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Autore: RandomWriter    29/08/2014    5 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE:
 
Peggy pubblica un articolo sul recente fidanzamento tra Nathaniel ed Erin, mandando su tutte le furie quest’ultima. Nel frattempo circola anche la notizia di un concerto al liceo che fornisce l’occasione alla ragazza per riappacificarsi con Castiel. Tuttavia il rosso è categorico: non parteciperà ma la ragazza non demorde e si impunta, finendo per essere cacciata dall’aula assieme al ragazzo. Mentre è in giro per i corridoi con Armin, incrocia Ambra e il suo duo, la quale, in un eccesso d’ira, spinge Lin giù per le scale, trascinando nella caduta anche la malcapitata Rosalya. Ambra viene sospesa ed Erin sembra essere l’unica ad essere dispiaciuta per la nemica. Durante il pranzo, Rosalya convince l’amica e Castiel a prendere parte allo spettacolo teatrale dal momento che hanno bisogno urgentemente di nuove leve. La coppia si rivela assolutamente inadatta, specie Castiel che non si impegna come dovrebbe. Nel frattempo Erin organizza un’uscita a tre per far conoscere Nathaniel a Violet con la speranza che la ragazza cambi opinione sulla sua relazione. Il capitolo si conclude con il rientro di Nathaniel a casa, dove una signora altezzosa e acida gli comunica i provvedimenti presi per la sorella. Si tratta della madre dei due ragazzi. Ambra nel frattempo viene raggiunta dalla materna Molly che la consola, lasciando che la ragazza sfoghi tutta la sua afflizione.
 


 
CAPITOLO 23: PADRI
 
“vuoi stare concentrata sul gioco, porca miseria?” sbottò Castiel spazientito.
Nonostante il recente fidanzamento dell’amica, il cestista si era dimostrato intransigente di fronte alla proposta di saltare l’allenamento settimanale:
“già lo vedo poco Nathaniel… se poi devo passare il sabato ad allenarmi…” aveva brontolato sommessamente Erin.
“allora togliti dal club di basket! Voglio vincere quel torneo ma se preferisci pomiciare con il delegato, allora non perderò tempo con te!” aveva dichiarato il capitano, innervosendosi sempre di più.
Sospirando, Erin si era rassegnata ad accettare le condizioni di Castiel, trovando consolazione nel fatto che lei e Nathaniel si sarebbero visti nel pomeriggio al museo.
“hai visto come è di ottimo umore Charlotte ultimamente?” chiese Erin per cambiare argomento.
“non l’ho notato. Vai dall’altra parte del campo” replicò Castiel sbrigativo.
Irritata dal disinteresse dell’amico, la mora cominciò ad assecondarne gli ordini ripensando alla situazione che si era venuta a creare dopo l’espulsione di Ambra. La bionda era stata sospesa due giorni prima e sin da subito la sua amica Charlotte sembrava non sentirne la mancanza. Anzi. In classe era sempre di ottimo umore e addirittura in un’occasione aveva chiamato Erin “cara”. Dopo un iniziale disorientamento, la ragazza era rabbrividita, immaginandosi al posto di quel sorriso angelico, le lame letali di una mantide religiosa. Charlotte girava nei corridoi a testa alta, come una celebrità che calca la scena. Anche se era sempre sola, sembrava pienamente soddisfatta di sé.
Lin invece era tornata a scuola con una fasciatura al polso ma lei e Charlotte non si rivolgevano più la parola. Se si incrociavano nei corridoi, la prima abbassava il capo mentre la seconda tirava dritto. Anche la cinesina era sempre sola ma, diversamente da Charlotte, quella situazione le pesava: aveva un’espressione triste e si isolava in classe durante l’ora di pranzo, come Erin fece notare a Castiel.
“non sognarti di invitare anche lei a mangiare con noi!” la aveva ammonita il rosso.
“ma cosa dici? Perché dovrei farlo poi?”
“perché hai un’irritante tendenza a chiamare la gente da ogni angolo”
Erin bloccò il palleggio e si portò la palla sotto il braccio:
“senti un po’ Ariel! Non mi pare che ti dispiaccia esserti riappacificato con i tuoi amici”
Castiel fece una smorfia, avanzò di scatto verso Erin e le soffiò la palla, per poi tirarla a canestro.
 “e dovrei ringraziare te per questo?”
“di certo non è merito tuo” osservò Erin, rimpossessandosi della palla e portandosi a metà campo.
Il rosso la rincorse mentre un sorriso divertito gli distendeva gli angoli della bocca.
“se l’impegno che ci metti nell’andare incontro alle persone lo mettessi nel basket, supereresti Michael Jordan” commentò il ragazzo.
Erin rise leggermente e si spostò per evitare l’attacco.
“piuttosto dovresti ammettere che sono molto migliorata. Guarda, non riesci neanche a prendermi” lo sfidò la ragazza sorridendo beffarda.
Castiel, troppo competitivo per non accettare quella provocazione, scattò verso di lei ad una velocità tale che Erin non riuscì a distanziarlo e in pochi secondi le circondò i fianchi con le braccia, sollevandola da terra.
La ragazza, dopo un attimo di turbamento, cominciò a divincolarsi, cominciando a ridere:
“mettimi giù! Dai Castiel!”
Soffriva terribilmente il solletico e il solo sentire le mani del ragazzo sui suoi fianchi la faceva contorcere. Tra una risata e l’altra, Erin notò la presenza di Armin a bordo campo.
“Castiel” lo richiamò, guardando il nuovo arrivato e invitando l’amico a rivolgere gli occhi nella sua stessa direzione:
“è così che vi allenate?” urlò il moro divertito per farsi sentire.
Castiel scaricò Erin con poca grazia, avvicinandosi all’amico mentre la ragazza lo rimproverava per i suoi modi grezzi.
“come mai da queste parti?” indagò il rosso posandosi contro la recinzione.
“devo fare un salto in centro a prendere un nuovo hard disk”
“finché ci sei, non potresti dare un’occhiata al costo degli amplificatori?”
“andiamo con lui no?” s’intromise Erin, nella speranza di sottrarsi al suo allenamento.
Castiel la guardò malissimo e replicò:
“hai già saltato l’allenamento della settimana scorsa quindi non ci provare”
Erin sollevò gli occhi al cielo sbuffando mentre Armin sorrise.
“piuttosto hai cominciato a studiare le regole del basket?” le chiese Castiel spazientito.
Erin assunse un’aria metadibonda e dopo un po’ esclamò:
“potremo andare in centro con Armin così mi consigli un buon libro sull’argomento” tentò nuovamente, nella speranza di sfuggire all’allenamento ma guadagnò solamente l’ennesima occhiata truce dall’amico.
“sono un cestista, non uno sfigato di libraio” sputò il ragazzo “piuttosto te le spiego io”
“meglio di no Irina. Se si tratta di teoria, Castiel è un pessimo insegnante” la informò Armin mentre aggirava la recinzione metallica e si portava vicino ai suoi due amici.
“tu non stavi per andartene?” sbottò infastidito l’altro.
Armin guardò distrattamente l’ora sullo schermo del cellulare e scrollò le spalle.
“ho tempo. Resto qua con voi un po’”
“grande” replicò soddisfatta Erin “allora, cosa devo sapere?”
Castiel sospirò e si grattò la testa.
“e che ne so, fa’ tu le domande”
“boh, magari quali azioni sono considerate infrazioni”
“ahaha Irina sei tremenda!”
“perché?” replicò Erin confusa. Quell’esclamazione di Armin gliela sentiva usare fin troppo spesso.
Anche Castiel la guardava basito e sospirando, spiegò:
“prima dovresti informarti su quali siano le regole, non le procedure per infrangerle”
“in effetti ha senso” ammise l’altra senza scomporsi “comunque sia, torniamo alla mia domanda” ordinò imperterrita “può succedere che un giocatore venga espulso durante la partita?”
Castiel si grattò la guancia mentre Armin sorrideva sornione:
“ovvio che è possibile. Di solito a causa di brutti falli volontari, o addirittura possono essere espulsi due giocatori se giungono a risse, verbali o manuali che siano”
“perché Armin ride?” chiese Erin distratta dal moro.
“perché è idiota” sbottò Castiel infastidito.
“rido perché hai di fronte il giocatore con il record di espulsioni della storia della scuola” spiegò Armin indicando l’amico.
Erin spostò lo sguardo sul rosso e commentò:
“bell’esempio che mi dai, capitanopuntualizzò applaudendolo sarcasticamente.
“non ho mai messo le mani addosso a nessuno” precisò Castiel, facendo rotolare il pallone sull’indice.
“e l’occhio nero a quello della High Mountain School come se l’era fatto? Con l’ombretto?” gli ricordò Armin.
“sei un elemento di disturbo Armin, vattene. Mi stai facendo perdere tempo” sbottò Castiel facendoli segno di andarsene.
“mi sta sbattendo fuori dall’aula prof?”
“beh sei più abituato di me a star fuori dalla classe”
“non credo, ma intraprenderò la via che mi hai indicato” completò sorridendo il ragazzo “Irina quando hai finito qua, se vuoi ci vediamo al centro commerciale”
“grazie ma probabilmente sarò in condizioni pietose, dovrei passare prima per casa a farmi una doccia”
Armin si avvicinò alla ragazza e le sorrise malizioso. Avvicinò incredibilmente il suo viso a quello di lei che arrossì, spalancando gli occhi dalla sorpresa.
“oh no, la mia Irina non è mai in condizioni pietose” la lusingò, scompigliandole i capelli.
Castiel si lasciò sfuggire un verso stizzito, mentre Armin, guardandolo, allungò un sorriso fin troppo beffardo e malizioso.
 
