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Autore: Yume Kourine    28/08/2014    4 recensioni
Allyson ha un lavoro perfetto, più di vent'anni e una storia da raccontare... ma non è la sua storia: quattro ragazzi sono entrati nelle sue giornate quotidiane e le hanno insegnato i valori della vita, i moti della passione e che, a volte, la semplicità non è un difetto.
[Dal Capitolo cinque]
“Ammettilo” dopo qualche minuto di silenzio fui io la prima a parlare, senza però voltarmi “Stai ricavando un sadico divertimento a tormentarmi non è vero?”
“Non potrei mai” rispose basito “Se devo essere sincero non so nemmeno io perché sia seduto qui vicino a te a indagare le persone”
Volsi il capo verso di lui: quella sua risposta mi aveva lasciata stupita e anche curiosa, non tanto per il fatto che fosse ignaro del motivo per cui mi avesse cercata ma più per il suo interesse nel voler “indagare le persone”.
“Sei proprio strano. Mi spieghi cosa trovi di interessante nelle persone sconosciute?”
Scoppiò a ridere: aveva una risata, come potrei dire... viva. Sì, viva. Perché era fresca, melodica e sincera.
(Storia rivisitata)
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III

Under the weight of living

 

 

Erano passati parecchi giorni da quella festa... forse addirittura mesi.

Inutile dire che non appena mio padre mi vide tornare barcollante e pallida si infuriò come una belva; inutile dire che stetti così male che rimasi a letto per due giorni; inutile dire che, quando tornai a scuola, la mia concentrazione si esaurì.

L'AS level si stava avvicinando sempre più eppure non ero preoccupata né mi stavo dando da fare; in fondo era normale, non sapevo ancora cosa volessi diventare, come avrei potuto sostenere l'esame per poter entrare all'Università?

Il mondo della televisione, la lettura, la poesia, l'arte... persino la scrittura, sembravano essere solo un'illusione.

Avete presente i sogni che si hanno quando si è bambini? Voglio fare la principessa, voglio essere un supereroe, voglio sconfiggere le ingiustizie... Quei sogni che ti porti dentro fino a quando non cresci e capisci chi sei realmente e chi vuoi diventare.

Ecco... diventare sceneggiatrice era appena diventato il sogno dell'innocente e sciocca Allyson. Il sogno di una ragazza ancora bambina.

“Terra chiama Allyson!”

Alzai lo sguardo e finalmente gli occhi ripresero a vedere e a mettere a fuoco ciò che mi stava attorno: la prima cosa che trovai davanti fu il viso truccato di Anne:
“È la terza volta che ti trovo distratta, si può sapere che ti succede?”

“Niente...” sospirai per poi afferrare la mia lattina di birra “Assolutamente niente”

“Come niente?! Ti sembra una risposta pertinente? Si nota lontano un chilometro che hai qualche problema!”
Appunto, il problema era che non avevo niente... Ma non potevo certo risponderle così.

Anne non poteva capire; tutto girava attorno a lei, presto infatti l'amica avrebbe stipulato un contratto con una casa discografica e avrebbe intrapreso una vera carriera da solista.

Anche se fosse entrata in una qualsiasi Università, il suo futuro era già stato scritto, ancora prima di cominciare.

“Ho capito cosa ti turba” Anne portò le labbra vicino al mio orecchio e mi disse, sicura delle sue parole “C'è di mezzo un ragazzo!”

Ogni scusa era buona per parlare di ragazzi, Anne non pensava ad altro.

La fulminai con lo sguardo e ripresi a sorseggiare la mia amara birra mentre un lieto soffio di aria calda ci superò portando con sé qualche foglia e petali di fiori. Era rilassante pranzare sul grande prato dell'Istituto.

“Non fare la finta tonta! L'altra sera...” Anne iniziò un lungo discorso e mentre le sue parole procedevano a gonfie vele, mi tornò in mente la festa a casa di un suo amico (e probabile vecchia fiamma).

