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Autore: Ashley Holmes    28/08/2014    5 recensioni
" John ha dei sentimenti, Sherlock ha una lista di cose da fare prima di morire. Non che se la ricordi. Ma quando la trova, e John la legge, le cose al 221B potrebbero iniziare a cambiare. "
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Riassunto: A quanto sembra tutti sanno come diventa Sherlock quando sta male. È solo che nessuno si è disturbato di dirlo a John.









[Aggiunte di Mycroft]

10. Impara a dire “No”

e

11. Impara a dire “Sì”







John non è mai stato tipo da fare troppo il drammatico (a differenza di un certo consulto detective!), ma ora è a così tanto dal dichiarare uno stato di emergenza nazionale, mettere Londra – o almeno Baker Street – in isolamento e portare gli aerei da guerra.

Perché Sherlock è ammalato.

Per miracolo, Greg è impegnato con delle scartoffie, Mycroft è fuori dal Paese (John ne dubita altamente ed è abbastanza sicuro che lui e Greg si siano rintanati da qualche parte e che stiano aspettando che tutto finisca) e addirittura Mrs. Hudson è andata a far visita a Mrs. Turner (che vive alla porta accanto – quanto pensano che sia stupido John?!). A quanto sembra tutti sanno come diventa Sherlock quando sta male. È solo che nessuno si è disturbato di dirlo a John.

La parte sciocca del cervello di John immagina che nel momento in cui Sherlock ha iniziato a sentirsi male – come se si potesse individuare un momento preciso – ci sia stato una sorta di allarme, completo con la sirena rossa, e le teste di Greg, Mycroft e la signora Hudson si siano alzate simultaneamente, gli occhi spalancati, prima che si precipitassero più lontano possibile dal 221B, lasciando John come il tipo nei film che non capisce cosa stia succedendo fino a che non è troppo tardi. Sì, è esattamente come si sente al momento.

Oh, ha rattoppato Sherlock in varie occasioni, sì, ed è più che felice di aiutare il suo amico – è un dottore, dopo tutto – ma Sherlock non era mai stato davvero malato prima. Finora.

Tutto aveva avuto inizio tre giorni prima, quando un suono che non aveva mai sentito prima aveva fatto saltare John dalla poltrona dove stava leggendo il giornale. Gli ci erano voluti quasi 10 secondi per rintracciare il luogo di provenienza del suono in Sherlock (da cui del resto tutti i suoni più strani al 221B tendono provenire), e altri 4 per capire che Sherlock – Sherlock aveva starnutito.

Il detective sembrava imbambolato, come se non riuscisse a credere che il suo corpo l’avesse prodotto, e ciò aveva fatto sì che John iniziasse a ridere così forte che non si era riuscito a fermare per quasi cinque minuti. Tuttavia, era stata l’ultima volta per i giorni successivi.

Sherlock,  malgrado avesse mal di testa, un po’ di febbre e il naso che colava (tutte cose che avrebbe ammesso solo più tardi), aveva accettato tre casi diversi, che si erano conclusi in una corsa attraverso Londra (a piedi, di notte), un appostamento di sette ore (nella pioggia, di notte) e uno scivolone (effettivamente involontario) sull’argine del Tamigi che sì, è stato divertente, ma ha definitivamente spinto Sherlock oltre il bordo.

E ora sta male, e tutto perché non poteva proprio dire ‘no’ ai casi, e ascoltare John che gli aveva chiesto di stare in casa un paio di giorni.


X


“No.”

“Sherlock, fallo e basta.”

“No.”

“Per l’amor del cielo – ti farà bene e molte persone lo fanno quando sono malate!”

“No. John, è…vergognoso.”

“Non ti importa mai di quello!”

“Non lo farò – no!”

John solleva le mani in resa e ne passa una tra i capelli. Avere a che fare con Sherlock non è mai facile, ma quando è malato, la sua solita testardaggine ha un aumento di almeno il 100%.

“Per qualcuno che non è riuscito a dire ‘no’ a dei dannati casi prima, ora sembri afferrare il concetto della parola abbastanza bene,” borbotta. “Va bene. Lascia stare. Non è il mio naso che prova a soffocarmi!”

