Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: ChiaraBJ    26/08/2014    5 recensioni
Semir e Ben durante un inseguimento hanno uno spaventoso incidente e ad averne la peggio sarà il giovane ispettore. Ben ne uscirà segnato nel corpo, ma soprattutto nell’animo e una misteriosa ragazza e una morte violenta sconvolgerà la sua giovane vita.
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Jager, Semir Gerkan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In attesa di un miracolo.

Il tempo nella sala d’attesa dell’ospedale passava inesorabilmente e un sempre più afflitto Semir continuava a guardare l’orologio come se il suo insistere a guardarlo potesse fermare il tempo.
Semir aveva chiamato tutti: i primi furono il padre e la sorella di Ben, avendo considerato il gruppo sanguigno raro una caratteristica di famiglia, ma purtroppo Helga, la governante di casa Jager, aveva informato Semir che al momento entrambi i familiari non erano raggiungili: erano all’estero per motivi di lavoro.
Aveva quindi rintracciato gli amici suoi e di Ben, quelli della band dove suonava il suo socio, i colleghi , il commissario Kruger e Andrea, chiunque potesse venirgli in mente, nella speranza che qualcuno tra le loro conoscenze appartenesse  allo stesso gruppo sanguigno di Ben.

Sconsolato il piccolo ispettore si alzò dalla sedia per cercare un po’ di alleviare quell’angoscia che lo attanagliava e decise di fare qualche passo lungo il corridoio del reparto.
Percorse qualche metro tra quelle pareti che a lui davano l’impressione di essere meandri di un cimitero, tanto erano bianche e spoglie.
Il suo sguardo si soffermò poi per un attimo su di una ragazza che usciva dalla cappella dell’ospedale e fu così che anche lui decise di entrarvi.
Semir si sedette nell’ultimo banco, quello più vicino alla porta e cominciò a pregare nella penombra della cappella; non si ricordava neanche più quando fu l’ultima volta che aveva pregato, ma sapeva cosa chiedere: chiese di aiutare il suo giovane collega e amico.

L’ispettore era assorto nelle sue preghiere, quando una mano lo strinse sulla spalla e lo fece sobbalzare riportandolo alla realtà.
“Semir che ci fai qui? E’ successo qualcosa ? Andrea ? Le piccole? ” disse una preoccupata Nadja Kranich.
Nadja Kranich era la sorella di Tom, il miglior amico e partner che Semir avesse mai avuto prima di Ben, ed era un’infermiera dell’ospedale.
La ragazza aveva  l’abitudine di recarsi nella cappella dell’ospedale a pregare prima dell’inizio di ogni turno di lavoro, specie dopo la morte del fratello a cui lei era legatissima.
 “Ciao Nadja” disse Semir asciugandosi gli occhi e continuò “Andrea e le bambine stanno bene …”
“Ma allora perché sei qui?” chiese la ragazza sedendosi a fianco a lui.
“Si tratta di Ben … è in rianimazione … è grave … ha un bisogno disperato di una trasfusione è non c’è il suo sangue … ”  rispose scoppiando a piangere.
“O mio Dio, Ben è uno 0 negativo ?” domandò Nadja.
La ragazza era a conoscenza della mancanza e la cosa la preoccupava molto, ma mai si sarebbe aspettata però che uno dei suoi migliori amici fosse in pericolo di vita proprio per questa ragione.
“Si …” ribatté  Semir con un filo di voce.
“Le scorte le stiamo aspettando da giorni, povero Ben … “ disse la ragazza riflettendo e aggiunse “Almeno che … scusa, ma devo andare”
Semir stava cominciando a dire qualcosa a Nadja, ma fece appena in tempo a vederla uscire di corsa dalla cappella.
 
