Salve a tutte!
Scusate il ritardo ma giovedì sn andata a fere degli esami
che hanno richiesto molto più tempo del previsto e non sn
riuscita a finire il
cap (che non mi è venuto al meglio… sigh).
Chiedo perdono XD
Ringrazio tutte voi che mi seguite!!! Il vostro sostegno ed
apprezzamento mi riempie di gioia!!!
Volevo augurare a Mattia buon
compleanno ma soprattutto
volevo dire alla sua giovanissima mamma che è fantastica e
che gli auguri andrebbero
fatti a lei che in fondo, è stata quella a partorire!!!
Auguri enormi ad
Entrambi!!!
Auguri anche a Viviana che sta per ricevere il suo primo
voto numerico!!!
Piccolo annuncio: devono rifare l’impianto elettrico a casa
mia… niente elettricità per una settimana o due.
Non capisco perché mia madre
voglia utilizzare la batteria portatile per il frigo e la caldaia
invece che
per il mio pc. Non ho parole. Ed io come diavolo faccio?????????
Ma non preoccupatevi!!! Scriverò sul portatile (che
caricherò di nascosto… spegnendo il boiler XD) e
posterò da casa di qualche
amica! Non so quando però riuscirò ad aggiornare.
Non vorrei sbilanciarmi ma sn
abbastanza sicura di farcela per martedì o
mercoledì XD (Hanairoh
scusa
per il ritardo!!! I’m so sorry!!! Eccoti
l’aggiornamento!!!)
Un bacio enorme a tutte!!!
A prestissimo!!!
Vostra Cassandra
sempre in ritardo… sigh
Bella's POV
Mi alzai indolenzita. Il viaggio in
macchina era stato
lungo e faticoso. Ci eravamo fermati poche volte, per permettermi di
mangiare
ed essere umana e per poterci occupare di Elizabeth. Finalmente Esme mi
disse:
< Bene Bella. Per un po’ staremo qui. Non potremo
fermarci a lungo ma per un
paio di settimane dovremmo poter restare. >
A quelle parole tremai. Quanto
tempo avrei dovuto
rimanere senza una casa? Viaggiare lontana da Edward? In auto avevamo
deciso
che avremmo scattato foto alla bambina ogni giorno, di modo che suo
padre
potesse apprezzare tutti i cambiamenti uno alla volta, una volta
ricongiunti.
Quante foto avremmo dovuto scattarle?
Mentre ero ancora intontita per il sonno,Rosalie mi
sistemò meglio la giacca e la sciarpa per rendere poco
visibile il mio volto.
Mi fece ricadere una ciocca di capelli davanti e mi mise un cappello.
Nonostante
fosse maggio, faceva freddo. Eravamo a Nord. Esme aveva guidato per
circa
undici ore e, riconoscendo il nome della città scritto sui
cartelli stradali,
Edmonton, capii di essere molto lontana da casa. Evidentemente feci una
faccia
sconsolata dato che Rose, coccolando Elizabeth, mi rivolse uno sguardo
comprensivo. Stava mostrando un lato tutto nuovo di
sé… Mal’interpretò i miei
sentimenti.
< Non preoccuparti Bella,
non ti riconosceranno
mai. E poi, con me ed Esme vicino a te, nessuno ti noterà.
> Mi disse Rose
dopo avermi sorriso. Certo, lo diceva cercando
di rassicurarmi ma sicuramente
il suo non era un complimento. Alla reception di un lussuosissimo
albergo, Esme
pagò per una suitè tripla. Evidentemente, era una
moda di famiglia. Le due
volte in cui, con Alice, mi ero ritrovata in fuga, avevo alloggiato in
posti
splendidi. Salimmo al quarto piano accompagnate da un facchino che ci
portò
alla nostra “stanza”.
