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Autore: CassandraLeben    20/09/2008    17 recensioni
Questa storia è ambientata dopo Eclipse ed è stata elaborata prima dell’uscita di BD.
HO AGGIORNATO!!!!!!!
In breve: un racconto alternativo, avventuroso e romantico, nonché triste, di ciò che avevo immaginato potesse accadere dopo il fatidico “Sì” tra Edward e Bella.
Il ritorno dei Volturi, di Jack, Alec e Jane sconvolgeranno la vita dei novelli sposi
ATTENZIONE, PUò CREARE ASSUEFAZIONE E PROBLEMI CARDIACI! XD
< Isabella. > Una voce familiare risuonò nella camera. Sobbalzai. Non mi ero accorta della presenza di qualcuno nella stanza.
< Bella! Quanto tempo, desideravo con ansia rivederti. > Aro mi si avvicinò e mi prese la mano. Con gentilezza, me la baciò. Notai i suoi occhi guizzare sulla mia fede e poi incontrare i miei. Mi sorrise tranquillo e mi fece accomodare sul divano.
< Prego cara, siediti. Non avere paura. Non devi preoccuparti. > Sapevo che non potevo rifiutare. Tanto valeva stare al gioco. Magari sarei riuscita a sopravvivere un po’ più a lungo.
Genere: Romantico, Dark, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutte!
Scusate il ritardo ma giovedì sn andata a fere degli esami che hanno richiesto molto più tempo del previsto e non sn riuscita a finire il cap (che non mi è venuto al meglio… sigh).
Chiedo perdono XD
Ringrazio tutte voi che mi seguite!!! Il vostro sostegno ed apprezzamento mi riempie di gioia!!!

Volevo augurare a Mattia buon compleanno ma soprattutto volevo dire alla sua giovanissima mamma che è fantastica e che gli auguri andrebbero fatti a lei che in fondo, è stata quella a partorire!!! Auguri enormi ad Entrambi!!!
Auguri anche a Viviana che sta per ricevere il suo primo voto numerico!!!
Piccolo annuncio: devono rifare l’impianto elettrico a casa mia… niente elettricità per una settimana o due. Non capisco perché mia madre voglia utilizzare la batteria portatile per il frigo e la caldaia invece che per il mio pc. Non ho parole. Ed io come diavolo faccio?????????
Ma non preoccupatevi!!! Scriverò sul portatile (che caricherò di nascosto… spegnendo il boiler XD) e posterò da casa di qualche amica! Non so quando però riuscirò ad aggiornare. Non vorrei sbilanciarmi ma sn abbastanza sicura di farcela per martedì o mercoledì XD (Hanairoh scusa per il ritardo!!! I’m so sorry!!! Eccoti l’aggiornamento!!!)
Un bacio enorme a tutte!!!
A prestissimo!!!
                                  Vostra Cassandra sempre in ritardo… sigh

Bella's POV

Mi alzai indolenzita. Il viaggio in macchina era stato lungo e faticoso. Ci eravamo fermati poche volte, per permettermi di mangiare ed essere umana e per poterci occupare di Elizabeth. Finalmente Esme mi disse: < Bene Bella. Per un po’ staremo qui. Non potremo fermarci a lungo ma per un paio di settimane dovremmo poter restare. >

A quelle parole tremai. Quanto tempo avrei dovuto rimanere senza una casa? Viaggiare lontana da Edward? In auto avevamo deciso che avremmo scattato foto alla bambina ogni giorno, di modo che suo padre potesse apprezzare tutti i cambiamenti uno alla volta, una volta ricongiunti. Quante foto avremmo dovuto scattarle?
Mentre ero ancora intontita per il sonno,Rosalie mi sistemò meglio la giacca e la sciarpa per rendere poco visibile il mio volto. Mi fece ricadere una ciocca di capelli davanti e mi mise un cappello. Nonostante fosse maggio, faceva freddo. Eravamo a Nord. Esme aveva guidato per circa undici ore e, riconoscendo il nome della città scritto sui cartelli stradali, Edmonton, capii di essere molto lontana da casa. Evidentemente feci una faccia sconsolata dato che Rose, coccolando Elizabeth, mi rivolse uno sguardo comprensivo. Stava mostrando un lato tutto nuovo di sé… Mal’interpretò i miei sentimenti.