Come al solito Anne aveva bisogno di una spalla e così dovetti cedere ai ricatti di mio padre per riuscire ad andare a quel dannato party, uguale a tutti quelli a cui ero solita partecipare: noioso.

“... quel ragazzo!”

“Come scusa?” mi ero distratta un'altra volta.

Anne sbuffò, visibilmente stanca di dover sempre ripetere due volte i discorsi. Ma poi sorrise e la cosa mi preoccupò: quello era il sorriso sadico di Anne.

“Quel ragazzo che ti ha fatto i complimenti!”
“Veramente si è interessato al mio portachiavi” la corressi ma lei scosse il capo, confermando la sua teoria che si fosse avvicinato per provarci con me.

“Era proprio carino! Alto, magro, dallo sguardo magnetico e...”
La fermai e indicai l'orologio ricordandole che le lezioni sarebbero ricominciate: terminammo il nostro pranzo e raggiungemmo in poco tempo la nostra aula.

Ancora una volta la mia concentrazione si frantumò in mille pensieri che si allontanavano liberi verso quel cielo bianco, uno dei motivi per cui si odia l'Inghilterra. Eppure io lo adoravo, era una caratteristica basilare per Londra e poi avevo l'impressione che mi rappresentasse perfettamente: freddo, chiaro e amato da pochi.

La lezione si concluse con le solite raccomandazioni e consigli su come prepararsi per gli esami che si stavano avvicinando pericolosamente. Erano molti i compagni che sembravano non preoccuparsi affatto per quel test che ci avrebbe permesso di accedere all'Università, tra cui Anne e Lucy, che aveva scelto la sua strada sin da quando era la medie essendo suo padre il proprietario di un museo.

Non potevano capirmi, perciò non mi confidavo più di tanto con loro due.

Ero sola.

 

 

Non ricordo molto di quel pomeriggio, la mia testa sembrava aver preso il volo verso i miei pensieri più intimi e profondi.

Preferii tornare a casa e passare il pomeriggio a consultare siti dei Campus e a scrivere i miei articoli per il sito.

Afferrai il mio tè freddo e iniziai a impostare quello che presto sarebbe diventato una rubrica sui film in uscita ed eventuali recensioni finché un suono improvviso mi costrinse a bloccarmi e a visualizzare un messaggio sulla posta elettronica.

Avevo un'email personale e una per Ice, con quest'ultima mi ero iscritta nei social network e in eventuali siti di scrittura e di blog; per molti Ice era una ragazza fantasiosa, dolce, con tanti talenti e molto popolare tra i giovani. Ma quella era Ice, non Allyson Haunt.

A differenza sua, io ero una ragazza indifferente e riservata ma non per questo timida e debole, anzi ero solita intervenire spesso e dicevo sempre quello che pensavo senza farmi problemi, in quei casi parlavo sempre mentre per molte altre cose, che io ritenevo futili, restavo in silenzio; forse è per questo motivo che sono sempre stata allontanata e in molti mi evitano tuttora, forse era anche a causa del mio carattere se non avevo mai avuto una relazione seria o un'amicizia profonda.

Anne si era avvicinata per pura casualità, diventammo amiche due anni prima di cominciare il liceo ma, nonostante il tempo, non così intime da rivelare i nostri segreti o i nostri progetti, infatti lei non mi disse nulla della sua attività di cantante, ne venni a conoscenza una sera quando la incrociai in un locale e la cosa mi colpì.

Fu in quel momento che mi accorsi di non avere nulla di speciale, di essere una semplice ragazza di sedici anni. Odiavo quella sensazione, mi sentivo invisibile.

E così decisi di cercare una strada da seguire: ne provai tante ma alla fine mi mi sembrava di tornare sempre al punto di partenza.