Esme aveva detto al signore che ci aveva assegnato la
suite che eravamo in viaggio per andare a trovare dei parenti e avevamo
colto
l’occasione per visitare meglio il nostro paese. Gli aveva
spiegato che io e
Rose eravamo le sue sorelle e che Elizabeth era figlia mia e del mio
giovane
marito. Rose era lì con noi ed il suo fidanzato. In camera
mi aveva sussurrato:
< Non dire a Edward di questa bugia. Di certo non gradirebbe!
> e poi mi
aveva fatto l’occhiolino. Come scusa a me non sembrava stare
molto in piedi ma,
proprio come aveva detto Rosalie, tutti erano troppo impegnati ad
ammirare la
loro bellezza per prestare ascolto alle loro parole.
In camera, mi levai quei vestiti
ingombranti ed andai
in bagno. Mi presi del tempo per me, a mollo nella vasca. Sentii il
facchino
portare una culla ed Elizabeth vagire affamata. Mi asciugai ed andai
nell’ampio
salotto. In accappatoio, presi Elizabeth e l’avvicinai al mio
seno. Mangiava
sempre molto e molto spesso e potei notare come ciò avesse
contribuito alla
profondità delle mie occhiaia, oltre che al suo peso. Era
ancora leggerissima e
piccola ma si era irrobustita un pochino.
Quando potei finalmente dare la bambina ad Esme perché
la cambiasse, andai in camera e mi infilai un pigiama. Nonostante
avessi
passato quasi tutto il giorno a dormire, ero ancora stanchissima.
Edward mi
aveva chiamato mentre ero addormentata ma, svegliata da Emmett, ero
riuscita a
rispondergli. La sua voce mi aveva riempito il cuore di gioia e
speranza.
Avevamo parlato poco ma sapevo accontentarmi. Meglio di niente, come
era
successo prima di allora. Mi bastava sapere che stava bene; sentire la
sua voce
anche per un solo attimo era sufficiente.
Indossai un pigiama e tornai in
salotto. < Bene
Bella, allora, io e te staremo in quella stanza dove ti sei cambiata.
Rose,
Emmett voi starete nella stanza in mezzo. Tu invece puoi accomodarti
nella singola.
> disse Esme rivolgendosi a ciascuno di noi.
Io, sedendomi sul divano, accesi la
tele e fissai il
monitor. Non riuscivo a concentrarmi sulle ragazze che parlavano nello
schermo.
Esme si sedette al mio fianco e mi chiese: < Vuoi che ti ordini
da mangiare?
> Intanto Rose aveva provveduto a tirare le tende. Saremmo
rimasti chiusi lì
dentro, al buio come al solito. < No grazie…magari
domattina… > Lei mi
accarezzò la spalla e poi si allontanò. Rose ed
Emmett erano spariti nella loro
camera. In silenzio, Alec mi osservava appoggiato alla finestra.
Sentivo il suo
sguardo su di me. Mi voltai e lo fissai negli occhi. Lui distolse lo
sguardo.
Lo vidi mordersi il labbro. < Alec? >
Non mi rispose. < Alec, per favore, non fare così.
Non ignorarmi. >
Dato che non mi rispondeva, mi alzai e mi misi davanti
a lui. < Alec, per favore. Non vorrai comportarti
così per sempre. Non ho
intenzione di restare qui con te che non mi rivolgi la parola. >
Fece per andarsene ma io gli afferrai la mano.
Sussurrò tra i denti: < Non farmi questo. >
< Alec, perché fai così? Non mi importa
cosa ti
abbia detto Edward. Non mi importa. Io non voglio che tu mi tratti in
modo
diverso. Ti ricordi come mi eri amico? > Lo vidi chiudere gli
occhi e
sospirare profondamente. Qualcosa lo turbava profondamente. Gli
accarezzai la
guancia per rassicurarlo e lui mi scostò con violenza. Caddi
all’indietro e
l’ultima cosa che vidi fu il volto terrorizzato di Alec.
< Bella, Bella tesoro?
>
< Dottore, cosa dobbiamo
fare? >
< Il respiro è regolare … mi sembra
normale. Dobbiamo
solo aspettare che si riprenda >
< Va bene… Rose, passami quello. >
< Ok, così. Certo, certo. >
< Va bene.
