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Autore: Verdeirlanda    29/08/2014    2 recensioni
*...Beatrice sospirò, guardò quel macabro dipinto che era diventata Firenze quella sera, e pensò a lui, era inevitabile pensare a lui. Dove sei Zoroastro, sei al sicuro, sei ferito, dove sei adesso?...
...."Andiamo via Nico." disse Zoroastro preoccupato "Andiamo alla bottega, lì saremo al sicuro con Andrea, Leonardo e Beatrice." Già, Beatrice. Pensò a lei. Si chiese se la ragazza fosse spaventata di fronte a tanta furia e follia, si disse che per fortuna alla bottega non correva pericoli. Almeno così credeva.*
La congiura dei Pazzi ha sconvolto Firenze, e questa rivolta, destinata ad essere sedata, non è altro che l'inizio di un'intricato intrigo ordito da Roma.
Leonardo Da Vinci, sua sorella Beatrice e il loro migliore amico Zoroastro si troveranno ad affrontare una situazione decisamente complicata, con l'aiuto ovviamente del giovane Nico, per evitare che Firenze soccomba.
E mentre tutto intorno a loro si sgretola e si ricompone con ritmo incalzante ed inaspettato, Beatrice e Zoroastro si confronteranno con il loro amore ancora mai dichiarato, destinato a rivelarsi e ad affrontare numerose tenebre prima di poter brillare senza paura alla luce dell'alba.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Leonardo da Vinci, Nico, Nuovo personaggio, Zoroastro
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Angolo dell'autrice:

In questo capitolo facciamo un enorme balzo geografico e torniamo in Italia, perché anche lì stanno accadendo molte cose importanti, avvenimenti che un giorno si intrecceranno con le avventure dei nostri eroi. E non solo, verrà introdotto un nuovo personaggio...
Buona lettura!
VerdeIrlanda 




Clarice sospirò accarezzandosi il pancione: "Smettila di fare la trottola." ridacchiò, il bambino che cresceva dentro il suo ventre si faceva sentire muovendosi e tirando piccoli calci. Clarice aveva affrontato diverse gravidanze, eppure quella sensazione era sempre emozionante.
"Credo che sarà un maschietto." disse sicura.
Lorenzo le sorrise: "Sarebbe meraviglioso." le porse una tazza di tisana contro le nausee.
Clarice ne bevve un sorso, e inevitabilmente pensò a Beatrice: "Credi che Da Vinci tornerà dalla sua ricerca?"
"Lo spero." rispose Lorenzo "Ciò che stanno cercando è molto prezioso."
Clarice annuì, anche se suo marito non le aveva mai spiegato cosa Leonardo e gli altri stessero davvero cercando, ma era evidente che quella missione era davvero delicata ed importante.
Bussarono alla porta, un valletto entrò annunciando che c'erano visite. Quando Lorenzo sentì il nome dell'ospite strabuzzò gli occhi ed uscì dagli appartamenti della moglie e scese le scale per scendere nell'atrio.
Ad aspettarlo c'era un uomo, osservava con interesse un dipinto appeso al muro.
Appena sentì i passo di Lorenzo si voltò e gli sorrise: "Lorenzo! Quanto tempo è passato." e andò ad abbracciarlo.
Lorenzo si sforzò e sorrise di rimando: "È da tanto che manchi da Firenze Carlo."
"Lo so, ma sono stato via per nobili scopi. Sono tornato appena ho saputo di Giuliano. È sconvolgente ciò che è accaduto."
Lorenzo abbassò lo sguardo, triste: "Mio fratello ci manca terribilmente. E sei qui solo per porgere le tue condoglianze?" 
Carlo scosse la testa: "In verità vorrei fermarmi a Firenze per qualche settimana, e contavo sulla tua ospitalità." 
"Questa è anche casa tua in un certo senso." rispose Lorenzo facendogli strada "Puoi rimanere quanto vuoi. Vieni, ti presento mia moglie."
