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Autore: Elnera    28/08/2014    1 recensioni
Cosa fare se al tuo risveglio la realtà rasenta il sogno? A chi rivolgere la propria richiesta di aiuto?
Aline, una ragazza fuori dal coro, fredda come il ghiaccio ma con un cuore di lava pulsante.
Vitanihel, un essere nato nell'ombra, in continua lotta con i propri istinti.
Questa è la storia di due anime distinte che non possono evitare di scontrarsi.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sapevo che sarebbe arrivata, me l'ero immaginata un migliaio di volte almeno. L'avevo sognata per tutti questi anni, incubo dopo incubo, ma non era bastato. Il cielo plumbeo e carico di pioggia era esattamente come me l'ero figurato, così come i lampi che lo attraversavano, squarciandolo. Anche il mare non destava il minimo stupore in me: erano acque tempestose, e dall'alto dello scoglio su cui sedevo inerme sembrava un animale straziato, spaventoso nella sua immensità. Il vento improvvisamente gelido ululava, scompigliandomi i capelli sul viso, che vi restarono attaccati, come se li avessi cosparsi di colla stick.

Era lei. Era la notte in cui sarebbe cambiato tutto. Di nuovo. Avrei mai trovato la pace? Non conoscevo la risposta, ma non mi importava più di tanto. D'altronde era giunta la fine, e certamente avere delle risposte non avrebbe cambiato le cose, meno che mai avrebbe cambiato me, quello che ero ritornata ad essere. Come avevo superato tutto questo la prima volta che mi era capitato? Domanda sbagliata. Non avevo superato proprio un bel niente. Dire che ero sopravvissuta alla mia esistenza era più corretto. Avevo vissuto giorno per giorno, senza un obiettivo, senza fissare una meta ben precisa. Me l'ero cavata abbastanza bene: dopo il primo "periodo" di nausea costante provocatami da quello che ero, mi ero finalmente resa conto che non potevo cambiare le cose. L'unica soluzione era arrendermi. Potevo solo nascondere tutto: tutto l'odio, la rabbia, il rimorso, perfino la nausea di me stessa. Ma ero finita per dimenticare cosa significasse amare, ridere. Non provavo più nulla, in tutte le direzioni. E ora?
Il dolore che mi aveva accompagnato per un arco di tempo troppo lungo da ricordare, quel dolore di cui io solo ero consapevole, stava ribussando alle mie porte, e minicciava di distruggermi.
Una luce improvvisa schiarì il cielo, seguita a ruota da un assordante fragore. Ma non fu quel lampo a spingere le mie gambe a muoversi. Avevo già deciso: avevo bisogno di farlo, non potevo farne a meno. Presi la rincorsa e saltai, con la speranza che l'acqua, gelida, mi purificasse. O che gli scogli, resi letali dall'incessante infrangersi delle onde, mi dilaniassero. Speranze vane. Nessuna delle due sarebbe mai stata possibile, neanche lontanamente, non per me.
E mentre il vento provocato dalla caduta mi frustava in viso, un' ombra si apprestò a saltare dietro di me.
   
 
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