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Autore: Kerri    27/08/2014    3 recensioni
"Perché forse, in un certo senso, non ci eravamo lasciati alle spalle quello che ritenevamo di aver abbandonato. Perché, sotto sotto, una parte di noi rimase sempre così: timorosa del mondo intorno e- non importa quanto ci disprezzassimo per questo- incapaci di staccarci l’uno dall’altra".
Killian è scomparso misteriosamente. Da poco, Emma aveva finalmente ammesso di provare qualcosa per lui, di non essergli del tutto indifferente e Killian è felice, felice come non lo era stato da tempo. Tuttavia qualcosa o qualcuno, è deciso ad immischiarsi e cancellare i suoi piani. Non vuole rivelare ad Emma la verità, non può metterla in pericolo. Decide di mentirle e anche se la donna se ne accorge, non lo blocca. Subito dopo però se ne pente. Ma si arrenderà e lo lascerà andare? O vorrà scoprire la verità? Perchè Killian l'ha lasciata? E' in pericolo?
E' una storia d'amore, d'amicizia, di rimpianto e di perdono. Emma dovrà confrontarsi con sentimenti nuovi e con nuove avventure per raggiungere il tanto meritato lieto fine.
Il tutto è ambientato subito dopo la fine della terza stagione.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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TRE SETTIMANE PRIMA
 
DOMENICA SERA
 
Regina se n’era andata sbattendo la porta alle sue spalle. Si precipitò verso casa sua, le gambe le tremavano e non riusciva ad impedire alle lacrime di scivolarle lente sul viso bianco.
L’amore è una debolezza. L’amore è una debolezza.
Si sentì talmente stupida e derisa. Davvero aveva creduto che la Regina Cattiva potesse avere un lieto fine? Davvero aveva permesso ad un insulso ladro di entrare nel suo cuore? Il suo cuore rovinato, malmesso ed ancora in grado di battere.
Sì.
Gliel’aveva permesso. Come aveva potuto?
L’amore fa solo soffrire, l’amore è una debolezza. Ormai lei avrebbe dovuto saperlo.
Regina era ormai arrivata a casa. Si tolse le scarpe e andò in camera sua. Quella orribile situazione le ricordava tanto l’ultima volta che aveva permesso ad un uomo di attraversarle il cuore. Daniel. E  poi cos’era successo? Lui era morto. Per anni aveva incolpato Biancaneve della sua perdita, ma adesso? Loro due avevano scoperto di essere simili dopotutto, di avere tanto male, tanto dolore alle spalle. E per un attimo aveva sentito che avrebbe potuto perdonarla, nel momento in cui la magia bianca le scorreva nelle vene, sì, in quel momento si sentiva invincibile. E poi quell’insulsa biondina e quel pirata sciapito le avevano riportato un bel souvenir dal loro viaggetto nel passato. Marian. Perché? Perché non potevano farsi i fattacci loro e lasciarle il suo lieto fine? Una vocina nella sua testa, flebile, le diceva che non sapevano chi fosse in realtà, che Emma, proprio come sua madre, faceva sempre la cosa giusta.
Ma se la cosa giusta rovinasse un lieto fine era davvero necessaria?
Regina desiderò con tutte le forze che gli ultimi mesi fossero stati soltanto un brutto incubo, dal quale, tra non molto, si sarebbe risvegliata.
Risvegliata? Ma certo! La pozione del sonno! Il suo piano prima dell’arrivo di Zelena! L’avrebbe portato a termine. Ormai il suo cuore era diviso, non apparteneva più soltanto ad Henry ed era convinta che Robin non si sarebbe azzardato a baciarla davanti a sua moglie, per di più sapendo che era stata lei a rinchiuderla e condannarla a morte. Temeva che l’uomo non sarebba mai riuscito a perdonarla per aver fatto uccidere sua moglie…
Sentì la porta sbattere e dei rumori provenire dal piano di sotto. Scese a controllare
« Henry » disse commossa.
« Ciao mamma. Oggi dormo da te… »
Regina non disse nulla e corse ad abbracciarlo. Sentì le braccia di suo figlio cingerle la vita e il suo cuore si riempì di tutto l’amore che una madre può provare. Sapeva che Henry non avrebbe approvato il suo piano e sapeva che le sarebbe mancato come l’aria, ma non vedeva altra via d’uscita. Si era stancata di cercare vendetta? Non lo sapeva più. Per quella sera non si chiese più cosa fosse giusto o sbagliato, non si scervellò nel trovare una vendetta adeguata contro Emma o Robin o il pirata. Per quella sera la vendetta e il dolore uscirono dalla casa della Regina Cattiva.
Quella sera c’erano solo una Madre e un Figlio.
 
