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Autore: marinrin    30/08/2014    4 recensioni
{ Simple crossover con Pandora Hearts ♥ } { co-autrice Iris }
{ long - fic } { leggero ooc -voluto- } { fluff; angst; azione; comico (?) }
{ KyoTaku | RanMasa | SaruFey | Taiichi | e altre pair accennate}

— Ognuno di noi ha qualcosa che tende a nascondere e solitamente il vero terrore è affrontare la realtà. E tu, rivuoi i tuoi ricordi? Vuoi davvero soffrire ancora? Ti aggrapperai davvero a quest’ultima speranza? Stai tentando di scappare, lo vedo. —
— E’ questa la realtà? I miei ricordi ne facevano e continuano a farne parte? Non sono sicuro di essere pronto ad accettare tutto in… così poco tempo. Sempre che io abbia la possibilità di scegliere. —
— ”Tempo”. Che parola strana, non trovi? Ogni essere umano ne ha, eppure è così fragile, può essere spezzato facilmente dalla lama del destino. Allora, perché cerchi di scappare, perché cerchi la luce o un suo piccolo bagliore nel buio che ti circonda? —

hope you like it ♥
Mary
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Soul of Eternity Pandora Hearts

 
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Primo capitolo:

§  L' Abisso  §
 
 

 
§ ✶ §

Sentì una forza che lo trascinava via, sempre più in fondo a quell’enorme baratro.
Finché non si ritrovò sulla superficie acquea che delineava la fine, come un pavimento.
Gli girava la testa, ancora non aveva ripreso conoscenza del tutto, perché non riusciva a capacitarsi dell’accaduto.
Sembrava una specie di protagonista d’un libro di fantasia.
Era troppo irreale.
Questo distruggeva il suo mondo di scienza e realismo.
La realtà e la finzione sembravano un tutt’uno, come uno scenario inventato.
Si alzò, deciso a scappare da quel buco dove si era ritrovato, ma non vide l’ombra di una luce.
Le gambe gli tremavano e ansimava, senza riuscire a fare qualche passo degnamente, era troppo scosso;
calmarsi non sarebbe stato facile, tuttavia ci provò, portandosi una mano al petto e tentando di regolarizzare il respiro.
Osservò il suo fiato congelarsi, realizzando che doveva fare piuttosto freddo, purtroppo, però, per qualche strana ragione non riusciva a sentirlo.
Aveva perso sensibilità, senza ombra di dubbio.
Piagnucolò, poi scoppiò letteralmente a piangere.
Le lacrime gli rigavano il volto e gli occhi si facevano a mano a mano sempre più rossastri.
Singhiozzava affannosamente, tentando di prendere il più possibile aria nei polmoni e finì quasi col sentirsi male.
Si guardò attorno, cercando di mettere a fuoco ciò che lo circondava: di oggetti strambi nella vita ne aveva visti, ma quelli superavano ogni aspettative. Riuscì ad identificare una specie di cubo con le lettere, agganciato ad una catenella rotta.
Accanto, delle enormi carte da gioco a mo’ di torre ed una gigantesca scacchiera le cui pedine erano sparse a terra; sul pavimento giacevano tutt’intorno pezzi di bambole rovinate dal tempo e grandi pupazzi squartati a metà.
C’erano enormi bottoni che facevano, in un certo senso, da ponte per proseguire.
Nel buio, gli sembrò di vedere qualcosa brillare: era simile ad una testa di un bambolotto per ragazzine, ma questa aveva un occhio distrutto, senza capelli e con evidenti lesioni.
Ad un tratto, proprio nel momento in cui fece per voltarsi, delle enormi zampe meccaniche, simili a quelle di un ragno, presero forma sotto quest’ultima iniziando a inseguire Shindou, che nel frattempo aveva preso a correre nel tentativo di seminarlo, urlando a squarciagola, consapevole che nessuno poteva sentirlo.
Nonostante l’impegno, non riuscì ad andare molto lontano, inciampando qua e là, bloccato spesso da strani pupazzi che, al suo passaggio, sembravano prendere vita.
Lo ferì al braccio ed il sangue intrise la sua giacca biancastra, tingendola d’un rosso amaranto, mentre la chiazza non faceva che ingrandirsi.
Cadde, batté la testa contro una superficie ruvida e pensò che sarebbe stata la fine.

