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Autore: La Mutaforma    29/08/2014    0 recensioni
Quanto poteva essere rassicurante la certezza di essere di nuovo ingabbiato, lontano dallo spazio inconsistente dei suoi incubi?
Quali terribili sogni popolano l’eterno sonno dei morti?
Sospirò e poggiò la fronte alle ginocchia, aspettando che l’eternità volgesse al suo atto conclusivo.

Storia di due prescelti nati sotto la stella della solitudine.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Anghel Higure, Nageki Fujishiro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Nageki? Cosa sono questi fogli?”

Tosaka Hiyoko, in quanto segretaria della biblioteca, si era avvicinata al grande tavolo dove il fantasma era solito sedere e leggere. O forse, si era avvicinata solo in quanto sua amica. Ma per lui era ancora difficile da comprendere.

“Ah, non darci peso” disse, sintetico “Sono di un ragazzo. Viene qui tutti i giorni a disegnare. Deve essere molto distratto, o in buona fede”

“Di chi si tratta?”

“Ha detto di chiamarsi Higure Anghel. Ad ogni modo, c’è scritto il suo nome in fondo al foglio che hai in mano” rispose lo spettro, con un lieve cenno del capo.

La ragazza strinse gli occhi osservando un punto indeterminato del soffitto. Poi il sguardo si aprì e si illuminò.

“Ah! Ho capito di chi parli! Si chiama Akagi Yoshio, credo. È un ragazzo della classe accanto. Un tipo stranissimo, devo dire. Ma molto simpatico. Anche se spesso non si capisce che dice. Ryouta ha stilato una lista di frasi ricorrenti e ha provato ad interpretarle. Magari te ne scrivo una copia, così provi a comunicare con lui”

“Sei gentile, miss Tosaka, ma non penso ce ne sarà bisogno”

Chissà se non sentiva quella necessità perché non aveva alcuna voglia di parlare con quello strano individuo, oppure perché riusciva a capirlo perfettamente.

Hiyoko girò tra le mani i fogli stropicciati, osservando sommariamente i disegni e le vignette scritte con una calligrafia tremante, nell’eccitazione febbrile della sua prorompente creatività.

“L’angelo cremisi di Judecca, Higure Anghel” lesse lei, al termine della pagina, con tono leggiadro. La sua voce fu seguita da un disastro di suoni e vetri rotti.

I due si voltarono verso la finestra, spaventati, e videro chiaramente la figura dello strano ragazzo aggrappato al davanzale della finestra. Schegge di vetro si erano sparse tra i suoi capelli e i suoi vestiti, ma lui non sembrava preoccupato. Si avvicinò con passo fieramente sostenuto a miss Tosaka e spalancò gli occhi per lo stupore.

Si era inginocchiato davanti a lei, con fedeltà quasi religiosa.

“Hai chiamato il mio nome, angelo di fuoco Edel Blau. Giungo a portarti i miei servigi!”

“Ahhh.. Anghel! Quando imparerai che non mi chiamo Edel Blau?”

Il ragazzo si sollevò, stringendo tra le dita fasciate un crocifisso alato che portava al collo. Il suo sguardo, come una freccia, si diresse verso di lui, ma lo salutò solo con un cenno del capo.

Nageki fece lo stesso.

Un allucinato. Ecco cos’era. Almeno così lo aveva descritto Hiyoko. Un folle che parlava con una terminologia improbabile e che dava falso nome, in modo poco educato, doveva ammettere.

Sospirò. Non sapeva se dirsi davvero deluso. Dopotutto, non sapeva cosa si fosse aspettato.

“Non dovresti avere lezione adesso, Anghel?” chiese la ragazza. Lui invece non staccò il suo profondo sguardo indagatore dal fantasma.

“Un ultimo rintocco, Angelo di fuoco, prima dell’eterna disperazione” disse, con tono severo. Prese i fogli dalle mani di Tosaka e si avvicinò a lui. Nageki spostò i suoi occhi da lui, ai fogli, e poi nuovamente su di lui.