Emma era sconvolta. Continuava a guardare la famigliola felice, continuava a fissare la donna che aveva salvato abbracciare suo figlio. Rivide la sorpresa sul volto del ladro quando aveva visto sua moglie. Riascoltò la voce del bambino che pronunciava stupito la parola dalla quale molti anni prima era fuggita e che era venuta prepotentemente a cercarla, sottoforma di un ragazzino con una sciarpa rossa e un libro di fiabe.
Mamma.
Si prese il volto tra le mani. Henry se n’era andato da poco. Era andato da Regina. Sapeva che suo figlio aveva fatto la cosa giusta.
Chissà come stava Regina.
Uscì dal locale che era diventato troppo stretto per lei. Si incamminò verso la spiaggia. Il mare, con il suo respiro costante, la calmava. Lo sciabordare delle onde le riempiva la testa e per pochi secondi riusciva a non pensare a niente. Ma il mare aveva anche i suoi lati negativi. Le ricordava l’ultimo viaggio, l’Isola-che-non-c’è, Peter Pan, Nial, Uncino.
Uncino.
Killian.
Aveva da poco scoperto cosa aveva fatto per lei, aveva da poco accettato l’idea di poter amare di nuovo, di potersi fidare di nuovo di qualcuno. Killian era rimasto sempre al suo fianco, l’aveva aspettata forse come nessuno mai aveva fatto, sentiva che l’amava più di ogni altra cosa. Perché altrimenti avrebbe scambiato la sua nave per un dannato fagiolo magico?
Non dubitava dei sentimenti di Uncino, piuttosto dei suoi. Durante l’ultimo viaggio nel passato aveva imparato a conoscerlo meglio. Conosceva già il suo sarcasmo, le sue battutacce e i suoi mille difetti. Sapeva che sotto il pirata, c’era un uomo ma si era da sempre rifiutata di conoscerlo. Aveva paura di ciò che sarebbe potuto succedere.
Invece durante l’ultima avventura, quell’uomo si era manifestato più vivo che mai. Ormai sentiva che era in grado di leggerle dentro più di chiunque altro. C’era una sorta di empatia che si era stabilita tra loro due che non riusciva a spiegarsi. E dopotutto non nascondeva che le piaceva il loro rapporto fatto da frecciatine, sbalzi d’umore e… amore?
C’era ancora spazio nella sua vita per l’amore?
Killian sembrò averle letto nel pensiero. La seguì sulla spiaggia e le si sedette accanto. Emma non si sorprese, sapeva che l’avrebbe seguita, sempre. Gli sorrise e poggiò la testa sulla sua spalla. Killian sussultò.
« Perché, Killian? Perché non me l’hai impedito? »
Uncino sapeva che si riferiva a Marian.
« Che ti posso dire, Swan. Sappiamo entrambi che sei un tipo abbastanza testardo »
Emma sollevò la testa e gli tirò un leggero pugno sul braccio, poi si rimise nella stessa identica posizione di prima.
« Non devi sentirti in colpa » proseguì Uncino.
« Ma è colpa mia, Killian. Ho rovinato il lieto fine di Regina. – sollevò un po’ la testa e lo guardò dritto negli occhi blu – mi chiedo se ne meriti uno anch’io, non faccio altro che combinare guai. »
« Smettila Emma, tu ci hai salvati. Hai salvato tutti noi, hai salvato me. »
« Killian, non devi dirlo per farmi piacere. Sappiamo entrambi cosa ho combinato nella Foresta Incantata, per poco non rovinavo tutta la vita dei miei genitori e perfino la mia anche se, quella riesco a rovinarla comunque, qualsiasi cosa faccia – disse ironica - E adesso Regina… io non ce la faccio più. A volte penso che sarebbe meglio chiudermi in casa e non uscire più. A New York era tutto così perfetto… »
« E tutto così irreale e falso… » disse sarcasticamente lui. Emma lo guardò di sottecchi. È vero, ormai si era convinta che non avrebbe mai potuto lasciare Storybrooke, che era diventata parte di lei, tuttavia le mancavano le giornate monotone e perfettamente normali nella grande mela.
« Niente magia, niente incantesimi, streghe perfide, portali, pugnali magici… »
« Niente pirata super sexy…» Emma alzò un sopracciglio divertita. Era incredibile quanto quel maledetto pirata fosse sicuro di sé ed egocentrico ma lo amava anche per questo. Aspetta, lo amava?
« Oh andiamo Swan, sappiamo entrambi che ti saresti annoiata. Era tutto troppo normale per una che ha sconfitto un drago, un gigante e tutto il resto. »
« Questo lo dici tu… » Emma si avvicinò pericolosamente alle sue labbra. Sentiva il suo respiro che le solleticava la pelle. Uncino bruciò quei pochi centimetri e posò le labbra sulle sue. Emma non oppose resistenza. Perché avrebbe dovuto?  Nel suo cuore era tutto così giusto e perfetto.