< Non preoccuparti Bella, non ti riconosceranno mai. E poi, con me ed Esme vicino a te, nessuno ti noterà. > Mi disse Rose dopo avermi sorriso. Certo, lo diceva cercando
di rassicurarmi ma sicuramente il suo non era un complimento. Alla reception di un lussuosissimo albergo, Esme pagò per una suitè tripla. Evidentemente, era una moda di famiglia. Le due volte in cui, con Alice, mi ero ritrovata in fuga, avevo alloggiato in posti splendidi. Salimmo al quarto piano accompagnate da un facchino che ci portò alla nostra “stanza”.
Esme aveva detto al signore che ci aveva assegnato la suite che eravamo in viaggio per andare a trovare dei parenti e avevamo colto l’occasione per visitare meglio il nostro paese. Gli aveva spiegato che io e Rose eravamo le sue sorelle e che Elizabeth era figlia mia e del mio giovane marito. Rose era lì con noi ed il suo fidanzato. In camera mi aveva sussurrato: < Non dire a Edward di questa bugia. Di certo non gradirebbe! > e poi mi aveva fatto l’occhiolino. Come scusa a me non sembrava stare molto in piedi ma, proprio come aveva detto Rosalie, tutti erano troppo impegnati ad ammirare la loro bellezza per prestare ascolto alle loro parole.

In camera, mi levai quei vestiti ingombranti ed andai in bagno. Mi presi del tempo per me, a mollo nella vasca. Sentii il facchino portare una culla ed Elizabeth vagire affamata. Mi asciugai ed andai nell’ampio salotto. In accappatoio, presi Elizabeth e l’avvicinai al mio seno. Mangiava sempre molto e molto spesso e potei notare come ciò avesse contribuito alla profondità delle mie occhiaia, oltre che al suo peso. Era ancora leggerissima e piccola ma si era irrobustita un pochino.
Quando potei finalmente dare la bambina ad Esme perché la cambiasse, andai in camera e mi infilai un pigiama. Nonostante avessi passato quasi tutto il giorno a dormire, ero ancora stanchissima. Edward mi aveva chiamato mentre ero addormentata ma, svegliata da Emmett, ero riuscita a rispondergli. La sua voce mi aveva riempito il cuore di gioia e speranza. Avevamo parlato poco ma sapevo accontentarmi. Meglio di niente, come era successo prima di allora. Mi bastava sapere che stava bene; sentire la sua voce anche per un solo attimo era sufficiente.

Indossai un pigiama e tornai in salotto. < Bene Bella, allora, io e te staremo in quella stanza dove ti sei cambiata. Rose, Emmett voi starete nella stanza in mezzo. Tu invece puoi accomodarti nella singola. > disse Esme rivolgendosi a ciascuno di noi.

Io, sedendomi sul divano, accesi la tele e fissai il monitor. Non riuscivo a concentrarmi sulle ragazze che parlavano nello schermo. Esme si sedette al mio fianco e mi chiese: < Vuoi che ti ordini da mangiare? > Intanto Rose aveva provveduto a tirare le tende. Saremmo rimasti chiusi lì dentro, al buio come al solito. < No grazie…magari domattina… > Lei mi accarezzò la spalla e poi si allontanò. Rose ed Emmett erano spariti nella loro camera. In silenzio, Alec mi osservava appoggiato alla finestra. Sentivo il suo sguardo su di me. Mi voltai e lo fissai negli occhi. Lui distolse lo sguardo. Lo vidi mordersi il labbro. < Alec? >
Non mi rispose. < Alec, per favore, non fare così. Non ignorarmi. >
Dato che non mi rispondeva, mi alzai e mi misi davanti a lui. < Alec, per favore. Non vorrai comportarti così per sempre. Non ho intenzione di restare qui con te che non mi rivolgi la parola. >
Fece per andarsene ma io gli afferrai la mano. Sussurrò tra i denti: < Non farmi questo. >
< Alec, perché fai così? Non mi importa cosa ti abbia detto Edward. Non mi importa. Io non voglio che tu mi tratti in modo diverso. Ti ricordi come mi eri amico? > Lo vidi chiudere gli occhi e sospirare profondamente. Qualcosa lo turbava profondamente. Gli accarezzai la guancia per rassicurarlo e lui mi scostò con violenza. Caddi all’indietro e l’ultima cosa che vidi fu il volto terrorizzato di Alec.