Un paio d’ore dopo Semir era al telefono con la moglie Andrea; era un Semir diverso, quasi allegro, Nadja aveva trovato un paziente dell’ospedale con lo stesso gruppo sanguigno di Ben.
In pochi minuti il piccolo ispettore aveva chiamato tutti i colleghi e amici di Ben per rassicurarli che ora il suo giovane collega era fuori pericolo.
Semir stava per telefonare anche a casa di Konrad Jager per tranquillizzare Helga ed eventualmente i familiari di Ben, quando vide Nadja uscire dal reparto di terapia intensiva.
“Nadja, ma come ci sei riuscita, cioè …” disse con gli occhi pieni di gratitudine Semir.
“Mi spiace Semir, ma non posso dirti molto. Comunque la donatrice quando le ho spiegato che Ben aveva bisogno di una trasfusione per sopravvivere  e che lei attualmente era l’unica sua salvezza, non ha avuto un attimo di esitazione e ha acconsentito al prelievo senza nemmeno voler sapere chi fosse il ricevente” spiegò Nadja.
“Chi è la donatrice, vorrei incontrarla, ringraziarla, anche Ben vorrà farlo ”  disse euforico il piccolo ispettore.
“Semir non è possibile, il donatore vuole restare anonimo e per favore tu a Ben non dirai niente” rispose seria e decisa Nadja.
“Ma … “ azzardò Semir.
“Semir, niente ma” e poi per troncare il discorso “Ascolta Ben sta riposando e si riprenderà e questo è l’unica cosa che conta” disse sicura la ragazza.
Al piccolo ispettore non restò altro da fare che prendere atto della decisione della ragazza.
“Almeno posso vederlo?” chiese speranzoso Semir.
“Mi spiace, ma per ora no, magari domani. Ora vai a casa è stata una giornata pesante e hai bisogno di riposo. Vieni domani, così potrai anche parlargli” rispose dolcemente Nadja.
“Si hai ragione” e dopo aver abbracciato Nadja Semir se ne tornò a casa.

Il giorno dopo Ben si svegliò nel suo letto d’ospedale e davanti a sé trovò Semir.
“Ciao dormiglione” gli fece Semir.
“Ciao socio” rispose debolmente il ragazzo.
“Come ti senti” chiese serio il piccolo ispettore.
“Insomma … stavolta me la sono vista davvero brutta” poi riprendendo un po’ fiato disse “Nadja mi ha raccontato della mancanza di scorte del mio gruppo sanguigno, pensa sono arrivate stamattina, sarei morto … per una manciata di ore …” disse triste Ben.
“Sei stato fortunato”replicò Semir.
“Tu sai chi è?”
“Chi è chi?” disse facendo lo gnorri Semir, immaginando benissimo dove volesse andare a parare Ben.
“Il donatore Semir!” disse stancamente Ben.
“No, non lo so” mentì Semir guardando il ragazzo dritto negli occhi per risultare il più convincente possibile “Ma l’importante è che tu sia vivo e vegeto no?”
“Si, hai ragione”rispose il ragazzo.
“Ora riposa e rimettiti in sesto, ci vediamo domani, devo tornare al Distretto altrimenti la Kruger mi uccide!”
Semir si aspettò una battuta di Ben, ma stranamente il ragazzo si limitò ad annuire e lo salutò con un semplice gesto della mano e basta.
Poi il ragazzo chiuse gli occhi e Semir uscì silenziosamente dalla stanza con il cuore gonfio di tristezza.

Passarono alcuni giorni e arrivò, finalmente per Ben, il giorno delle dimissioni dall’ospedale.
Ben non amava gli ospedali e tantomeno starci come degente, e come paziente era un pessimo elemento.
Continuava a lamentarsi perché doveva limitare al massimo, almeno per i primi giorni qualsiasi sforzo e cosa che lo infastidiva ancora di più era la dieta forzata a cui era sottoposto. Ciò nonostante era un po’ il pupillo di tutte le infermiere complice il suo carattere gioviale e guascone e il suo bell’aspetto.