Dopo che il ragazzo li aveva lasciati soli, Castiel incontrò parecchie difficoltà nel suo ruolo di insegnante: le domande di Erin lo interrompevano in continuazione, facendogli venire dubbi sul regolamento:
“dici tanto a me e poi nemmeno tu conosci le regole!” l’aveva accusato divertita.
“ma va’, le so, sei tu che mi fai fare casino. Stare zitta mai eh?”
Erin arricciò il naso e il capitano dichiarò spazientito:
“senti, facciamo che della parte teorica si occupi Dajan. Ha molto più pazienza di me e con te ce ne vuole a bidonate”
“dì piuttosto che non sai spiegare”
Castiel la fulminò con gli occhi mentre lei gli faceva la linguaccia.
Il ragazzo si spostò al centro del campo, intenzionato a riprendere l’allenamento ma Erin non sembrava dello stesso avviso.
“allora ci hai pensato a quel discorso?”
“quale?” chiese distrattamente Castiel lanciando la palla a canestro.
“del concerto no?”
“certo. E mi pareva di aver anche risposto. Per tua informazione l’ho già detto a Lysandre che non se ne parla”
“e lui?”
“è d’accordo con me”
“non ci credo”
“come ti pare” concluse il rosso con una scrollata di spalle.
Erin lo guardò sospettosa e si avvicinò alla panchina a recuperare il cellulare.
“che fai?” le chiese Castiel in lontananza.
“lo chiamo. Voglio sentirlo dire da lui”
Castiel si avvicinò a grandi passi e intercettò il cellulare che la ragazza aveva portato già all’orecchio.
“ehi! Non ne hai nessun diritto!” protestò lei, allungandosi verso l’alto nel tentativo di recuperarlo ma il suo svantaggio in altezza le impediva di raggiungere il suo obiettivo.
“con quell’elevazione non arriveresti a sfiorare neanche la rete del canestro” la canzonò il ragazzo, allungando sempre più verso l’alto il telefono dell’amica.
Erin allora indietreggiò di qualche passo, prese la rincorsa e si scagliò contro Castiel.
Per stabilizzare la posizione e darsi un’ulteriore spinta, premette una mano contro la spalla del ragazzo ma così finì per fargli perdere l’equilibrio. Castiel indietreggiò con una gamba per compensare lo spostamento del baricentro mentre Erin allungò ulteriormente il proprio braccio per raggiungere quello di Castiel. Il tentativo la sbilanciò al punto che stava per riatterrare sbattendo le ginocchia contro il suolo ma sentì una salda presa afferrarla per il braccio, costringendo i piedi a toccare il suolo per primi.
Alzò lo sguardo e trovò il suo viso vicino in modo imbarazzante a quello del ragazzo che si era chinato su di lei.
I due si ritrassero rapidamente ed Erin mugolò a disagio:
“idiota”
“io almeno so stare in equilibrio”
“ridammi il cellulare” ordinò Erin ancora rossa in viso.
Castiel ubbidì. Il gusto che aveva provato nello stuzzicare l’amica si era esaurito improvvisamente.
Andò a sedersi sulla panchina, mentre Erin lo guardava offesa. Dopo un po’ però lo raggiunse, sedendosi per terra davanti a lui.
“guarda che c’è posto” osservò il ragazzo, accendendosi una sigaretta.
“mi piace stare qui. Così posso guardarti negli occhi mentre mi spieghi perché non vuoi che suoniate davanti a tutti”
“sembri un cane”
Erin lo ignorò e continuava a fissarlo negli occhi.
Dapprima il rosso fece finta di nulla, poi però quell’occhiata diventava sempre più insostenibile e sbottò esasperato:
“ok, ok. Porca miseria come sei assillante!” si lamentò, reclinando il capo all’indietro.
“non ho neanche aperto bocca” si difese lei innocentemente.
Castiel assunse un’aria sarcastica e proseguì:
“mi sorprende che tu non arrivi da sola. Ci sono almeno due ragioni più che valide per non suonare: la prima è che siamo solo in due”
“appunto per questo ti ho proposto di rinserire Alexy nel gruppo” lo interruppe Erin.
Castiel la ignorò e continuò:
“la seconda ragione, nonché più importante, è che ci siamo esibiti dal vivo una sola volta e risale a quasi un anno fa. Non siamo pronti”
Erin rimase per un attimo basita, poi replicò:
“stai scherzando vero? È questo che ti frena?”
“mi sembra un motivo più che valido”
“col cavolo! Se hai una band si suppone che tu voglia farla conoscere” obiettò Erin.
“si suppone che non sia così nel mio caso”
“non ha senso Castiel. Vuoi farmi credere che tu suoni solo per il gusto di farlo?”
“ti sembra strano?” replicò l’amico, sorpreso dalla perplessità di Erin.
“tu e Lys siete troppo bravi per non aspirare alla notorietà!”
Castiel rise esasperato mentre Erin rimaneva seria. Non stava scherzando né tanto meno cercare di lusingarlo. Le sue parole erano sincere.
“senti l’idea di sfondare con la musica c’è stata d’accordo? Fino all’anno scorso ci credevo, anche troppo. Poi non è andata quindi ora mi va bene così” dichiarò il rosso.
“non è andata? Castiel quel discografico avrà anche detto un sì a Nathaniel, ma non ha detto di no a te”
“il fatto che abbia voluto solo Nate dalla sua, indica che tutti noi altri non eravamo alla sua altezza” concluse acido. Erin rimase sorpresa per come aveva chiamato l’ex amico. Avrebbe voluto puntualizzarlo ma preferì rimanere sull’argomento che più le premeva.
“ma tu provaci. Il concerto della scuola è pur sempre un modo per farsi conoscere. Di cosa hai paura?”
Castiel staccò la schiena dalla panchina e piegò il busto in avanti avvicinandosi all’amica seduta per terra.
“chiariamo una cosa: io non ho paura” scandì, difendendo il suo orgoglio maschile.
Erin storse la bocca, poco convinta e continuò:
“stai buttando via un’opportunità… te lo dico io cosa ti spaventa: la paura del fallimento. Ma non arriverai da nessuna parte così” obiettò gesticolando animatamente.
“ha parlato la donna realizzata” la interruppe sarcastico, tornando ad appoggiarsi contro lo schienale.
“fa meno il saccente. Anche io ho avuto momenti in passato in cui avrei voluto tirarmi indietro, farmi proteggere da quel senso di tranquillità che deriva dal non mettersi mai in gioco. Ma il fallimento è fondamentale se vuoi migliorarti e questo concerto è l’opportunità per capire i tuoi limiti”
Castiel sembrava non dedicarle eccessiva attenzione, ma non aveva fatto altri commenti e tanto bastò ad Erin per proseguire:
“ricordo una volta, da piccola, quando facevo ginnastica artistica in cui avrei voluto scappare via davanti a tutti durante un saggio…”
L’incipit di quell’aneddoto sembrò calamitare l’attenzione dell’amico che spostò finalmente lo sguardo sulla narratrice.
 