>
< Bella? Bella? >
Le voci confuse sulla mia testa si facevano man mano
più semplici da distinguere.
< Esme? > Sbiascicai con la bocca impastata.
< Oh, Bella, tesoro … > poi si rivolse a
qualcun
altro e disse: < Si sta svegliando. Ok, certo. >
Cercai di mettermi in piedi ma una mano gelida
poggiata sul mio petto me lo impedì. < No, sta
sdraiata ancora un po’. >
Era la voce di Rose.
Aprii
gli occhi e mi accorsi di una pezza gelata a
lato della mia testa. Del ghiaccio era stato avvolto dentro
ad un
pezzo di stoffa ed era stato appoggiato sul punto in cui avevo sbattuto
contro il tavolino.
< O merda! >
gracchiai portandomi la mano alla
testa. < Cavolo, cavolo, cavolo! > imprecai sdraiata sul
letto
matrimoniale. Vedevo la mia valigia a lato del letto.
Quando mia figlia, dalla stanza vicina, cominciò a
piangere io mi appoggiai ai gomiti e chiesi: < Quanto tempo sono
rimasta
così? >
< Appena una decina di minuti. Non preoccuparti.
> Rosalie cercava di rassicurarmi.
Poi sentii nuovamente la voce di Esme. Stava parlando
con un uomo. Quest’ultimo mi si avvicinò e mi
tastò dolcemente il capo.
< Come stai piccola? >
< Ehm … bene… > Ero agitata.
Sentivo Elizabeth
piangere e volevo andare da lei. Il signore mi stava ora sentendo il
polso.
< Mi sembra sia tutto a posto … Evidentemente era
molto stanca per il lungo
viaggio… non mi preoccuperei se fossi in voi. La botta non
è stata violenta. >
disse gentile as Esme e Rose. Vedendo la mia impazienza nel cercare di
alzarmi,
mi chiese: < Il bambino è tuo? > Annuii e lui
mi sorrise. < Signora,
perché non portate il piccolo dalla madre? >
Esme annuii e fece cenno a Rose di
andare. Poco dopo lei
entrò con la bambina in braccio. L’avevano avvolta
in una coperta pesante.
Appena la appoggiai al mio corpo il suo pianto si attenuò.
Dato che il
vestitino che le avevano messo era rosa, il dottore mi chiese: <
Femmina?
>
< Sì … > mormorai impacciata.
< Posso
allattarla? Non corre rischi… > Chiesi non sapendo se
mi avesse dato qualche
medicinale. < Certo, cara. Ci mancherebbe. Non ti abbiamo dato
niente. Tua
sorella voleva vedere se riuscivi a riprenderti da sola, prima di
arrivare alle
medicine. > Sorrisi e ripetei il solito rito della maglietta ed
Elizabeth si
avvinghiò a me. Quando ebbe finito, vedendo il mio sguardo
apprensivo, il
dottore mi chiese: < Vuoi che la controlli? > <
Oh, sarebbe molto
gentile. > < Dovere. > Mi rispose cordiale.
E così dicendo le tolse
il vestitino e la visitò. Il
viaggio era stato molto lungo anche per lei e non avere Carlisle vicino
mi
angosciava. Sentii tantissimo la mancanza di Edward in quel momento.
Avevo
bisogno di lui. Quando il dottore strinse le labbra, per poco non mi
misi a
piangere. < Sta male? > Domandai con voce tremante.
< No, direi di no…
solo, è un po’ fredda e sottopeso. Quanto ha?
>
< Una settimana. > Quando
glielo dissi, mi guardò male.
< Signorina, non avrebbe dovuto mettersi in viaggio
così presto. Non capisco neanche perché
l’abbiano dimessa dall’ospedale. Lei mi
pare ancora fragile e pallida. Il parto non è una cosa da
sottovalutare. E la
bambina è piccola… >
< Elizabeth è nata prematura … >
S’intromise
Esme poggiandomi una mano sulla spalla per rassicurarmi.