 
— Chiamami. Invoca il mio nome —
Kyousuke
 
 
Lo sussurrò con voce tremante, incapace di capire come quel nome fosse saltato fuori dalla sua bocca o meglio dalla sua testa.
Lo aveva pronunciato inconsciamente, come se fosse stato qualcun altro a nominarlo per lui.
Una falce dalla lama nera come la pece gli si parò davanti, bloccando quella zampa meccanica e la distrusse in pochi secondi prima che il fuoco, d’uno strano colore argenteo bruciasse interamente quella specie di ragno.
Tuttavia, questo opponeva resistenza ma la falce lo tagliò nettamente in due, trapassandolo e macellandolo allo stesso tempo.
Schizzi color della notte guizzarono fuori da quel corpo, sempre che potesse essere rifinito tale, senza vita.
Una figura si delineò dall’oscurità stessa, dai capelli color notte.
Un mantello nero, dal fodero violaceo, con dei ritocchi dorati, strappato sull’orlo, testimonianza di varie battaglie, sembrava muoversi di volontà propria.
Non ebbe il tempo di capire cosa stesse accadendo, che il ragazzo che gli era di spalle, rivelando i suoi occhi ambrati, che brillavano ad ogni suo movimento.
La pelle era pallida, come il latte, mentre le labbra rosee lasciavano scorgere, poiché semiaperta, i canini.
Il vestito era semplice, composto da una camicia nera con una minuscola scollatura, che lasciava intravedere il ciondolo con cui era legato il manto; pantaloni dello stesso colore e stivali al ginocchio, scuri, con rifiniture bianche.
Quasi arrossì a trovarselo dietro, così d’improvviso, al punto che poteva persino sentirne il respiro.
Rabbrividì, scattando per allontanarsi, suscitando l’ira dell’altro, che lo squadrò con un’espressione perplessa.
Shindou non sapeva che cosa fare: sarebbe stata quella la sua morte? Per mano di un ragazzo strambo?
Kyousuke, però, sbuffò.
— Allora vuoi startene lì tutto il tempo? Che razza di idiota. — bofonchiò nuovamente, mentre si accingeva ad osservare la sua enorme arma.
— Ho altre alternative? — sussurrò di malavoglia, piagnucolando Takuto.
— Be’, sì, morire sarebbe una. E poco fa c’eri quasi riuscito. Puoi essere compiaciuto di te, eh? — aggiunse sarcastico il blu, che senza delicatezza gli aveva schiaffato in faccia la cruda verità, cosa che fece irritare non poco il castano.
— Molto —
— Lo vedo, lo vedo — annuì ridacchiando sommessamente il ragazzo dagli occhi ambrati, giocando con la sua falce, prendendosi gioco di Shindou.
— E l’altra alternativa? — domandò, facendosi coraggio il diciassettenne, sedendosi su una specie di panchina di legno, che sembrava far parte di una casa per le bambole.
— Scappare di qui. — mormorò il blu, mentre sedeva sulla testa rotta di quel “mostro” che poco prima aveva aggredito l’altro.
— Come? — chiese curioso, in contemporaneo, prima che l’altro potesse continuare il discorso.
Si torturò le mani, nel tentativo di reggere la tensione, ancora indeciso se quella fosse davvero la realtà dei fatti.
— Be’, prima di tutto dovresti ringraziarmi — sbuffò, appoggiando la testa tra le mani, lasciando andare l’enorme arma per terra che svanì nell’ombra.
— … grazie. — mormorò l’altro con disappunto; giurò di aver visto gli occhi di Kyousuke, se questo era il suo nome, brillare. Raggelò.
— Ci voglio più passione. — continuò sarcastico l’interpellato, ridacchiando tra sé e sé.
— No. —
— Che ragazzino viziato. —
A quelle parole, Shindou sussultò, confermando la teoria della sua testa: quello doveva essere un imbecille.
Kyousuke gli lesse nel pensiero.
— Strano, non è la prima volta che me lo dicono. — ribatté il castano, nervoso.
— Certo, soprattutto sai comportarti degnamente di fronte alle persone, no? — continuò divertito il ragazzo dai capelli blu.
Erano secoli che non aveva una conversazione e, be’, fare arrabbiare quel tipo era piuttosto divertente.
— Ovvio! — rispose, con aria da superiore, imitando una posa davvero buffa, in cui riponeva tutte e due le mani sui fianchi.
— Allora non avrai problemi se questa persona ti abbandona qui... — bofonchiò incrociando le gambe con fare saccente, facendo ricomparire la falce.
—…ah ehm... —
Il giovane dagli occhi ambrati scoppiò in una sonora risata - che parve un risolino malefico - il quale fece arrossire per la vergogna il riccioluto.
— Neh, bamboccio, da ora sei il mio servo. Per cui, sarò caritatevole, ma dovrò tagliarti quella lingua biforcuta, se continui di questo passo. — disse il primo, ancora sghignazzando compiaciuto del suo cosiddetto “acquisto”.
— Io sono il tuo che cosa?! — strillò in tutta risposta il castano, esasperato.
— Servo, schiavo, mettila come vuoi — definì meglio quella sottospecie di padrone o almeno così sentiva di essere.
