarmi qualcosa di infelicemente inaspettato sulla strada verso la mia destinazione.
Infatti mentre passavo per un centro commerciale che si chiamava “Virgin Megastore” vidi lui… Il Dio sceso in terra per eccellenza…
-Michael- farfugliai.
Quant’era cambiato… Si vedeva da un miglio che era sotto l’effetto dei farmaci, o almeno io ero in grado di accorgermene. Si era tagliato i capelli, aveva un viso stanco, gli occhi a palla ed era truccato uno schifo. Diciamo che era un mix di cose che lo rendevano così, provai pietà per lui.
Nonostante tutto mi mancava così tanto che se avessi potuto sarei salita dritta sull’affare su cui stava e, dopo avergli tirato un bel ceffone, l’avrei abbracciato così forte che sarebbe morto asfissiato.
Cominciarono a scendere le lacrime, ma infondo io nemmeno me ne accorsi; restavo ferma a fissarlo come un’idiota… Nessun singhiozzo, troppi pensieri, troppi. Ma non mi aveva più cercata, non mi voleva e dovevo lasciarlo libero.
Ad un certo punto però si girò verso di me, come se avesse sentito le mie lacrime, tuttavia non sembrava affatto sorpreso. Io a quel punto mi voltai e mi accorsi anche che stavo piangendo, così iniziai a singhiozzare sul serio. Corsi via. Tanto sapevo che non avrebbe mai potuto raggiungermi, o magari l’avrebbe fatto dopo, forse per non essere eccessivamente codardo sarebbe venuto da me per dirmi una volta per tutte che non mi amava più, che la cotta passeggera era appunto passata. Sì, l’avrebbe decisamente fatto.
Le persone mentono.
Mi diedi un’aggiustatina per la strada, poi ad un certo punto mi voltai e mi sembrò quasi come se stessi per diventare una statua di sale…
Tanto lui non mi avrebbe mai vista ormai, ero troppo lontana… Ma le mie gambe erano pietrificate, non riuscivo a fare un passo, non ce la facevo. E come un’idiota tornai indietro, tornai indietro per vederlo ancora una volta.
Mi nascosi dietro un pilastro per non essere incrociata ancora, e restavo lì, a bocca aperta come a fissare un Dio sceso in Terra per mescolarsi con i comuni mortali, e poi da come lo veneravano i suoi fans…
-Elizabeth… Sei proprio tu?- mi chiamò una voce davanti al pilastro.
-Chi sei?- mi nascosi immediatamente meglio dietro quell’enorme colonna.
-Sono Frank, Frank Cascio. Ti… Ti ricordi di me?-
Spalancai gli occhi. A quel punto uscii allo scoperto e lo vidi, com’era cresciuto.
-Frank? Frank! Oh Frank, mi sei mancato così tanto- lo abbracciai forte.
-Lely- si staccò per potermi guardare meglio –Lely sei… Così cambiata… In meglio davvero! Sbaglio o sei più alta? E i tuoi occhi sono più blu del solito!- rise.
-Avevo solo 18 anni quando mi hai conosciuta, sono cresciuta Francesco! E anche tu a quanto pare- risi anch’io.
-Ma che ci fai qui?- chiese divertito.
-Mi sono traferita qui a time square e adesso stavo andando a fare una commissione, tu invece?- appena pronunciai quella domanda fu come una botta in testa, avrei voluto rimangiarmi tutto… Tanto la sapevo già la risposta, e non mi piaceva per niente.
-Sono qui con Michael… Per promuovere il nuovo album- e infatti se ne accorse, e man mano che diceva la frase scendeva sempre più di tono. Non lo sentii quasi per niente grazie alle urla dei fans e non osai richiederglielo neanche morta.
-Chiaro…- roteai gli occhi.
-Lely che ne dici se ci vediamo questa sera? Ti prego! Questo di certo non lo trovo il posto adatto per parlare- e per l’appunto dovevamo gridare per sentirci.
-Certo, dove vuoi che ci vediamo?- sorrisi.
-C’è un ristorantino in periferia, credo sia meglio per avere più discrezione…-
-Perché? Sei diventato famoso anche tu adesso? Hai bisogno anche tu di “privacy”?- incrociai le braccia.
Rise –certo che no, solo non mi piacciono i posti affollati- fece spallucce, poi mi guardò –e nemmeno a te viste le scorse esperienze-
Sicuramente alludeva a quando svenni a quel fottuto concerto, quando incontrai Michael per la seconda volta nella mia vita, oppure a quando io e Jackson andammo a quella cena piena zeppa di vipere e sanguisughe… Quando indossai quell’anello che avrebbe dato a Lisa per il loro fidanzamento.