Quando Semir venne a conoscenza che avrebbero dimesso Ben dall’ospedale, insistette parecchio affinché Ben trascorresse la sua convalescenza a casa sua coccolato da Andrea e dalle figlie, ma, cosa molto strana, Ben rifiutò gentilmente.
Il giovane ispettore avrebbe trascorso il suo periodo di riposo forzato nella villa paterna a Düsseldorf ed Helga, la governante di casa Jager si sarebbe presa cura di lui, come aveva fatto da sempre specie dopo la morte della madre fino a che Ben non aveva lasciato l’abitazione per andare ad abitare da solo a Colonia.
Semir però era preoccupato: Ben non aveva mai rifiutato un invito a casa sua e tantomeno una convalescenza, ma molto probabilmente quell’esperienza lo aveva segnato nel profondo.
Semir vedeva che il suo giovane amico era turbato come non mai, gli si leggeva in faccia che c’era qualcosa che non andava, ma quando Semir glielo aveva fatto notare  Ben aveva glissato l’argomento con un “Sto bene, non ti preoccupare mi passerà, sono solo stanco ”
 
Dopo un un’ora di viaggio Ben arrivò alla villa paterna con un taxi; aveva rifiutato anche il passaggio di Semir, sicuro, che durante il tragitto, il piccolo ispettore turco sarebbe sicuramente riuscito a fargli cambiare idea. Ma Ben aveva altro per la testa e aveva solo voglia di restare solo.
Ovviamente il suo collega aveva insistito, ma Ben era stato fermo nella sua decisione e inoltre aveva anche rifiutato di essere accompagnato a casa sua per prendere della biancheria pulita ed effetti personali.
Era quasi il tramonto quando in lontananza Ben a bordo del taxi scorse l’imponente struttura di quella che era stata la sua abitazione prima di diventare poliziotto.
Arrivato davanti al cancello della villa paterna Ben scese dal taxi  e pagò il tassista che gentilmente lo aveva aiutato anche a scaricare il borsone, lo salutò e suonò il campanello.
Si accese la telecamera del videocitofono e prima ancora che potesse dire il suo nome una voce familiare lo anticipò.
“Ben ragazzo mio, ti apro subito” disse Helga la corpulenta governante di casa Jager.
Quel saluto riscaldò subito il cuore a Ben.
Il giovane ispettore stava percorrendo con passo un po’ incerto e col borsone in mano il vialetto che portava all’entrata del grande edificio quando scorse  la governante che scendeva trafelata la scalinata della villa.
Helga gli corse incontro lo abbracciò e lo baciò.
“Ben tesoro mio, come stai?” disse la donna.
“Bene e ora che ti vedo ancora meglio!” disse raggiante Ben.
“Il solito ruffiano … vieni entra ho già preparato la tua stanza, se vuoi riposarti, se vuoi farti una doccia o un bagno caldo … quello che vuoi” rispose ancora più raggiante la donna.
“Ti ringrazio Helga, sei sempre così premurosa … mio padre?” domandò Ben.
“Tuo padre starà via qualche settimana per affari” replicò la governante.
“Senti, a che ora cenate tu e gli ‘zii’ ? Posso farvi compagnia?” chiese un po’ titubante Ben.
“Ma che domande sono tesoro, certo che sì … per le sette e mezzo può andare per te?” propose Helga.
“Mi basta la vostra compagnia …” replicò Ben.
Helga guardò Ben corrugando la fronte: qualcosa in quel ragazzo non andava se lo sentiva a pelle e dopo tanti anni i ragazzi Jager per lei erano come dei libri aperti.