Accadde una sera, quando vidi un film insieme a mio fratello, che decisi cosa fare del mio futuro: rimasi così colpita dallo stile di quel regista che decisi di provare il mondo del cinema, di cui ero molto informata. Sentii che era la strada giusta per me, ma dopo il rifiuto del produttore mi trovai persa nella confusione e nell'incertezza e l'arrivo di quel messaggio servì solo a rendermi ancora più disorientata: era del direttore del giornale online per cui lavoravo. Un'email da parte sua poteva avere un solo significato: problemi.

Tratteni il respiro e cliccai sul messaggio che si aprì mostrando un papiro lungo almeno due pagine: i miei occhi seguirono ogni singola lettera di quelle parole che tormentavano il mio cuore e il mio animo. Quando raggiunsi l'ultima riga il tempo si era come fermato, come se volesse farmi accentuare ancora di più l'agitazione e il significato di quella fottutissima frase:

Prenditi un po' di tempo...”

Prendermi del tempo? E per cosa? Non sapevo nemmeno quello che volevo, a che serviva stare fermi ad attendere chissà cosa?

Chiusi di colpo il computer e presi a pugni la scrivania; ero in uno stato confusionale, non riuscivo più a produrre un pensiero logico e il mio corpo prese a tremare. Ormai “vuoto” era diventato la parola scritta sulla mia fronte: non mi era rimasto più nulla, né il lavoro, né le amiche, né i sogni. Non avevo più nulla per cui lottare.

In quegli istanti i minuti si trasformarono in lunghe ore mentre le scarse e fragili lacrime che non riuscii a frenare racchiudevano un'immensa delusione e -lo ammetto- la mia più profonda tristezza.

Scrivere per quel giornale era diventato indispensabile, rinunciare a esso era come perdere una parte, la migliore, di me, quella Allyson conosciuta come Ice.

Quell'eternità si spezzò quando capii che non avrei potuto cambiare nulla, l'unica cosa che restava da fare era combattere: dovevo assolutamente pensare al mio futuro, a superare l'AS-level, solo così avrei dimostrato il mio valore.

Piangere non serviva a nulla né tanto meno rimanere immobile e attendere una buona notizia o un miracolo; questa è la realtà della vita.

Mi alzai con fatica a causa di un forte dolore alla testa mentre la pelle del mio viso era diventata secca a causa delle lacrime, una sensazione a mio parere fastidiosa.

Mi cambiai, vestendomi leggera e comoda: canottiera bianca, giacca di jeans, gonna nera lunga, sandali marroni. Dopo essermi raccolta i capelli rossi nell'elegante coda di cavallo, mi avviai verso l'uscita. Non diedi particolare attenzione alle parole o ai borbottii dei miei famigliari, cosa che capitava spesso. Dissi solo che uscivo per una passeggiata ma in realtà nemmeno io sapevo dove mi stesse guidando l'istinto: mi affidai al destino. Voi non lo fate mai?

 

Una brezza tiepida si fece strada tra i ciottoli marmorei e i cespugli ricchi di tutte le tonalità di verde e di ocra: presto l'estate sarebbe arrivata.

Avanzai lentamente, lasciando che la mia distrazione si divertisse con ogni misero particolare. Le case tipicamente inglesi affiancate e costruite su mattoni rossastri e ruvidi, il parco che attraversava mezzo quartiere e sul cui prato stavano giovani, cani o artisti di strada intenti a intrattenere i passanti, piccoli insetti che marciavano sul bordo della strada,... in quel momento ogni cosa era diventata incredibile e interessante. Persino quella sigaretta consumata e piegata in una forma geometrica perfetta appariva bella.

Sospirai.

Avevo accettato la realtà, le cose erano andate in quel modo e io non potevo fare nulla... l'unica cosa rimasta era alzare la testa e guardare avanti, senza nessuno da imitare o che influenzasse le mie decisioni.

Sentii che avrei trovato la mia strada, mi bastava soltanto una piccola indicazione.

E senza rendermene conto la trovai, lì, davanti ai miei occhi.

Il suo nome era Faults.