-Sai Frank, sei un sadico- sorrisi sarcastica.
-Andiamo sto scherzando!- rise –senti e…- smise di parlare all’istante quando si accorse che io e Michael ci stavamo squadrando ben benino dalla testa ai piedi. Ci guardammo così tanto che mi parve di perdere la concezione del tempo, poi spostò lo sguardo da me a Frank, e io ne approfittai per riprendermi.
-Senti niente, Frank! Devo andarmene da qui…-
-Aspetta!- mi fermò per il braccio –non ti ho detto ancora quale ristorante è!-
-Non credo sia il momento adatto…- guardai arrabbiata prima lui e poi il mio braccio che lasciò immediatamente poi.
-Scusa… Si chiama…-
-Lo so già! Frank ascoltami… Io non… Non parlarne con Lui però-
-Certo, ci vediamo a mezzanotte lì- stirò la bocca in un sorriso molto, molto tirato…
Anche io gli sorrisi un po’ stanca, poi gli diedi un abbraccio veloce e me ne andai.
Ormai però era troppo tardi per andare da quella donna, così decisi semplicemente di chiamarla per prendere un appuntamento. Tornai a casa passando per un’altra strada e infine presi l’appuntamento per l’indomani, sempre nel tardo pomeriggio.
Pov Frank
Dovevo parlare a Michael dell’incontro assolutamente, ma quando ci parlai non era per nulla contento di ciò che aveva visto.
-Come ti sei permesso anche solo di sfiorarla?! Pensavo fossi mio amico, cazzo! Io la amo, la amo e tu non capisci come io stia soffrendo per lei!- gridò mentre gesticolava infuriato.
-Sta calmo amico! Io ti ho salvato la pelle! Non ti vuole più vedere, sai?! È colpa tua e se non fosse stato per me voi due non vi sareste mai più visti! Avete un appuntamento sta sera in quel fottuto ristorante di periferia che ti piace tanto- sorrisi pensando alla sua reazione.
-Oh Frank tu sei un santo!- si intristì –davvero non voleva più vedermi?- mi chiese.
-Certo che no! Mi pare ovvio, te ne sei andato senza dirle nulla e lei cosa avrebbe dovuto pensare? Che l’hai lasciata senza dirgli niente come un codardo, Michael! Ha più che ragione a non volerti vedere neanche di striscio- incrociai le braccia.
-Lo so che ha ragione… Ma non ho potuto- si prese la testa tra le mani.
-Si, ma adesso lascia perdere il passato. Se non la recuperi adesso sei fottuto- gli misi una mano sulla spalla.
-Mi è mancata così tanto, è così bella e io l’ho fatta soffrire ancora… Lei non lo merita, capisci? Non lo merita affatto…- si lasciò cadere su una poltrona.
-Lo so amico, lo so…- cercai di consolarlo, ma purtroppo il dado era tratto.
-Ed è tutta colpa mia-
Pov Elizabeth
Quella sera ci misi anni a preparami. Stavo ferma davanti allo specchio a fissare il mio riflesso.
Menomale che per noi donne valeva la regola che gli uomini dovevano aspettare anche una vita se volevano davvero avere una speranza.
Visto e considerato che era novembre, di certo non potevo mettermi un vestito corto a giromanica e poi non era nemmeno l’occasione adatta. Era solo una rimpatriata tra amici, certo.
Così optai per un jeans scuro e lungo con i risvolti sulle caviglie, una camicia di pizzo nero che creava un effetto vedo/non vedo del reggiseno nero da sotto, questa aveva due aperture ai lati che lasciavano intravedere i fianchi. Presi una borsa bianca di Chanel (regalatami da Siria e messa in pochissime occasioni) con il logo in grande vista sul lato e infine tacchi neri aperti sul davanti. Poi bracciali e anelli in grande quantità, mentre i capelli li lasciai semplicemente sciolti. Quanto al trucco pensai a matita, mascara, e eyeliner in modo da dare un effetto “occhi di gatto”.
Tutto sommato ero semplice, come al solito. Semplice e raffinata. E no, non soffrivo il freddo…
Erano le 00:16 quando scesi da casa, e sapevo benissimo che era tardi, ma infondo non mi sarebbe dispiaciuto neanche un po’ che Frank se ne fosse andato… Intuendo di cosa avremmo parlato.