Lorenzo accompagnò Carlo, in realtà non era molto lieto nel vedere uno dei figli illegittimi di suo nonno Cosimo. Forse perché Carlo era molto più grande di lui e per questo non avevano passato molto tempo insieme, o forse reagiva così perché ricordava il modo distaccato in cui suo nonno lo trattava, Cosimo non era mai stato molto affettuoso con Carlo.
Mentre attraversavano il lungo corridoio incrociarono Clarice, era uscita dai suoi appartamenti curiosa di sapere chi fosse l'ospite inatteso.
Lorenzo fece le presentazioni: "Clarice, ti presento Carlo de Medici."
La donna sorrise e porse la mano all'uomo di fronte a lei, lo osservò con attenzione. Era alto, era più vecchio di loro ma era comunque un uomo molto affascinante, dimostrava meno degli anni che aveva. Il suo viso era ben rasato, i capelli corti e crespi, la pelle scura quasi mulatta. Sapeva ben poco di lui, si raccontava che Cosimo lo aveva avuto da una schiava dalla pelle nera e che ancora giovane avesse iniziato a viaggiare per dedicarsi all'attività missionaria.
"È piacere conoscerVi Clarice." disse lui baciandole la mano "E congratulazioni." sorrise guardandole la pancia.
"Grazie Carlo. Il piacere è mio. Cosa Vi porta a Firenze?"
"Ho viaggiato a lungo, avevo nostalgia di casa." le rispose Carlo con un sorriso.
"Sarete nostro ospite per tutto il tempo che vorrete." disse lei con un sorriso "Dico subito alle cameriere di prepararti una stanza."
Carlo fece un piccolo inchino riconoscente e Clarice si congedò.
Rimasti soli il mulatto si girò verso Lorenzo: "C'è un altro motivo ore cui sono qui, e spero di poter contare sul tuo aiuto."
Il Magnifico lo osservò guardingo: "Hai bisogno di soldi?"
"No, si tratta di una questione molto più importante di qualsiasi somma di denaro." rispose Carlo "Ma è meglio non parlarne qui, c'è un posto lontano da orecchi indiscreti?"
Lorenzo annuì e lo condusse nel suo studio.
Una volta chiusa la porta chiese: "Carlo, di cosa si tratta?"
"Non è facile da spiegare. Riguarda mio padre Cosimo." si appoggiò alla scrivania "Vedi Lorenzo, Cosimo era membro di una setta segreta chiamata i Figli di Mitra."
Lorenzo annuì, lo interruppe: "Lo so, mio nonno me ne ha parlato in punto di morte."
Carlo si finse stupito: "Non credevo lo avesse raccontato a qualcuno." rispose, in realtà sapeva benissimo che suo padre aveva informato Lorenzo, come sapeva che il Magnifico aveva finanziato Leonardo Da Vinci per trovare il Libro delle Lamine, fingersi all'oscuro di tutto era parte del suo piano.
"Ad ogni modo sono lieto che tu sappia già tutto, è più facile per me metterti al corrente di alcuni problemi."
"Ti ascolto." 
"Il conte Girolamo Riario, lo conosci purtroppo, è sulle tracce della nostra più preziosa reliquia, il Libro delle Lamine. Per mesi ha tenuto sotto scacco quell'artista e inventore, Da Vinci, affinché il suo genio lo aiutasse nell'impresa."
A quelle parole Lorenzo comprese la necessità di Leonardo di imbarcarsi il prima possibile, doveva fuggire da Riario e precederlo bella ricerca. Si rimproverò per non aver capito che il conte stava tormentando lui e la sua famiglia. 
Carlo continuò: "Se il Libro dovesse cadere in mani sbagliate sarebbe una tragedia."
Lorenzo annuì: "Lo immagino. Ma devi sapere che io stesso ho finanziato una spedizione, Leonardo Da Vinci è partito alla ricerca del Libro."