Ancora non sapevo cosa sarebbe accaduto, eppure a ricordarlo mi viene da ridere e da piangere allo stesso tempo...

 

Rispetto alle altre visite questa volta il locale era colmo di gente e un forte odore di caffè si stava diffondendo per il grande atrio.

Mi avvicinai al bancone e in pochi secondi si avvicinò Billy, il proprietario e ottimo consigliere di caffeina e cocktail, non che ne prendessi più di tanto però ogni volta me ne proponeva uno più buono dell'altro. Anche se ero andata poche volte, Billy conosceva perfettamente i miei gusti: infatti mi ritrovai sotto il naso l'aroma feroce della birra accompagnato dal fresco profumo della limonata.

Sorseggiai un po' della mia bevanda e in un attimo sentii la freschezza contagiarmi il corpo e la mente. Dire che mi ero ripresa sarebbe una sciocchezza, ero praticamente rinata.

“Come mai oggi c'è tutta questa gente?” chiesi a Billy, che si stava specchiando nel vasto scaffale di vini; ne aveva un'esagerazione, ogni volta mi domandavo cosa ne facesse di tutte quelle bottiglie, dato che raramente qualcuno nel locale beveva vino.

“Niente di che... Ho semplicemente approvato una richiesta” mi rispose con il solito tono burbero. Billy era un quarantottenne dalla testa liscia e dalla corporatura robusta, la mia prima impressione fu negativa ma con il tempo mi abituai al suo carattere distaccato ma preciso.

Restai in silenzio e ripresi a bere la birra al limone finché alcune risate e rumori insoliti non disturbarono la mia quiete; quando mi voltai subii come una scossa che paralizzò il mio corpo.

Non volevo crederci: a pochi passi da me stava il ragazzo che avevo incontrato alla festa dell'amico di Anne. In quel momento ripensai alle parole della mia amica: non aveva tutti i torti, era proprio bello. Pur essendo giovane aveva un'altezza molto elevata e i suoi occhi grandi brillavano ad ogni sguardo, aveva un certo fascino da “uomo serio”.

I miei occhi erano praticamente fissi su di lui e ad un tratto anche i suoi mi incontrarono e sembrarono accendersi e con loro anche le sue labbra, che si allungarono in un brillante sorriso. Era un concentrato di luce pura.

Per un momento rimasi immobile poi, rendendomi conto di avere lo sguardo fisso, arrossii e mi girai di scatto, facendo finta di non essermi accorta di nulla.

Era la prima volta che provai un imbarazzo così concreto.

“Non ci credo...”

Non ebbi il tempo di collegare la voce alla persona che quella si piazzò davanti a me

e agitò la mano in segno di saluto.

“Che sorpresa vederti qui, Chris” lo canzonai; mi ero ricordata all'ultimo di averlo incontrato la prima volta proprio al bar Faults.

“Questo dovrei dirlo io... Non ti ho più vista in questo locale”

“Cosa credi? Ho da studiare! Non come te che gironzoli in giro per le strade a spacciare volantini”

Scoppiamo a ridere.

“Come stai? Anzi, no” prima devo dirti una cosa...”
“Non ci credo”

Una voce sconosciuta, e parecchio acuta, si sovrappose a noi e quando capii da dove provenisse sgranai gli occhi: proprio davanti a me stava “l'omone” del party in cui stetti così male che al solo pensiero tremo.

“William, non dirmi che conosci Allyson!” gli chiese stupito.

“Conoscere è una parola grossa... è rimasto in silenzio e con lo sguardo da 'sono il figo della situazione' per tutto il tempo!” risposi al biondo mentre il ragazzo che Chris chiamò William incrociò le braccia e sorrise compiaciuto.

“Ti ringrazio del complimento, ragazzina”

“Vedo che adesso parli un po' troppo” sottolineai per poi notare come la sua voce fosse diversa da come mi ero immaginata; era troppo alta e stridula per appartenere a un ragazzo grosso e altezzoso come lui.