Non userò uno spray nasale!” gli urla dietro Sherlock mentre lui entra in cucina per fare del tè.

“Sì, lo so – come ho detto, non ti forzerò. Sei tu quello che russa fino a svegliarsi, dopo tutto…” John fa del suo meglio per nascondere il sorriso dalle sue parole e si tiene impegnato con il bollitore, mentre ripensa al detective che russava che ha trovato sul divano nella mattinata. Poi Sherlock si era svegliato di colpo e aveva affermato che John russava troppo forte. Ovviamente, John aveva puntualizzato che lui era sveglio quando Sherlock si è risvegliato di soprassalto e poi ha fatto mettere un broncio al detective che era durato almeno tre ore buone.

“Io non russo!”

“Certo.”John continua a sorridere tra sé, porta una tazza di tè a Sherlock che è sul divano e si siede per scrivere gli ultimi tre casi. Dieci minuti dopo, sente che la tazza viene appoggiata sul tavolino, e Sherlock si precipita al bagno, delle imprecazioni che suonano sospettosamente come “Spray nasale… vergogna... non aiuta… le pastiglie per decongestionare sono molto meglio…”mormorate a bassa voce.


X


Si sente meglio, sì.

Ma preferirebbe farsi da solo un’operazione chirurgica piuttosto che ammetterlo. Stupido spray nasale. Stupido John. Stupido raffreddore. Stupido trasporto.

“Sai, pensare positivo aiuta a guarire,” gli dice John, e il dottore è fortunato che Sherlock si senta troppo debole per sollevare un braccio e che non ci sia nulla attorno a lui da poter lanciare. Anche la pistola è troppo lontana.

“Spararmi non ti aiuterà con il raffreddore.” è tutto ciò che John commenta, molto seccamente, e per un momento, Sherlock è impegnato ad essere sotto shock per quanto le sue intenzioni siano ovvie.

“Non essere così sorpreso, non è davvero così difficile capire quando vuoi assassinare qualcuno. Vivo con te da un po’, abbastanza per riconoscere i segnali,” spiega John, sembrando un po’ offeso perché Sherlock è così stupito, ma Sherlock ha già passato quello stadio. Ora si sente… orgoglioso, quasi, perché John sta, beh… facendo deduzioni.

L’orgoglio è però velocemente inghiottito dallo sdegno, perché John all’improvviso gli mette un termometro in bocca – non l’aveva visto arrivare, il raffreddore sembra paralizzare la sua mobilità quanto la sua mente – e lui si tira indietro violentemente. Tuttavia, il rapido movimento gli fa girare la testa e prima che capisca cosa stia succedendo – fastidioso, molto fastidioso – è piegato in due e prova a non vomitare sul pavimento del salotto.

“Merda- ”in pochi secondi, John gli è a fianco, e così anche un secchio – da dov’è arrivato quello, non ha nemmeno notato che John lo andava a prendere, oh questo raffreddore è un’atrocità – e poi una mano calda e sicura sta strofinando la sua schiena facendo cerchi e il movimento lo fa distrarre abbastanza da poter fermare gli impulsi.

John sta mormorando cose senza senso, qualcosa a riguardo di un programma che ha visto in TV, e nonostante Sherlock sappia che è proprio l’intonazione della sua voce – regolare, sommessa – che dovrebbe farlo calmare, la rabbia verso sé stesso, verso il proprio trasporto, verso la propria debolezza e John (perché è qui e lo fa stare bene e non dovrebbe davvero spingere un termometro nella gola di Sherlock!) assume il controllo e lui scatta in piedi e si precipita in bagno, dove si chiude a chiave, ignorando le chiamate di John.


X


Il silenzio dopo che riemerge dal bagno è pesante, pieno di tensione e non fa esattamente sentire a proprio agio – che è raro al 221B. Ѐ pomeriggio ora, Sherlock si sente leggermente meglio ed è abbastanza cosciente da riuscire a leggere il linguaggio del corpo di John. Il dottore vuole parlare di qualcosa. Qualcosa lo disturba. Lui-

“Perché è così difficile per te accettare aiuto? Sai, non devi contare solo su te stesso.”