Una bambina con un tiratissimo chignon era in piedi, in disparte dal resto delle sue compagne. Continuava a sistemarsi l’attillato body, come unica distrazione per la solitudine a cui l’aveva costretta il resto del gruppo. Sin da quando era passata alla ginnastica agonistica, la piccola Erin aveva faticato non poco ad inserirsi. Le altre bambine e ragazze erano più spavalde e determinate di lei, che finiva per restare sempre in disparte, isolata. Il suo talento in quello sport non l’aveva certo avvantaggiata, anzi aveva concorso ad attirare su di sé invidie e antipatie.
Sollevò lo sguardo sugli spalti, dove vide sua madre che le sorrideva dolcemente e suo padre che la fissava attraverso il monitor della videocamera. Nonostante il conforto derivato dalla vista di quelle due figure, era un’altra quella che Erin ricercava. Appena Sophia si accorse di essere osservata, cominciò a sbracciarsi entusiasta e urlando parole che la gemella non riuscì a sentire. Erin le rispose con un timido cenno.
Oltre al balletto di gruppo, l’insegnante le aveva assegnato un esercizio individuale sulla trave, incarico di cui si facevano peso solo le ginnaste più preparate.
“visto che cadrai sicuramente Erin, cerca di non urtare contro la trave. Potresti farti male” malignò Ebony, una sua compagna. Quest’ultima era la migliore ginnasta del gruppo, fino all’arrivo di Erin. Nonostante la bambina avesse due anni in meno, era molto più agile e veloce di lei.
Per la maestra non era stato difficile scegliere a chi affidare l’esercizio alla trave.
Un’altra ginnasta, che chiamavano Pony ridacchiò e aggiunse:
“fossi in te non mi presenterei neanche”
Il volto di Erin diventò paonazzo e sentì che le lacrime cominciavano ad offuscarle la vista. Se al suo posto ci fosse stata la gemella, avrebbe risposto per le rime a quelle antipatiche ma lei, per quanto lo desiderasse, non era Sophia.
La maestra la chiamò.
Toccava a lei.
Suo padre le puntò la telecamera contro ma Erin non si mosse dalla panchina. Cominciò a fare cenni di diniego con il capo mentre l’insegnante la fissava dapprima perplessa poi contrariata.
Dagli spettatori cominciò a levarsi un brusio. Non era difficile immaginare cosa stesse dicendo l’insegnante.
La piccola ginnasta rimaneva impalata sulla sua posizione, mentre le sue compagne ridacchiavano alle sue spalle.
Nell’ambiente era calato il silenzio più totale finché si udirono dei passi affrettati ed Erin avvertì distintamente la voce di sua madre che chiamava:
“SOPHIA!”
Alzò lo sguardo e vide la gemella che quasi rotolava giù dalle scale per avvicinarsi agli spalti, portandosi a pochi metri da lei.
“Erin lo so che puoi farcela! Non mi deludereeee!!”
“m-ma  cadrò” obiettò Erin che in quel momento notò la presenza di un foglio grande che la sorella brandiva tra le mani.
“se cadrai ti rialzerai” la liquidò Sophia “guarda cosa ho fatto per te” mostrò la bambina, esibendo orgogliosa un disegno che ritraeva la gemella con la medaglia olimpica. Tra la platea si diffuse un mormorio divertito di fronte a quella tenera coppia di bambine.
Erin sorrise, incoraggiata dalla sorella che non si staccò dalla sua posizione. Sophia rimaneva lì sulla ringhiera degli spalti, aggrappata come una scimmietta.
Emanava un’energia positiva che investì anche la piccola ginnasta.
Quest’ultima uscì dalla penombra della panchina e si diresse a testa alta verso la trave, lasciandosi alle spalle i commenti circostanti.
Salì con agilità e iniziò l’esercizio. La prima piroetta venne eseguita perfettamente e questo allentò un po’ la tensione. Tuttavia cominciò a insidiarsi subito il tarlo dell’insicurezza: era la sua primissima esibizione da solista in pubblico. Inevitabilmente si innervosì e nel salto successivo portò il bacino troppo in avanti così quando cercò di riatterrare sulla trave, uno dei due piedi non trovò l’appoggio, facendola cadere a terra.
Dalla folla si levò un “oooh” dispiaciuto ma la ginnasta lo ignorò.
Ecco, ora che era caduta si era resa conto che non era poi così grave.
Si sarebbe semplicemente rialzata, come aveva detto Sophia.
Ritornò subito sulla trave e senza indugi completò l’esercizio, tornando a toccare il suolo con un’ultima bellissima acrobazia. Mentre faceva un leggero inchino sentì esplodere gli applausi e sollevando lo sguardo, rimase sbigottita nel constatare che il pubblico si era addirittura alzato in piedi.
Non era mai successo con le esibizioni precedenti.
Sophia le sorrideva complice e per la prima volta in vita sua, Erin si sentì orgogliosa di se stessa.
 