Carlo finse di nuovo di non sapere: "Davvero? Beh, è un sollievo saperlo! Forse c'è speranza per noi. Vedi Lorenzo, ormai i Figli di Mitra sono decimati, i nostri nemici hanno cercato in tutti i modi di sconfiggerci. Ma se Da Vinci salverà il Libro il nostro sforzo non sarà vano."
"Hai detto di aver bisogno del mio aiuto, cosa posso fare?"
"Ti avrei chiesto appoggio per una spedizione, ma visto che essa è già in atto ti chiedo solo di ospitarmi fino a che Da Vinci non sarà tornato. Quando sarà qui con il Libro io lo guiderò, gli spiegherò cosa fare con la reliquia, insieme a lui la porterò al sicuro." disse Carlo sorridendo.
Lorenzo annuì, gli garantì il suo appoggio: "Ti aiuterò, in onore di Cosimo."
Carlo sorrise, soddisfatto di aver ingannato il nipote.


Antea attendeva Carlo in una locanda di infima categoria alla periferia della città.
Il posto era lurido e frequentato da individui poco raccomandabili, ma lì sarebbero stati lontani da occhi indiscreti.
"Sei in ritardo." commentò guardandolo sedersi di fronte a lei.
"Lo sono per una buona ragione." rispose lui calmo "Mio nipote Lorenzo ha accettato di ospitarmi. Gli ho fatto credere che aiuterò Da Vinci una volta che sarà tornato col Libro."
Antea sorrise: "Non credevo che Lorenzo si sarebbe fidato così facilmente."
"In verità non si fida di me, non abbiamo mai legato molto, credo che lo faccia per una sorta di devozione verso la memoria di Cosimo, crede che io sia ancora un Figlio di Mitra come lui." rispose Carlo.
Antea lo osservò, curiosa: "Posso chiederti perché hai tradito la setta di tuo padre?"
"Potrei farti ma stessa domanda." sorrise lui.
"Tu lo sai cosa mi ha spinta. Ma tu rimani un mistero per me." disse Antea.
"Un giorno ti racconterò tutto della mia vita, ma per ora ti basti sapere che come te mi sono sentito prigioniero in una gabbia che la mia famiglia aveva costruito per me, e ho ritenuto giusto ribellarmi."
Antea sospirò: "Posso capire cosa intendi." 
L'uomo le sorrise: "Ma veniamo a te. Come ho detto io posso aiutarti, ti ho già promesso che quando avrò recuperato il Libro a Da Vinci potrai leggerlo, e intendo mantenere il mio proposito."
"Significa molto per me. Anche Lupo me lo ha promesso..." deglutì ripensando a come lui l'aveva umiliata.
"Non credo che Riario riuscirà nel suo intento." rispose Carlo "Conosco i racconti di chi ci è già stato, il luogo dove stanno andando può essere molto ostile. I Da Vinci invece hanno più possibilità, sono più furbi e possono risolvere i trabocchetti lasciati dai miei antenati."
Antea annuì, anche lei aveva sentito delle storie su quel luogo lontano: "Ad ogni modo, Libro a parte, ti chiedo solo di aiutarmi nel realizzare la mia vendetta."
"Lo farò, anche perché sono sicuro che la tua vendetta sarà utile per noi." Carlo sorrise compiaciuto.
Antea avrebbe voluto chiedergli chi fossero quel "noi" che Carlo usava così spesso, ma sapeva che non avrebbe ottenuto risposta, non ancora almeno. 
L'uomo chiese: "Chi vuoi colpire?"
Antea sospirò: "Lupo. Lui voglio ucciderlo non appena sarà tornato."
"Una donna ferita nel suo orgoglio può essere molto pericolosa." commentò Carlo.
