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Autore: Callitmagic    29/08/2014    1 recensioni
“Ci sarà sempre un’altra opportunità, un’altra amicizia, un altro amore, una nuova forza.
Per ogni fine c’è un nuovo inizio.” -Il Piccolo Principe
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Questa è una semplice storia che ne racchiude tante. La Figlia Di Ecate vuole scavare nel passato, e attraverso un’impresa con i suoi amici dovrà salvarsi dalla morte. Ognuno di noi ha peccati, segreti e perdite lasciati ormai alle spalle ma che minacciano ogni giorno di tornare.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Rubacuori Assassini
 

| In Your Eyes - (Glee Cast Version)|
| Alone Together – Fall Out Boy |




 

*Meg*


 

Un dolore lacerante al petto mi fa riprendere i sensi. Quando la vista diventa più chiara, sbatto le palpebre e mi metto a sedere. Le mani erano legate dietro la schiena con dello spago. Immediatamente mi guardo intorno, mentre il mio torso si alza e si abbassa, e la mente cerca di elaborare tutto quello che è successo da quando siamo arrivati a Edmonton.

Siamo giunti per l’una e un quarto di notte ad Edmonton e, stanchissimi, cercammo  un posto dove dormire almeno quella notte. Il viaggio per la casa di Jack avrebbe impiegato un’altra oretta. La parte meridionale di Edmonton era un intreccio di strade e negozi, e praterie immense. L’aria, a quell’ora, era gelida – i pantaloncini non aiutavano-. Nella locanda che trovammo – molto rustica – ordinammo le stanze e appena entrata mi buttai sul letto.
Nella bagno dell’aereo mi ero vestita velocemente appena Ryan si chiuse le porte alle spalle e, quando la tosse ricominciò, mi pulii e feci la coda velocemente. Pensavo di avere un aspetto orribile, invece ero più sistemata del previsto.
Mi addormentai subito, senza nemmeno infilare il pigiama, e caddi in un sonno senza sogni così profondo che solo delle grida mi scossero.

Gwen e Abbie erano già pronte, con le armi impugnate, e corsero fuori la stanza in un millisecondo. Lo stesso per i ragazzi, vestiti e assonnati – eccetto Jack in boxer che brandiva l’arco come un drogato –, mentre si buttavano a capofitto nella sala da pranzo.
Fui l’ultima ad arrivare.
Il corpo di una cameriera era a terra, sanguinante e deformato. Mi accasciai sulla figura e la girai, in modo da vederla: il petto era completamente aperto all’altezza del cuore, dove non c’era che ossa e carne. L’organo vitale era stato tolto.

Anche Ryan e Gwen erano affianco a me, e guardavano impressionati lo squarcio sul petto, chiedendosi chi potesse fare una cosa simile.
«Oh cielo» mormorò Gwen sconcertata. Duff corse insieme a Jack verso di loro, riponendo lo strano bastone nella fodera di cuoio e guardando schifato il corpo.
«Che schifo» urlò  e si girò per evitare di vomitare.
«Ma perché nessuno viene? Non hanno sentito le urla? Possibile che non ci sia nessun’altro qui dentro? » urlai a mia volta, cercando di farmi sentire da qualcuno. Ma parve che veramente ci fossimo solo noi. Mi girai verso gli altri, cercando appoggio. Ma ognuno sembrava immerso nelle sue riflessioni. Impotente davanti a quel povero corpo, notai che aveva ancora gli occhi spalancati, come dal terrore, e allungai una mano per chiuderli.
«Siete sicuri che non ci sia nessuno?» chiese Gwen, con voce un po’ tesa.
«Non mi sembra. Almeno che non si sia nascosto sotto il tavolo» rispose Jack con – come al solito – sarcasmo. Gwen sbuffò e si alzò brandendo la spada.
«Vorrei capire cosa…» poi si guardò intorno, rendendosi improvvisamente conto che mancavano Abbie e Scar. «Dove sono Abbie e Scar?»