“Devo affidarti una gravosa missione, evocatore di stelle. Un miasma tenebroso sta cercando di impedirmi di trascrivere questo racconto epico proibito. Sarebbe troppo rischioso portare con me queste pagine. Questa prigione di ghiaccio è protetta da un incantesimo. E so che tu li custodirai con cura, Textoris

Nageki affrontò il suo sguardo, esitando un istante. Poi raccolse i fogli tra le mani. “Hai la mia parola”

 

Non sapeva cosa lo aveva spinto ad accettare. Ma comunque, non doveva farci molta attenzione. Li aveva lasciati al solito posto. Di tanto in tanto alzava gli occhi dal suo libro –ormai non aveva nemmeno idea di cosa leggesse, si limitava a lasciare che le sillabe di carta e inchiostro gli scorressero davanti– per controllare che fossero ancora lì. Nonostante tutte le stranezze, i disegni di Higure Anghel non sapevano muoversi liberamente.

Ancora.

Quando li prese tra le mani, scoprì che nessuna forza arcana li custodiva. Solo il suo sguardo. E prima ancora di capire perché li stesse sfogliando, si ritrovò a leggerli.

Non era un genere di lettura recuperabile in biblioteca, ma non gli era del tutto ignoto.

Come si chiamavano? …Manga?

Aveva trascorso quella notte ad interpretare quelle traballanti didascalie dai caratteri incerti, e spesso sbagliati.

In quel disastro di matita e inchiostro, riconosceva la stessa confusione dei suoi ricordi lontani, probabilmente irrecuperabili.

Quella notte non ebbe tempo per gli incubi.

 

Il giorno dopo, come si aspettava, Anghel tornò in biblioteca.

Ovviamente, dalla finestra.

Nageki lo guardò con occhi annoiati. “È da incivili entrare nelle stanze in questo modo. Inoltre, così rompi i vetri delle finestre, che sono proprietà della scuola”

Il ragazzo si avvicinò al tavolo e si appoggiò pesantemente con entrambe le mani alla superficie. “È tuttavia l’unico modo possibile per raggiungere questo loco ameno”

Il fantasma sbuffò. Perché doveva essere tutto così illogico? E perché il destino lo aveva condotto in una condizione tale da dover assecondare i fanatismi di un folle allucinato che odia le porte?

“Terrò una finestra aperta. Cerca quanto meno di entrare da quella senza mandare in frantumi le altre”

“Accordato” disse lui, annuendo col capo “Il mio racconto epico illustrato?”

Nageki fece comparire da sotto il libro i fogli del fumettista esaltato. “Ho letto”

“Hai letto?!”                                                                       

“Sì. Non avevo di meglio da fare. Hai fatto parecchi errori di ortografia e in più punti la tua calligrafia risulta incomprensibile e i disegni confusi” si sentì così severo nel commentare così apertamente l’innocente opera di creatività di quel ragazzo sul cui viso cresceva l’agitazione sentendo ogni parola che gli veniva riferita. “Tuttavia” disse infine “l’ho trovato alquanto interessante, come inizio. Spero che tu abbia le idee abbastanza chiare su quello che vuoi scrivere”

Anghel riprese i fogli tra le mani con titubanza e diede uno sguardo sommario a quelle pagine piegate dalle sue dita malferme; rifletteva, contando gli errori.

“…Potrei ricevere la tua disponibilità a leggere oltre?!”

“Hai attirato la mia curiosità” dichiarò lui, brevemente.

Lo studente gettò con violenza i fogli sul tavolo e si piegò in avanti per prendergli le mani tra le sue. D’istinto, Nageki provò a ritrarsi, inutilmente. La sua presa non era violenta, ma solida e decisa, come se fosse più la determinazione che la forza fisica la sua vera energia.

“Da adesso, Textoris, siamo incatenati attraverso le rosse catene del fior di loto! Sarai mio alleato per diffondere la verità attraverso questo poema epico!” disse con calore “Seguirò i tuoi santi consigli per rendere più realistico questo poema di eroi da lungo tempo caduti, in modo che tutti ne vengano a conoscenza!”

Higure Anghel non bisbigliava mai, pensò. Non parlava mai sottotono, né sussurrava. La sua voce non conosceva mormorii: era diretta e decisa, e i suoi discorsi, seppur complicati, non si intricavano mai.

Sapeva esattamente quello che diceva.

Si disse che fosse per questo che, oltrepassando la sua stravaganza, accettò.

 

 

 

   
 
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