“se ce l’ho fatta io a esibirmi su una trave quando ero bambina, tu sei abbastanza grande da poter salire su un palco”
“non è la stessa cosa” protestò debolmente il ragazzo, poco convinto della solidità della sua obiezione.
Erin sorrise, cogliendo la sua insicurezza e si allungò posandogli una mano sul ginocchio.
Lei non se ne accorse, ma Castiel rimase turbato da quel delicato contatto. Guardava quelle dita sottili appoggiate sulla sua gamba come se fossero qualcosa di totalmente estraneo alla sua esperienza. Spostò allora lo sguardo su Erin che, soddisfatta di aver calamitato l’attenzione, sorrise dolcemente:
“non sto dicendo che la vostra performance sarà sicuramente impeccabile, ma che se non lo sarà, io sarò lì a sostenerti”
Erin lo guardava in modo così tenero che Castiel rimase spiazzato. Distolse lo sguardo, temendo che il volto tradisse le emozioni che vorticavano violentemente in lui. In quei momenti lei riusciva a farlo sentire così importante, così prezioso, toccando dei tasti con una delicatezza tale da farlo sentire in imbarazzo. Non aveva mai avuto un’amica così. Forse nemmeno Nathaniel era riuscito a suscitare in lui quel genere di sensazioni. A quel punto allora, nel rosso sorse una domanda: e se era come sosteneva Lysandre? Che si stesse davvero innamorando di Erin?
Appena materializzò quel dubbio, subito lo allontanò con convinzione. No, non poteva essere. Era solo colpa di quella particolare atmosfera che si era creata e soprattutto di Lysandre e dei suoi discorsi idioti.
“ci credo che sei molto legata a tua sorella” commentò d’un tratto, per distrarre sé stesso dai suoi pensieri.
Erin incrociò le gambe e replicò con una triste dolcezza:
“è per questo che mi manca così tanto”
Castiel rimase in silenzio finendo la sigaretta che spense contro la superficie della panchina e replicò:
“Nathaniel cosa ha detto quando gli hai parlato di lei?”
Vide gli occhi di Erin accendersi di un iniziale sconcerto, per poi abbassarsi, quasi tradissero una sorta di senso di colpa:
“sei l’unico a cui l’ho detto finora. Non voglio che lo sappiano altre persone, nemmeno lui, anche se è il mio ragazzo”
“perché proprio io?”
“perché sei il mio migliore amico”.
 
“Violet dovrebbe arrivare da un momento all’altro” commentò Erin nervosamente guardando l’orologio al lato della piazza. Non aveva mai frequentato prima Violet fuori dalla scuola e non ne conosceva le abitudini ma sperava che essere in ritardo non rientrasse tra queste ultime.
“non preoccuparti” la rassicurò Nathaniel, sedendosi su una lastra accanto ad una colonna del museo. Quel pomeriggio aveva un look casual, con una felpa con il cappuccio e un paio di jeans. Erin lo squadrò compiaciuta e il biondo, accortosi di quello sguardo indagatore, arrossì leggermente:
“che hai?”
La ragazza si avvicinò a lui, sorridendo teneramente:
“non sono abituata a vederti così informale. Ti preferisco così” confessò, stampandogli un bacio in bocca.
Passarono un paio di minuti a baciarsi e a sussurrarsi parole dolci finché sentirono dei passi e videro Violet a pochi metri da loro. Erin si alzò e le sorrise, andandole incontro.
Dall’orlo della giacca dell’artista, spuntava un’adorabile gonna a pois.
La condusse verso Nathaniel che sfoderò il migliore dei suoi sorrisi. La sua ragazza l’aveva preparato psicologicamente a quell’incontro, confessandogli la tenera timidezza dell’amica che la ostacolava nell’aprirsi alle persone.
“è solo introversa, ma sono sicura che la conquisterai” lo aveva rassicurato Erin con ottimismo.
“sembra che tu voglia presentarmi tua madre” aveva replicato il ragazzo facendola sorridere.
Erin passò velocemente alle presentazioni e poi si rivolse all’artista:
 “allora Violet pronta? Ho letto che è previsto lo sconto per noi studenti” la accolse Erin.
“mi sembra una bella cosa” sussurrò timidamente la ragazza.
 