Quando si staccarono, poco tempo dopo, Emma si stese sulla sabbia e cominciò a fissare le stelle. Uncino la imitò.
« Guarda quella è l’Orsa Maggiore e quella… »
Emma lo interruppe.
« Non c’è bisogno che mi mostri il tuo enorme sapere astronomico, capitano. Per conquistarmi ci vuole ben altro che qualche stella… » disse maliziosa e Uncino rise. Lo sapeva fin troppo bene. Emma non era una tipa facile e per arrivare a quel momento perfetto e così romantico ce ne aveva messo di tempo. Era testarda, molto.
Le sue parole gli rimbombarono in mente.
Quando ti conquisterò Emma, e so che ci riuscirò, non sarà grazie all’inganno, sarà perché tu hai scelto me.
« Killian, posso farti una domanda? » disse Emma con tono più serio, interrompendo i suoi pensieri. Si era girata su un fianco e lo scrutava con il suo sguardo da “non mi mentire, tanto lo scopro”.
« Dimmi, Swan »
« Tu mi ami? »
Uncino si sorprese. Si girò su un fianco, in modo che potesse guardarla negli occhi.
« Te ne sei accorta, eh? » e si sentì più leggero,  più libero e al pensiero che lei condividesse i suoi sentimenti gli si gonfiò il cuore.  
Emma sorrise ma ritornò seria subito dopo.
« Cosa sarebbe successo se avessimo riportato Milah indietro e non Marian? » Il nome di Milah, pronunciato da Emma, gli fece uno strano effetto.
« Non avremmo potuto » cercò di sviare ma Emma non si arrese e insisté.
« E se ci fosse stato un modo? »
Uncino prese un respiro profondo. Cercò le parole per spiegare alla donna tutto quello che gli vorticava in testa. Tutto ciò che aveva ammesso a se stesso subito dopo aver capito cosa provava veramente per lei. Tutto ciò che aveva provato per trecento anni volatilizzato quella sera a Neverland.
« Emma, ho passato una vita intera a cercare vendetta per la sua morte perché credevo che in questo modo sarei riuscito a riportarla in vita, sarei riuscito ad alleviare il mio dolore, a colmare il vuoto che mi si era creato dentro dopo la sua scomparsa. Non riuscivo ad accettare il passato, lo rimpiangevo. – fece un altro respiro profondo e continuò – Quando sull’isola ho accettato ciò che provavo per te, ho capito che era giunto il momento di andare avanti, di smettere di rimpiangere il passato e con esso Milah. Dovevo accettare l’idea che fosse morta e che niente al mondo avrebbe potuto portarmela indietro. E l’ho fatto. Grazie a te. Non posso dimenticarla, rinnegherei una parte di me, una parte della mia vita. Se lei tornasse, molto probabilmente non mi riconoscerebbe. Non sono più l’uomo che lei conosceva, l’uomo che lei ha amato. Sono cambiato e, chi l’avrebbe mai detto, sono diventato un eroe. E sai perché, Swan? Perché ti amo e l’ho capito dal primo momento che ti ho vista » fece una piccola pausa, consapevole di tutto ciò che le aveva rivelato, le aveva aperto il cuore proprio come aveva fatto sull’Isola che non c’è, molto tempo prima.
« Ma se prima hai detto che hai capito di amarmi sull’isola che non c’è! » constatò Emma, sempre pignola ma con il cuore ricolmo di un nuovo sentimento a lei sconosciuto da troppo tempo.
Uncino sospirò.
« Ma devi sempre rovinare tutto?! Hai sentito il mio discorso strappalacrime? Poi sarei io quello con la lista interminabile di difetti… »
Emma gli sorrise. Aveva preso una decisione. Ci avrebbe provato, o la va o la spacca come si diceva da quelle parti. Prese la sua mano e gliela strinse. Si accoccolò di nuovo sulla sua spalla e per un attimo si sentì finalmente bene, completa.
Killian ripensò a tutto ciò che le aveva detto. Insomma era quella che si poteva definire una dichiarazione no? Si sentiva stranamente leggero e felice, felice come mai si era sentito, come mai ricordava di esserlo stato. Puntò i suoi occhi blu dritti in quelli di Emma e sentì che non le aveva detto ancora tutto.
« Non voglio spaventarti Emma, ti amo. Ho cercato di farmi da parte ma non ci riesco, te lo giuro. È più forte di me, è come se tu fossi una calamita per me e il mio uncino. » sorrise e continuò.
« Non ti nascondo che questo mi spaventa. Sento che quello che provo per te è troppo grande, non so se ci riuscirò Emma, non sento di meritarti. Sono un pirata da quattro soldi dopotutto… certo, il più affascinante, il più brillante, ma pur sempre un pirata… »
La ragazza capì di aver finalmente conosciuto l’uomo e non il pirata. Gli mise una mano sulla bocca e bloccò il suo delirio. Si avvicinò un po’ di più e restarono così per tutta la notte.  Dapprima in silenzio, per non rovinare l’atmosfera che si era creata. Poi però uno dei due non resse più e sparò una frecciatina che l’altro raccolse al volo. E continuarono così, parlando, ridendo e punzecchiandosi a vicenda. Entrambi consapevoli di ciò che si stava creando, desiderosi di mettersi alla prova, di buttarsi a capofitto nell’amore. Quella sera il cuore rovinato e usato della Salvatrice ricominciò a battere, sintonizzandosi con il cuore ammaccato e un po’ arrugginito di un pirata.
 