< Di quanto? >
< Tre settimane. > Lo vidi pensieroso e mi
sentii mancare. Edward e Carlisle mi avevano forse mentito per
tranquillizzarmi?
< Complessivamente mi sembra stare tutto sommato
bene. Certo, avrà bisogno di essere seguita…
Forse avreste dovuto rimandare la
partenza, per entrambe. Una degenza più lunga in ospedale
non vi avrebbe fatto
male. > E mi guardò con sguardo critico.
< Vede, dottore, abbiamo dovuto partire subito per
dei gravi motivi … ma se potesse, vorrei che tutto
ciò che è stato detto in
questa stanza non ne uscisse. Sa, è stata una partenza
improvvisa… >
E poi gli rivolse un sorriso che lo zittì. Ad Esme si
aggiunse Rose che, rivestendo la bambina, muoveva il suo corpo in modo
particolarmente accattivante.
L’uomo, incantato, scosse
la testa come per
risvegliarsi da un sogno e mi disse: < Adesso come va il capo,
cara? >
< Bene… Ahia! > gridai quando lui
tastò un
rigonfiamento alla mia sinistra.
< Ti verrà un bel bernoccolo. Devi fare
più
attenzione… Allora, resta a letto e riposati. Ne hai
bisogno. Ti consiglierei
di mangiare molta carne e uova. E anche molta frutta e verdura. Devi
cercare di
avere una dieta bilanciata ma anche ricca di sostanze nutrienti.
> Mi
accarezzò i capelli e poi si rivolse ad Esme: <
Senta, questa notte
controlli ogni 3-4 ore che sia vigile e cosciente. Le ponga delle
domande. Deve
assicurarsi che le sua risposte siano coerenti. Se ci fossero problemi,
mi
richiami. Questo è il mio numero … o
può anche contattarmi tramite l’albergo,
come ora. Se io non ci fossi, verrà un mio collega dello
studio. Poi, se volete
e se avete intenzione di fermarvi un po’, posso darvi anche
il numero di alcuni
ginecologi e pediatri. Basta che mi facciate sapere.> e poi ci
salutò,
raccomandandosi nuovamente con me. Appena se ne fu andato, mi alzai in
piedi ed
andai in sala. Emmett ed Alec non c’erano. Senza bussare,
aprii la porta della
camera singola. Mi tenevo ancora la borsa del ghiaccio appoggiata alla
testa.
Emmett mi disse: < Bella, torna in camera tua. >
< No, Emmett, non rompere. Alec. > dissi
rivolgendomi a lui, seduto a terra con il capo tra le mani. Non si
mosse.
< Alec, esigo una spiegazione. > Gli gridai
irata. Lui non mi rispose e io gli tirai il ghiaccio in testa. In quel
momento
lui alzò la testa e mi trapassò con il suo
sguardo nero. Era tormentato.
Sussurrò: < Stai bene? Mi dispiace così
tanto… non
ho misurato la mia forza. Ti prego, perdonami. Perdonami. >
Quelle parole tormentante e cariche di dolore e ansia mi
sconvolsero. Sapevo che avrebbe
voluto poter piangere. Mi sedetti in ginocchio davanti a lui e gli
dissi: <
Scusa, non avrei dovuto gridarti dietro ma davvero … non
puoi non parlarmi. Non
sono arrabbiata per prima. Io mi faccio sempre male. Era questione di
tempo
prima che cadessi inciampando nei miei piedi e sbattendo da qualche
parte. Non
prendertela. > < Ti ho spinto. È colpa mia. Mi
dispiace tantissimo!
Scusa. Scusa. >
Gli appoggiai la mano sulla guancia e gli bisbigliai:
< Ti ricordi a Volterra, quante volte sono inciampata
nell’orlo del vestito?