Antea lo guardò con occhi scintillanti: "Gli ho concesso il mio amore, il mio corpo e lui li ne ha usufruito a suo piacimento. Mi ha usata solo per rimpiazzare mia sorella e poi mi ha respinta per colpa di questa cicatrice, come se fossi diventata all'improvviso merce avariata. E non sarebbe mai successo se Beatrice non mi avesse sfigurata. Per colpa sua ho perso Lupo e non solo, nessun'altro uomo mi vorrà mai." rispose a denti stretti "E per questo lei soffrirà più di tutti e più a lungo. E nel  punire lei mi libererò anche degli altri." sorrise "Lei mi ha portato via ogni cosa, e io farò lo stesso con lei. "
Carlo bevve un sorso di vino, il suo sguardo era colmo di soddisfazione: Antea si stava rivelando una meravigliosa risorsa.
"Ti aiuterò a predisporre tutto. E intanto che farai?" 
Antea lo guardò e sorrise: "Ho in mente un progetto, aspetterò paziente nell'ombra che si presenti l'occasione giusta per metterlo in atto."


"Lorenzo, calmati." disse Clarice.
"Come posso rimanere calmo? Sono stato scomunicato e la città è stata interdetta! Lo sai che significa?" Lorenzo la guardò disperato "Firenze è sull'orlo del baratro..." mormorò.
Il Papa Sisto IV aveva deciso di usare le sue armi più potenti, la scomunica e l'interdizione papale, contro Lorenzo de Medici e Firenze.
"A causa della scomunica Vi sarà impossibile amministrare liberamente Firenze e la banca della Vostra famiglia." commentò Piero Da Vinci "Potremmo perdere molti investitori, per non parlare degli alleati politici."
"E quindi cosa possiamo fare?" chiese Clarice "Ci deve essere una scappatoia."
Lorenzo riflettè: "Io non posso gestire la banca dei Medici, solo Giuliano avrebbe potuto sostituirmi." 
"C'è anche un altro problema..." tentennò Piero.
"Cosa?" sospirò Lorenzo.
"Voci certe dicono che Sisto ha stretto alleanza con Ferdinando I di Napoli e la repubblica di Siena, pare che le truppe napoletane siano in marcia verso Firenze per assediarla."
Clarice guardò spaventata il marito: "Ci stanno muovendo guerra?"
"Non disperiamo, sono certo che lo scontro si potrà evitare. Datemi tempo e troverò una soluzione." rispose Lorenzo. 
Quella notte il Magnifico si tormentò sulle scelte difficile che doveva prendere, l'alba e sua moglie lo trovarono addormentato su un divanetto dello studio.
Clarice si sedette accanto a lui, gli accarezzò il viso, Lorenzo si destò.
"Hai dormito qui." disse lei con tono dolce, leggermente di rimprovero.
Lorenzo le sorrise e si mise seduto, le baciò una guancia: "Ho pensato a lungo alla nostra situazione. E ho capito che dobbiamo trovare nuovi alleati, qualcuno che sia abbastanza potente da non temere una ritorsione del Santo Padre."
"Ed esiste qualcuno così coraggioso?" mormorò lei.
Lorenzo annuì, guardò Clarice, le prese una mano: "Sì, tesoro mio. A breve partirò per Napoli, parlerò con il re Ferdinando."
"Ma lui si è alleato con il Papa!"
"Sì, ma io posso offrirgli un accordo economico che Roma non potrebbe mai sostenere." spiegò Lorenzo "Ferdinando è un uomo intelligente, capirà subito da che parte stare."
Clarice annuì anche se era titubante: "Il tuo giudizio non ci ha mai traditi. E chi si occuperà di Firenze in nostra assenza?"
Lorenzo la baciò teneramente: "Nessuno saprà che sono partito a parte tu, Dragonetti e Piero Da Vinci, io starò via il tempo necessario per siglare un accordo con Ferdinando. Faremo credere a tutti, compresi i membri del consiglio della banca e gli investitori, che io sia vittima di una malattia che mi impedirà di lasciare il letto. Nessuno potrà accedere alle mie stanze eccetto poche persone fidate. E ogni decisione in mia assenza sarà presa da te in accordo con Piero."
"È rischioso, ma può funzionare." rispose Clarice.
Deve funzionare, o Firenze sarà perduta, pensò Lorenzo, ma non lo disse per non turbare la moglie, si limitò a sorriderle con calore.