Il trio cominciò a farsi strada tra i saloni. La mostra era incentrata sulle opere di Van Gogh e Nathaniel si impegnò a fare da cicerone alle due ragazze.  Violet rimase sorpresa e affascinata dalla cultura del ragazzo, al punto da azzardare a fargli qualche domanda. Il biondo si lusingò per quell’attenzione e seppe sciogliere i suoi dubbi, mentre Erin li guardava sollevata. L’uscita non poteva prendere una piega migliore. Era talmente rincuorata per il successo di quell’incontro che quasi non ascoltava il biondo. Lo ammirava mentre parlava con passione, illustrando dettagli dei quadri e formulando opinioni che forse solo uno studente universitario poteva maturare.
Si avvicinarono alla vera attrazione della mostra, recapitata direttamente dal MOMA di New York: la notte stellata. Quel capolavoro sarebbe rimasto al museo di Morristown appena due settimane per poi tornare alla sua legittima e ben più famosa sede.
“è meravigliosa” sussurrò Violet estasiata.
“se la guardi da distante i colori si fondono e sembra ancora più bella” commentò Erin.
“no. Devi guardarla da vicino per apprezzarla” la contraddisse l’artista “perché così puoi apprezzare le pennellate maniacali, l’accostamento di colori così diversi eppure così…”
“armonici” commentò una voce alle loro spalle.
I tre si voltarono e si trovarono di fronte Lysandre.
“che sorpresa! Anche tu qui!” commentò felice Erin. Quella giornata non poteva evolvere in modo migliore.
Il ragazzo sorrise educatamente e spiegò:
“non potevo perdermela. A quanto pare anche voi avete cambiato idea”
Erin annuì e guardando oltre le spalle del ragazzo chiese:
“sei da solo? Perché altrimenti potresti unirti a noi”
“mi dispiace, ma non sono solo” smentì Lysandre, deludendo le aspettative dell’amica “ma grazie comunque. Continuate a godervi la mostra”
E dopo essersi congedato in modo teatrale, il ragazzo si avvicinò ad una donna.
L’abbigliamento e il portamento non ingannarono Erin. Era proprio una donna. Probabilmente dell’età di sua zia Pam se non più vecchia di qualche anno.
“quella è…” cominciò, cercando di ricordare il nome che aveva pronunciato Rosalya settimane prima.
“Emma” completò Nathaniel per lei.
Videro i due confabulare e la donna voltarsi nella loro direzione. Erin si irrigidì, mentre Violet abbassò il capo. Nathaniel invece continuò a osservare la scena. Rosalya gli aveva raccontato della crisi in atto all’interno di quella coppia e la faccia scura di Emma non prometteva nulla di buono.
La donna cominciò a gesticolare animatamente, mentre Lysandre voltava il capo da un’altra parte, scocciato. Quel gesto la irritò e portò la sua mano sul mento del ragazzo, costringendolo a guardarla. Quella veemenza lo innervosì e la allontanò in malo modo, aggiungendo qualcosa che, a giudicare dal volto di Emma, doveva averla ferita nel profondo. Inspirò profondamente e gli tirò uno schiaffo in pieno viso per poi allontanarsi  a grandi passi, lasciandolo lì, da solo nella grande sala.
Erin, Nathaniel e Violet, basiti per quella scena, si voltarono di scatto, fingendo di osservare “la notte stellata” e sentirono alle loro spalle i passi del loro amico che abbandonava il locale.
“devo andare da lui” esclamò Erin, incapace di trattenersi.
Lysandre era sempre così gentile con lei che non riusciva a ignorare quanto fosse accaduto. Probabilmente avvicinarlo nel tentativo di consolarlo non era un’idea geniale ma nel dubbio preferì accertarsene. Nella peggiore delle ipotesi si sarebbe limitata a tornare dal suo ragazzo e dalla sua amica.
 