< Bella, Bella tesoro? >

< Dottore, cosa dobbiamo fare? >
< Il respiro è regolare … mi sembra normale. Dobbiamo solo aspettare che si riprenda >
< Va bene… Rose, passami quello. >
< Ok, così. Certo, certo. >
< Va bene.  >
< Bella? Bella? >
Le voci confuse sulla mia testa si facevano man mano più semplici da distinguere.
< Esme? > Sbiascicai con la bocca impastata.
< Oh, Bella, tesoro … > poi si rivolse a qualcun altro e disse: < Si sta svegliando. Ok, certo. >
Cercai di mettermi in piedi ma una mano gelida poggiata sul mio petto me lo impedì. < No, sta sdraiata ancora un po’. > Era la voce di Rose.

Aprii gli occhi e mi accorsi di una pezza gelata a lato della mia testa. Del ghiaccio era stato avvolto  dentro ad un pezzo di stoffa ed era stato appoggiato sul punto in cui avevo sbattuto contro il tavolino.

< O merda! > gracchiai portandomi la mano alla testa. < Cavolo, cavolo, cavolo! > imprecai sdraiata sul letto matrimoniale. Vedevo la mia valigia a lato del letto.
Quando mia figlia, dalla stanza vicina, cominciò a piangere io mi appoggiai ai gomiti e chiesi: < Quanto tempo sono rimasta così? >
< Appena una decina di minuti. Non preoccuparti. > Rosalie cercava di rassicurarmi.
Poi sentii nuovamente la voce di Esme. Stava parlando con un uomo. Quest’ultimo mi si avvicinò e mi tastò dolcemente il capo.
< Come stai piccola? >
< Ehm … bene… > Ero agitata. Sentivo Elizabeth piangere e volevo andare da lei. Il signore mi stava ora sentendo il polso. < Mi sembra sia tutto a posto … Evidentemente era molto stanca per il lungo viaggio… non mi preoccuperei se fossi in voi. La botta non è stata violenta. > disse gentile as Esme e Rose. Vedendo la mia impazienza nel cercare di alzarmi, mi chiese: < Il bambino è tuo? > Annuii e lui mi sorrise. < Signora, perché non portate il piccolo dalla madre? >

Esme annuii e fece cenno a Rose di andare. Poco dopo lei entrò con la bambina in braccio. L’avevano avvolta in una coperta pesante. Appena la appoggiai al mio corpo il suo pianto si attenuò. Dato che il vestitino che le avevano messo era rosa, il dottore mi chiese: < Femmina? >
< Sì … > mormorai impacciata. < Posso allattarla? Non corre rischi… > Chiesi non sapendo se mi avesse dato qualche medicinale. < Certo, cara. Ci mancherebbe. Non ti abbiamo dato niente. Tua sorella voleva vedere se riuscivi a riprenderti da sola, prima di arrivare alle medicine. > Sorrisi e ripetei il solito rito della maglietta ed Elizabeth si avvinghiò a me. Quando ebbe finito, vedendo il mio sguardo apprensivo, il dottore mi chiese: < Vuoi che la controlli? > < Oh, sarebbe molto gentile. > < Dovere. > Mi rispose cordiale.