Provai una fitta alla pancia e corsi fuori dalla sala da pranzo. La locandina era completamente disabitata: la finestra aperta lasciava entrare un venticello pungente, ma non troppo fastidioso, che muoveva le tende blu. Dietro la piccola scrivania di legno della reception si sentì uno cigolio e poi un altro corpo si accasciò a terra. L’uomo alto e snello che ci aveva ospitati in quel momento era a terra esanime. Dal petto si allargava uno squarcio come quello della cameriera, nel punto in cui dovrebbe esserci il cuore. Il mio cuore invece - ancora funzionante - fece un balzo e indietreggiai.
La mia testa colpì un petto dietro di me, che mi afferrò e mi coprì la bocca. Cercai di scalciare, ma l’individuo era talmente forte che appariva composto di pietra.
Alla luce della luna vidi una lama di argento infilarsi nel il mio petto lentamente. Aveva liberato la bocca e in preda al dolore urlai con tutto il fiato in bocca. Strinsi i pugni e cercai di allontanare il pugnale o di bloccarlo con l’incantesimo di spostamento, ma prima che potessi muovere qualcosa, l’individuo mi lasciò e se ne andò correndo. Ryan aveva gli occhi sgranati e guardava il petto allarmato.
«Sto…bene» sospirai, sentendo tutto più doloroso: il respiro, i battiti del cuore, i movimenti, le parole. «A…Abbie e Scar?» sussurrai «Dove sono? »
Nemmeno termino la domanda che un altro grido proveniente dal piano superiore ruppe il silenzio. Gwen. Jack spalancò gli occhi e corse di sopra, ma appena io feci un passo il mondo sembrò rallentare intorno e una forte botta in testa mi fece cadere a terra, facendomi scivolare nell’ oscurità.





 

***Gwen***


Le pareti bianche della camera la accecavano maledettamente. Era a terra, con le mani legate ad una sbarra. Ricordava ancora la figura accasciata – sul suo letto questa volta -nella locandina ad Edmonton, e pensando fosse Abbie aveva urlato. Jack era corso sopra, con l’arco impugnato e lo sguardo determinato pronto ad uccidere chiunque – poteva sembrare un eroe se non fosse stato in boxer –. Poi qualcuno le aveva fatto perdere i sensi.
Si guardò intorno, e un corpo rannicchiato mugolò. Quando alzò il capo, Gwen vide gli occhi azzurri di Jack. I capelli biondo scuro erano spettinati e indossava solo dei pantaloncini marroni. Si chiese quando ebbe il tempo di infilarseli.
«Questi pantaloni sono orrendi» dichiarò esausto. Non era ferito gravemente, ma aveva molti graffi superficiali sulla schiena.
«Gli altri dove sono? » chiese Gwen con voce tirata.
«Non ne ho idea, non li ho visti» rispose in un sussurro. Anche lui era legato ad una sbarra d’acciaio.
«Tu stai bene?» chiese poi Gwen, meravigliando se stessa. Jack posò gli occhi su di lei e sorrise.
«Sei una bella dormigliona»
«Ritieniti fortunato che non abbia russato» dichiarò Gwen ridendo. Che situazione strana, pensò. Sembrava che stessero andando a prendere un caffè insieme, non che fossero rinchiusi in una stanza bianca e luminosa, legati a delle sbarre.
La maledizione disse una vocina dentro la sua testa Non dimenticarla.
Eppure posando gli occhi su Jack, non poteva fare a meno di indugiare sul torso nudo. Tolse subito lo sguardo e deglutì imbarazzata. Anziché notare certe cose, dovrebbe tentare di trovare un modo per liberarsi, pensò innervosita.
Ma proprio in quel momento entrarono due uomini in camice bianco, salvando - ancora per poco - Gwen dall’imbarazzo.
Le guardie, senza dire una parola, presero Jack per le spalle e gli slegarono i polsi. Non capendo niente, la figlia di Atena studiò gli stani uomini: il camice copriva buona parte del corpo, lasciando scoperte solo le braccia e il volto. La pelle era una sfumatura inspiegabilmente verdastra e gli occhi erano grigi: non grigi come i suo occhi, caldi e chiari, ma grigio acciaio. Gwen si chiese se fossero umani o alieni come nei film.

Gli uomini verdi portarono Jack in un’altra stanza, che Gwen poteva vedere dalla parete interamente di vetro di fronte a lei. Lo posizionarono in un lettino, mentre il ragazzo scalciava e si dimenava, urlando il nome di Gwen.
Mi devo liberare immediatamente pensò la ragazza. Cominciò ad armeggiare con il filo, ma notò che era strettissimo e solo un’altra persona avrebbe potuta liberarla. Quasi nel panico totale vide Jack steso su un lettino, stretto con morse di acciaio. Uno degli uomini verdi tirò fuori una siringa contenente un liquido giallo e spaventosamente consistente. Gwen cominciò a pensare che tutto fosse troppo assurdo e strano, che si trattasse tutto di uno stupido incubo. Urlò il nome di Jack con tutto il fiato che aveva in corpo e si dimenò, capendo che non era un sogno: la corda che lacerava la sua pelle sui polsi causava un dolore troppo concreto, e le sue urla echeggiavano per la stanza bianca, senza raggiungere la parete a vetro.