Trovò il poeta all’esterno, seduto su una panchina del parco del museo. Il vento freddo gli sferzava il viso e il collo lasciato scoperto. Un po’ per l’eccentricità dell’abbigliamento e un po’ per la pelle delicata e pallida, Lysandre sembrava proprio un giovane nobile dell’Ottocento rimasto intrappolato in un viaggio nel tempo.
“prendi la mia sciarpa Lys, ti verrà il mal di gola e in quanto vocalist non puoi permettertelo” gli disse Erin, porgendogli la sua lunga sciarpa. Il ragazzo sorrise e commentò:
“questo nobile gesto si addice ad un cavaliere verso una dama, non il contrario”
“tu accetta il dono senza fare storie che io ho il giubbotto già bello pesante” lo liquidò Erin, sedendosi accanto a lui.
Rimasero in silenzio, entrambi consapevoli che quello stallo poteva protrarsi per un tempo indefinito. Erano a metà novembre e l’inverno alle porte. Gli alberi erano completamente spogli rendendo il paesaggio un po’ malinconico.
“è vero che neanche tu vuoi esibirti al concerto del liceo?” annunciò Erin d’un tratto.
Lysandre la guardò perplesso e ripetè:
“concerto?”
Forse non era quello l’argomento che si aspettava di dover affrontare con la ragazza o forse non ne era davvero al corrente.
“sì quello del liceo. Era scritto sul giornalino. Non ne avete parlato durante il pranzo in questi giorni?” indagò Erin che per tutta la settimana aveva pranzato con il suo Nathaniel.
“no non me ne ha parlato nessuno. E comunque il giornalino l’ho perso prima di trovare il tempo per leggerlo”
Erin si grattò il sopracciglio, irritata dalla piccola bugia di Castiel, e spiegò:
“a me risulta che Castiel te l’abbia detto e la tua risposta sia stata che non vuoi partecipare”
“se ti ha raccontato questa menzogna, devo supporre che nemmeno lui ci tenga ad esibirsi”
“lascia perdere quello che pensa lui! Lo convincerò io” lo rassicurò, portandosi una mano sul petto “ma tu piuttosto: cosa ne pensi? Lo faresti?”
“perché no. Visti gli eventi precedenti organizzati dalla scuola si tratterà sicuramente di una cosa ben organizzata”
“dici sul serio?” replicò Erin entusiasta.
“altrochè. Per queste cose la nostra scuola non bada a spese. Del resto è anche un modo per farsi pubblicità per le future iscrizioni”
“se mi dici così, allora dovete assolutamente partecipare!” esclamò Erin, balzando in piedi.
“Castiel dovrebbe saperlo visto che quando eravamo in prima ne avevano organizzato uno simile” la informò Lysandre “poi però ci sono stati dei problemi organizzativi e la preside non ne ha più voluto sapere. Per fortuna il tempo attenua ogni ricordo ed evidentemente in questi anni le è passata l’arrabbiatura per ciò che era successo”
“e di preciso cosa?” indagò Erin.
“le solite cose: persone ubriache e un po’ fatte, strumenti rubati…”
“non mi sembrano cose tanto normali” obiettò Erin.
“in una scuola grande come la nostra e con il materiale che mette a disposizione ti assicuro che non è tanto strano. In quell’occasione l’evento richiamò gente anche da altre scuole e il liceo si trovò ad ospitare molte più persone del previsto. Le esibizioni tuttavia furono piuttosto deludenti: partecipò solo il club di musica e purtroppo, per quanto sublime, non tutti possono apprezzare la musica classica. Annoiati gli studenti hanno cominciato a procurarsi roba da bere e altro e consumare il tutto all’interno del perimetro della scuola. Quando alle due di notte è finito tutto, erano sparite tre chitarre, una tastiera e i tom tom della batteria”
Erin era rimasta senza parole. Non immaginava la piega che potessero prendere quel genere di eventi, dal momento che erano organizzati dalla scuola.
“comunque questa volta all’organizzazione dell’evento partecipano anche Miss Joplin e  Miss Robinson, sono due professoresse molto in gamba” annunciò Erin.
conosco Miss Robinson, ce l’ho anche io. Sì, in effetti con lei nel comitato organizzativo potrà venire fuori qualcosa di interessante. Ma immagino che avranno coinvolto anche Patterson, il professore che segue il club di musica. E’ una persona vecchio stampo, odia le novità e vorrebbe che le cose fossero sempre fatte con un certo rigore. Spero che le due professoresse non lo assecondino”
“ti assicuro che Miss Joplin non è una che che asseconda gli altri” dichiarò Erin, pensando alla sua insegnante preferita.
Lysandre sorrise, senza aggiungere altro mentre l’amica tornò a sedersi accanto a lui.
“mi hai seguita per dirmi questo? Chiedermi del concerto?”
“beh, questa è sicuramente una cosa a cui tengo molto. Sai, vorrei tanto che il vostro talento venisse allo scoperto”
“il nostro, o quello di Castiel?” indagò Lysandre.
Erin rimase senza parole, osservando confusa l’amico. Che domanda. La risposta era ovvia.
Ma quell’obiezione di Lysandre la costrinse a pensare che non lo era quanto pensava e riflettendoci ammise a se stessa che era soprattutto per Castiel che si dava tanta pena.
“hai un buon orecchio Erin, quindi dovresti sapere che, anche se ho una bella voce, non è niente di che” e prima che Erin lo interrompesse, Lysandre proseguì “ma del resto non ho l’ambizione di diventare un cantante. Sono stato solo un ripiego dopo che Nathaniel è uscito dal gruppo. Lui sì poteva sfondare e infatti c’ha provato” considerò il poeta “tuttavia, se parliamo di talento, nel nostro gruppo c’è una persona che ne ha sempre avuto più di tutti: Castiel… e le canzoni che riesce a comporre…diamine…è un genio ma è anche così idiota da non accorgersene!” sospirò Lysandre con un misto di esasperazione e rassegnazione.  
Quel discorso aveva colpito profondamente Erin.
Le parole di Lysandre testimoniavano tutta l’ammirazione e la stima per l’amico. Ogni volta che, durante i loro ritrovi del venerdì sera, i suoi amici si complimentavano con il chitarrista per la qualità delle sue musiche, quest’ultimo minimizzava o scrollava le spalle, come se non fosse convinto della sincerità di quelle parole. Raramente aveva riconosciuto di essere soddisfatto della sua opera e in un’occasione, tempo addietro, aveva commentato di sentirsi particolarmente ispirato. Dopo aver pronunciato quella frase, Erin si era accorta che il musicista aveva spostato lo sguardo su di lei e quella situazione l’aveva messa a disagio, anche se sapeva che si era trattato solo di un caso.
“dobbiamo assolutamente farvi esibire, farvi conoscere!” esclamò Erin d’un tratto, balzando in piedi per la seconda volta.
Lysandre alzò gli occhi verso la ragazza che lo fronteggiava e il suo tenero sorriso assunse una piega amara:
“così dicendo mi fai venire in mente una persona Erin… e purtroppo non è un ricordo piacevole”
La mora rimase spiazzata, quasi ferita e decisamente confusa poi ricordò le parole di Castiel: era stata la sua ex ad incentivarlo a sfondare come musicista ed a spronare la band, trovando loro un ingaggio.
“Debrah” mormorò tra sé e sé.
Lysandre annuì, consapevole del fatto che Castiel aveva parlato ad Erin della sua ex.
“ma diversamente da lei, di te sento che mi posso fidare” ammise il ragazzo.
Erin gli sorrise, rimanendo in piedi davanti a lui.
“non c’è altro che vuoi dirmi Erin?” indagò per la seconda volta Lysandre.
“beh… in realtà…” tentennò la ragazza, ricordando il vero motivo che l’aveva spinta a seguire Lysandre.
“mi dispiace ma non ho potuto fare a meno di notare quello che è successo prima con Emma. Volevo solo chiederti come stai…”
Di fronte all’espressione preoccupata e a disagio della ragazza, il poeta non potè che intenerirsi.
“non preoccuparti. Con lei era finita da tempo. Ormai bastava un niente per litigare. In realtà sto meglio adesso che dieci minuti fa”
“sono contenta di sentirtelo dire” ammise Erin sollevata.
“sai, credo di essermi avvicinato a lei perché aveva un modo di fare molto materno”
Quella strana considerazione spiazzò Erin che sul momento non seppe come commentarla.
“forse uno psicologo direbbe che è stato un modo per compensare la mancanza di mia madre”
Erin spalancò gli occhi, perpetuando il suo mutismo che ora era giustificato dallo shock:
“pensavo che Rosa te l’avesse detto” replicò asciutto, invitando l’amica a tornare seduta accanto a lui, che ubbidì senza fiatare “io e mia sorella non abbiamo mai conosciuto i nostri genitori e viviamo tutt’ora con i nonni materni”
“mi dispiace Lysandre, non lo sapevo”
“ah, non preoccuparti”
“non ne senti mai la mancanza?”
“per sentire che ti manca qualcosa, devi prima conoscere la sensazione di avere quel qualcosa” rifletté il poeta “e io non so cosa significhi essere figlio di qualcuno. So solo cosa significhi essere un nipote”
Quelle parole avevano intristito enormemente Erin. Non immaginava che dietro il sorriso gentile di Lysandre e il carattere forte di Rosalya si celasse un passato così triste. Lei invece poteva contare sull’amore incondizionato dei suoi splendidi genitori, premurosi e affettuosi. Anche ora che era lontana da loro, la chiamavano tutte le settimane, insistendo talvolta per andare a trovarla.
“sai, in un certo senso il fatto di avere un rapporto problematico con i genitori è sempre stata una cosa che ha accumunato noi, che ci definivano il club dei disaddattati” sorrise Lysandre.
“come sai Castiel è legalmente emancipato, io e Rosalya non abbiamo mai conosciuto i nostri genitori, il padre di Alexy e Armin non ha ancora accettato del tutto la diversità di suo figlio, il padre di Leigh è morto quando lui era piccolo mentre quello di Nathaniel…”
“ah sei qui. Ti avevamo dato per dispersa”
Erin si voltò di scatto, vedendo sopraggiungere il suo ragazzo seguito da Violet.
Il dialogo con Lysandre le aveva fatto completamente dimenticare dei due e si sentì in colpa per questo.
“scusate. Il fatto è che parlare con Lysandre è sempre così piacevole…” si giustificò la ragazza, grattandosi la guancia. Nathaniel le sorrise e commentò:
“allora che dite? La finiamo questa mostra?”
 
