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Autore: Em Potter    29/08/2014    2 recensioni
Ho provato ad essere normale, ma mi annoiavo. Ero nata in una generazione poco interessante, in una generazione che non aveva nulla in cui credere e sperare. Ero nata in quella generazione che aveva già tutto, perchè i nostri genitori avevano già fatto tutto. Ovviamente, quando dicevo che avrei voluto una vita più movimentata non intendevo vivere una vita in cui la paura di morire da un momento all'altro o di perdere le persone che ami predominava. Ma la realtà era che mi sentivo così fuori luogo.
“Sei fortunata!” mi rimbeccava mia madre. “Vuoi davvero che qualche altra minaccia tenti di seminare il caos e distruggere ciò che abbiamo creato?”
“Nessuna strana minaccia attaccherà il nostro mondo, mamma. Questo è assurdo!” ribattevo.
... E da quando in qua io avevo ragione su qualcosa?
Genere: Avventura, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dominique Weasley, Hugo Weasley, Lily Luna Potter, Lorcan Scamandro, Lysander Scamandro | Coppie: Lily Luna/Lysander
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Mi dispiace per la grandissima assenza ma ci sono stati non pochi problemucci, adesso ormai risolti. Vi lascio un breve riassuntino delle puntate precedenti: la Preside, sotto il comando di Harry Potter, decide di non raccontare agli studenti la verità sull'aggressione di Halloween a Bellatrix Lestrange, anche se non tutti finiscono per crederci. Intanto, la nostra protagonista, sentendosi in colpa per aver trattato male Lysander dopo che il ragazzo litiga con Cassandra, è decisa a risolvere le cose, ignorando il grandissimo pericolo piombato improvvisamente su Hogwarts. 

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Il Club dei Duellanti. 

Mentre tutti erano occupati attorno a me e mi aiutavano a rimettermi in piedi, notai qualcosa che nessun altro notò: una sorta di ombre scure volanti che colpirono con forza la barriera protettiva che Hogwarts aveva predisposto per la sicurezza degli studenti. Forse per la consapevolezza di aver subito anche un danno in testa a causa della botta sul terreno, decisi che quelle ombre svolazzanti erano solo il frutto della mia immaginazione...

Fu con aria stanca e distrutta che andai a dormire quella sera dopo gli allenamenti, e di certo i mille e fastidiosi pensieri non aiutavano per niente il sonno. Per non parlare del pensiero rivolto al Quidditch: se continuavamo a fare allenamenti così schifosi potevamo venire senza alcun dubbio stracciati dai Serpeverde e dopo quello che era successo a Bellatrix Lestrange non era affatto nei nostri programmi. Fortunatamente, Morfeo mi accolse tra le sue braccia cinque minuti dopo aver poggiato la testa sul cuscino. Testa che ancora mi doleva tantissimo a causa della grande botta che avevo ricevuto quel pomeriggio da parte un Bolide particolarmente violento. Ricordavo di stare facendo un bellissimo sogno (che purtroppo comprendeva anche una testolina bionda di mia grande conoscenza) quando mi sentii scuotere con insistenza. 
Aprii gli occhi e nella penombra intravidi la figura di un uomo, un uomo dalle braccia possenti e che sembrava impugnare tra le mani qualcosa di grosso.   
Sussultai e urlai: « AAAAAH! » dando un potentissimo calcio all'aggressore. Ero convinta che quella figura appartenesse allo stesso aggressore di Bellatrix Lestrange, così mi preparai ad una sorta di lotta all'ultimo sangue. Tentai nuovamente di reagire e di dare un altro calcio al misterioso uomo ma quello che accadde fu che caddi rumorosamente dal letto, finendo per farmi molto male. 
Altro che lotta all'ultimo sangue. Come diavolo si faceva a prepararsi ad una lotta nel bel mezzo della notte? 
« Ehi! » gemette una voce familiare. 
Fu solo quella voce familiare che mi costrinse a restare calma e a non reagire ancora, nonostante i miei riflessi fossero pari a quelli di un bradipo in via di estinzione in quel momento. 
« Rilassati, sono io. Lumos! » 
La bacchetta del presunto molestatore illuminò la stanza, facendo chiarore sul volto lentigginoso di mio cugino Hugo. Per un attimo rimasi inebetita e con la bocca spalancata a fissarlo e a fissare le sue braccia che nella penombra erano sembrate possenti, poi... 
« Ma che diavolo ci fai qui, stronzo? » sbottai, accettando la mano di Hugo. 
Mi alzai con un violento strattone dal pavimento gelido e mi gettai a peso morto sul letto, cercando a tentoni la bottiglina d'acqua che era sul comodino e continuando a fissare i pseudo muscoli di mio cugino. Sarebbe dovuto essere illegale venire svegliata a quell'ora della notte e, soprattutto, e in quel modo orribile. 
E dire che stavo dormendo così tranquillamente. 
« Mi manda Baston. » annunciò Hugo, guardandomi storto mentre si sedeva al capezzale del mio letto. Probabilmente ce l'aveva con me per la faccenda del calcio improvviso, ma non mi biasimai per aver reagito così impulsivamente. 
Insomma, era il minimo che potessi fare. 
« Baston? » ripetei sbalordita, tastandomi il punto gonfio della fronte. « Ehi! Guarda che io non c'entro assolutamente niente con il fruncolo enorme che gli è uscito sopra al naso. Con chi vuole prendersela? » 
Hugo rise, probabilmente al pensiero del grosso fruncolo sul naso del Capitano, il che era veramente buffo, dovevo ammetterlo, ma poi la sua espressione si fece di nuovo seria. 
Brutto segno. 
« No, non hai capito. » mio cugino si scompigliò i capelli con un gesto assonnato mentre io bevevo l'acqua a piccoli sorsi. « Abbiamo gli allenamenti di Quidditch. Al campo. Adesso. »
Spalancai gli occhi e sputai l'acqua con uno spruzzo diretto in faccia a Hugo, che si ritrasse e mi rifilò una bestemmia grossa quanto Grimmauld Place. 
Come sarebbe a dire che ci sono gli allenamenti ADESSO? 
« Stai scherzando, vero? » rantolai, pulendomi la bocca bagnata e insalivata.  
« No. » disse Hugo, sbuffando e strofinandosi faccia sulle mie lenzuola. « Baston è venuto a svegliarmi poco fa, ha detto che abbiamo fatto schifo agli ultimi allenamenti e che se continuiamo così possiamo sognarci la Coppa del Quidditch. Così ha svegliato tutti per correre giù al campo e allenarci... adesso. » 
Spalancai ancora di più gli occhi: Baston era un pazzo. E non un pazzo di quelli normali, ma un pazzo furioso, uno psicopatico! Uno psicopatico da rinchiudere in un manicomio e gettare la chiave nel Lago Nero e sperare che la Piovra Gigante la inghiottisca. Se quello stesso pomeriggio avevamo fatto schifo, quante erano le possibilità che alle cinque del mattino potevamo andare meglio? 
Pazzo e anche stupido, mi correggo. 
« Ma... »
« Muoviti, Lily. » sospirò Hugo, alzandosi dal mio letto e dando una rapida occhiata in giro per assicurarsi di non aver disturbato il sonno delle mie due compagne di stanza. 
« Ma... » ripetei, controllando di nuovo l'orologio. « È prestissimo! Non sono pronta! E tra poche ore abbiamo il Club dei Duellanti... devo essere preparata e... »
« Lily. » scandì mio cugino. « Muoviti se non vuoi ritrovarti lo stemma della Firebolt stampato sul culo. » aggiunse, mostrandomi velocemente lo stemma della Firebolt che probabilmente Baston gli aveva stampato sulla chiappa destra perché Hugo non voleva proprio saperne di svegliarsi.