— … —
Un silenzio spettrale cadde in quel momento.
— Che c’è? Hai perso la parola? — domandò interdetto l’ambrato, riprendendo a sistemarsi il mantello come meglio poteva.
— … —
Nuovamente nessuna risposta.
— Uff, che noioso che sei! — commentò dopo essere rimasto basito dal comportamento, a sua idea fanciullesco, dell’altro.
— Grazie. — bofonchiò alla fine.
— Prego. Mi devi la vita, dopotutto — confermò imitando uno sguardo serioso.
— Poi sarei io l’egocentrico, eh? — rispose sarcastico il castano.
— Appunto. —
— Idiota! —
— Zitto, zerbino! —
— Cretino. —
— Il cretino ha salvato il suo real di dietro, quindi, mio caro, la sua vita mi appartiene. —
A quest’ultimo commento, ormai al colmo della sopportazione, scattò in piedi Shindou, palesemente irritato.
— Dove pensi di andare? — si limitò a proferire il blu, mentre scendeva anche lui, iniziando a seguirlo.
— Da qualsiasi parte, basta che non ti veda più! — ribatté il castano, tentando di affrettare il passo.
— Ma come siamo acidi, neh? — lo schernì l’ambrato.
— “Acido” è il mio secondo nome. — continuò Takuto, svoltando qua e là nel tentativo di seminarlo: andare alla rinfusa non gli era mai piaciuto.
— Ti dona. —
— Lo so. —
Per l’ennesima volta, il silenzio si fece largo nell’abisso, rotto solamente dai frettolosi passi di Shindou e quelli leggeri e felpati dell’altro.
— Comunque non dovresti allontanarti troppo da me. — lo avvertì con tono premuroso e forse non da lui il blu, mentre notava degli occhi rossi nascosti nell’oscurità.
— Che c’è? Da quanto t’importa? — domandò quasi con curiosità  il castano.
— … —
Il ragazzo con la falce si ammutolì, fermandosi di botto, come se stesse attendendo un segno
— Allora? —
La domanda di Shindou si perse come nel vento. Dispersa nel nulla.
— Zitto e cammina. —
— Dove? — chiese, facendosi coraggio.
— … —
Ancora nessuna risposta, però in compenso il blu riprese ad avanzare, avvicinandosi completamente a lui, come se temesse un attacco da un momento all’altro.
— Cercherò l’uscita da solo. — si scostò infastidito, mentre si stava per rendere conto di due paia di occhi che da tempo ormai lo stavano seguendo.
— Fermo, baka. Ti farai ammazzare! — gli sussurrò Kyousuke nell’orecchio.
Rabbrividì, mentre gli indicava quel rossore nel buio.
Trattenne il respiro, ringraziando mentalmente quell’idiota per averlo avvertito.
— Quindi? Che dovrei fare? — si ricompose, mantenendo il tono della voce più basso che poté.
Si avvicinò nuovamente al suo interlocutore.
—Un modo ci sarebbe. Ed è l’unico che conosco. — sorrise l’ambrato.
— Ovvero? — domandò, incuriosito dall'atteggiamento dell’altro mentre si scostava un ciuffo di capelli castani dal viso e lo portava all'orecchio.
— Ogni tanto nell’Abisso c’è scompiglio, perché un chain si lega ad un umano... — fece intendere, volgendo lo sguardo verso l’alto.
— Cos’è un chain? — chiese, sorpreso.
—Razza di buono a nulla, ancora non l’hai capito?—
—…? —
—… praticamente sono esseri con poteri, come quel mostro che ti ha attaccato ed io stesso. — spiegò il blu, abbassando gli occhi a terra e premendo la mano destra al petto. Sorrise tristemente.
— Tu? — mormorò, come se non fosse stata una domanda.
— Be’, che ti aspettavi? — riprese sornione il ragazzo dagli occhi color ambra.
— Unicorni e arcobaleni. — scherzò Shindou, cercando di alleggerire la tensione che si era creata tra i due.
— Ma in che razza di mondo vivi? — ridacchiò il blu.
— Nell’unico che esiste o almeno così credevo... — spiegò.
— Ho paura di chiederti altro. — esclamò divertito, come se fosse stato tutto un gioco.
— Fai bene! — definì il castano, riprendendo la posa buffa di prima.
— Sai, però, mi piacerebbe vederlo, il mondo di sopra. Credo che sia legato ai miei ricordi… — sospirò interdetto, sperando che l’altro non l’avesse ascoltato.
— Come fai ad avere dei ricordi del mio mondo? — riprese Takuto, turbato.
— Non lo so. Ce li ho e basta. — tagliò corto l’interpellato.
— Ce li hai e… basta? Ottimo punto di partenza! —
— Vogliamo parlare di te, Miss Piagnone? — bofonchiò, ridacchiando, Kyousuke.
— Sono un maschio. — fece intendere, incrociando le braccia al petto e alzando il sopracciglio destro, scatenando nuovamente un’altra risata.
— Ma se strillavi come una femminuccia! — sopraggiunse l’altro, mentre cercava di riprendersi.
— Tu stavi ascoltando?! — domandò scandalizzato.
— Avevo un posto in prima fila! — continuò sogghignando “l’amico”, che, per stare in piedi, era stato costretto ad appoggiarsi all’arma che portava con sé.
Scoppiò nuovamente a ridere. Era troppo buffo quando era imbarazzato, specialmente se si trattava di farlo irritare. Mai riso tanto in vita sua.