Purtroppo anche la più dolce delle notti finisce e il cielo cominciò a tingersi di un rosa tenue. Lo spettacolo era fantastico. Emma si sentiva rinata e piena di forze. Uncino fissava l’orizzonte con uno sguardo sognante.
« Ti manca il mare, Killian? »
Lui distolse lo sguardo dalle acque profonde e puntò i suoi occhi in quelli di lei.
« Adesso ho te » disse serio e poi aggiunse ridendo « chissà, magari potremmo fare una bella crociera come luna di miele… »
Emma lo guardò di sottecchi. « Nei tuoi sogni, forse » e cominciò a ridere.
 
Ritornarono in paese, poco dopo, anche se entrambi avrebbero preferito restare sulla spiaggia un altro po’. Tuttavia l’aria si stava gelando, faceva molto freddo.
Andarono da Granny’s a prendere un caffè per riscaldarsi. Killian aveva detto che il Rum era molto più efficace ma Emma non voleva essere ubriaca già alle prime luci dell’alba! Si sedettero ad un tavolino e ordinarono.
Ruby, ancora un po’ assonnata, preparò subito il caffè e come regalo della casa, offrì loro due deliziose brioche alla cannella. Cannella. Emma pensò ad Henry. Non si sarà ancora svegliato, è giusto che passi un po’ di tempo con Regina, dopotutto anche lei era sua madre. Emma continuava a ripetersi tutte queste motivazioni, ma la verità era che Henry le mancava. Era incredibile come quel ragazzino fosse riuscito ad entrare nella sua vita, stravolgendola del tutto. Andiamo, aveva scoperto di essere la figlia di Biancaneve e del Principe Azzurro! Sorrise al pensiero dei suoi genitori e Killian lo notò.
« Che c’è da ridere, Swan? »
« Uncino, che diavolo stai facendo? »
« Oh, niente dolcezza. Sto soltanto migliorando il caffè della dolce Ruby… »
« Aggiungere Rum nel caffè, significa migliorarlo per te? »
« Il rum fa sempre bene, ricordalo! »
Emma sbuffò e riprese a sorseggiare il caffè. Uncino alzò in alto la sua tazza e urlò “Alla tua salute, tesoro” e bevve il caffè tutto d’un sorso.
Poco dopo scese Robin. Emma si accorse che non aveva l’aria da “Sono l’uomo più felice del mondo, ho appena ritrovato mia moglie, nonché madre di mio figlio, che credevo morta e stecchita!”. Anzi, tutt’altro. I capelli erano più arruffati del solito, gli occhi circondati da occhiaie e la barba gli era cresciuta così tanto in una sola notte che Emma pensò che Regina gli avesse fatto qualche incantesimo. Li salutò con un leggero cenno del capo e si sedette al bancone, dando loro le spalle.
Emma abbassò gli occhi. Quelle lievi tracce di buon umore che Uncino era riuscito a creare, scomparvero dai suoi occhi. Strinse la tazza tra le mani e sentì il calore bruciarle la pelle.
« Così ti scotterai, Emma »
Uncino le prese le mani e ripetè « Non è colpa tua. Hai soltanto salvato una vita »
« Rovinandone altre due » mormorò Emma.
Killian sbuffò. Era davvero troppo testarda.
 