"Un principio di gotta, Voi dite?" le chiese incredulo Gentilini.
"Non ne siamo sicuri, ma il medico ha consigliato riposo assoluto, e molta tranquillità." disse Clarice.
"Dopo tutto" commentò Dragonetti "il padre di Lorenzo, Piero, era soprannominato il gottoso perché affetto da tale malattia, potrebbe averla trasmessa al figlio."
"Non sarà invece che Vostro marito preferisce non farsi vedere dopo la scomunica?" azzardò con sarcasmo Uderzi.
"Come Vi permettete!" sbottò la Orsini "Sapete meglio di me che Lorenzo è un guerriero, non si nasconderebbe mai, anzi! Se non fosse immobilizzato a letto per colpa di questa terribile malattia verrebbe qui e Vi risponderebbe a tono." 
Il cipiglio sicuro di Clarice zittì per sempre ogni domanda sulle condizioni del Magnifico. Il consiglio credette alla storia inventata da Lorenzo, il quale era già partito per Napoli nella speranza di convincere re Ferdinando I, detto Ferrante, ad allearsi con Firenze.
"Durante la sua convalescenza" continuò Piero Da Vinci "io farò da tramite per le comunicazioni urgenti al Magnifico, e madonna Clarice si esprimerà a nome suo in consiglio." 
Quest'ultima affermazione provocò molti mormorii di disapprovazione, ma nessuno osò opporsi al volere di Lorenzo de Medici.
Rimasti soli Piero Da Vinci espresse i suoi timori a Clarice e Dragonetti.
"Quanto potrà durare questa menzogna?" chiese "Non riusciremo ad  ingannarli a lungo."
"Mio marito cercherà di essere celere, ma queste cose richiedono tempo."
"Se il consiglio dovesse scoprirlo saranno guai..."
"Cerchiamo di essere ottimisti Da Vinci." intervenne Dragonetti "Agiamo con cautela e discrezione, nessuno se ne accorgerà."


L'uomo si tormentava il polso, lo faceva sempre quando era nervoso. 
Accarezzava con fermezza il tatuaggio blu sbiadito che gli marchiava la pelle, le dita percorrevano le linee di quel disegno, un rombo che racchiudeva un cerchio, e sfioravano i piccoli ricami che lo abbellivano.
Era il simbolo della sua famiglia, ma non ne parlava spesso, perché ormai la sua famiglia non esisteva più, erano tutti morti. Scacciò i brutti pensieri che lo tormentavano e proseguì il suo cammino, Carlo de Medici e Antea lo attendevano in una taverna poco distante dalla mura, raggiunse la sua destinazione e vi entrò. Li vide seduti a un tavolo e si sedette di fronte a loro.
"Che notizie mi porti?" gli chiese il mulatto senza tanti convenevoli.
Antea osservò il nuovo arrivato, era un bell'uomo, alto e con i capelli neri, gli sorrise: "Non ci lasci nemmeno presentare Carlo?"
"Io sono Armen. E conosco il tuo nome Antea, la tua storia mi è nota." disse con un flebile sorriso.
"Dunque?" chiese Carlo un po' impaziente.
Armen lo guardò: "A noi interessa Da Vinci, l'artista. Antea può fare quello che vuole degli altri, così abbiamo deciso." 
La donna sorrise compiaciuta e sorseggiò il suo vino.
"Molto bene." rispose Carlo.
"Inoltre ci serve del denaro." continuò l'altro.
"Non sarà un problema ottenerlo." fece spallucce il Medici, poi guardò l'uomo in piedi accanto a lui, lo conosceva da anni "Qualcosa ti preoccupa, non è vero Armen?"
Il suo interlocutore si grattò l'incolta barba nera: "Spero che non accadano imprevisti, abbiamo già fallito in passato." 
Carlo sorrise: "Adesso è diverso. La situazione sta volgendo a nostro vantaggio finalmente, presto potremo disporre del Libro delle Lamine."