“Comunque... perché voi due vi conoscete?” chiesi curiosa.

I due non ebbero il tempo di rispondermi poiché due mani si fecero spazio tra le loro spalle e un viso tondo apparve tra di loro.

“Che succede qui?”

Non riuscivo a crederci.

Il ragazzo della festa aveva a che fare con Chris e William? (che per qualche strana ragione avevo difficoltà a ricordarmi il suo nome).

“Com'è che adesso sei così esaltato?” gli chiese Woody con tono autoritario, come se avesse sempre avuto ragione.
“E come non potrei esserlo? Guarda quanta gente!” rispose lui allargando le braccia per indicare le persone sedute ai tavoli. Direi che furono più o meno una quindicina, non capivo cosa ci fosse di così straordinario.

“E poi mi diverto a osservare tutto quel disordine” sussurrò indicando un lato del locale in cui si trovavano tantissimi strumenti e cumuli di fili e cavi intrecciati tra loro.

Sgranai gli occhi e guardai Woody che intuendo i miei pensieri e la domanda che stavo per porgli annuì:
“Già... Posso dire di aver trovato qualcuno con cui condividere le mie “lezioni” in un modo molto più originale. ”

Non riuscivo a crederci...

“Aspetta! Se non sbaglio tu sei la ragazza del portachiavi!”

Quale onore sapere di essere stata riconosciuta per quel particolare banale: alla festa avevo portato un borsa sulla quale era attaccato un portachiavi a forma di gattino, regalatomi da mia madre molti anni prima, e il ragazzo si era avvicinato colpito dall'oggetto. Una breve conversazione su un misero portachiavi comprato ai mercatini estivi.

“Mi fa piacere rivederti!” concluse lui sorridendo.

“Che cosa folle...” Di colpo la voce di William distolse il mio sguardo fisso sul ragazzo e attirò l'attenzione di tutti. “Incredibile come questa ragazza...”
“Ho un nome sai?” ribattei io e lui, come risposta, sorrise.

“...abbia incontrato tutti i membri della band prima che si formasse.”
Spalancai bocca e occhi come stupita:
“Anche voi due siete nella band?”
William, dopo essersi passato una mano nei folti capelli, mostrò un sorriso fiero mentre l'altro ragazzo si limitava ad annuire.

“Che trio strampalato” non riuscii a trattenere una risata altezzosa puntata dagli sguardi curiosi dei tre.

“Veramente siamo in quattro” mi affermò Woody indicando il luogo che presto sarebbe diventato il loro palco. Socchiusi gli occhi per vedere meglio e mi accorsi della presenza di un altro ragazzo che era intento a trafficare tra pianole e percussioni.

“Ehi Capo!” lo chiamò il ragazzo della festa sbracciandosi e cercando di attirare l'attenzione mentre io rimasi colpita quando sentii la parola “capo”.

Quello si voltò di colpo e fece segno di abbassare il volume, come se la loro presenza fosse indesiderata.

“Wow... proprio autoritario” dissi a Woody che non riuscì a trattenere una risata.

“Fidati” mi disse quello che per me era “il ragazzo del party”, stranamente non ci eravamo ancora presentati. “Sa essere un buon oratore.” Si fermò di colpo colpendosi la fronte con uno schiaffo sonoro.

“Che sciocco non mi sono ancora presentato, ciao io sono Kyle!”

Era come se mi avesse letto nel pensiero! E quel particolare aumentò la mia simpatia nei suoi confronti.

“Piacere, sono la ragazza dal portachiavi carino, ma solitamente mi chiamano Allyson.”

Lui sorrise per poi fare un lieve e buffo inchino mentre Will e Chris scossero il capo come imbarazzati.