Oh, mannaggia. 
Deglutii rumorosamente. Fu proprio la vista dello stemma particolarmente elaborato sulla chiappa destra di mio cugino a costringermi a muovermi. Se Baston gli aveva inciso lo stemma della Firebolt sul culo, mi preoccupai esclusivamente del fatto che, dato che il Capitano era un pazzoide e mi detestava con tutto il cuore, potesse direttamente stamparmi tutta la Firebolt su per il culo. Altro che stemma.
Ragion per cui mi preparai velocemente, non curandomi nemmeno del rumore che stavo facendo. Una volta finito, afferrai la mia scopa e scesi in fretta le scale che, come dovevo immaginare, si tramutarono in uno scivolo ripido. 
Io e Hugo finimmo ai piedi di Baston e al resto della squadra, che non faceva altro che sbadigliare o dormire in piedi l'uno accanto all'altro. Perfino McLaggen era meno attivo del solito: infatti, stava sonnecchiando con il capo appoggiato sulla spalla di Remus Jordan, che a sua volta quasi russava.  
« Ah. » fece William Baston, con uno sbuffo incazzoso. 
E ti pareva se non era furioso?
Visto dal basso pareva ancora più minaccioso del solito, con i grossi stivaloni neri (ma che numero poteva portare? Quarantadue?), il polpaccio gonfio e muscoloso dovuto ai tanti allenamenti di Quidditch e il portamento da soldato tedesco. 
« Siete vivi, voi due. » sentenziò il pazzo furioso. 
« Sì, Baston, e sono le cinque e dieci del mattino. » ribatté Hugo irritato, alzandosi da terra e massaggiandosi la chiappa destra senza troppe cerimonie. Mi aggrappai ai calzoni di mio cugino e mi tirai su, priva di forze fisiche e psicologiche. 
« Beh? » replicò il Capitano, che sembrava il più pimpante di tutti, facendo schioccare le nocche. « Tra pochi minuti dovevate svegliarvi per la colazione. »
« Tra due ore... » lo corresse Hugo, con un borbottio.
« Taci, Weasley. » disse seccamente Baston, facendoci strada lungo la Sala Comune. « Forza, muoversi! Sapete quanto manca alla partita? Tre giorni! E dobbiamo assolutamente battere i Serpeverde. Credo che tutti lo vogliate, no? »
« Vogliamo battere i Serpeverde mica allenarci alle cinque del mattino, Baston! » strepitai, con la voce che man mano si era arrampicata sulle note dell'isteria.
« E come lo dice Lily non lo dice nessuno. » ridacchiò Remus Jordan, dandomi una amichevole pacca sulla spalla. 
Baston alzò gli occhi al cielo e disse: « Tacete e portate quei culi mosci in campo! » si avviò verso la porta, e aggiunse: « Potter, un giro di campo in più agli altri, proprio perché mi sembri mezza addormentata. » 
« Sono le cinque e un quarto del matt... » cominciai ma il Capitano mi interruppe. 
« In campo! » 
E campo fu. 

 
***


Non appena finii gli allenamenti alle sette e mezza del mattino, mi precipitai insieme ad Hugo di corsa al tavolo dei Grifondoro per una santa colazione, che in quel momento era l'unica cosa che potevamo mai desiderare in tutta la vita. Nessuno dei due aveva preferito andare a lavarsi, perché dal puzzo che emanavamo avevamo davvero bisogno di una lunga doccia miracolosa, e avevamo spiccato una corsa veloce verso la Sala Grande non curandoci del cattivo odore che probabilmente ci stavamo portando appresso per tutta la tavolata. 
Quando il cibo chiama, chiama. 
Hugo stava già trangugiando due toast quando io mi sedetti sfinita sulla panca accanto a Dominique, che arricciò il naso e fece un leggero colpo di tosse. Mio cugino aveva avuto il buon senso di sedersi nel lato opposto a Domi ma io non ebbi questa accortezza. 
Il pensiero del cibo è più importante di Dominique, sinceramente.
« Ciao anche a voi, ragazzi. » ci salutò Louis, sorridendo alla vista di me e Hugo che mangiavamo come un branco di lupi affamati. Anche se Hugo era praticamente inguardabile rispetto a me, e questo si doveva dire e sottolineare. 
« Sembrate molto affamati o mi sto impressionando? » fece del sarcasmo Fred, ridacchiando con Louis e indicandoci con un dito sporco di marmellata alle fragole. 
« Forse ti stai impressionando, Fred. » annuì Louis, con aria di chi aveva voglia di prendere per il culo qualcuno. E guarda caso, quei qualcuno eravamo proprio io e mio cugino, che non stavamo neanche ascoltando una parola di quello che i due nostri cugini dicevano tanto che eravamo concentrati a fare altro. 
Tipo abbuffarci come maiali. 
« Mmmmmmh... » mugolai, con la bocca piena di bacon e porridge. 
Dominque arricciò di nuovo il naso e mi fissò con quell'aria che non era proprio severa ma che ti faceva chiaramente capire che qualcosa non andava esattamente come lei voleva. 
« Lily. » esordì, con quella sua vocina sottile che dava sui nervi. « Non per qualcosa ma avresti potuto fare una doccia prima di fiondarti sulla colazione. Sai... puzzi. » 
La guardai stralunata, con un cereale attaccato con poca eleganza sotto al mento, consapevole che probabilmente mia cugina non vedeva l'ora di fuggire via dal tavolo di Grifondoro e raggiungere quello dei Corvonero in tutta fretta. In effetti, notai che molti studenti, dalle occhiate disgustate che ci rifilavano, sembravano aver voglia di fuggire via dalla tavolata. 
« Mi dispiace. » dissi, per niente dispiaciuta. « Prova tu a svegliarti alle cinque del mattino per andare al campo di Quidditch ad allenarti. »
« Cosa? » intervenne Fred, interdetto. « Allenamenti alle cinque del mattino? » 
« Proprio così. » confermai, sbattendo il cucchiaio nella ciotola del porridge e dando un grosso boccone alla pietanza. 
Sotto lo sguardo dei miei cugini (e sotto lo sguardo poco mansueto di Dominique), sfilai una seconda ciotola di porridge da sotto al naso di Alice Paciock e ci tuffai il cucchiaio, senza troppe cerimonie. Cominciai a parlare solo dopo aver svuotato mezza ciotola di porridge. 
« Comunque, gli allenamenti alle cinque del mattino sono inconcepibili. » ci tenni di nuovo a precisare, come se non si fosse capito abbastanza, entrando nella fase di vittimismo cosmico. « Baston è proprio un... » 
« Capitano buono e incredibilmente misericordioso. » finì la frase Baston in persona, sfoggiando un sopracciglio alzato come segno di avvertimento e, soprattutto, di minaccia incombente. 
Deglutii un altro grosso boccone e, senza voltarmi dalla parte del mio Capitano e dopo aver atteso un paio di secondi in cui speravo che Baston da dietro non mi fulminasse, balbettai: « B-beh, era quello che intendevo... »
Fred si premette in fretta le mani sulla bocca per non scoppiare a ridere ma si vedeva lontano un miglio che non avrebbe retto per molto. Anche perché gli stavano cominciando a spuntare le lacrime agli occhi. Louis e Frank si guardavano, divertiti e sconvolti allo stesso tempo. Inoltre, cosa alquanto incredibile, Baston sembrava essere l'unico ad aver distratto Hugo dal pensiero del cibo. 