Helga Masferrer la corpulenta governante di casa Jager aveva quasi sessant’anni.
Ben e Julia la chiamavano scherzosamente ‘Helga Poppins’, per il suo carattere dolce e affettuoso, per il suo viso simpatico e gioviale e perché, come per magia quando loro avevano bisogno di qualcosa o di qualcuno lei c’era sempre.
Helga non si era mai sposata, ne tantomeno aveva figli o nipoti e forse proprio per questo teneva ai figli di Konrad Jager quasi come fossero i suoi ragazzi, un po’ perché erano rimasti orfani della madre in tenera età e un po’ per la quasi totale assenza del padre.
Helga aveva sempre avuto una leggera preferenza per Ben, che fin da subito si era dimostrato un bambino molto sensibile, affettuoso e con un sano disprezzo per la ricchezza di cui era circondato.
Ben aveva sempre considerato Helga come una mamma, gli si era subito affezionato e si sentiva a suo agio anche con il resto del personale di servizio che ormai chiamava affettuosamente ‘gli zii’; loro erano stati la sua prima famiglia e poi una volta cresciuto e diventato poliziotto la sua seconda famiglia era diventata quella di Semir.

Dopo cena, verso le nove, Ben stava seduto nella veranda della villa ad ammirare la luna che si specchiava nel laghetto del parco.
“Tutto bene ragazzo?” chiese premurosa la governante vedendolo tutto solo e sedendosi vicino.
“Si Helga, più o meno … “ rispose un mesto Ben.
“Vuoi parlarmene?” ribatté la governante.
Ben esitò, ma poi pensò che con qualcuno doveva pure confidarsi, altrimenti questa volta rischiava di impazzire.
“Sai Helga, ho rischiato di morire diverse volte, ma questa volta … non so è diverso …” Ben guardò la donna e continuò “E sai perché?”
“Temo di non capire ragazzo mio … ma leggo la disperazione nei tuoi occhi … e questo mi rattrista e preoccupa” rispose teneramente Helga.
“Helga, quasi sempre so chi mi salva la vita, quasi sempre è Semir, ma questa volta non so chi ringraziare e questo mi fa star male” disse sconsolato il ragazzo.
Helga guardò amorevolmente Ben, i suoi occhi color cioccolato erano struggenti e tristi: due occhi così la governante ricordava di averli visti solo quando suo padre aveva detto a Ben, allora bambino di appena otto anni, che sua madre Elizabeth era morta.
“Ben adesso so dove vuoi arrivare, vorresti conoscere colui che ti ha donato il sangue giusto?”
“Si e  non sai cosa darei per conoscere il nome” disse tristemente Ben.
La donna si alzò di scatto e la sua espressione divenne ancora più seria e la cosa non sfuggì a Ben, Ben non poteva nascondere niente a Helga e viceversa.
Anche Ben si alzò, ma lentamente, la ferita gli procurava molto dolore se faceva movimenti bruschi e guardò Helga dritto negli occhi.
“Tu sai chi è? Helga? Per favore se sai qualcosa dimmelo ti prego” supplicò Ben.
La governante si sentì morire, vedere Ben in quello stato la faceva stare malissimo, in fondo lui era per lei il figlio che non aveva mai avuto e così capitolò.
“Non so il nome del donatore, ma quando l’ispettore Gerkhan mi ha chiamato per avvisarci tutti che avevano trovato un donatore  ci ha detto che lo aveva trovato Nadja Kranich ed era un degente dell’ospedale” La donna parlò quasi in apnea.
“Davvero?Ne sei sicura?” chiese euforico Ben.
“Ragazzo mio, ma anche se Nadja lo sa … “ Helga cercò di dissuadere e frenare l’entusiasmo di Ben “Non aggrapparti a false speranze”
Ma Ben non la stava ad ascoltare era troppo preso dalla notizia.
“Domani la chiamo, buona notte Helga”
Detto questo baciò sulla guancia Helga e si avviò verso la sua stanza.
 
Nota dell’autrice:
Visto? Ben vivo e vegeto … fisicamente, ma moralmente e psicologicamente …
Come sempre ringrazio tutti i lettori e recensori e una volta ancora la mia beta “Maty” e i suoi  preziosi consigli e suggerimenti  che rendono la lettura più scorrevole e le scene più … “Matyose” .
P.S. Non ho mai avuti un buon rapporto con la CONSECUTIO TEMPORUM … in latino poi ero un "quasi disastro", meglio la matematica … grazie MATY tvb !!!
CBJ.
  
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