Scoppiai a ridere finché non mi accorsi della presenza di un ragazzo a pochi centimetri da me: mi voltai ritrovandolo di fronte e riconobbi quello nominato da Kyle come il loro “capo”. Lo fissai per qualche istante: perdersi nei suoi occhi cerulei, rimanere incantata dal suo fisico non troppo asciutto ma neanche troppo robusto, notare un sorriso timido e dolce... sarebbero saltate all'occhio queste cose se fossi stata una ragazza come Anne o Lucy. Invece la mia prima impressione fu...

“Che diavolo hai sulla testa?”

Le sue pupille si allargarono prese dallo stupore e poi il ragazzo si passò una mano in quelli che dovevano essere dei capelli: erano tutti scompigliati e puntavano verso il soffitto come se fossero stati colpiti da una scarica elettrica.

Kyle scoppiò a ridere mentre Woody e Will fecero delle buffe smorfie per trattenere i sorrisi e borbottii strani. In quel momento mi accorsi che i ragazzi si erano fatti meno seri e tesi.

“Cavolo... questa è la prima volta che una ragazza ti dice in faccia un parare sul tuo look!”

Ero intenta a rispondere finché non mi accorsi della presenza di Billy che invitò i quattro a raggiungere la zona dove ad attendere i ragazzi stavano strumenti musicali e vari microfoni.

Woody mi invitò a sedermi mentre Will si allontanò senza dire nulla a me e agli altri, Kyle invece mi fece l'occhiolino; per ultimo li raggiunse il ragazzo dai ciuffi ribelli che arrossì imbarazzato.

 

Mi sedetti in fondo e osservai attentamente il gruppo posizionarsi: non era la prima volta che assistevo a un'esibizione di una neo-band quindi non ero particolarmente sorpresa o esaltata.

Il ragazzo nuovo avvicinò timidamente il microfono all'altezza del viso e poi prese a soffiare impaziente e agitato.

“Ehm... Salve, noi siamo i...”

Si fermò un attimo e guardò gli altri come in cerca di aiuto ma loro non lo rassicurarono perché scossero il capo insicuri e titubanti; poi il leader riprese a parlare senza perdere la tremarella.

“Beh non abbiamo ancora un nome, però spero che questa esibizione vi piaccia e... Ok, forse è meglio cominciare senza troppi giri di parole”

Sentii qualche persona ridere, altri invece seguivano ogni movimento dell'aspirante artista e la cosa sembrò turbarlo; lo ammetto, in quel momento dubitai di loro.

Erano completamente diversi da Anne; lei discuteva senza problemi con il pubblico, se sbagliava ci scherzava su e si dimostrava sempre sicura e carica.

Forse era l'agitazione della prima esibizione, o forse non erano ancora pronti per cantare davanti a un pubblico così “numeroso”.

Il leader si spostò vicino a una tastiera sulla quale spiccava un nome: Dan Smith, proprio il tipico nome inglese. Quella era un'altra conferma che dimostrava quanto fosse un ragazzo normale.

Dan iniziò a pigiare con grazia i tasti della sua pianola mentre Will si esibiva con il basso e Woody prendeva il ritmo sui tamburi, in pochi secondi riconobbi subito “What is Love” di Haddaway. Kyle era posizionato altra piccola tastiera e rendeva la canzone più elettronica con i suoi “effetti speciali”. Era un sintetizzatore.

Rimasi come rapita, la voce di Dan era diventata improvvisamente profonda e pura.

Il gruppo propose numerose cover di canzoni recenti ma anche alcune abbastanza “anziane”.

Nonostante l'agitazione e il timore, i quattro suonarono in modo impeccabile e riuscirono ad intrattenere il pubblico. Woody si agitava come un matto e suonava all'impazzata, sembrava fiero della sua bravura e non aveva torti, era davvero bravo.

Will invece oscillava leggermente mentre suonava la chitarra mentre Kyle agitava le braccia a destra e a manca senza però perdere la concentrazione.

Dan invece mi aveva rapita con la sua voce: riusciva a raggiungere note alte e poi dava melodia e una forte caricatura al testo.