In poche parole, il Capitano è un essere incredibilmente spaventoso.
Non che io potessi aver paura di lui, intendiamoci. Solo che dopo anni e anni in cui capisci chi è davvero William Baston è decisamente molto meglio per te evitare certi comportamenti che potrebbero compromettere non solo la tua vita emotiva per quanto riguarda il Quidditch, quindi intendo sconfitte pesanti e allenamenti durissimi duranti fino a notte fonda (o cominciati all'alba, dato che siamo in tema), ma anche la vita delle tue chiappe e della tua sanità mentale.  
« Certo, Potter, poi facciamo i conti. » sbuffò Baston, tutto bello profumato, passandoci accanto con il naso all'aria e sedendosi più lontano possibile da me. 
Nonostante non ci tenessi affatto ad incrociare i suoi occhi prevedibilmente arrossati di sonno e, soprattutto, di rabbia, non mi sfuggì per niente lo sguardo strano con cui Baston guardò Domi, nè tanto meno quello che mia cugina rifilò al Capitano. 
Finalmente, Fred si dicise a scoppiare a ridere. 
« Era quello che intendeva! » infierì, asciugandosi con un tovagliolino di carta le lacrime che gli colavano dagli occhi e facendo quasi strozzare Hugo col bacon. « Sì, certo, come no! » 
« Piantala. » dissi tra i denti. 
« Non sono andati molto bene gli allenamenti, giusto? » indagò Louis, con perspicacia. 
« Secondo te come potevano andare? » ribatté Hugo, reprimendo un rutto gigantesco che avrebbe disintegrato le quattro cressidre rappresentanti di ogni Casa. « Erano le cinque del mattino. Dannato Baston! » 
« Ti ho sentito, Weasley! » esclamò la voce del Capitano, poco lontano da noi. 
« Oh, miseriaccia... » piagnucolò mio cugino. 
Ridendo come una matta ma approfittando del fatto che i miei cugini erano distratti a lacrimare dalle risate (tipo Fred), a mettere in discussione i disastrosi allenamenti di Quidditch fatti sia la sera prima che all'alba (tipo Louis) e a piagnucolare (non c'è bisogno che vi dica di chi si trattava), mi affrettai a spostare il capo in direzione di Dominique, calmandomi dal riso. 
« Domi... » sussurrai, ignorando i tentativi di mia cugina di ritrarsi dal perenne cattivo odore che emanavano le mie ascelle. « Sai qualcosa riguardo al suo » e indicai con un cenno del capo Baston che si stava riempiendo il piatto di toast al prosciutto. « ritardo di ieri sera agli allenamenti? » 
Mia cugina spalancò per un millesimo di secondo gli occhioni, poi tornò a mostrare il contegno di sempre, con tanto di indifferenza provvisoria. 
« Perché dovrei saperne qualcosa? » chiese, osservandosi con attenzione le unghie curate e facendo un lungo sbadiglio che non somigliava per niente ad un vero sbadiglio. 
« Mah, non era la tua prossima preda? » replicai. 
Dominique continuò a scrutarsi le unghie smaltate e a non degnarmi neanche di una sola occhiata. 
« Forse. » rispose, in tono vago. Passarono un paio di secondi e aggiunse, con vocina sottile: « Secondo te ha qualche esperienza in campo? » 
Come non detto.  
Quasi rischiai di strozzarmi con il succo di zucca per le risate improvvise e Domi cominciò a ridacchiare come una dannatissima oca giuliva invece di battermi la mano dietro alla schiena. Insomma, se mia cugina sembrava alquanto interessata alla verginità di Baston, le cose stavano veramente andando sotto sopra, e non esageravo. Chiunque conosceva Domi sapeva benissimo che non era una di quelle ragazze che la davano via (cosa che si poteva pensare dato il suo atteggiamento) ma il fatto preoccupante di quella faccenda non erano i discorsi che, come dovevo ammettere, erano pane quotidiano, piuttosto il soggetto dei nostri discorsi. 
Merlino, vuole provarci con Baston! Voglio dire... CON BASTON! 
« Comunque, secondo me ha qualche esperienza. » sentenziò mia cugina, con l'aria di chi la sapeva lunga. 
« E tu che ne sai? » volli sapere, con il cucchiaio fermo a mezz'aria e una dannata voglia di curiosare nei ricordi più intimi del Capitano. 
Dominique fece spallucce. 
« Intuito femminile. » 
Cercai di restare almeno per un secondo seria nonostante la situazione divertente non me lo permettesse per niente e finii per inalberarmi tutta. 
« Dominique, ricorda: il Quidditch. Non possiamo perdere... insomma, la partita... » balbettai, con i pensieri rivolti alla partita imminente e al fatto che se ci capitava di perdere potevamo benissimo dire addio all'onore Grifondoro. 
« Rilassati. » mi disse Dominique, con una nonchalance che faceva paura. « Di certo non gli levo le forze prima della partita. » 
Ed entrambe scoppiammo di nuovo a ridere, non notando che la colazione stava per finire e che tra pochi minuti ci sarebbe stato il tanto famoso Club dei Duellanti. Finimmo di ridacchiare come due cretine solo dopo aver catturato gli sguardi dell'intera tavolata (non solo Grifondoro) e solo dopo aver ricevuto un richiamo da Fred, che stava origliando una conversazione privata al tavolo dei Corvonero lì vicino tra la bella bionda del quinto anno e la sua amichetta oca. In un baleno, anche il mio sguardo finì senza ombra di dubbio sul tavolo dei Corvonero.
Non ci voleva un genio per capire che mi ero imbambolata guardando Lysander Scamander che stava finendo la sua colazione, o meglio, che stava giocherellando col cibo, non guardando in faccia anima viva. Il ciuffetto ribelle di capelli biondi gli nascondeva un occhio dalla vista e lo sguardo sembrava perso nel vuoto del suo piatto semi pieno. Cassandra Smith, a pochi metri da lui, lo fissava come se con la forza del pensiero potesse costringerlo a guardarla ma lui non aveva occhi per nessuno. 
Come sentendosi osservato, il biondino alzò il capo dal suo piatto e i suoi occhioni verdi incrociarono i miei. In colpa per quello che era successo tra di noi e decisa a risolvere le cose, gli rivolsi un piccolo sorriso. Come potevo immaginare, lui non mi ricambiò e tornò alla contemplazione del suo bacon e dei suoi toast sgualciti. 
Accidenti a te, Scamander di merda. 
Sospirai e incrociai lo sguardo inquisitorio di Hugo. Sbattei la palpebre più volte, con la faccia tosta di chi è stata colta in flagrante ma fa di tutto pur di mantenere un certo contegno.
« Ti serve qualcosa? » sbottai. 
Hugo fece spallucce, facendomi capire che sarebbe ritornato sull'argomento. 
Perfetto, proprio un cugino ficcanaso doveva capitarmi tra i piedi. Ci mancava solo questa!
A salvarmi il culo dagli occhi maledetti di mio cugino fu la campanella che annunciava il tanto desiderato incontro del Club dei Duellanti. Eccitata, balzai immediatamente in piedi dalla panca osservando Lysander dirigersi da solo verso l'uscita della Sala Grande. Colsi immediatamente al volo l'occasione di trovarlo finalmente da solo e senza una mandria di ragazze urlanti dagli ormoni impazziti attorno a lui e, ignorando i miei cugini e i loro tentativi di fare conversazione, gli corsi dietro per raggiungerlo. 