***
 
LUNEDI
 
Dopo essere usciti da Granny’s, Uncino era diventato strano. Emma pensò che fosse solo stanco, per il viaggio e per essere stato sveglio con lei sulla spiaggia. Il suo sguardo era perso, quasi vuoto. Qualche scintilla, ogni tanto, brillava ancora, alimentata dalle battute maliziose di Emma. Tuttavia l’uomo non replicava, non controbatteva, si arrendeva. Emma lo accompagnò al porto, lo salutò e si avviò verso casa. Aveva bisogno di un bagno rigenerante. Doveva pensare alle sue prossime mosse, a cosa avrebbe fatto con Henry, con Regina e con Killian, soprattutto.
Arrivata a casa, si preparò un tè e, nel frattempo, riempì la vasca. Rovistò tra i saponi di Mary Margaret e vi trovò dei piccoli flaconcini di Sali profumati. Versò tutto nella vasca, si spogliò e si immerse. L’acqua era calda e profumata. La schiuma le solleticava la pelle. Chiuse gli occhi e ripensò a tutto ciò che era accaduto negli ultimi giorni, Zelena, Nial, i suoi genitori, Storybrooke, Henry, il viaggio nel tempo
Killian.
~
Quel lunedì, dopo aver passato la notte più bella della sua vita a PARLARE con Emma, si era ritrovato a girovagare di nuovo sulla spiaggia, ricordando e sorridendo di ciò che la vita, che sembrava essersi dimenticata di lui, gli aveva regalato. Emma. La sua salvatrice. Colei che, seppur inconsapevolmente, era riuscita a cambiarlo più di chiunque altro. Lei aveva spazzato via tutta l’oscurità dal suo cuore. Lei aveva fatto riemergere l’uomo che un tempo lontano era stato, l’uomo che sognava di diventare quando si arruolò sulla nave di suo fratello alla volta di territori sconosciuti e avventure emozionanti.
Un eroe.
Chi l’avrebbe mai detto?
Con lei, era se stesso. L’uomo, il pirata, l’eroe, il cattivo… tutto questo non aveva importanza quando era con lei, si dissolveva come acqua al sole. Con lei era solo Killian.
Con Milah era diverso. Milah amava l’uomo, è vero, ma amava soprattutto il pirata. Amava il pericolo, il rhum, la passerella della nave, i vestiti di pelle nera, il mare, le avventure, le isole deserte, i tesori, l’oro. Lo amava come una seconda possibilità che la vita le aveva donato. Come aveva detto ad Emma non poteva rinnegare ciò che era stato e non poteva non ammettere che aveva amato Milah più di quanto si potesse immaginare. Aveva covato rancore per anni contro chi le aveva fatto del male e infine, pur di soddisfare la sua sete di vendetta aveva accolto la morte. Aveva bisogno di qualcosa che la ricordasse. Il disegno non gli bastava più.
E poi era arrivata lei, una folata di aria fresca nella sua vita. La amava, oh eccome se l’amava. L’avrebbe rincorsa ai limiti dello spazio e del tempo. Sorrise ripensando al loro ultimo viaggio nella Foresta Incantata. Non era stato facile rincorrerla, aspettarla, abituarsi ai suoi tempi. Ai pirati viene dato tutto e subito, pena la morte. Non era mai stato un tipo paziente, lui. Eppure l’aveva fatto, aveva aspettato, le era sempre stato accanto, aveva creduto in lei quando neanche lei lo faceva più. Ma, dopotutto quando l’aveva mai fatto? Era testarda, un po’ troppo impulsiva, odiava essere al centro dell’attenzione, non si dava mai alcun merito, era coraggiosa e generosa, pignola e troppo poco sicura di sé. Ma l’amava anche per questo.
Una domanda si fece spazio, silenziosa e tremendamente aspra nei suoi pensieri.
Cosa provava lei?
Ok, si erano baciati, avevano passato una splendida serata insieme e lui le aveva rivelato i suoi sentimenti più profondi. Ma lei?
Vagabondava sulla spiaggia, immaginando di chiederle spiegazioni. Potevano veramente provarci? Stare insieme per davvero? Uncino si rendeva conto che Emma non era fatta per smancerie e serenate a mezzanotte. Si immaginò a suonare la chitarra con una mano sola. Impossibile. E se anche avesse imparato, era piuttosto sicuro che Emma gli avrebbe tirato un secchio d’acqua fredda se si fosse presentato a casa sua, a mezzanotte, cercando di intonare una canzone che non parlasse di Rhum e pirati ubriachi.
No, loro sarebbero stati discreti, diversi. Non voleva ci fossero cambiamenti nel loro rapporto, che la ragazza si sentisse in imbarazzo o a disagio con lui tra i piedi. Desiderava che il loro rapporto restasse così com’era.
Avrebbe solo potuto baciarla ogni volta che gli passava per la testa.
Si fermò e respirò l’aria salmastra, guardando l’orizzonte. Gli mancava la sua nave, ma non si era mai pentito di averla scambiata per lei. Abbassò gli occhi e notò qualcosa che galleggiava a riva. Si avvicinò e si ritrovò tra le mani una bottiglia di vetro, chiusa con un tappo di sughero. La aprì e fece scivolare fuori un pezzetto di carta consumato. Con molta delicatezza slegò il nastro che legava il foglio. Le prime luci dell’alba gli permisero di leggere quelle poche frasi, scarabocchiate di fretta, chissà quanto tempo prima.
 