— Comunque dicevo, l’unico modo per uscire, è legarsi ad un umano per me e ad un chain per te. Io, però, non ho ancora trovato quello giusto — confermò l’ambrato.
— E come sarebbe quello giusto? — lo sollecitò.
— Qualcuno con un intensa forza vitale. — spiegò senza troppi complimenti.
— Allora hai trovato l’umano sbagliato... — sospirò, quasi sarcasticamente dispiaciuto Takuto.
— Non mi stavo riferendo a te. — brontolò.
— E a chi? — s’incuriosì il castano.
— A qualcuno nei miei ricordi. — continuò il blu, senza troppe pretese.
— Tu, comunque, devi un trovare un chain. Buona fortuna, mio caro, sempre che tu riesca a sopravvivere. Se morirai, potrei perfino decidere di fare una tomba e ricordare la tua memoria… Però gli altri chain di solito divorano tutto il corpo, lo sai? — ridacchiò Kyosuke, cercando cambire argomento.
— Ora lo so. — rispose sarcastico Shindou.
— Ma bravo, almeno hai imparato a stare attento! — bofonchiò per l’ennesima volta l’armato.
— Quindi? — si decise il castano, alla fine.
— Quindi mi godrò lo spettacolo in prima classe. Dopotutto sei il mio servo, no? — rivelò, rigirandosi la falce in mano e nascondendo un sorrisetto.
— Be’, padrone, allora divertiti quaggiù! — ribatté, con lo stesso tono il diciassettenne.
— Ci puoi giurare. —
— Addio, —
— Addio. —
Il castano riprese così la sua lunga corsa verso il nulla, alla ricerca di una qualsiasi cosa che avesse potuto utilizzare quantomeno come arma. Il pensiero però ritornava sempre alla sua famiglia e ai suoi amici.
Brontolò, senza riuscire a fare più di una ventina di passi, mentre l’ombra di Kyousuke lo seguiva da dietro i cumuli di giocattoli rotti. Forse per proteggerlo, forse no.
— Allora, già ti arrendi? — domandò poi, quando Takuto si fermò.
Nessuna risposta, se non dei pugni sbattuti a terra, che fecero sussultare l’interlocutore.
— Non mi aspettavo un tipo così arrendevole! — lo schernì, soddisfatto.
— E allora che ti aspettavi? — chiese, irritato.
— Niente, un po’ di forza di volontà, magari. Non c’è quasi gusto… — sbuffò, annoiato, rigirandosi tra le dita i capelli.
— Non sono un burattino. — esordì Takuto.
— Posso assicurarti che lo sei, tutti lo sono...  — ribatté il blu, spaparanzandosi su un cumulo di imbottitura di peluches, sulla destra di Shindou.
Non sempre tutti i tasselli vanno al loro posto per completare il puzzle ripeté meccanicamente, come se non fosse stato lui a parlare.
Ho già sentito questa frase, sai? — rivelò il blu, sussultando nel sentirla.
— Anche io. —
Kyosuke si allontanò, incupito, ritornando sui suoi passi.
—… aspetta. — disse, sentendosi in colpa, come se gli avesse fatto ricordare qualcosa di veramente spiacevole.
Nessuna risposta.
Continuò a camminare.
— Cosa hai detto che serve, per uscire da qui? — domandò in fine, stremato nel tentativo di attirare l’attenzione del chain.
Ci riuscì.
— Tu hai bisogno di un chain ed io di un umano. — rispose e i  suoi occhi lampeggiarono nell’oscurità.
— Non vedi che abbiamo tutto quel che ci serve? — sospirò, prendendo o, meglio, appoggiando la mano sulla spalla di Kyousuke ed emanando un calore che fece scattare quest’ultimo per la sorpresa.
— Ma poco fa non eri contrario? — riprese.
— Voglio solo uscire da qui. — commentò il diciassettenne, esausto.
— Saggia scelta, ma dovrai rispettare due miei condizioni, mio piccolo servetto. — spiegò il blu, riprendendo il tono saccente di prima.
— Del tipo? —
— A, voglio vedere il mondo esterno... — cominciò.
— Penso si possa fare. — analizzò il castano.
—… e, B, mi dovrai aiutare a ricostruire i pezzi del mio passato… Ricorda che dovrai sottostare a me,  schiavetto. — definì al meglio l’ambrato, sorridendo sornione.
— Anche io ho due condizioni: per primo, non osare più chiamarmi “schiavetto” e, secondo, voglio trovare le risposte alle mie domande, quindi tu dovrai essere pronto a combattere, se sarà necessario. — lo  avvisò il ragazzo, notando lo stupore nelle iridi del chain.
— Sembra divertente, ci sto. Penso sia d’obbligo sapere il tuo nome, ora, no? — si decise finalmente il blu.
— Mi chiamo Shindou, Shindou Takuto. — si presentò.
— E tu? — chiese.
— Dovresti saperlo: mi hai chiamato tu. Kyousuke, il mio cognome non deve interessarti. — ribatté.
— Allora non farò domande. — annuì il compagno.
— Bene, vedo che impari in fretta! — sorrise.
— Diamoci una mossa. — riprese il blu, mentre riafferrò la falce dal cumulo.
— Tra poco il portale dovrebbe aprirsi. Solitamente appare quando la linea bianca che vedi nel cielo si scurisce — indicò il chain, alzando il viso.
 Shindou non se n’era accorto.
— Sta per iniziare, vieni. Sei pronto? — domandò.
— Sì —
— Bene —