Oh, argomento stupido ed inutile. Ma è meglio del silenzio scomodo. “Ѐ solamente logico, visto che di solito sono la persona più intelligente in giro.”dice Sherlock senza fermarsi a riflettere – è la verità, un fatto.

“Quindi ancora non ti fidi di me?”

Al risuonare della voce di John, alza lo sguardo – qualcosa non va.

“Voglio dire, capisco che hai saltato dal St.Bart’s per proteggere Greg, la signora Hudson e me – ma non hai pensato, nemmeno per un momento, di dirmi tutto? Sai che avrei potuto aiutare. E anche ora, che sei tornato, pensi ancora di essere la persona più affidabile che c’è in giro?”

“Io… non ho detto questo.” Beh, okay, tecnicamente, l’ha detto. “Sei una delle sole persone a cui affiderei la mia stessa vita-”

“Ma non la tua mente, o il tuo benessere? Posso sparare ai cattivoni, ma non accetterai il mio aiuto quando non si tratta di vita o di morte?”

A Sherlock non piace il fatto che inizi a sentirsi male. E sente anche il bisogno di difendersi. “Ho sempre vissuto da solo. Posso farcela.”

“Certo che puoi! Ma non devi. Senti, capisco che stai benissimo da solo, ma le alter persone si preoccupano per te, e dovresti lasciarglielo fare. Quelli a cui importa di te ti conoscono – e non ti uccideranno di coccole o qualsiasi altra cosa di cui hai paura.”

“Ma perché dovrei volerlo? Non ho bisogno-”

È una frase ben conosciuta. Un’eternità fa – o così sembra – ha avuto quella conversazione. Con Molly.

“Quello che sto cercando di dire è che, se c’è qualcosa che posso fare, qualcosa di cui hai bisogno, qualsiasi cosa, ci sono io. No, voglio dire… voglio dire… se c’è qualcosa di cui hai bisogno – va bene.”
“Ma cosa potrei volere da te?”

La voce di John arriva dolcemente attraverso i suoi ricordi, riportandolo al 221B, dopo la caduta, di nuovo vivo.

“Lo so che non ne hai bisogno. Ma… ti importa di loro, e lo dimostri saltando giù dal St. Bart’s. Lascia che anche loro saltino da un ospedale per te – metaforicamente parlando, ovviamente.”

Ora c’è un piccolo sorriso sul volto di John, e Sherlock si accorge di ricambiare il gesto, esitante.

Un altro pensiero sembra attraversare la mente di John in quel momento, e gli occhi di Sherlock lo seguono pigramente mentre il coinquilino si piega e raccoglie la lista.

“Penso davvero che sia questo che Mycroft cercava di dimostrarti quando ha aggiunto questi due punti alla lista. Magari non andare d’accordo benissimo, ma a lui importa davvero di te.”

“Gli importerebbe di più se fossi una torta,” borbotta Sherlock, ma sinceramente – si sente troppo esausto per combattere più di tanto. E John ha almeno in parte ragione – è un dottore, pertanto sa cosa fa bene a Sherlock quando sta male. E forse… forse può accettare che John si prenda cura di lui ogni tanto. Tanto gli fa comunque mangiare un pasto al giorno. Non cambierà molto.

“Quindi, prometti che almeno proverai ad accettare l’aiuto degli altri ogni tanto? Prometti di fidarti di me?”

Ovviamente, quelle sono due domande completamente diverse e anche Sherlock nel suo stato di inetto-per-colpa-dei-sentimenti e di malato riesce a capirlo. Questo è di più. Come quando hanno litigato durante il caso di Baskerville. Questo è importante per John.

Sorprendentemente, lo è anche per lui.

Forse dovrebbe davvero riconsiderare la sua opinione a riguardo della questione. Dopo tutto, non è che possa mai più tornare a fare pensare a John di essere morto.

Quei sei mesi… sono stati un tornado di violenza, notti insonni, un viaggio per il mondo. Criminali – spacciatori, assassini, stupratori e Sherlock in mezzo. Ogni notte era una notte di pericolo, in quel periodo, la cocaina che chiamava. Altre droghe, per impedirsi di rispondere agli altri input. Il calore. Le urla. La gente che viveva nella miseria, accanto alla gente che viveva nel lusso. Malattie. Lo schifo del mondo.