E quando ho sbattuto la gamba contro il divano? O quando sono caduta
cercando
di prendere quel libro dalla libreria e tu mi hai afferrato prima che
mi
spiaccicassi a terra? >
Fece un mezzo sorriso e poi mi
sussurrò: < La tua
bambina è bellissima. Assomiglia tutta a te. >
< Edward ti ucciderà… > Disse
Emmett rivolto ad
Alec che lo guardò strano. < Probabilmente
… > ammise lui. L’ombra di un
sorriso sulle sue labbra.
< Grazie … secondo me, assomiglia di
più ad Edward … > Dissi ad Alec arrossendo.
Lui mi sfiorò la guancia con delicatezza
e poi scosse il capo. < Scusami Bella. Avrei voluto fare di
più per te, a
Volterra … >
< Tu hai fatto più di quanto potessi
anche solo immaginare. Hai salvato me e la mia bambina. Te ne
sarò eternamente
grata. > E le mie parole sincere lo convinsero. Dolcemente, mi
cinse il
bacino e mi abbracciò. Le sentii inspirare profondamente. Mi
strinsi a lui per
un attimo e poi mi allontanai. Lo fissai negli occhi e gli dissi:
< Tu per
me sei stato un grande amico, e così ti vedrò
sempre. Ti voglio bene come ad un
fratello perché è questo che tu sei stato per me.
E mi piacerebbe che ti unissi
alla mia famiglia… sono certo che Carlisle ti accoglierebbe
volentieri. Siamo tutti
in debito con te, per tutto quello che hai fatto per noi. >
Mi strinse gentilmente le mani e mi
disse tranquillo :< Mi spiace ma sono costretto a reclinare
l’offerta. Credo
che Edward non sarebbe molto d’accordo. > Io sbuffai e
lui rise, poi
continuò: < Appena sarà tutto finito,
partirò. Andrò lontano a cercare la
mia strada. Ho bisogno di tempo. Non sono mai stato libero. Nessuno mi
ha mai
costretto a restare a Volterra ma, essendo l’unico luogo che
potessi chiamare
casa, non mi era mai neanche passata per la testa l’idea di
andarmene, lasciare
mia sorella Jane… Da quando sono un vampiro, è la
prima volta che penso a un
futuro per me nel mondo. > Sorrise triste ed io feci lo stesso.
< Promettimi che verrai a trovarci. Mi
mancherai … vorrei che non te ne andassi mai ma allo stesso
tempo vorrei che
tutto finisse in fretta. Sarebbe bello se potessi restare…
> Mi accarezzò la
spalla e mi sussurrò: < Vedrai, ci vedremo ancora.
Magari quando sarai meno
fragile … > E poi, scompigliandomi i capelli,
aggiunse: < E magari, avrai
cambiato idea e vorrai fuggire con me. >
Risi e poi gli dissi sarcastica: < Ti
piacerebbe. >
Chinandosi a baciarmi la fronte, mi
bisbigliò: < Certo. Lo sai che ti amo…
>
< E tu lo sai che ti voglio bene, ma
che se continui così non impedirò ad Edward di
staccarti la testa al suo arrivo.
> Gli risposi io. Scoppiò a ridere e passò
il palmo della sua mano sul mio
capo. Sussultai quando toccò il punto che mi doleva. Lui
indietreggiò ed io
dissi: < Va tutto bene, non è niente. > e poi
abbozzai un sorriso. Lui
pareva scettico e non mi rispose. Uno sguardo colpevole dipinto sul
volto. Mi sporsi
in avanti per baciargli la guancia e gli sussurrai: < Tu non sei
innamorato
di me. Solo, non hai mai conosciuto l’affetto, quando io te
ne ho dato, non
sapevi cosa stessi ricevendo. Quando troverai la ragazza giusta per te,
capirai
cos’è l’amore. E capirai anche cosa
significa amicizia. >
Detto questo, andai in camera mia da
Esme ed Elizabeth. Attraversando la stanza sentii Alec bofonchiare:
< Non
credo che vorrei fare quello con un’amica… >
Io arrossii violentemente e capii perché
Edward non avesse voluto che gli parlassi. Che sciocco.mio marito
sapeva che
amavo solo lui. Che niente sarebbe riuscito a farmi cambiare idea. Il
sentimento
che provavo nel profondo del mio cuore era troppo forte e travolgente
perché potessi
reprimerlo o metterlo a tacere. Quel sentimento era troppo parte di me.
