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Autore: Demon1901    26/08/2014    10 recensioni
Voglio presentarvi un mondo diverso, una storia diversa, un luogo dove le gemelle di questa storia impareranno a vivere una vita diversa.
Questa storia è ambientata in Pakistan, uno stato conosciuto poco ma del quale ci si può innamorare oppure... Scopritelo leggendo.
"Dopotutto, se fosse stata in quel suo piccolo palazzo avrebbe vissuto da principessa; e chissà, magari sarebbe anche riuscita a trovare il suo principe."
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo 1

 

A Sofia non era mai passato per la testa che un giorno sarebbe tornata in quel paese di sua spontanea volontà, ma non si sa mai quello che il destino ha in serbo per noi. Lei, assieme alla sua gemella, si trovava all'aeroporto di Lahore, una città nel nord del Pakistan, e stava aspettando che il loro zio o qualche altro parente venisse a prenderle.

Adesso immaginatevi la seguente situazione: due ragazze sedicenni, uguali per aspetto fisico e con lo sguardo perso nel vuoto che continuano a guardarsi intorno in cerca di qualche volto familiare; una cosa alquanto difficile, dato che erano tornate in Pakistan dopo ben sei anni.

«Sammi, vedi qualcuno?»

«No, ma mi sembra di aver già visto quello lì.»

La maggior parte del tempo, Sofia pensava che sua sorella fosse stupida. Di conseguenza cosiderava tali anche le sue risposte, ma non poteva nemmeno ignorarla, quindi si girò a guardare la persona che aveva appena indicato.

«Ma sul serio?Anche a me sembra di averlo già visto, e sai dove? Nell'aereo! Devi cercare qualcuno fra quelli», le disse indicando una massa di persone.

«Allora sarebbe meglio andare a guardare da vicino.»

Va bene, forse poco fa aveva esagerato col pensare –per l’ennesima volta- che era totalmente stupida, lo era solo parzialmente. Seguì il suo consiglio, e iniziarono a camminare trascinandosi dietro le valigie; mentre si avvicinavano, videro un cartellone con sopra scritto SOFIA AND SAMMAN FARUQ.

«Sammi, di qua.»

«Ma chi è quello? Me lo ricordavo più vecchio, lo zio.»

«Stupida! È ovvio che non è lo zio, probabilmente hanno mandato qualcun’altro.»

«E perchè non è venuto lui?»

«Sarà occupato con i preparativi per il matrimonio.»

Arrivate davanti al ragazzo che reggeva il cartellone, si misero a fissarlo; era bello ed alto, con occhi scurissimi e capelli della stessa tonalità, entrambi in contrasto con la carnagione chiara. «Sofia? Samman?» chiese.

Sam non dava segni di vita e continua semplicemente a fissare il ragazzo, quindi spettava a lei rispondere. «Io sono Sofia», disse presentandosi, «e lei è Samman»

Il ragazzo annuì sorridendo. «Io sono Harun, vostro cugino.»

A quel punto anche Sofì rimase con la bocca aperta. «Harun? Harun quello che...»

Non le lasciò finire la frase. «Sì, sì, proprio quello», rispose sorridendo. «Datemi le vostre valigie e usciamo da questo posto schifoso.»

In quel momento nessuna delle due riusciva a formulare una risposta, perciò lo seguirono in silenzio. La prima cosa che si nota appena si mette piede in Pakistan è il caldo. Più che notarlo, lo si sente; è insopportabile.

La seconda cosa sono la quantità delle persone povere piazzate fuori dall'aeroporto che insistono ad "aiutarti", oppure che semplicemente ti chiedono soldi nel nome di Dio, del Profeta, di tuo figlio, di tua madre, di tuo padre; insomma, qualsiasi cosa è una buona scusa per chiedere l'elemosina. All'inizio Sofia cedette alle loro preghiere e diede un po' di soldi qua e là. Ad un certo punto intervenne suo cugino.

«Non darli più, sono soldi sprecati.»

«Io non la penso così.»

«Non lo fai perchè non vivi qua. Devi sapere che loro sono abituati a chiederli a tutti, e se tu li accontenti non li aiuti per niente.»

«Ma come fai a saperlo?»

A quel punto erano già comodamente seduti in macchina e Samman, in quel caso più sveglia e astuta della gemella, si era seduta accanto ad Harun.

«Sofia, lo capirai anche tu. Se vuoi veramente aiutarli, compra qualcosa da dar loro, perché spendono quei soldi per comprarsi la droga o per qualsiasi altra cosa inutile.»

Si arrese facilemente; non poteva dargli torto, soprattutto perchè non sapeva come funzionava lì e quindi non poteva sostenere nessun tipo di discussione.