"E io potrò sfogliare quelle pagine, lo avete promesso." precisò Antea.
"Questo è certo." rispose Armen.
"E posso chiedere a cosa vi serve il Libro?" la donna li guardò intensamente "Come intendete usarlo?"
"Noi non lo useremo Antea, i Nemici dell'Uomo non sono così arroganti da credere di poter disporre di tale conoscenza." rispose Armen, Carlo lo guardò con rimprovero per quella affermazione sulle loro intenzioni. 
Ma per sua fortuna Antea non comprese il significato di quella risposta: "Immagino lo nasconderete di nuovo." e bevve ancora. 
Carlo si limitò ad annuire: "Ora devo andare. Ci rivedremo presto Antea. Armen, mi raccomando, tieniti pronto." disse, e si dileguò tra la gente che affollava la taverna.
Armen prese il boccale lasciato da Carlo e bevve un sorso di birra: "Dunque Antea, Carlo mi ha detto che vuoi vendicarti di tua nipote Beatrice. Sai già come fare?"
"Voglio farla soffrire." rispose cupa Antea.
"Pensi di renderle il favore?" indicò la cicatrice sul viso di lei.
Antea scosse la testa e strinse forte un pugno: "Oh no. Io le riserverò il peggio che si possa subire, spezzerò la sua anima in modi che nemmeno ti immagini."
Armen era stupito da tanta cattiveria: "Ma perché la odi tanto? Ti ha sfigurata, certo è un buon motivo per volere vendetta, ma devi ammettere che lo ha fatto perché tu la stavi aggredendo. E so che sei stata crudele con lei a cura prima che ti conficcasse quell'amore nella guancia. Cosa ti muove in realtà?"
La donna fece una smorfia: "Beatrice è la radice di ogni mia sventura, esattamente come lo era sua madre."
"Non capisco..."
"Non devi capire. Sono affari miei." rispose secca Antea, e Armen comprese che c'era molto di più, c'era qualcosa che la donna stava cercando di occultare. Ma non la giudicò per questo, dopotutto anche lui aveva i suoi segreti.
Dopo un lungo silenzio la donna guardò l'uomo che aveva di fronte: "Tu mi ricordi qualcuno."
Armen scosse la testa: "Ne dubito. O forse ho solo un viso comune."
Antea rispose: "Non lo definirei comune. Ci siamo già incontrati?"
"No, improbabile."
La donna riflettè: "Sai, c'è qualcosa nel tuo viso, e nei tuoi occhi. Li ho già visti."
Armen si alterò leggermente: "Non ti ricordo nessuno Antea, credimi." e ricominciò a grattare la pelle tatuata.
La donna notò quel guizzo nei suoi occhi e scorse il tatuaggio, ridacchiò, ricordava dove aveva visto entrambi: "Ho già visto quel disegno sulla pelle di qualcuno, su un dito."
Armen tirò su col naso, nervoso: "Impossibile. Coloro che avevano questo tatuaggio erano miei famigliari, e sono tutti morti."
Antea si umettò le labbra, aveva capito: "No, non tutti, vero?" si sporse leggermente in avanti sul tavolo "Carlo lo sa? O non ha idea che tu..."
L'uomo con una mossa rapida afferrò i lacci del corsetto di Antea e tirò la donna verso di sé: "Senti puttana, non parlare di cose che non ti riguardano, altrimenti finisco il lavoro iniziato da tua nipote." disse soffiando come un gatto infuriato. 
Antea spaventata da quella furia annuì, e Armen lasciò la presa, si alzò e se ne andò dalla taverna, preoccupato dal fatto che la donna avesse intuito un suo segreto. In tutti quegli anni nessuno lo aveva scoperto, ma forse, si disse, certe cose non possono rimanere celate in eterno.

   
Clarice guardò nervosa Uderzi: "Volete ripetere?"
"Non possiamo affidare certe responsabilità a una donna, per quanto nobile quanto Voi." ripetè l'uomo accarezzando la stoffa rossa del suo panciotto "Una madonna non può gestire una banca."