Così come
lo era Edward. Così come avevo bisogno di sentirlo.
Entrata in camera, mi sdraiai a
pancia
in giù sul letto. Esme poggiò la piccola nella
culla e mi venne vicino. Passandomi
la mano sulla schiena,massaggiandola lentamente, mi
sussurrò: < Tutto bene,
tesoro? >
In silenzio, annuii affondando nelle
coperte. < La testa? > < Tutto bene …
> < Vuoi dormire? >
< Sì … > E lei allora mi avvolse
nelle lenzuola. Poco dopo mi
addormentai. Quando Esme, con la sua voce dolce e materna mi
svegliò,mi ritrovai piangente.
< Bella, tesoro, va tutto bene… tutto
bene… > Mi ripeteva tentando di infondermi sicurezza.
Cercando di moderare i singhiozzi,
mi
ricomposi. Avevo sognato di essere con Edward. Avevo desiderato le sue
mani
sulla mia pelle e, nel mio sogno, quelle erano arrivate. Nel sogno, ci
amavamo
sicuri dell’avvenire. Ci amavamo spensierati e felici delle
nostre esistenze. Nella
realtà però, tutto era diverso. Mio marito era
lontano da me e la nostra
famiglia era divisa.
Nella realtà, il futuro
era una
possibilità indistinta, così come le nostre vite.
Ogni cosa incerta appesa ad
un sottilissimo filo che non eravamo noi a reggere. Tremai.
Esme mi obbligò a
mettermi in piedi. Io feci
come voleva.risposi alle domande sue e di Rose. Elizabeth, svegliata
dai
nostri, o per meglio dire miei, rumori, cominciò a vagire ed
io l’accolsi tra
le mie braccia. Era una bambina bravissima dato che i lamentava
pochissimo e stava tranquilla tra le braccia di
tutti ma, tra le mie, cessava immediatamente di piangere e restava
calma. Ero certa
che gradisse il calore emanato dal mio corpo. Lessi la domanda sulle
sue labbra
affamate. La sua bocca tesa a formare una minuscola O, tonda e
perfetta. Le sue
dita strette intorno ai miei capelli. La allattai al buio senza sapere
se fosse
realmente notte. Le pesanti tende erano tirate e nella camera non vidi
orologi.
Mentre io ero intenta ad occuparmi di
mia figlia, Esme e Rose discutevano. Stavano parlando del nostro
rifugio
successivo. Sospirai al pensiero di un altro giorno di viaggio. Loro
interpretarono
bene il mio verso e mi sussurrarono: < Lasceremo trascorrere un
po’ di tempo. Devi
essere in forze. Non preoccuparti, resteremo qui ancora almeno una
settimana. >
Quella notte, o per lo meno presumevo fosse notte, venni
svegliata ed “interrogata” da mia suocera diverse
volte. Voleva assicurarsi che stessi bene.
Quando Esme mi porse un vassoio enorme
stracolmo di cibo, capii che finalmente doveva essere mattina.
Proprio grazie ai pasti, nei giorni
successivi, riuscii a distinguere il giorno dalla notte. Edward non
aveva
ancora chiamato e, sebbene cercassi si non darlo a vedere, mi stavo
tormentando
per l’angoscia.
Tutto ciò mi ricordò i momenti peggiori della mia vita e mi fece cadere, senza che me ne rendessi conto, in un pozzo buio e profondo a cui mi ero, fino ad allora, opposta con tutte le mie forze. L’unico mio motivo per alzarmi dal letto ogni giorno era quella piccola e fragile bambina che aveva bisogno di me per poter vivere. Era giàla seconda volta che, grazie a lei, riuscii a non impazzire d’angoscia e dolore. Ero una madre e tutto ora doveva venire dopo di lei. Persino me stessa. Persino Edward. Ed ero certa che lui mi avrebbe detto lo stesso. Era questo ciò che mi ripetevo quando, sveglia, tenevo gli occhi chiusi sdraiata a letto e sentivo la piccola piangere ed io non trovavo la forza di alzarmi ed andare da lei...