Il sole era già sceso all’orizzonte quando i quattro ragazzi uscirono. Nonostante le insistenze di Erin e Nathaniel per riaccompagnare a casa Violet, la ragazza aveva ribadito che preferiva camminare. Desiderosa però di trascorrere più tempo con la sua amica, Erin aveva proposto di accompagnarla a piedi per poi tornare a recuperare la macchina del biondo. Ai tre si unì Lysandre che intraprese una conversazione con Nathaniel, mentre la mora poteva finalmente parlare anche con Violet:
“allora? Cosa ne pensi di Nath?”
La timida artista sembrava piuttosto dubbiosa ed Erin si affrettò a precisare:
“sii sincera, come lo sei stata l’altra volta. Ti prometto che, qualunque cosa dirai, ti ascolterò senza aggredirti. In quell’occasione ho sbagliato io, quindi ti prometto che non ripeterò lo stesso errore”
Rassicurata da quelle parole, l’amica ammise:
“è molto premuroso. Credo che ti adori Erin. Ci sono dei momenti in cui tu non lo stai guardando e lui ti fissa in modo talmente dolce che è quasi commovente”
Erin arrossì, sorpresa da quell’informazione. Spostò lo sguardo verso il biondo che camminava davanti a lei, affiancato da Lysandre e ne intuì dal profilo, gli occhi espressivi, i capelli chiari, la bocca sottile. Amava vederlo gesticolare come faceva in quel momento. Gli sembrava un uomo, non un ragazzo di diciotto anni.
“e a quanto pare anche tu guardi lui allo stesso modo” concluse Violet.
Erin si voltò sorpresa, arrossendo.
“forse il mio giudizio è stato solo affrettato Erin. Non conoscevo Nathaniel di persona e non ti avevo mai vista con lui. Siete carini insieme”
La gioia le schizzò alle stelle, e incapace di contenere la trepidazione, Erin abbracciò con foga l’artista che dal canto suo diventò paonazza.
“che combinate voi due?” le richiamò divertito Nathaniel. Erin trotterellò verso il suo ragazzo e lo prese a braccetto.
“allora? Voi di cosa avete parlato?” chiese raggiante, ignorando la domanda che le aveva posto il ragazzo e facendo cenno a Violet di raggiungerla.
Era troppo felice che quest’ultima avesse approvato la sua scelta.
“Lysandre mi stava dicendo del concerto. Finchè Castiel non si convince a partecipare, non se ne fa nulla”
“ma noi lo convinceremo!” s’impuntò Erin, sbattendo la mano destra chiusa a pugno contro il palmo dell’altra.
“meglio se lasci perdere” la smontò Lysandre.
“perché?” chiese Erin sorpresa.
“Castiel è molto insicuro, almeno per quanto riguarda la sua musica” rispose Nathaniel, al posto del poeta “solo una persona è riuscita a convincerlo a salire sul palco”
“Debrah” pensò Erin, ma si cucì le labbra.
Anche se era stato il suo ragazzo a nominarla implicitamente, non voleva correre il rischio che rinvangando quell’argomento scoppiasse nuovamente una lite tra di loro. Eppure in lei non era ancora sopita la curiosità e la necessità di scoprire come fossero realmente andati i fatti.
“se lo forzi a esibirsi, si arrabbierà di brutto” ragionò Lysandre, deludendo Erin. Sperava che il poeta fosse dalla sua parte e l’avrebbe aiutata a convincere l’amico.
“finchè si tratta di fare una rappresentazione teatrale, non ha fatto tante storie: del resto non gliene importa nulla della recitazione, la prende per un gioco in cui non vale neanche la pena impegnarsi più di tanto… se anche fa brutta figura, può sempre buttarla sul ridere… ma con la musica è diverso: è il suo mondo. La prende molto seriamente, si impegna e come tutte le cose in cui ci metti l’anima, esporti al giudizio degli altri ti rende vulnerabile alle critiche e alle umiliazioni” spiegò Lysandre.
Erin rimase in silenzio, mentre Violet la guardava di sottecchi. D’accordo che i due ragazzi conoscevano meglio il rosso di quanto non lo conoscesse lei, però non potevano essere così sconfitti in partenza. Quell’evento era troppo importante per tutti: sarebbe stato un pretesto per far conosce la musica di Castiel, i testi di Lysandre e far reintegrare Alexy alla batteria.
“forse siete solo troppo negativi” s’intromise Violet, sorprendendo tutti “io ho molta fiducia in Erin e sul fatto che possa convincere Castiel”.
La ragazza si commosse e per la seconda volta, lanciò le braccia al collo all’amica. Non era mai stata prima così espansiva però con Violet sentiva il bisogno di esplicitare anche con i gesti tutto il suo affetto.
Nathaniel e Lysandre si limitarono a sorridere, sperando nell’ottimismo dell’artista.
 
Una volta arrivati davanti al negozio di dolciumi, Lysandre si prese l’incarico di accompagnare lui Violet per i resto della strada, evitando a Nathaniel ed Erin di allungare ulteriormente il tragitto. Il quartetto allora si dimezzò e rimasta sola, la coppia tornò sui suoi passi, dirigendosi verso il museo dove aveva lasciato la macchina. Nathaniel la prese per mano e rabbrividì leggermente:
“hai le mani ghiacciate”
“eh lo so, scusa”
Nathaniel sorrise e, senza mollare la presa, portò la mano della ragazza nella tasca del suo cappotto. L’interno era foderato con un materiale morbido e caldo ed Erin si beò di quella piacevole sensazione.
“non posso mettere anche l’altra mano?” scherzò.
Passarono di fronte al teatro e il ragazzo le chiese se stava studiando per la parte nella recita.
“sì, non è difficile. I dialoghi sono pochi”
“spero che al termine della rappresentazione mi concederai un autografo” riconobbe il ragazzo.
“dovresti parlare con il mio agente” si pavoneggiò Erin, dandosi arie da gran diva.
Rimasero per un po’ in silenzio, poi la ragazza esclamò:
“Ambra come sta?”
Nathaniel si sorprese leggermente e rispose:
“si comporta normalmente. Sgarbata e di cattivo umore. Adesso ha un’insegnante privata che la segue”
“e con i compiti come fa? Voglio dire, come fa a stare al passo con il nostro programma?”
“beh, visto che siamo entrambi in C, le ho passato il mio materiale dell’anno scorso anche se in effetti è un problema il fatto che non sia identico. Ma del resto Charlotte non si è fatta viva e mia sorella è troppo orgogliosa per chiederle cosa state studiando”

Di fronte al silenzio della sua ragazza, dopo un po’ Nathaniel chiese:
“a che pensi?”
“sinceramente non mi sorprende quello che mi hai raccontato. Charlotte non sembra particolarmente avvilita per la sospensione di Ambra” ammise Erin, addolcendo il fatto che la ragazza a contrario sembrava godere della punizione della bionda “e ho immaginato che tua sorella avrebbe avuto qualche difficoltà senza nessun riferimento sul nostro programma… e quindi stavo pensando che potresti passarle i miei appunti”
Nathaniel rimase senza parole, poi riconobbe:
“è molto gentile da parte tua, ma non li accetterà mai da te”
“lo so è per questo che non le dirai che te li ho dati io. Dì che sono da parte di… Kelly Bray” ragionò Erin, pensando alla persona che potesse risultare più credibile.
Nathaniel era ancora impressionato dalla premura della sua ragazza ma acconsentì di buon grado. Sorrise e avvicinandosi al viso di Erin disse:
“sei troppo buona” e la baciò con passione.
“solo perché è tua sorella” minimizzò lei e tornò a posare le sue fredde labbra su quelle del ragazzo.
 