Ho affidato il mio messaggio al mare, come mi insegnasti tu molto tempo fa. So che, prima o poi, ti troverà. Ho bisogno del tuo aiuto, Killian. Sono nei guai.
In nome della nostra antica amicizia, ti prego di raggiungermi.
F.

 
Killian rimase sconcertato. Lesse il messaggio più volte finché le lettere svanirono sotto il suo sguardo. L’inchiostro era scuro e odorava di ferro e sale: sangue. Rimise la lettera nella bottiglia e si incamminò verso casa di Emma.
Doveva dirle addio, di nuovo.
 
Arrivò a casa sua poco tempo dopo. Durante il tragitto pensò solo ad un modo per dirglielo. Sentiva che l’avrebbe persa per sempre se le avesse raccontato una bugia. Tuttavia non poteva neanche dirle la verità, altrimenti lei avrebbe insistito ad accompagnarlo. Lo sapeva, era nella sua indole. E la cosa che più lo spaventava era che lo desiderava con tutto se stesso. Accarezzava l’idea di solcare i mari in compagnia di Emma, dei suoi sorrisi rari, dei suoi occhi così pieni di vita. Ma non poteva.. Non poteva allontanarla da suo figlio, dai suoi genitori, dal piccolo appena nato. La città intera aveva bisogno di lei.
Anch’io ho bisogno di lei.
Egoista.
Non poteva.
Non poteva strapparla via da Storybrooke, dopo aver insistito così tanto perché non partisse per New York
Era diverso, diglielo. Lei farà ciò che crede sia la cosa giusta.
No.
Non poteva agire da egoista, non adesso che era diventato un eroe. E si sa, gli eroi, devono sempre sacrificare qualcosa.
O qualcuno.