Poi accadde tutto velocemente: una freccia tagliò la corda che la stringeva alla sbarra e aiutò ad alzarla delicatamente. Abbie le stringeva forte il braccio e la teneva alzata. Improvvisamente il mondo cominciò a girare per Gwen e girò subito lo sguardo cercando gli occhi celesti di Jack. Era ancora steso sul lettino e urlava in preda al dolore provocato dal liquido giallo. Senza rendersene conto prese la spada e corse nella stanza di fronte, ma prima che potesse fare qualcosa, un lama tagliò in due il corpo dell’alieno – così decise di chiamarli – e una freccia infilzò l’altro. Adesso, insieme a Gwen  e Jack, c’erano anche Scar e Abbie.
Senza domandare nulla, né correre via dalla stanza, si precipitò da Jack e lo slegò dalle morse d’acciaio. Mentre allungò il braccio, la ragazza si rese conto che aveva i polsi insanguinati, ma non se ne tormentò più di tanto.
«Jack? Jack, stai bene? » chiese con voce tesa. Jack, ancora steso, aveva gli occhi spalancati e alzava il petto velocemente, come se non riuscisse a respirare. Poi si girò verso Gwen e le prese la mano, con forza, e le sussurrò:
«Dicevano…dicevano che eri maledetta…»
Gwen prese ad accarezzargli i capelli delicatamente e gli sorrise, cercando di essere credibile.
«Non ti preoccupare per me» sussurrò chinandosi sul suo viso. Poteva sentire il respiro affannato di Jack e uno strano odore di sangue. «Sei ferito?»
Jack scosse la testa e deglutì, sempre con gli occhi aperti dal terrore.
«Gwen, dobbiamo cercare gli altri, prima che qualcuno ci veda» disse Abbie con voce tesa, mentre manteneva l’arco. La faretra aveva ancora qualche freccia, e Gwen si chiese tutte le altre dove fossero infilzate.
«Okay, poi dovete spiegarmi un po’ di cose» così dicendo, Gwen aiutò Jack ad alzarsi, sempre stringendo la sua mano. «Ti troverò una maglia, Jack»
Seguendo Abbie e Scar fuori dalla camera, la ragazza trascinò Jack stringendogli la mano. Si chiese cosa lo avesse traumatizzato tanto per chiamare il suo nome.




 

 

*Meg*

 

La stanza è bianca e completamente vuota. Non somiglia niente ai film: la stanza dovrebbe contenere un letto, un bagno, o almeno una porta. Si, non c’è nemmeno una porta. Presto comincio a pensare che sia tutto un sogno, o che sia morta. Appena sveglia avevo cercato qualche mio compagno con lo sguardo, ma non c’era traccia di anima viva. Il pavimento è soffice, come un cuscino, e se non fossi legata potrei anche fare qualche bel salto a mo’ di gonfiabile.

Una parte del muro bianco alla mia destra si apre lentamente, facendo comparire sulla soglia una giovane donna, di bell’aspetto, che sorride gentilmente.
Già non mi piaceva.
Appena il muro – o la specie di porta – si apre completamente, la donna fa qualche passo in avanti verso di me.

«E’ uno dei miei modi preferiti per presentarmi» dice la donna. «Come stai, Meg?»
«Ci conosciamo?» chiedo alquanto sconvolta. Quella donna aveva anche fatto un’entrata favolosa, certo, ma era molto inquietante.
«Beh… Diciamo di sì» dice ammiccando un sorriso «Siamo molto legate, sai? »
«Senta signora, non so cosa voglia da me» comincio a chiarire «Ma qualsiasi cosa voglia da me, non era meglio farlo senza legarmi ad una sbarra e rinchiudermi in una stanza senza porte? »
Ride leggermente, e in quel momento capisco che sarebbe stata l’inizio di un’ostilità forte. Forse quell’ostilità cambierà tutto.





Angolo autrice (pazza fangirl)

Lettori ew, ho pubblicato il capitolo dopo poichè ho rivisto molti cartoni disney tutti i giorni. Si ho versato lacrime e risa, ma ne è valsa la pena!
Sono molto nostalgica :')

Chi sarà la donna? HEHEHEHE *RISATA CRUDELE*
Per animare il racconto, nel prossimo capitolo sarò particolarmente cattiva con i personaggi Bella la Gwack vero? Oh, anche la Scabbie non è male *risata cattiva*

 
   
 
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