Era ad un passo da me quando cominciarono a venirmi seri dubbi.
Muoviti a fare qualcosa. – pensai. – Non vorrai peggiorare la situazione, no? 
Era davvero difficile toccarlo anche solo con un dito, oppure dire semplicemente il suo nome per richiamare la sua attenzione, o magari pararsi di fronte a lui senza alcun contatto fisico. Sarebbe stato più facile affrontare uno Schiopodo Sparacoda, avrei giurato, e Hagrid ne sarebbe stato davvero molto contento.  
Respirando a fondo, allungai la mano e la strinsi attorno al suo polso. Il ragazzo si fermò immediatamente, come se quel semplice contatto l'avesse raggelato, e si voltò piano verso di me mentre la calca degli studenti ci superavano commentando gentilmente qualcosa che somigliava tanto a “non potevano fermarsi altrove questi due?”.
In effetti stiamo ostruendo il passaggio... 
« Ehi. » dissi, accennando un misero sorriso. 
« Ehi. » mi rispose lui, evitando il contatto visivo come se avesse paura di rimanerci secco.
Rimasi profondamente irritata da quel comportamento da vittima sacrificale, anche perché avevo praticamente messo il mio orgoglio sotto i piedi per lui. Insomma, andavo lì per cercare di aggiustare le cose e lui non mi guardava neanche negli occhi? Dovevi essere stronzo forte per fare una roba del genere. Stranamente, decisi di non alterarmi e di mantere (per quanto mi sarebbe stato possibile) la calma. 
« Come va? » chiesi, impacciata e irritata allo stesso tempo. 
« Bene. A te come va? » 
Di male in peggio. 
« Molto bene, grazie. » mentii. 
Solo in quel momento mi accorsi con un certo imbarazzo che gli stavo ancora stringendo il polso, così lo lasciai andare in fretta, arrossendo come un pomodoro di stagione. Lui, come per essere originali, continuava a non fissarmi o fare qualunque altra cosa che fanno le persone normali quando conversano. 
« Ci vieni al Club, giusto? » insistetti stupidamente, con la speranza di mantenere viva la conversazione. 
Se viva poteva chiamarsi, in un certo senso. Avremmo potuto conversare più intensamente io e la Piovra Gigante, arrivati a quel punto. Seriamente, mi sembrava di parlare col muro, con un cucchiaino, con un libro di Trasfigurazione, ma non con una persona. 
« Sì. Anche tu, vero? » 
« Già. » sorrisi, ma lui non mi ricambiò.
Sbuffai, stizzita dal suo sciocco comportamento di merda.
« Cos'hai? » mi chiese Lysander, anche se probabilmente sapeva benissimo cosa diavolo potessi avere. 
Il fatto era che ero tornata da lui con delle buonissime intenzioni e col sorriso stampato sulla faccia e quello che mi ritrovavo in risposta era un muso lungo da manuale e una voglia di vivere pari a quella di un suicida.
« Niente. » dissi. « I-io... » Sto cercando di venirti incontro anche se sono stata una grandissima stronza e tu te ne resti immobile e impassibile a guardarmi mentre metto praticamente da parte l'orgoglio per te. « Niente. » sbottai. 
Gli voltai le spalle e feci per andarmene quando la mano di Lysander afferrò con forza la mia, costringendomi a voltarmi nuovamente dalla sua parte. Inutile dire che in quel momento avevo il cuore che batteva all'impazzata. E non batteva normalmente, no, era come se mi battesse in gola: una sensazione che non provavo da una vita e che non avrei augurato a nessuno. Ci ritrovammo finalmente a guardarci negli occhi, nel contatto visivo che lui sembrava tanto temere, e mi sentii per un millesimo di secondo meno arrabbiata. 
« Attenta a quelli di Serpeverde. » sussurrò Lysander, avvicinando le labbra al mio orecchio e provocandomi una serie di brividi insensati e improvvisi. « Sono furiosi con te. » 
Rimasi a contemplare le sue labbra che si allontanavano, con la fronte aggrottata e una voglia matta di Evanescere dalla faccia della Terra. 
« Grazie. » dissi, indietreggiando. « Ne terrò conto. » e me ne andai. 


 
***
 

Stranita dall'ultima affermazione del biondastro ma convinta che niente e nessuno potesse farmi del male più di tanto, mi affrettai a raggiungere la grande aula in cui si sarebbe tenuto il Club dei Duellanti, pensando che in passato avevo subito le cose peggiori da parte dei Serpeverde. Di certo non avrei rischiato la vita stando ad un passo da una serpe, e di quello ero veramente sicura. Magari mi avrebbero rifilato qualche maledizione, qualche ferita, qualche minaccia, ma erano cose a cui io ero alquanto abituata.  
Intanto, continuavo a proseguire verso l'aula con passo così veloce e pesante che quasi tutti gli studenti si spostavano da me per paura di venire travolti. Era stato davvero squallido da parte di Lysander aver fatto la mummia per tutta la conversazione finendo poi per confondermi le idee con assurdi avvertimenti sui Serpeverde.  
Ma attenta a cosa? Manco stessi partendo per l'Afghanistan. 
Incazzata con l'universo intero, spostai con così tanta foga un arazzo che quello rischiò quasi di strapparsi e di venire giù. Il rumore attirò gli sguardi di molti studenti che si trovavano davanti a me ma li ignorai con decisione e puntai dritto verso la porta della grande aula, al di fuori del quale Hugo mi stava aspettando, a braccia incrociate e con l'aria di chi si aspetta qualche confessione di qualunque tipo. 
E la cosa non mi piaceva. Non mi piaceva neanche un poco.  
« Che hai combinato? » chiese prevedibilmente Hugo, mettendo in atto il suo ego esageratamente ficcanaso e senza alcun tatto e perspicacia. 
Insomma, se volevo renderlo partecipe della mia vita sentimentale, se così si poteva chiamare, l'avrei fatto volentieri. Ma... 
« Solo salutato una persona. » risposi, evasiva. 
« E suppongo che questa persona si chiami Lysander Scamander, dico bene? » soggiunse Hugo, inspirando brevemente e mettendosi una mano sul fianco. 
« Sì. » confermai, tanto per renderlo contento e soddisfatto. « Quindi? » 
Hugo, come previsto, non parve affatto contento e soddisfatto. 
« Quindi dovresti spiegarmi cosa succede, non credi? » incalzò. 
Ma è davvero così visibile? 
Il fatto che perfino Hugo avesse capito che c'era qualcosa che non andava, dato la scarsa perspicacia seconda solo a quella di zio Ron, era senza precedenti. In effetti, dovevo ammettere a malincuore a me stessa che la cosa era veramente così visibile che anche l'essere meno intelligente del mondo l'avrebbe capito. Ed ero spacciata. 
Ragion per cui, mi ostinai a nascondere il tutto. 
« Non succede nulla. » affermai. « Sul serio. » aggiunsi, per rafforzare il concetto di veridicità. 
Il fatto era che, nonostante io e mio cugino ci dicevamo sempre tutto, tutto nei minimi dettagli, tutto sulla nostra famiglia, tutto su di noi, dell'argomento “Lysander Scamander” non avevo praticamente nulla da dire. Non sapevo proprio cosa dirgli tranne il fatto che magari, in fondo, quel pezzo di merda ossigenato mi pia... 