Una caccia senza fine. Messaggi, da Mycroft, ogni settimana.

John è stato di nuovo seduto accanto alla tua tomba tutta la notte.
La sua terapista ha il sospetto che ci fosse un legame più profondo tra voi, ma lui non vuole parlarle.
Ha fissato la sua pistola per tre ore stamattina. L’ho fatta sequestrare dai miei uomini mentre era in bagno.
L’ispettore detective Lestrade l’ha trovato sul tetto dell’ospedale oggi, sul bordo.
La sua terapista pensa che gli sia tornata la sindrome post traumatica. Ha ragione. Lui non le parla ancora.

E visto che si ricorda tutto quello, sa che dovrà lasciare che John lo sappia. Perché John ne ha bisogno. E Sherlock… anche Sherlock ne ha bisogno.

Quando solleva lo sguardo, fuori è buio, e John è in piedi di fronte a lui con una tazza di tè nelle mani, il viso senza espressione.

Sembra che sia passato del tempo, quanto, Sherlock non lo sa. Forse due o tre ore.

Spera che non sia troppo tardi. (Oh, che sensazione familiare.) Si mette a sedere. Prende la tazza dale mani di John.

E dice: “Sì.”


X


Entrambi sanno che quel ‘sì’ è un’affermazione di molte cose.

Sì, proverò a lasciare che le persone si interessino davvero a me.
Sì, mi fido di te.
Sì, ti aspetterò invece di andarmene via da solo correndo.
Sì, ti dirò le cose, anche se le considero ovvie o non degne del mio tempo.
Sì, probabilmente fallirò mentre provo a fare tutto ciò.

Ma quello è il motivo per cui il punto della lista dice “Impara a dire ‘sì’.”

John non si aspetta che Sherlock cambi tutto il suo carattere, nemmeno un po’. Sherlock non dovrà mai cambiare. Ma Sherlock – Sherlock è disposto ad imparare qualcosa di nuovo.

Il detective raccoglie una penna, e con un sorriso storto – e quasi prudente – diretto a John, tira una riga sull’undicesimo punto.

“Anche il numero 10. Ci arriverai.”

Sherlock non sembra troppo convinto, ma quando John gli fa un’espressione incoraggiante, scrolla le spalle e traccia una linea anche sul punto precedente. John fa un cenno positivo con il capo e poi si allunga per sentire la fronte di Sherlock.

“Mmh, sei ancora un po’ caldo, ma la febbre di solito si alza la sera. Pensi di riuscire a sopportare un po’ di zuppa?”

La faccia di Sherlock si oscura all’istante. “C’è un’ enorme differenza tra quello che posso fare e quello che voglio fare.”

“E c’è un’enorme differenza tra quello che mi importa che tu voglia e quello che devi fare perché altrimenti ti farò un certificato di malattia e lo spedirò a Lestrade e non avrai più casi per due settimane.”

“Non oseresti.” Sherlock solleva un sopracciglio e cerca di leggere l’espressione di John, ma tutta la cosa del sono-un-consulto-detective-spaventoso-con-un-cervello-grande-quanto-un-cocomero non funziona come vorrebbe lui perché mentre lo sta fissando, la sua faccia si accartoccia all’improvviso e starnutisce. Di nuovo.

QUESTO È DANNATAMENTE RIDICOLO!

“Vada per la zuppa di pollo,” dichiara John, passa un fazzolettino al suo triste e sofferente amico e si mette all’opera.

Mezz’ora, due porzioni di zuppa e del paracetamolo più tardi, Sherlock sta dormendo sul divano, i riccioli arruffati in modo adorabile. E russa pochissimo.

Con un sorriso stanco, John gli lancia addosso un lenzuolo e si mette al cellulare, determinato a dire a Greg quanto lo odia per non avergli detto quanto Sherlock diventi terribile quando sta male.

(Solo che in realtà non gli dispiace poi così tanto.)




 
  
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