E così dicendo le tolse il vestitino e la visitò. Il viaggio era stato molto lungo anche per lei e non avere Carlisle vicino mi angosciava. Sentii tantissimo la mancanza di Edward in quel momento. Avevo bisogno di lui. Quando il dottore strinse le labbra, per poco non mi misi a piangere. < Sta male? > Domandai con voce tremante. < No, direi di no… solo, è un po’ fredda e sottopeso. Quanto ha? >
< Una settimana. >  Quando glielo dissi, mi guardò male.
< Signorina, non avrebbe dovuto mettersi in viaggio così presto. Non capisco neanche perché l’abbiano dimessa dall’ospedale. Lei mi pare ancora fragile e pallida. Il parto non è una cosa da sottovalutare. E la bambina è piccola… >
< Elizabeth è nata prematura … > S’intromise Esme poggiandomi una mano sulla spalla per rassicurarmi.
< Di quanto? >
< Tre settimane. > Lo vidi pensieroso e mi sentii mancare. Edward e Carlisle mi avevano forse mentito per tranquillizzarmi?
< Complessivamente mi sembra stare tutto sommato bene. Certo, avrà bisogno di essere seguita… Forse avreste dovuto rimandare la partenza, per entrambe. Una degenza più lunga in ospedale non vi avrebbe fatto male. > E mi guardò con sguardo critico.
< Vede, dottore, abbiamo dovuto partire subito per dei gravi motivi … ma se potesse, vorrei che tutto ciò che è stato detto in questa stanza non ne uscisse. Sa, è stata una partenza improvvisa… >
E poi gli rivolse un sorriso che lo zittì. Ad Esme si aggiunse Rose che, rivestendo la bambina, muoveva il suo corpo in modo particolarmente accattivante.

L’uomo, incantato, scosse la testa come per risvegliarsi da un sogno e mi disse: < Adesso come va il capo, cara? >
< Bene… Ahia! > gridai quando lui tastò un rigonfiamento alla mia sinistra.
< Ti verrà un bel bernoccolo. Devi fare più attenzione… Allora, resta a letto e riposati. Ne hai bisogno. Ti consiglierei di mangiare molta carne e uova. E anche molta frutta e verdura. Devi cercare di avere una dieta bilanciata ma anche ricca di sostanze nutrienti. > Mi accarezzò i capelli e poi si rivolse ad Esme: < Senta, questa notte controlli ogni 3-4 ore che sia vigile e cosciente. Le ponga delle domande. Deve assicurarsi che le sua risposte siano coerenti. Se ci fossero problemi, mi richiami. Questo è il mio numero … o può anche contattarmi tramite l’albergo, come ora. Se io non ci fossi, verrà un mio collega dello studio. Poi, se volete e se avete intenzione di fermarvi un po’, posso darvi anche il numero di alcuni ginecologi e pediatri. Basta che mi facciate sapere.> e poi ci salutò, raccomandandosi nuovamente con me. Appena se ne fu andato, mi alzai in piedi ed andai in sala. Emmett ed Alec non c’erano. Senza bussare, aprii la porta della camera singola. Mi tenevo ancora la borsa del ghiaccio appoggiata alla testa. Emmett mi disse: < Bella, torna in camera tua. >
< No, Emmett, non rompere. Alec. > dissi rivolgendomi a lui, seduto a terra con il capo tra le mani. Non si mosse.
< Alec, esigo una spiegazione. > Gli gridai irata. Lui non mi rispose e io gli tirai il ghiaccio in testa. In quel momento lui alzò la testa e mi trapassò con il suo sguardo nero. Era tormentato.
Sussurrò: < Stai bene? Mi dispiace così tanto… non ho misurato la mia forza. Ti prego, perdonami. Perdonami. >
Quelle parole  tormentante e cariche di dolore e ansia mi sconvolsero. Sapevo che avrebbe voluto poter piangere. Mi sedetti in ginocchio davanti a lui e gli dissi: < Scusa, non avrei dovuto gridarti dietro ma davvero … non puoi non parlarmi. Non sono arrabbiata per prima. Io mi faccio sempre male. Era questione di tempo prima che cadessi inciampando nei miei piedi e sbattendo da qualche parte. Non prendertela. > < Ti ho spinto. È colpa mia. Mi dispiace tantissimo! Scusa. Scusa. >
Gli appoggiai la mano sulla guancia e gli bisbigliai: < Ti ricordi a Volterra, quante volte sono inciampata nell’orlo del vestito? E quando ho sbattuto la gamba contro il divano? O quando sono caduta cercando di prendere quel libro dalla libreria e tu mi hai afferrato prima che mi spiaccicassi a terra? >