"Vi ricordo che Clarice non comanderà né prenderà decisioni, questo sarà compito di Lorenzo e lei ve le riferirà." rispose Da Vinci.
"Ma se il Magnifico è indisposto di certo non sarà in grado di giudicare con chiarezza e lucidità." sorrise compiaciuto Uderzi "Forse dovremmo indire una votazione e nominare un nuovo..."
"Non sarà necessario." Carlo de Medici fece il suo ingresso nella stanza "Non credo ci abbiano mai presentati." porse la mano a Uderzi e Clarice fece le dovute presentazioni.
"Ho sentito molto parlare di Voi...Ad ogni modo, questa è una riunione privata..."
"In cui cercate di spodestare i Medici a quanto pare." rispose sicuro Carlo.
"Ho solo fatto notare che una donna, oltretutto in stato interessante, non può certo deliberare, anche se in vece del marito." ribadì Uderzi.
"Infatti non lo farà." rispose calmo il Medici, e Clarice e Piero si scambiarono un'occhiata stupita "Mio nipote Lorenzo ha incaricato il sottoscritto di prendere il suo posto finché non si sarà ristabilito. Me lo ha comunicato poco fa, ero venuto per dirlo a Clarice, e ho sentito il vostro colloquio. Dunque è tutto chiarito no? Ora il consiglio può dormire sonni tranquilli, c'è un uomo al comando."
Uderzi avrebbe voluto controbattere, ma non aveva più appigli per far rimuovere i Medici dal consiglio, si limitò a sorridere e si congedò.
Clarice si rivolse a Carlo: "Non capisco, cosa state facendo..." 
"Lorenzo mi ha informato della sua partenza, mi ha chiesto di essere vigile e di aiutarVi se necessario. E quando ho capito le intenzioni di Uderzi ho agito...forse ho esagerato..."
"No, siete stato provvidenziale." gli sorrise Clarice "Grazie. Da tempo Uderzi cerca di appropriarsi dei nostri investimenti, Voi gli avete impedito di approfittare di questa situazione."
Piero intervenne: "Preparo subito dei documenti che attestino questa nomina, così non ci saranno obiezioni." sorrise e si sedette alla scrivania.
Carlo sorrise: "Lieto di essere utile alla mia città. Non preoccupateVi Clarice." le prese amorevolmente la mano e la strinse "Firenze sarà al sicuro."
La donna ricambiò il sorriso e si rilassò, ignara del fatto che Carlo le aveva mentito. Lorenzo non gli aveva detto della sua partenza, Carlo lo aveva spiato e scoperto il suo progetto per salvare la città. E adesso, con il nipote lontano, poteva mettere in atto il suo piano.




Precisazione dell'autrice: 

Nella serie tv Carlo de Medici è rappresentato come un uomo giovane, quasi coetaneo di Lorenzo. Storicamente invece Carlo era più vecchio di Lorenzo di ben 21 anni!
Credo che la serie abbia sorvolato su questo aspetto, non fa riferimento alla sua età, anche se, dato che Carlo è andato con Caterina in Perù molti anni prima è evidente che non può essere giovanissimo.
Ad ogni modo sappiamo che Da Vinci's demons è un fantasy storico e a me va bene così, può anche sorvolare su certi aspetti. :)
Io invece sono una inguaribile e pignola spacca balle, quindi ci tenevo a inserire nella mia storia l'elemento storico preciso, per quanto mi è possibile ovviamente. ^^ 
E proprio per questo motivo ho voluto inserire anche la scomunica e l'interdizione papali di Sisto IV e il viaggio di Lorenzo alla corte napoletana.
È anche dato storico la permanenza di Clarice e delle bambine a Pistoia dopo la congiura affinché fossero protette da possibili ritorsioni, ma in questo caso ho preferito far rimanere la Orsini e prole a Firenze ancora per un po'.  
Ci rivediamo presto a Machu Picchu! ;)
Ancora baci! 
VerdeIrlanda 


  
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