Alla fine non riuscii a non battere il piede e a muovermi a ritmo della loro musica.

 

 

 

 

Alla fine dell'esibizione mi avvicinai al gruppo e, dopo alcuni minuti di osservazione, mi feci notare e alzai in su il pollice come segno di apprezzamento poi d'istinto mi avvicinai a Dan.

“Sei proprio un vecchietto se proponi delle canzoni del genere”

Non dimenticherò mai la sua risposta:
“Sono un ragazzo dai gusti particolari”

Ora che ci penso fu la nostra vera prima e ufficiale conversazione; e già come inizio prometteva qualcosa di insolito.

“Non mi sembra una giustificazione... Comunque non è stato male, solo che dovresti essere meno teso, ti rovina la voce”

Gli dissi mentre sfiorai la mia gola per farlo intendere meglio. Lui mi guardò divertito per poi riassumere quell'espressione da cerbiatto perso e confuso...

Aspetta...

In quel momento un'immagine venne come proiettata nella mia mente, come quando al cinema riconosci una scena del trailer.

“Tu...” borbottai ma lui riuscì a sentirmi e mi guardò cercando di capire.

“Tu sei il ragazzo del Mc Donald's!” gli urlai puntandogli contro il dito che per poco non sfiorò il suo naso.

Will si voltò verso di noi e sorrise, compiaciuto della sua teoria del destino.

“Quindi ci ha incontrati tutti prima che diventassimo una band!” esclamò Woody con incredulità per poi sorridere “Forte!”

“Non è forte per niente” ribattei io e mi rivolsi nuovamente a Dan che aveva appena sistemato i cavi. “Sei rimasto in silenzio dopo che ti hanno fatto un brutto scherzo!”
“Di che stai parlando?” chiese lui, palesemente confuso.

“Qualche mese fa un gruppo di ragazzi ti ha preso in giro e tu invece di rimproverarli o di ribellarti sei rimasto fermo e muto!”
Dan passò una mano tra i capelli e iniziò a riflettere, poi ricordò, dapprima mi guardò stupito ma poi prese a parlare senza mostrare interesse né furia.

“Che senso aveva discutere con gente infantile ed egocentrica?” concluse, ma fece aumentare la mia rabbia.

“Come? La tua è stata solo codardia!”

Woody scosse il capo cosa che attirò l'attenzione di Will, che a quanto pare aveva appena cambiato opinione su di me dato che sembrava interessato alla mia parlantina, e di Kyle, che in quel momento non sapeva come agire.

“Perché te la prendi tanto?”
“Perché?” ripetei io a tono alto per poi calare in un silenzio imbarazzante “Perché... perché mi dà fastidio!”

“È nobile il tuo pensiero, ma sul serio non devi preoccuparti.”

“Ok ragazzi calmatevi, vi conoscete da poco e già discutete?” intervenne Will.

“Io sono tranquillissimo Will, è lei quella che ha iniziato a delirare” rispose Dan affilando quelle parole con la sua voce.

“Come prego? Delirare?!”

Ma aveva ragione, anche se non volevo ammetterlo; mi ero lasciata trasportare dalle emozioni e me l'ero presa ingiustamente con Dan, che però continuò a parlare.

“E comunque perché una cosa del genere dovrebbe crearti problemi? Dopo tutto ero io la vittima, non tu.”

“Non è affatto giusto prendersela con un ragazzo che sta facendo il suo lavoro!”
“Ti ho detto che a me non frega niente! Perché insisti?” quel momento Dan riacquistò la sua pacatezza e mi guardò con i suoi grandi occhi blu.
Fu allora che esplosi.

“Perché non è possibile che nessuno dica loro che possono da un momento all'altra essere frenati! Perché quello che fanno va sempre bene!”

Cavolo... è stato imbarazzante.

Ero appena caduta nella mia stessa trappola e mi guardai intorno confusa e spaventata. Mi sentii esposta e la cosa mi fece impazzire.