« Lily. » scandì mio cugino, interrompendo in modo brusco il flusso dei miei pensieri e riportandomi nuovamente sulla terraferma. « Ma per caso a te... » 
« Oh miseriaccia, faremo tardi al Club! » lo interruppi, senza neanche dargli il tempo di finire la frase. « Dovremmo essere dentro da un pezzo! » 
« Sì, solo un attimo. » concesse Hugo, frettolosamente. « Mi stavo solo chiedendo se magari a te... » 
« Brown diventa di sicuro furioso se ci vede arrivare in ritardo! » continuai, evitando accuratamente di non fargli concludere la frase che, ne ero certa, mi avrebbe rovinato la vita. 
Perché se c'era una cosa che avevo imparato ad Hogwarts durante quei miei sei anni era che anche i muri avevano le orecchie e, fidatevi, quei muri avevano orecchie e sapevano anche parlare. Non potevi lasciarti scappare nulla che già tutta la scuola ne era al corrente, non potevi far nulla in grandissimo segreto che tutti ne erano a conoscenza già prima che ne fossi a conoscenza tu. Ma Hogwarts era sempre stata una fonte di pettegolezzi infiniti, avrei giurato fin dai tempi di nonno James e, sinceramente, non volevo affatto che la scuola intera sapesse delle cose che uscivano dalla boccaccia di mio cugino.
« Ma ti sei rincoglionita? » sbottò Hugo, incrociando di nuovo le braccia al petto e guardandomi come se fossi ammattita. 
Spalancai la bocca, offesa. 
« Ah, io sarei la rincoglionita adesso? » replicai.
Ma da che pulpito viene la predica? 
« E chi, altrimenti? »
« Ma vai a farti fottere, Hugo! »
« Ah, no, cara mia! Vai a farti fottere proprio tu! »
« Avete finito di rivolgervi parole dolcissime e cariche di amore? » risuonò nel corridoio una voce pacata e incredibilmente somigliante alla voce del... 
« ... professor Brown! » esclamammo io e mio cugino, voltandoci con orrore dalla parte del nostro insegnante. 
Che avesse ascoltato l'intera conversazione tra noi due senza fiatare e fosse intervenuto solo per calmare gli animi che si sarebbero di certo alterati fino a finire ad una cruenta lotta? Non avrei saputo dirlo ma, piuttosto, l'espressione malandrina del mio insegnante poteva far benissimo capire che, sì, aveva ascoltato attentamente la nostra adorabile conversazione. 
« Ragazzi, allora? » chiese Brown incuriosito, come se si stesse informando delle previsioni del meteo e come se due suoi alunni non si fossero per nulla urlati parolacce e minacce di morte nel bel mezzo di un corridoio. 
« Chiacchiere tra cugini, niente di cui preoccuparsi. » minimizzai, dando una pacca sulla spalla ad Hugo che sperai gli facesse più male di quanto volessi fargliene. 
« Ma sì. » convenne Hugo, a denti stretti. « Normalissime chiacchiere tra cugini. » 
Approfittò del fatto che Brown fosse impegnato a fissarmi, probabilmente a causa del mio rossore al viso dato il sangue caldo che mi era salito in testa, e mi rivolse un'espressione omicida. 
« Capisco. Volete seguirmi dentro che tra poco si comincia? » suggerì il professore, sempre pacato. 
« Ma certo! » dicemmo in coro io e Hugo, spintonandoci per chi doveva entrare per primo nell'aula e fingendo di rivolgerci sguardi amorevoli che sfociavano in palesi ostilità ogni volta che il professor Brown si voltava. 
Fummo accolti dalla folla di studenti con dei risolini. Beh, di certo sarebbe stato piuttosto divertente vedere i ragazzi più famosi di tutta Hogwarts fare il loro ingresso al Club dei Duellanti quasi duellando tra di loro alla Babbana, scortati da un sorridente e palesemente divertito professor Brown. 
« Bene, buongiorno a tutti! » esordì l'insegnante rivolto alla folla di studenti, mentre io e Hugo raggiungevamo i nostri cugini, sempre spintonandoci come due dannati. « Ora che siamo tutti al completo, possiamo cominciare. Dunque, le cose stanno così... » 
« Ma che vi è successo? » chiese Fred immediatamente, quando ci unimmo a loro. 
« Niente. » rispondemmo all'unisono io e Hugo, rifilandoci delle occhiatacce velenose. 
« ... come non detto. » commentò Fred.  
Brown parlò per quasi dieci minuti abbondanti di come fosse urgente mettere su un Club dei Duellanti, perché di questi tempi i ragazzi più grandi, e quindi a partire dal quinto anno fino al settimo, avevano bisogno di confrontarsi tra di loro. Il professore non tentò di spaventarci oppure di dirci chiaramente che qualcosa ad Hogwarts non andava come doveva andare ma le parole sottintese, comunque, erano chiare: avevamo tutti bisogno di saper combattere. 
Quasi tutti sembravano davvero interessati al discorso dell'insegnante. Fred alternava momenti in cui guardava intensamente Brown e poi ammiccava in direzione di una ragazza lì accanto, finendo poi per dire qualcosa di prevedibilmente molto porco nell'orecchio di Louis, che sbuffava il suo disappunto e sibilava cose molto minacciose nei confronti del cugino. Frank, sconsolato, aveva l'espressione di chi si chiedeva chiaramente cosa diavolo ci facesse lì, mentre Dominique non aveva mai trovato tanto interessanti i suoi piedi.  
Il mio sguardo finì anche su Scamander, che era in piedi accanto a suo fratello ma sembrava avere la testa totalmente tra le nuvole. Non ci misi moltissimo ad ignorarlo e puntare tutta la mia attenzione su Brown, che stava concludendo in bellezza il suo discorso. 
« I duelli saranno a sorteggio. » aggiunse il professore, mettendo la mano in una grossa boccia piena di fogliettini di pergamena contenenti i nomi dei circa centoventi studenti. « Il professor Coleman ha ritenuto fosse l'idea migliore. » 
Tutti quanti fissammo la boccia (che fino a quel momento nessuno aveva notato, avrei osato dire), eccitati e in attesa di nuovi sviluppi. 
« Bene, vogliamo cominciare? » chiese il professore.  
Ci furono cenni di assenso da tutte le parti. Il mio sguardo finì consapevolmente sui ragazzi di Serpeverde che continuavano a fissarmi e a far schioccare le nocche in modo minaccioso. Ovviamente, ricambiai senza riserve le loro occhiatacce ostili. 
Tentano di farmi paura, quei deficienti? 
Alzai gli occhi al cielo e, avendo scordato gli avvenimenti degli ultimi venti minuti, mi misi a scrutare la grossa boccia trasparente con una certa eccitazione, che condivisi con Hugo come se tra noi non ci fosse stata alcuna brutta conversazione. Infondo, i litigi miei e di mio cugino duravano neanche cinque minuti. Ormai, eravamo tutti piuttosto abituati. 
« Se capito con Edgar mi ammazzo da solo. » disse Hugo, lanciando uno sguardo affranto al nostro nervosetto compagno di classe Tassorosso che si stava mangiando le unghie a raffica. 
« Se capito con Baston mi Avadakedavrizzo da solo. » disse invece Fred, fissando Brown che metteva a posto le ultime cose prima di cominciare. « Quello sarebbe capace di minacciarmi anche durante un duello... » 
« Se becco una tipa innamorata di me mi do alla macchia. » gemette Louis, con un sospiro.