Pam era seduta in cucina, con lo schermo del pc che le illuminava il viso mentre la penombra della stanza lasciava al buio ogni altra parte del suo corpo. Accanto a lei c’era un plico di carte con riportati leggi e codici. Digitò il nome della sua banca e aprì il sito. Dopo aver effettuato l’accesso alla sua area personale, inserì i codici segreti richiesti, riportati su uno dei fogli che teneva accanto a sé e visualizzò il proprio conto corrente.
Come se il segno meno davanti al numero non fosse abbastanza, il colore rosso del carattere sottolineava la sua situazione economica.
Amareggia effettuò il log out e spense il pc.
 
 
 
 
 
 
 
NOTE (INFINITE) DELL’AUTRICE:
Devo innanzitutto ringraziare ManuGreen per i consigli sul regolamento del basket^^) non sono assolutamente ferrata in materia ma l’aver scoperto un’addetta ai lavori mi sarà di grande aiuto per evitare di scrivere incongruenze su questo sport in futuro (differentemente dalla protagonista, io cerco di documentarmi). La domanda di Erin per esempio era uno dei miei dubbi e probabilmente me ne sorgeranno altri in futuro… Manu, tieniti pronta!
 
Anche in questo capitolo un altro pezzo del passato Erin-Sophia. Come avrete ormai capito il passato di quasi tutti i miei personaggi (tranne Sophia) è stato caratterizzato da momenti difficili vuoi per la situazione familiare (come nel caso di Nathaniel, Lysandre…) o per la scarsa autostima (Erin) o per entrambe (Castiel). Diciamo che in questo senso ho risentito molto dell’influenza di uno dei pochi shonen che leggo che è Naruto ^^) di cui adoro certe frasi e scene “ad effetto”.  Mi piace molto fare un confronto tra i personaggi da bambini e vedere come sono cambiati crescendo (per chi conosce la trama, diciamo che per Erin da bambina mi ispiro vagamente alla piccola Hinata XD mentre Sophia vorrei che avesse lo spirito combattivo del protagonista di questo manga :D).
In questo capitolo ci sono state alcune parti piuttosto cariche di emozioni, direi “più serie” rispetto alla comicità del precedente. Per esempio la scena in cui Erin confessa a Castiel di considerarlo il suo migliore amico rappresenta un passo molto importante della storia… ci sarebbe da discutere come lui veda (realmente) Erin… e in effetti in questo capitolo almeno lui comincia a farsi qualche domanda a riguardo…
 
Una parte che spero vi sia piaciuta è questa:
 
“ […] tuttavia, se parliamo di talento, nel nostro gruppo c’è una persona che ne ha sempre avuto più di tutti: Castiel… e le canzoni che riesce a comporre…diamine…è un genio ma è anche così idiota da non accorgersene!” sospirò Lysandre con un misto di esasperazione e rassegnazione.  
 
Non so perché ma è una frase che mi piace molto (perdonate l’autocompiacimento), sarà perché mi sto affezionando a Lysandre ^^)(….un altro po’ e supererà quel testone di Castiel o l’affascinante Nathaniel) . Il poeta ha molte sfaccettature e quello che volevo che vi arrivasse in questo caso era la sua stima per il talento dell’amico.
 
Altra cosa che ritengo di dovervi sottolineare: i miei personaggi hanno dei genitori, alcuni dei quali sono già saltati fuori (la dolce mammina di Nath) e altri che verranno… ma sono diversi da quelli disegnati e pensati da ChiNoMiko. Quindi se le descrizioni non vi tornano, sappiate che li ho volutamente stravolti ;)
 
Cos’altro dovevo dirvi? Ah sì…come avrete (credo) notato il rating della mia storia è aumentato… di nuovo -.-‘’(se non sbaglio, agli inizi l’avevo pubblicata con il verde!). Il fatto è che mi sono cimentata nella scrittura di alcune scene “hot” … e pensate che quando ho cominciato questa storia in aprile ero convinta che non sarei mai riuscita a scriverle invece boh… ci ho voluto provare… e al termine del primo tentativo, mi sono resa conto che la mia passione per i dettagli mi aveva portato di fronte a un bivio: o “censuro” queste scene, trattandole in modo più implicito e sommario, oppure aumento il rating e le lascio così. Alla fine ho scelto quest’opzione anche se ora come ora non so quanto in là e fino a dove posso spingermi … mi farò un’idea leggendo storie di altri autori che hanno molta più esperienza, talento e maturità di me ;).
Non mancano molti capitoli prima che possiate leggere la prima che, in base alle vostre recensioni e (spero) consigli, mi servirà come bussola per orientarmi nelle (eventuali) future scene… se scrivere le parti comiche mi viene abbastanza naturale, sappiate che per le parti più mature e spinte sono molto più in difficoltà… beh, mi saprete dire quando arriverà il momento di pubblicare il capitolo incriminato;).
 
Che dire, sono passati 23 capitoli che corrispondono a più di un mese nella storia… d’ora in poi darò un’accelerata (nel senso che nella storia cominceranno a passare i giorni, non le ore XD) per arrivare ad una parte piuttosto carica di eventi che comincerà con il concerto e si chiuderà con… beh lo vedrete… per ora sappiate che avrete ancora mooooooolto da leggere e che non siamo neanche a metà dell’intera fanfiction...onestamente non ho proprio idea di che punto siamo -.-‘’. Il problema è che sono partita con una trama piuttosto semplice ma le idee hanno cominciato a sommarsi, le modifiche ad apportarsi e così ora ho mille eventi da incastrare. Spero di riuscire a completare questo puzzle e che il risultato finale sia buono.
Ok, è tutto.
Alla prossima!
 
P.S. Caspita, avrei dovuto aprire un capitolo solo per queste note  finali -.-‘’
  
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