Fece un mezzo sorriso e poi mi sussurrò: < La tua bambina è bellissima. Assomiglia tutta a te. >
< Edward ti ucciderà… > Disse Emmett rivolto ad Alec che lo guardò strano. < Probabilmente … > ammise lui. L’ombra di un sorriso sulle sue labbra.
< Grazie … secondo me, assomiglia di più ad Edward … > Dissi ad Alec arrossendo.
Lui mi sfiorò la guancia con delicatezza e poi scosse il capo. < Scusami Bella. Avrei voluto fare di più per te, a Volterra … >
< Tu hai fatto più di quanto potessi anche solo immaginare. Hai salvato me e la mia bambina. Te ne sarò eternamente grata. > E le mie parole sincere lo convinsero. Dolcemente, mi cinse il bacino e mi abbracciò. Le sentii inspirare profondamente. Mi strinsi a lui per un attimo e poi mi allontanai. Lo fissai negli occhi e gli dissi: < Tu per me sei stato un grande amico, e così ti vedrò sempre. Ti voglio bene come ad un fratello perché è questo che tu sei stato per me. E mi piacerebbe che ti unissi alla mia famiglia… sono certo che Carlisle ti accoglierebbe volentieri. Siamo tutti in debito con te, per tutto quello che hai fatto per noi. >
Mi strinse gentilmente le mani e mi disse tranquillo :< Mi spiace ma sono costretto a reclinare l’offerta. Credo che Edward non sarebbe molto d’accordo. > Io sbuffai e lui rise, poi continuò: < Appena sarà tutto finito, partirò. Andrò lontano a cercare la mia strada. Ho bisogno di tempo. Non sono mai stato libero. Nessuno mi ha mai costretto a restare a Volterra ma, essendo l’unico luogo che potessi chiamare casa, non mi era mai neanche passata per la testa l’idea di andarmene, lasciare mia sorella Jane… Da quando sono un vampiro, è la prima volta che penso a un futuro per me nel mondo. > Sorrise triste ed io feci lo stesso.
< Promettimi che verrai a trovarci. Mi mancherai … vorrei che non te ne andassi mai ma allo stesso tempo vorrei che tutto finisse in fretta. Sarebbe bello se potessi restare… > Mi accarezzò la spalla e mi sussurrò: < Vedrai, ci vedremo ancora. Magari quando sarai meno fragile … > E poi, scompigliandomi i capelli, aggiunse: < E magari, avrai cambiato idea e vorrai fuggire con me. >
Risi e poi gli dissi sarcastica: < Ti piacerebbe. >
Chinandosi a baciarmi la fronte, mi bisbigliò: < Certo. Lo sai che ti amo… >
< E tu lo sai che ti voglio bene, ma che se continui così non impedirò ad Edward di staccarti la testa al suo arrivo. > Gli risposi io. Scoppiò a ridere e passò il palmo della sua mano sul mio capo. Sussultai quando toccò il punto che mi doleva. Lui indietreggiò ed io dissi: < Va tutto bene, non è niente. > e poi abbozzai un sorriso. Lui pareva scettico e non mi rispose. Uno sguardo colpevole dipinto sul volto. Mi sporsi in avanti per baciargli la guancia e gli sussurrai: < Tu non sei innamorato di me. Solo, non hai mai conosciuto l’affetto, quando io te ne ho dato, non sapevi cosa stessi ricevendo. Quando troverai la ragazza giusta per te, capirai cos’è l’amore. E capirai anche cosa significa amicizia. >
Detto questo, andai in camera mia da Esme ed Elizabeth. Attraversando la stanza sentii Alec bofonchiare: < Non credo che vorrei fare quello con un’amica… >
Io arrossii violentemente e capii perché Edward non avesse voluto che gli parlassi. Che sciocco.mio marito sapeva che amavo solo lui. Che niente sarebbe riuscito a farmi cambiare idea. Il sentimento che provavo nel profondo del mio cuore era troppo forte e travolgente perché potessi reprimerlo o metterlo a tacere. Quel sentimento era troppo parte di me. Così come lo era Edward. Così come avevo bisogno di sentirlo.