Presi un taxi e una volta arrivata in questo piccolo ristorantino in periferia purtroppo vidi che c’era, e che stava aspettando tutto infreddolito fuori dal locale.
-Lely, ce ne hai messo di tempo!-
-Ah… È solo la mezza, che vuoi che sia! E poi avresti dovuto sapere che ci avrei messo tempo-
Pov Frank
-Voi donne…-
-Eh? Cosa vorresti dire Francesco?- domandò sarcastica.
-Niente, niente…- risi –vieni, c’è un tavolo che ci aspetta-
Il piano stava funzionando. Mentre l’accompagnavo sorrisi pensando a Michael che camminava avanti e indietro con una rosa in mano nella parte privata del ristorante.
Bastò solo che lo intravedesse per fermarsi di colpo…
Pov Elizabeth
-No Frank, non dovevi farlo… Io ti avevo detto solo noi due… Mi dispiace ma non ce la faccio, non ci riesco, non ci riesco…- sentii gli occhi pungermi.
Feci per andarmene.
-Elizabeth-
Era la sua voce. Io ancora girata cercai di trattenere le lacrime.
-Elizabeth ti prego, non andartene-
Amavo la sua voce, l’amavo tantissimo ma in quel momento non portava altro che lacrime.
Non riuscii a trattenerle. Dovetti correre fuori perché non ce la facevo, né a sentirlo e né a vederlo.
Singhiozzai per una gran parte di tempo, e non riuscivo a smettere, ma mi era mancato troppo. Mi sedetti su una panchina, tirai le gambe su e le avvicinai al petto, dopodiché poggiai la testa al muro per facilitare il percorso viso-terra dei sentimenti che scendevano dalle guance.
Pov Frank
Michael abbassò la testa e spezzò il gambo della rosa per poi gettarlo a terra.
-Non vuole più vedermi Frank, è finita… Non ha voluto nemmeno guardarmi in faccia, è colpa mia, sono lo stronzo che l’ha abbandonata… Me lo merito di perdere l’amore della mia vita- calpestò il fiore.
-Mike, io…- mi presi un minuto per ragionare.
Intanto lui si sedette su una sedia di un tavolo e poggiò la testa su di esso.
-Morirò senza di lei-
Non potevo lasciarlo così, dovevo salvare il seguito della situazione.
-Non è detta l’ultima parola-
Andai da Elizabeth e mi sedetti accanto a lei.
Pov Elizabeth
-Vattene Frank, andatevene tutti e due e non fatevi più vedere- sentenziò.
-Ely…-
-Credevi di ingannarmi non è così?- disse con voce rotta dal pianto.
-Non volevo ingannarti, ma era l’unico modo per far sì che vi riappacificaste- cercai di dirle.
-Non esiste, è impossibile. Perché mai dovrei perdonarlo?- fece spallucce.
-Allora vieni a tavola. Solo ora, facciamo che io volevo solo rincontrarti per una bella rimpatriata, che ne dici? Poi non mi vedrai più, anzi non ci vedrai mai più, te lo prometto- allungai la mano in segno di promessa.
-È una vera promessa?- si voltò leggermente.
-Si-
Allora a quel punto si girò completamente e mi strinse la mano.
Le porsi un fazzoletto per asciugarsi le lacrime.
-Grazie Frank, sei un tesoro- sorrise.
-Lo so-
Rise, almeno questo…
Pov Elizabeth
Con l’aiuto di Frank mi diedi anche un aggiustatina al trucco, che due minuti prima era tutto sbavato. E ci dirigemmo ancora una volta nel locale.
Quando lo vidi la seconda volta era seduto, con la testa poggiata sul tavolo, poi si voltò e si alzò subito. Anche lui aveva pianto.
-Ciao Michael…- spalancò la bocca, forse temeva che non gli avrei rivolto nemmeno la parola quella sera.


*Angolo autrice*
Eccomi qua! Sono tornata e... Grazie a quelli che hanno recensito gli scorsi capitoli, grazie davvero, voi mi date sempre l'aiuto per continuare, I love you!
Beh, questo capitolo credo che sia uno dei più belli, anche se ci sono molte lacrime... Ma almeno possono ritrovarsi e chissà... Magari anche a chiarirsi e tornare di nuovo insieme! Ma questo si vedrà, infondo lui l'ha abbandonata ed è dfinitavamente sparito per anni, quando lei ha affrontato forse (e dico forse) il periodo più brutto della sua vita.
Resta a voi vedere come andrà a finire ;)
Spero quindi che vi piaccia e buona lettura!
I love you and God bless...


SJ
 
  
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