« E siamo a tre. » intervenne Dominique, stizzita. « Qualcun altro vuole tirare le cuoia o devo pensarci io rifilandovi un grosso zatterone di Gucci sulla testa? »
« Rilassati, Dominique. » disse Louis, fissando la sorella. « Ma che ti prende? »  
« Diciamo che avrebbe preferito ammirare i suoi grossi zatteroni di Gucci lontano anni luce da qui. » si intromise Frank con un risolino, tormentandosi le mani in grembo.
Hugo e Fred ridacchiarono sonoramente. 
« Dove la tenevi nascosta tutta questa perspicacia, Frankie? » volle sapere Domi, sorridendo al nostro amico mentre si attorcigliava una ciocca di capelli attorno al dito. 
Frank arrossì di botto e balbettò qualcosa che nessuno di noi riuscì ad afferrare. 
« Io invece non vedo l'ora di battermela con uno del settimo anno. » rivelai eccitata, saltellando nel desiderio di vedere cosa diavolo stesse combinando Brown. « Magari di Corvonero. » ci pensai su. « Ma che non sia Dominique, mi sembra chiaro. » 
La diretta interessata assunse un cipiglio infastidito, interrompendo la contemplazione dei suoi bellissimi boccoli rossicci. 
« E per quale motivo? » mi chiese Domi, altezzosa.
« Ehm... » dissi, non avendo cuore di dirle che l'avrei battuta anche ad occhi chiusi. « Ma tu non volevi neanche partecipare al Club! » 
Con una certa paraculaggine, decisi di cambiare velocemente argomento mentre mia cugina continuava a fissarmi con la fronte aggrottata. 
« Sì, certo, prima che Brown mi dicesse che sarebbe stato meglio che tutti gli studenti ne prendessero parte! » fece lei, innervosita.  
« Deve essere una cosa davvero importante. » convenne Louis, allungando il collo sopra alle teste di alcuni studenti del quinto anno. « Ohh, ecco che si comincia! » 
« Dunque. » disse il professor Brown alla folla, mentre Domi sbuffava di nuovo e mostrava il viso di chi avrebbe preferito essere altrove tranne che a marcire lì dentro. « I primi due duellanti sono... »
Si sentì un contemporaneo trattenere il fiato mentre si udivano i nomi di Harper di Serpeverde e di Frank Paciock. Harper pareva alquanto deluso dalla scelta del partner e Frank più che deluso sembrava voler praticamente fare le valige e scappare via da Hogwarts. I secondi nomi che vennero pescati a sorte furono quello di un Corvonero minuscolo del quinto anno e di un Tassorosso occhialuto del settimo. Poi Brown mise nuovamente la mano nella boccia... 
« E adesso tocca a... » disse, con voce alta e chiara. « Potter Lilian e Smith Cassandra! » 
................................................. CHE COSA?!?
Ci fu un attimo di silenzio, che pareva dilatarsi per secondi e secondi, poi si udirono alcune risatine sparse per la stanza. Hugo e Fred sembravano fare davvero fatica a restare seri e Dominique aveva deciso che forse, in quel momento, il Club dei Duellanti non era poi così malaccio come pensava e rivolse tutta la sua attenzione agli avvenimenti. 
Rimasi ancora a bocca aperta a fissare per non so quanti secondi Brown che stava estraendo a sorte altri bigliettini con i nomi dei nuovi duellanti, pensando che probabilmente ci doveva essere un errore. Anche perché sembrava assurdo che finissi di nuovo a battermela con Cassandra dopo quello che era successo tra noi. Con tanti studenti proprio Cassandra Smith doveva capitarmi? Era destino che dovessi ridurla in una poltiglia vivente, allora. 
« Che vuoi? » ribatté Hugo divertito, tirandomi una forte gomitata nelle costole. « Avevi detto che ti sarebbe piaciuto duellare con qualche studente del settimo anno di Corvonero che non fosse Domi! »
« Giusto, l'avevi detto! » ci tenne a sottolineare Dominique, vendicativa.   
Beh, in effetti...
Nonostante non avessi voluto vedere la faccia odiosa della Smith per il resto della mia vita dovetti ammettere che la situazione mi pareva troppo divertente per ignorarla. 
« Sai che vi dico? Avete proprio ragione. » convenni, slacciandomi velocemente il cravattino rosso-oro in un gesto molto poco femminile e gettandolo in aria senza curarmi di dove finisse. Probabile sulla testa di qualche malcapitato, a giudicare dal sussulto rumoroso. « A noi due, Smith. » 
Mi affrettai a salire sulla pedana di combattimento, come avevano fatto le altre coppie di duellanti, sotto gli occhi incuriositi di tutti gli studenti presenti. Anche Cassandra salì sulla pedana, decisamente meno divertita di me. 
Inutile dire che tutti gli occhi della sala erano concentrati solo su noi due. 
« Beh, salve, Smith. » dissi, piazzandomi di fronte a lei con una certa spavalderia. 
Brown sembrava solo leggermente perplesso dal nostro comportamento e dal comportamento degli studenti, ma preferì non dire alcuna parola per non rovinare l'atmosfera. Oppure per capire che diavolo ci stesse saltando in mente per comportarci in quel modo così assurdo.
« Inizia ad abbassare la cresta, Potter. » disse subito Cassandra, dandosi delle arie come se fosse la reginetta indiscussa del mondo. « E vediamo se sai duellare senza picchiare le persone. » 
Sfoderai la bacchetta.  
« Oh, ti batto ad occhi chiusi! » esordii, mettendo una mano sul fianco e rivolgendo alla mia nemica un sorrisetto di sfida. « Fatti avanti, Barbie ossigenata! »
Cassandra spalancò la bocca con una perfetta imitazione di una 'O' particolarmente grossa mentre nella stanza cominciavano a sentirsi delle risatine di sottofondo. Soprattutto, ci avrei scommesso, da parte dei miei cugini. 
« Ossigenata? » sbottò la Smith, stringendo le labbra sottilissime. « Per la cronaca, sono bionda naturale. » 
« Certo. Naturale come le tue poppe, direi. » le sussurrai, rivolgendole un sorrisetto sadico. 
« Anche quello ho di naturale! » si infevorò la Smith, arrossendo fino alla punta dei capelli ossigenati. 
Ero sicurissima che avesse fatto ricorso a qualcosa per farsi crescere quelle tette che, fino a qualche tempo prima, non erano mai state così sode. Poteva darla a bere a quello scemo di Scamander o ai ragazzi con cui se la faceva ma non a me: le sue tette erano finte come i suoi capelli, e su quello non avevo dubbi. 
Colta sul fatto, eh, Smith? A dir poco pietosa. 
« Naturale, come no. » dissi, con assoluto scetticismo. 
« Assurdo! E mi vieni a parlare di tette proprio tu... quanto porterai? Una seconda? » mi rimbeccò Cassandra in modo sprezzante, attirando gli sguardi dell'intera folla maschile. Avrei giurato che perfino Brown si fosse voltato per guardarci, interrompendo bruscamente il sorteggio. 
« Una terza, per la precisione. » ribattei, sfrontata.  
« Oh, una terza, ah-ha! Allora sei donna, vero? » 
Cassandra continuava a ridacchiare e a scuotere il capo, facendo ciondolare davanti al viso truccatissimo i lunghi capelli ossegenati, con entrambe le mani sui fianchi. 
« Sempre meglio una terza naturale che una quinta finta. » la rimbeccai. 
« D'accordo, d'accordo, basta. » intervenne il professor Brown improvvisamente, piombando come un avvoltoio sulla pedana e fiutando il pericolo prima di tutti quanti. 