Aveva preso la sua decisione. Le avrebbe mentito, correndo il rischio di essere smascherato. Sapeva che si trovava su un filo di rasoio e se fosse caduto, l’avrebbe persa per sempre. Lei metteva al primo posto la fiducia. L’aveva capito da poco, quando Zelena gli aveva fatto un incantesimo alle labbra e lui non l’aveva informata. Era in bilico e stava saltando da solo.
Salì piano le scale, cercando di ricordare le parole che avrebbe voluto dirle. Aveva escogitato un piano ma era piuttosto sicuro che non avrebbe funzionato. Quella donna ostacolava sempre i suoi piani.
Bussò tre volte. Non aspetto che qualcuno, la sua voce, lo invitasse ad entrare. Spinse la maniglia ed entrò.
La trovò distesa sul divano, stringeva al petto un cuscino. I capelli le ricadevano sulle spalle, le punte ancora bagnate. Indossava una t-shirt grigia che le lasciava un po’ scoperta la pancia bianca e dei pantaloni a quadretti.
« Che ci fai qui? » disse con la voce ancora impastata di sonno. Si era addormentata sul divano, schiacciata dai suoi pensieri e da una montagna di cuscini. Si sedette e picchiettò la sua mano sul posto vuoto accanto a lei, per fare segno ad Uncino di sedersi. Killian si avvicinò silenzioso. Era bella anche così, con i capelli bagnati e i pantaloni a quadretti.
Che cosa era andato a fare lì?
Toccò con la mano la bottiglia, per accertarsi che fosse reale, che non fosse tutto un sogno. Il vetro era freddo e maledettamente vero.
Si posizionò di fronte a lei, la guardò dritto negli occhi. Voleva che ci credesse, che sapesse che l’amava.
« Emma, io… io ti amo. »
Gli occhi della ragazza sorrisero. Killian capì che aveva deciso, aveva deciso che gli avrebbe dato una possibilità e si sentì un verme. La consapevolezza che le avrebbe inflitto più dolore di quanto avesse voluto si insinuò in lui.
« Volevo ringraziarti per ciò che hai fatto per me, Emma. Seppur inconsapevolmente hai riportato alla luce quel poco di buono che c’era ancora in me. Quando ci siamo incontrati non ero solo una persona non amata e che non amava. Ero un nemico dell’amore. L’amore mi aveva provocato solo dolore*. Ho alzato un muro, un muro fatto di odio, di vendetta e di rancore. Un muro che è crollato non appena sei entrata nella mia vita. Voglio che tu sappia che ti sarò sempre debitore Emma – distolse lo sguardo dai suoi occhi e lo abbassò – ma non so se sono in grado di farlo, non sento di meritarti e non so se sia la cosa giusta per te. Ho deciso di partire per un po’, per schiarirmi le idee, per riflettere. »
Rialzò lo sguardo. La sua espressione era cambiata. Aveva indossato di nuovo la sua maschera. Avrebbe finto che non le importava, che sarebbe stata forte. Incrociò le braccia e socchiuse gli occhi, corrugò le sopracciglia.