Entrata in camera, mi sdraiai a pancia in giù sul letto. Esme poggiò la piccola nella culla e mi venne vicino. Passandomi la mano sulla schiena,massaggiandola lentamente, mi sussurrò: < Tutto bene, tesoro? >
In silenzio, annuii affondando nelle coperte. < La testa? > < Tutto bene … > < Vuoi dormire? > < Sì … > E lei allora mi avvolse nelle lenzuola. Poco dopo mi addormentai. Quando Esme, con la sua voce dolce e materna mi svegliò,mi ritrovai piangente.
< Bella, tesoro, va tutto bene… tutto bene… > Mi ripeteva tentando di infondermi sicurezza.

Cercando di moderare i singhiozzi, mi ricomposi. Avevo sognato di essere con Edward. Avevo desiderato le sue mani sulla mia pelle e, nel mio sogno, quelle erano arrivate. Nel sogno, ci amavamo sicuri dell’avvenire. Ci amavamo spensierati e felici delle nostre esistenze. Nella realtà però, tutto era diverso. Mio marito era lontano da me e la nostra famiglia era divisa.

Nella realtà, il futuro era una possibilità indistinta, così come le nostre vite. Ogni cosa incerta appesa ad un sottilissimo filo che non eravamo noi a reggere. Tremai.

Esme mi obbligò a mettermi in piedi. Io feci come voleva.risposi alle domande sue e di Rose. Elizabeth, svegliata dai nostri, o per meglio dire miei, rumori, cominciò a vagire ed io l’accolsi tra le mie braccia. Era una bambina bravissima dato che i lamentava pochissimo e stava tranquilla tra le braccia di tutti ma, tra le mie, cessava immediatamente di piangere e restava calma. Ero certa che gradisse il calore emanato dal mio corpo. Lessi la domanda sulle sue labbra affamate. La sua bocca tesa a formare una minuscola O, tonda e perfetta. Le sue dita strette intorno ai miei capelli. La allattai al buio senza sapere se fosse realmente notte. Le pesanti tende erano tirate e nella camera non vidi orologi.
Mentre io ero intenta ad occuparmi di mia figlia, Esme e Rose discutevano. Stavano parlando del nostro rifugio successivo. Sospirai al pensiero di un altro giorno di viaggio. Loro interpretarono bene il mio verso e mi sussurrarono: < Lasceremo trascorrere un po’ di tempo. Devi essere in forze. Non preoccuparti, resteremo qui ancora almeno una settimana. >
Quella notte, o per lo meno  presumevo fosse notte, venni svegliata ed “interrogata” da mia suocera diverse volte.  Voleva assicurarsi che stessi bene.
Quando Esme mi porse un vassoio enorme stracolmo di cibo, capii che finalmente doveva essere mattina.
Proprio grazie ai pasti, nei giorni successivi, riuscii a distinguere il giorno dalla notte. Edward non aveva ancora chiamato e, sebbene cercassi si non darlo a vedere, mi stavo tormentando per l’angoscia.