Avrei giurato che la notizia della rissa con Cassandra alla festa di Halloween si fosse sparsa per tutta la scuola, e non solo tra gli studenti. Ero sicura che perfino il Vicepreside Coleman, l'intero corpo insegnanti e la Preside sapessero di me e Cassandra, cosa che potevo notare dall'espressione di profonda disperazione di Brown.   
« Cominciamo bene. » borbottò l'insegnante, mentre alcuni studenti scoppiavano a ridere apertamente. 
Cassandra strinse i pugni, assumendo una smorfia di profondo disgusto. Sospettavo che venire trattata da scavezzacollo ribelle, come ero praticamente io, fosse davvero offensivo per lei che era una Caposcuola e una studentessa modello dotata di un buon senso di responsabilità. Ma non di cervello, presumevo.  
« Se Potter non mi avesse offesa in questo modo... » cominciò Cassandra, alterandosi. 
« Calmati, Cassandra. » la interruppe Brown, sospirando brevemente. 
Certo, fai pure la vittima sacrificale del cazzo. Adesso ti sistemo come...  
« Professore! » 
La voce di Harper interruppe il brusio di risa e sussurri che si erano creati nella stanza, e anche il mio pensiero minaccioso nei confronti di quel mostriciattolo di Barbie, attirando tutta l'attenzione dei presenti su di se. Mi resi conto con una certa stizza che la serpe mi stava fissando con una strana espressione che non prometteva nulla di buono. Cosa che, ovviamente, i miei cugini non mancarono di notare. 
« Sì? » fece Brown, asciugandosi il sudore dalla fronte nonostante fosse quasi inverno. 
« Io e Smith potremmo scambiarci i partner. » propose Harper con vocina innocente e persuasiva, continuando a fissarmi intensamente.  
« In che senso? » chiese il professore, alquanto allarmato.
« Duello io con Potter. » si offrì il ragazzo. « E Smith con Paciock. » 
Ma cosa diavolo...
Un silenzio teso accolse le parole di Harper, poi Brown si decise a parlare. 
« N-non penso sia il c-caso... » balbettò il professore, terribilmente confuso sul da farsi. 
Compresi in un battito di ciglia che Harper voleva la guerra. E allora non potevo far altro che rispondergli con la guerra. Infondo, era solamente un duello, non poteva succedermi nulla di male e, per sfortuna, non poteva succedere nulla di male neanche ad Harper, anche se i miei istinti omicidi nei suoi confronti erano sicuramente aumentati nel corso dell'anno scolastico.
Come ci si doveva aspettare da una come me, proclamai a voce alta...
« Accetto. » 
Gli studenti mi fissarono: chi allarmato, chi soddisfatto. Brown assunse un'espressione che mostrava tutto il suo pentimento sul fatto che venire in quella scuola fosse stato il più grave errore della sua vita ma, in particolar modo, che fondare quel Club dei Duellanti fosse stato il suo secondo errore più grande della sua vita. 
Ma ce la diede vinta.
« E va bene! » assentì, esasperato. « E mi raccomando alle coppie: siamo qui per imparare, non per farci del male a vicenda. »
Inutile dire che nessuno fece caso a quell'ultima affermazione.
Harper si piazzò proprio di fronte a me, con la bacchetta pronta e un sopracciglio alzato.
« Paura, Potter? » mi chiese. 
« Ti piacerebbe. » gli risposi. 


 
***
 

Dopo aver partecipato al Club dei Duellanti dovevo ammettere a malincuore che probabilmente quella non era stata l'idea migliore che potesse venire in mente al nostro modernissimo insegnante. Non solo un certo Scamander mi fu praticamente col fiato sul collo ma ci furono anche moltissimi incidenti per quanto riguardava alcune coppie specifiche, ovvero quelle che comprendevano i Serpeverde e i Grifondoro, soprattutto se questi appartenevano alle due squadre di Quidditch della scuola. 
In pratica, i Serpeverde avevano apertamente approfittato di quel Club per stanare tutti i giocatori di Grifondoro per la partita imminente. E, ovviamente, la lezione non poteva che concludersi con un crollo di nervi da parte di William Baston e con un pianto dirotto da parte di Micheal River, due grandi uomini virili della squadra di Quidditch di Grifondoro. 
Se volevamo parlare in generale, però, l'attività non era stata malaccio per la maggior parte degli studenti. Solo io trovai un disagio incredibile, forse perché qualunque partner mi capitasse (anche una lumaca marina) voleva minacciarmi/ferirmi/uccidermi. In poche parole, non avevo scampo. 
Comunque, per dirla proprio tutta e completare in bellezza la giornata, quella sera mi ritrovavo ricoverata in Infermeria accanto ad un disagiato Baston e ad un lacrimante River sotto le cure asfissianti di Madama Amelia. 
« Beh, ovvio che i Serpeverde ne hanno approfittato per metterci al tappeto prima della partita. » stava dicendo Hugo al mio capezzale, mentre io mi raggevo la testa indolenzita e Baston piagnucolava minacce contro tutta la Via Lattea. « Insomma, parlano tutti bene di questo Club... eccetto la nostra squadra. Credo che delle domande se le siano fatte tutti. » 
Perfino ai miei cugini era andata meglio di me. Perfino ad Hugo, che si metteva sempre nei guai, era andata molto meglio di me. Perfino a Dominique (insomma, a Dominique!), che non voleva neanche partecipare al Club e che adesso lo adorava e non vedeva l'ora di rifare quell'esperienza, era andata decisamente meglio di me.
Possibile che solo io sono la sfigata per eccellenza?
« Sì, Weasley, brillante teoria. Adesso puoi tacere? » 
Baston si mise di nuovo le mani nei capelli, piagnucolando come un grosso bambinone. Anche se i bambinoni non bestemmiavano in media dieci volte al minuto con un vocabolario così forbito e per niente da bambinoni. 
« Baston, il solo che deve tacere qui sei tu. » replicai, alzando il busto dallo schienale del letto e circondando le mani attorno alla bocca come da megafono. « Madama Ameliaaaaa! » chiamai, a voce altissima e squillante.
« Potter! » sbottò Baston, inalberandosi immediatamente. « Ho un fottuto mal di testa! Io, a differenza di qualcuno, sono stanchissimo. » 
« E io sono a corto di pazienza. » lo rimbeccai, mentre Hugo ridacchiava, spulciando delle Cioccorane regalatomi da alcuni ammiratori premurosi. Circondai di nuovo le mani accanto alla bocca e chiamai: « MADAMA AMELIAAAAA! » 
Madama Amelia, che si era liberata della sua improvvisa sordità, corse in tutta fretta nell'Infermeria, trascinandosi le pantofole rosa con i coniglietti per tutto il pavimento e reggendosi il grosso gonnellone bianco. A Baston sfuggì una sorta di conato disgustato, che accompagnò ad un gesto poco fine ed elegante. Intanto, io non ero mai stata così poco interessata a ridere quanto a gettare via le coperte e ad alzarmi dal letto.
« Che succede qui? » fece la donna, trabballando nel suo ampio gonnellone. « Potter! Oh, santo cielo! Le avevo detto di non alzarsi dal... »
« Non posso rimanere tutta la notte qui dentro! » pretestai, avanzando verso la Curatrice, che sembrava sconvolta come se avesse visto un paralitico alzarsi dalla sedia a rotelle e ballare il valzer. « Per favore, mi dimetta! » 
« Ne abbiamo già discusso abbastanza, signorinella. » disse Madama Amelia, come per mettere fine alla discussione. « Certo che sei proprio testarda, eh, tu. » 
« Ma... per favore... non posso... » 
Madama Amelia mi puntò spazientita la bacchetta sul petto, costringendomi ad arretrare e ad affondare come un sacco di patate sul letto scricchiolante. Dal rumore, Hugo si lasciò sfuggire una rana di cioccolato e sibilò una piccola parolaccia. 