E capì.
Stava mentendo.
Emma non disse niente. Avrebbe voluto gridargli che aveva deciso, che non gliene importava niente se la meritava oppure no, che era in grado di decidere benissimo da sola. Ma restò in silenzio. Annuì.
« Sono certo che, al mio ritorno, non ti troverò al porto ad aspettarmi. Ma va bene così. Dopotutto non sei la tipica principessa che ogni giorno aspetta alla finestra il ritorno del suo amato, no? » sorrise e Uncino scorse anche nella sua espressione dura una scintilla. Ritornò a guardarla negli occhi.
« Non passerà un giorno senza che io pensi a te » le ricordò proprio come aveva fatto quando le disse addio per la prima volta. Le si avvicinò e la baciò.
« Grazie Swan »
La guardò un’ultima volta per imprimersi meglio la sua immagine nella mente e se ne andò, chiudendosi piano la porta alle spalle. Provò uno strano sentimento, mentre si incamminava di nuovo verso il porto. Delusione, forse.
Emma aveva capito che le stava mentendo, ne era sicuro com’era sicuro di ciò che provava per lei. Lo aveva letto nei suoi occhi, nella sua espressione, nel modo in cui corrugava le sopracciglia mentre esercitava il suo superpotere.
Ma perché non l’aveva fermato? Perché non gli aveva chiesto cosa fosse successo realmente? Se solo avesse aperto bocca, avesse replicato, era sicuro che sarebbe crollato, che le avrebbe detto tutto e insieme avrebbero deciso cosa fare. Era piuttosto sicuro che i suoi super poteri l’avrebbero smascherato.
Il pirata dentro di lui, si rallegrò. Il mare sarebbe stato di nuovo casa sua.
L’uomo, invece, si prese la testa fra le mani. L’aveva persa. Peggio. Non l’aveva mai avuta.
 
Non sapeva perché l’aveva fatto, perché non l’aveva fermato. Ripensò a tutto ciò che le aveva detto e le sue parole si scolpirono nella sua mente.
Era lei. Era lei quella che si era innalzata un muro, era lei la nemica dell’amore. Lui, insieme ad Henry e ai suoi genitori l’aveva abbassato, l’aveva frantumato. E adesso? Adesso le toccava rimettere insieme i pezzi, ricostruire quel muro più forte di prima. 

*Ho scelto di utilizzare le stesse parole di Tremotino perchè secondo me, sono perfette per gran parte dei personaggi della serie. 

Angolo dell'Autrice:
Salve a tutti! Ho aggiornato adesso la storia perchè, per un po' non potrò farlo. Mi dispiace :( Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Ringrazio tutti coloro che hanno letto il prologo e leggeranno anche questo capitolo, forse un po' lunghetto... Niente, spero che la storia continui ad interessarvi! Fatemi sapere! Un abbraccio :)
Kerri
 
   
 
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