Harun le informò che per arrivare a casa avrebbero impiegato circa tre ore. Per non annoiarsi Sofia si sforzò di ricordare qualcosa della sua infanzia e chiedergli qualcosa.

«Allora, dove stiamo andando esattamente?»

«Gujrat», rispose.

«Oh! E com'è Gujrat? È bella?»

Subito arrivò anche la domanda di Sam. «Gujrat non è in India?»

«Samman», iniziò Harun, ma venne subito interotto dalla sopracitata.

«Ti prego, chiamami Sammi o Sam.»

«Va bene. Allora Sam, devi sapere che il Gujrat che si trova in India è una regione, mentre quello in Pakistan è una città. E, Sofia... Okay, ti chiamerò Sofì, fra poco sarai tu stessa a giudicarla.» Mentre parlava continua a sorridere.

«Voglio solo dirvi, e prendetela pure come una richiesta, di non soffermarvi sulle apparenze».

Il resto del tragitto lo trascorsero sonnecchiando perché, spossate dal viaggio, non avevano la forza di sostenere altre conversazioni. Dopo quelli che alle gemelle erano sembrati cinque minuti ma che evidentemente non lo erano, Harun le svegliò, informandole che erano quasi arrivati. Guardarono dai finestrini per vedere il paesaggio, ma vedevano solo sabbia, moto e biciclette che andavano in tutte le direzioni; le macchine erano poche e procedevano ad una velocità molto bassa.

«Questa è Gujrat?» chiese Sam, un po’ preoccupata.

Harun annuì. «Prima di dire qualsiasi cosa guardate la vostra casa, per fortuna siamo abbastanza ricchi da poter vivere comodamente», aggiunse per consolarle.

Samman e Sofia rimasero zitte. Avevano immaginato di tutto, ma non un posto come quello! Ovunque guardavano c'era sporco, il traffico non seguiva nessuna logica e Harun continua a dir loro di pensare positivo?!

Volevano ritornarsene all'aereoporto, prendere il primo volo ed allontanarsi per sempre da quella terra.

«Ragazze, vi prego di rilassarvi, non è così terribile come sembra.»

Sofì lo guardò dallo specchietto alzando un sopracciglio. «Davvero? Cosa, esattamente, non è terribile come sembra?»

Il suo tono era ironico e lui non si degnò nemmeno di rispondere. Solo dopo cinque minuti passati a percorrere strade strette ed affollate videro una villa.

«Eccoci arrivati», disse Harun sorridendo.

Davanti al cancello in ferro battuto c'era un uomo ad aspettarli che salutò Harun come se lo conoscesse da sempre. Dopo aver parcheggiato nel cortile, scesero tutti insieme, e le due gemelle rimasero senza fiato. Notarono subito l'immenso giardino che circondava tutta la casa; era pieno di fiori colorati, sotto l'ombra di un albero c'erano dei tavolini e delle sedie. Sofia si girò a guardare Sam, e le lesse la felicità sul viso; già l'immaginava con i suoi libri seduta su una delle sedie, persa completamente nel suo mondo. Sorrise anche lei.

Harun, vedendole finalemente un po' più rilassate, si tranquilizzò e le trascinò dentro la villa.

Notarono subito il cambiamento d'aria; rispetto all’esterno, la temperatura era più bassa di tre o quattro gradi. Sul divano c'era seduta un donna anziana, con vestiti di un colore chiarissimo, il velo in testa e occhiali neri che, appena le vide, grazie a un sostegno, si alzò e venne loro incontro. Sam stava ammirando le decorazioni, cosi fu Sofia la prima che si fece avanti; la nonna l'abbracciò, le baciò le guance, la fronte e, fra una cosa e l’altra, continuò a ringraziare Dio. Sofia lo trovò cosi ridicolo che si mise a ridere, ma la nonna continuò indifferente e fece lo stesso con Samman. Nel frattempo le avevano raggiunte anche altre persone, che furono presentate loro come zii, zie, cugini e infine il nonno. Lui era quello che attirava di più l'attenzione. Solo a guardarlo sembrava la persona più buona della terra; inoltre aveva un modo tutto suo di vestirisi e, appena le raggiunse, fece loro esattamente quello che aveva fatto la nonna pochi minuti prima, ma questa volta il tutto sembrò molto più dolce.

E solo nel suo abbraccio Sofia sentì che poteva affrontare i tre mesi che l'aspettavano.

Dopotutto, se fosse stata in quel suo piccolo palazzo avrebbe vissuto da principessa; e chissà, magari sarebbe anche riuscita a trovare il suo principe.

 


 
   
 
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