« Tu non ti muovi di qui, Potter, o chiamo la Preside. » decise Madama Amelia, e corse via da me col gonnellone tra le mani e le pantofoline coi pupazzetti ai piedi. 
Sbuffai e mi accontentai di trasferirmi in un letto in fondo all'Infermeria e il più lontano possibile da Baston e dai suoi deliri infernali. Sembrava che quella giornata non finisse più e mi ritrovai a pensare intensamente al fatto che probabilmente Scamander non aveva avuto tutti i torti ad avvertirmi sui Serpeverde. Va bene che facevo parte della squadra di Quidditch anche io e che non ero la sola ad essere finita in Infermeria, ma sembrava che le serpi ce l'avessero in particolar modo con me. 
O forse ero io che ero troppo egocentrica. 
Finii per sistemarmi in modo pensieroso le lenzuola, aiutata da Hugo, quando Hagrid fece il suo ingresso nell'Infermeria puntando dritto verso il mio letto in fondo alla stanza con una grossa scatola di dolci tra le manone. 
« Hagrid! » esclammo io e Hugo, contenti di rivederlo e, soprattutto, di rivedere altro cibo da mettere sotto i denti dato che quello che avevamo non ci sarebbe bastato. 
« Ohi, piccole pesti. » disse Hagrid in saluto, lasciando cadere delicatamente la grossa scatola sul letto. « Come stai, tu? »  
« Sfortuna per i Serpeverde, sto benissimo. » risposi, scartando alcune Gelatine. « Hanno approfittato del Club dei Duellanti per ferire i giocatori di Grifondoro in modo da batterci alla partita. » 
Hagrid ridacchiò e ci raccontò brevemente che ogni anno ad Hogwarts, dai tempi dei nostri genitori e forse anche dai tempi in cui fu fondata la scuola, i Serpeverde avevano sempre tentato di stanare i giocatori di Grifondoro per metterli al tappeto prima della partita. In pratica, lo ritenevano un rituale. 
« Stronzi. » Hugo fece schioccare le nocche, irritato. « Vorrebbero metterci nel sacco, eh? E c'è di più! Credono che siamo stati noi ad aggredire la loro amica Bellatrix ad Halloween. » 
Hagrid, che stava bevendo un goccio di non so cosa in una fischetta piccolissima, tossì tutto e sputacchiò il contenuto biancastro sulle lenzuola candide. Ero certa che il nostro grande amico non sapesse di quel piccolo litigio con i Serpeverde avvenuto durante la notte di Halloween, anche perché era stato mandato a perquisire il castello e i dintorni con il custode Armando e col piccolo professor Vitius. 
« Avanti, Hagrid, poche storie. » disse Hugo tranquillo, allungando i piedi e piazzandoli sul mio letto con nonchalance. « Sappiamo benissimo che Bellatrix Lestrange è stata aggredita. » 
Hagrid inarcò le sopracciglia, sconvolto. 
« Per tutti gli Ungari Spinati! » sbottò. « Voi non dovete nemmeno sapere queste cose! Queste sono cose top secret, da non rivelare a nessuno! » 
« Ma certo. » dissi, con abbondante sarcasmo. « Così top secret che quasi tutti hanno capito che non si trattava di uno scherzo. » 
Il gigante mi fissò con un cipiglio severo e che non gli si addiceva per niente.
Hugo tossicchiò e chiese, per allegerire la tensione: « Come sta Bellatrix? » 
« Eh? Oh, sta benissimo. » rispose Hagrid, rilassando il viso che un attimo prima era contorto in una smorfia infastidita. « Ha avuto una ripresa veloce come il vento, i Medimaghi non hanno avuto tanto da fare. » 
Io e mio cugino ci scambiammo uno sguardo inquisitorio, probabilmente chiedendoci la stessa cosa. 
« Potrebbe ritornare qui ad Hogwarts ma gli Auror e gli insegnanti ci dicono di no, ci dicono che deve restare ancora un poco al sicuro. » 
Sì, e magari gli Auror potrebbero anche farsi una Gran Bretagna di cazzi lor... CHE COSA?!
« Al sicuro? » ripetei, spalancando gli occhi. « Quindi è vero che non siamo più al sicuro al castello! » 
Hagrid rimase a fissarmi con lo sguardo perso nel vuoto, come se si stesse per maledire da solo per quello che si era lasciato sfuggire inconsapevolmente. E infatti...
« Questo non dovevo dirlo... non dovevo proprio dirlo... » 
« Ma Hagrid! » incalzò mio cugino, con una certa fretta. « Se gli Auror hanno impedito a Bellatrix di ritornare ad Hogwarts per la sua sicurezza significa che non sono coinvolti in questa storia! » mi rivolse uno sguardo, che accolsi con la medesima enfasi. « Significa che gli Eroi della Guerra sono innocenti. » 
Rivolsi un'occhiatina ad Hagrid e credetti sul serio che stesse per scoppiare. Infatti, si fece tutto paonazzo come un papavero primaverile e cominciò a ruggirci contro imprecazioni e rimproveri che fecero voltare dalla nostra parte, con un certo spavento, Baston, River e la vecchia Madama Amelia. 
« Ma come vi saltano in mente ste cose, eh?! » stava ancora sbraitando Hagrid, dopo cinque minuti di delirio totale. « Gli Eroi non sarebbero capaci di far del male a nessuno! » 
Aspettai che il rossore sparisse dal faccione peloso del nostro amico e mi azzardai a parlare, con assoluta cautela ma con la stessa sfacciataggine che mi distingueva in quelle situazioni difficili.
« Allora chi può essere stato ad aggredire Bellatrix? » insistetti, piano. 
« Io questo non lo so! » rispose Hagrid, con una sorta di disperazione nella voce. « Sentite, io non so una ceppa di niente di questa situazione, ok? So solo che al Ministero sta succedendo un gran casino e che tuo padre dice che non prende misure di sicurezza fin quando non si hanno indizi sul colpevole. E poi... per tutti gli Ippogrifi galoppanti! Dovevi vedere tuo padre e Draco Malfoy come si picchiavano alla Babbana nel bel mezzo del Ministero! Credo che Draco sospetta qualcosa sugli ex Mangiamorte e... » 
Le facce scandalizzate di me e Hugo costrinsero Hagrid a tacere immediatamente.
La cosa non quadrava, e non quadrava per niente. Se Draco sospettava degli ex Mangiamorte, come mai era stata ferita una figlia di Mangiamorte? Insomma, nessun ex Mangiamorte aggredirebbe la figlia di un ex Mangiamorte. A meno che non ci fosse in atto una guerra anche tra gli ex Mangiamorte o qualcosa di veramente oscuro e misterioso sotto. 
Ma grazie per le informazioni, Hagrid, ti adoriamo infinitamente. 
« Questo non dovevo dirlo, non dovevo proprio dirlo! » si stava maledicendo Hagrid, cominciando ad andare avanti e indietro per l'Infemeria terrorizzando il piccolo Micheal River.
« Beh, i nostri dubbi sono stati confermati. » sussurrai, scoccando uno sguardo a mio cugino mentre Hagrid era distratto. « Ora non ci resta che scoprire cosa vogliono gli ex Mangiamorte. » 

  
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