Alec ed Emmett osavano raramente entrare in camera mia, a differenza di Esme e Rose. Io avrei voluto tanto restare sola...
Talvolta Esme, vedendomi
così passiva,
pur di farmi alzare, la lasciava
piangere. La sentii dire una volta ad
un preoccupato Emmett,
che voleva venire a controllare perchè la piccola
piangesse, di non impicciarsi:
< Lasciala stare. Bella deve riuscire
ad alzarsi e ad andare da lei da sola. Altrimenti è inutile.
Deve capire che
deve essere forte. Che deve farlo per lei. >
Elizabeth in quell’occasione aveva
continuato a frignare finché io, stufa del suo pianto, non
mi fui alzata e,
barcollando, non fui andata da lei. Come mi aspettavo, si era calmata
non
appena la sua pelle era entrata in contatto con la mia. Attaccata al
mio seno, subito
di era fatta tranquilla. Le lacrime lungo il mio volto, diminuirono in
velocità sentendo il calore del suo piccolo corpo contro il
mio petto.
Una sera, a giudicare dai programmi in TV, stavo seduta sul divano. Erano trascorsi tre giorni circa dal nostro arrivo ed Io stavo sfogliando le pagine di un vecchio libro regalatomi da Esme quando Alec si sedette al mio fianco.
< Come ti senti? > Mi
domandò premuroso. Soffrivo tantissimo per la
situazione in cui ci trovavamo tutti noi, ma sapevo che il mio dolore
lo rattristava. Mi guardò colpevole e sospirò.
Non volevo che si sentisse causa di quello che stava
succedendo. Era sbagiato che si tormentasse a quel modo. Non era colpa
sua. Mi strinsi nelle spalle e, dopo
aver sospirato profondamente, reprimedo la mia angoscia e
solitudine, sospirai: < Come al solito, grazie.
> Senza rendermene conto, delle lacrime cominciarono a scorrere
dai miei occhi. Vidi le lacrime raggrinzire la carta del libro che
fissavo, assente.
< Vedrai, questa volta tornerà presto da te. >
Mi disse prendendomi la mano e stringendola dolcemente. Con il dorso
asciugò le scie bagnate suella mie guance. Io
abbozzai un sorriso e lui mi sussurrò: < Ecco... un
sorriso. Te ne ho visti così pochi... Mi dispiace non averti
mai visto realmente felice. Ti meriteresti di esserlo, insime a tua
figlia, insieme alla tua famiglia. >
Io arrossii ed annuii contemporaneamente. < Grazie, sei molto
gentile con me. Lo sei sempre stato. > Rise di gusto
accarezzandomi la guancia. In quel momento, il telefonino rosso di
Rose, appoggiato sul tavolo in attesa di una telefonata che non era
ancora arrivata, squillò. Io mi alzai in piedi all'istante e
mossi due passi verso il cellulare ma Emmett, con la classica
velocità da Vampiro, mi precedette. al mio secondo passo,
lui aveva già detto: < Pronto? >
Rose ed Esme si erano precipitate in sala e si trovavano adesso una
alla mia destra e l'altra alla mia sinistra. Tra le braccia di Rose,
mia figlia mi osservava curiosa.
< Bella, è
Carlisle... c'è Edward vicino. Li sentiamo... >
Il cuore mi cominciò a battere furioso nel petto non appena ebbi realizzato che avrei finaleme parlato con Edward. Senza neanche volerlo, mi avvicinai ad Emmett ma Esme mi trattenne per un braccio. La fissai confusa ed eccitata ma lei alzò la mano e mi fece cenno di aspettare. Il suo sguardo ed i suoi occhi, preoccupati, mi gelarono il sangue nelle vene.