Tutto ciò mi ricordò i momenti peggiori della mia vita e mi fece cadere, senza che me ne rendessi conto, in un pozzo buio e profondo a cui mi ero, fino ad allora, opposta con tutte le mie forze. L’unico mio motivo per alzarmi dal letto ogni giorno era quella piccola e fragile bambina che aveva bisogno di me per poter vivere. Era giàla seconda volta che, grazie a lei, riuscii a non impazzire d’angoscia e dolore. Ero una madre e tutto ora doveva venire dopo di lei. Persino me stessa. Persino Edward. Ed ero certa che lui mi avrebbe detto lo stesso. Era questo ciò che mi ripetevo quando, sveglia, tenevo gli occhi chiusi sdraiata a letto e sentivo la piccola piangere ed io non trovavo la forza di alzarmi ed andare da lei... 

Alec ed Emmett osavano raramente entrare in camera mia, a differenza di Esme e Rose. Io avrei voluto tanto restare sola... 

Talvolta Esme, vedendomi così passiva, pur di farmi alzare, la lasciava piangere. La sentii dire una volta ad un preoccupato Emmett, che voleva venire a controllare perchè la piccola piangesse, di non impicciarsi:
< Lasciala stare. Bella deve riuscire ad alzarsi e ad andare da lei da sola. Altrimenti è inutile. Deve capire che deve essere forte. Che deve farlo per lei. >
Elizabeth in quell’occasione aveva continuato a frignare finché io, stufa del suo pianto, non mi fui alzata e, barcollando, non fui andata da lei. Come mi aspettavo, si era calmata non appena la sua pelle era entrata in contatto con la mia. Attaccata al mio seno, subito di era fatta tranquilla. Le lacrime lungo il mio volto, diminuirono in velocità sentendo il calore del suo piccolo corpo contro il mio petto.  

Una sera, a giudicare dai programmi in TV, stavo seduta sul divano. Erano trascorsi tre giorni circa dal nostro arrivo ed Io stavo sfogliando le pagine di un vecchio libro regalatomi da Esme quando Alec si sedette al mio fianco. 

< Come ti senti? > Mi domandò premuroso.  Soffrivo tantissimo per la situazione in cui ci trovavamo tutti noi, ma sapevo che il mio dolore lo rattristava. Mi guardò colpevole e sospirò. Non volevo che si sentisse causa di quello che stava succedendo. Era sbagiato che si tormentasse a quel modo. Non era colpa sua. Mi strinsi nelle spalle e, dopo aver sospirato profondamente, reprimedo la mia angoscia e solitudine,  sospirai: < Come al solito, grazie. > Senza rendermene conto, delle lacrime cominciarono a scorrere dai miei occhi. Vidi le lacrime raggrinzire la carta del libro che fissavo, assente.
< Vedrai, questa volta tornerà presto da te. > Mi disse prendendomi la mano e stringendola dolcemente. Con il dorso asciugò le scie bagnate suella mie guance.  Io abbozzai un sorriso e lui mi sussurrò: < Ecco... un sorriso. Te ne ho visti così pochi... Mi dispiace non averti mai visto realmente felice. Ti meriteresti di esserlo, insime a tua figlia, insieme alla tua famiglia. >
Io arrossii ed annuii contemporaneamente. < Grazie, sei molto gentile con me. Lo sei sempre stato. > Rise di gusto accarezzandomi la guancia. In quel momento, il telefonino rosso di Rose, appoggiato sul tavolo in attesa di una telefonata che non era ancora arrivata, squillò. Io mi alzai in piedi all'istante e mossi due passi verso il cellulare ma Emmett, con la classica velocità da Vampiro, mi precedette. al mio secondo passo, lui aveva già detto: < Pronto? >
Rose ed Esme si erano precipitate in sala e si trovavano adesso una alla mia destra e l'altra alla mia sinistra. Tra le braccia di Rose, mia figlia mi osservava curiosa.

< Bella, è Carlisle... c'è Edward vicino. Li sentiamo... >
Il cuore mi cominciò a battere furioso nel petto non appena ebbi realizzato che avrei finaleme parlato con Edward. Senza neanche volerlo, mi avvicinai ad Emmett ma Esme mi trattenne per un braccio. La fissai confusa ed eccitata ma lei alzò la mano e mi fece cenno di aspettare. Il suo sguardo ed i suoi occhi, preoccupati, mi gelarono il sangue nelle vene.

  
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