“Cioè... non lo meritavi! Stavi lavorando sodo e...” cercai di giustificarmi e di nascondere il mio palese imbarazzo.

Rimasi in silenzio mentre gli altri mi guardarono preoccupati. A interrompere quel attimo fu Billy che ci invitò a lasciare il locale essendo l'ora di chiusura; nessuno dei quattro mi disse neanche una parola da quel momento.

 

Mi allontanai dal gruppo e uscii dal bar e poco dopo vidi William allontanarsi dopo avermi mandato un cenno di saluto e Woody, che mi salutò da lontano, mettere i pezzi della batteria in macchina e partire dalla strada opposta alla mia.

Poco dopo mi raggiunse Kyle che si offrì di accompagnarmi a casa ma rifiutai cortesemente. Lui sorrise:
“Sono sicuro che andrò tutto bene... e che ci rincontreremo presto. Ciao Allyson, stammi bene e non preoccuparti.” mi diede un leggero colpetto sulla spalla e si allontanò nel mentre Dan era appena uscito.

Mi appoggiai al muro afflitta ed estrassi una sigaretta dal pacchetto che avevo in tasca; ormai fumavo da quella volta in cui Jason me le offrì, mi aiutava parecchio e ultimamente lo stress era così presente che quattro sigarette al giorno erano diventate abituali.

Dan mise le due tastiere nella sua macchina e mi guardò per qualche istante, poi si avvicinò. Non era timoroso né tanto meno impacciato e la cosa mi sorprese, in negativo.

“Allyson...”

Non mi ero mai accorta che il mio nome fosse così melodico, la voce di Dan rendeva tutto stranamente piacevole.

“Quella del Mc Donald's non è stata la prima volta che ci siamo visti”

Sgranai gli occhi stupita e, colta impreparata da quella frase, tossii via il fumo. Dan aprì la portiera e mi fissò per qualche secondo mentre una strana ansia ribolliva nelle mie vene: la mia testa cercò nei ricordi più vividi la figura di Dan ma non ebbi il tempo di riprodurre i pensieri che l'interessato concluse il discorso lasciandomi inquieta e in preda all'agitazione.

“È stato tempo prima. Piccolo indizio: avevi gli occhi lucidi”

Poi salì in macchina e partì, lasciandomi da sola in una via affollata, in uno stato di confusione e con una rabbia rovente che avrebbe incendiato un'intera città.

Non solo era codardo, ma anche l'unica persona ad avermi vista piangere, ad aver assistito al mio stato di debolezza.

La domanda che percosse la mia mente era soltanto una: quando era successo?

 

 

 

 

 

 

 

La Tana del Sogno
Salve!

Dopo varie disavventure sono riuscita ad aggiornare! Dato che sono fuori città mi sarà difficile pubblicare il prossimo capitolo presto, ma conto di pubblicarlo entro il fine settimana.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Gli ultimi paragrafi mi convincono poco, li ho riscritti tante volte ma alla fine ho deciso di “lasciarli così” (temporaneamente). Se qualcosa vi suona strano non siate timorosi! Ho bisogno di consigli e critiche per migliorare!

E così sono apparsi (finalmente) tutti i Bastille, anche se in verità loro ci sono sempre stati ^.^''

Spero di averli caratterizzati al meglio, anche se in realtà ho cercato di renderli più OOC dato che sono i primi incontri/prove e quindi me li sono immaginati più “tranquilli” rispetto a ora.

Il prossimo capitolo sarò molto particolare e risolverà alcuni dubbi (almeno, spero).

Ringrazio shiwriter e xtomx95 per aver recensito e dato consigli.

Ringrazio di cuore le persone che seguono questa storia, non pensavo fosse così seguita, grazie mille!

Cercherò di migliorarla ancora, perciò vi chiedo di commentare sinceramente e di esprimere i vostri pareri (positivi o negativi che siano)

Un fresco abbraccio, alla prossima

Yume

 

   
 
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