 
 
§ ✶ §
 
 
 
 
La luce chiara e intensa allo stesso tempo, illuminò l’oscurità dell’Abisso, mentre gli altri chain si nascondevano solo al sol vederlo.
Shindou dovette coprirsi gli occhi per non rimanere accecato, mentre Kyousuke lo trascinava con forza, saltando da una parte all’altra con un’agilità straordinaria.
— Manca poco — aggiunse poi il blu, fissando con iridi languide in castano, finché non sentirono una forza trascinarli via, come se stessero volando.
Fluttuavano e si fermarono a pochi passi dall’apertura, tuttavia non riuscivano a proseguire.
Takuto non capì, ma l’altro aveva una vaga idea: il contratto doveva essere stipulato e non bastava certo un assenso.
Così, senza attendere a lungo, il chain prese tra le mani il viso del diciassettenne, affondando le dita nei morbidi riccioli, scompigliandogli leggermente la chioma.
Shindou non ebbe il tempo di comprendere la situazione che si ritrovò delle labbra delicate sulle sue, mentre il blu chiudeva gli occhi, seguito a ruota dal ragazzo, che si lasciò andare forse avvolto da una miriade di sensazioni.
Per un attimo, pensò di sognare.
 
Un varco si aprì poco dopo, nello stesso punto dove Takuto era stato risucchiato.
L’orologio suonò di nuovo, risvegliando il diciassettenne e riportandolo alla realtà.
Si alzò lentamente, cercando appoggio, finché non si rizzò degnamente.
Osservò tutt’intorno e notò che le piante avevano completamente avvolto l’edificio, sia lentamente che esternamente.
Per qualche secondo pensò che, quello che aveva vissuto, fosse tutto un sogno e quell’antipatico solo un vecchio ricordo. O almeno sperò.
Se fosse stato tutto vero, aveva dato il suo primo bacio ad un ragazzo, UN RAGAZZO!
Solamente l’averlo in mente lo faceva raggelare.
Addio onore, fama e dignità.

 
§ ✶ §

 
— Tutta colpa di quello stupido coso dai capelli blu! —
Proseguì diritto, con ancora pensieri malevoli in testa, finché, bofonchiando nuovamente il nome di Kyousuke, si ritrovò a scendere le scale.
E lì, al medesimo insulto, la sua gamba agì di volontà propria, facendolo inciampare. Così, si trovò a rotolare per i gradini, ma, fortunatamente, un braccio saldo l’afferrò di colpo.
— Sei rimasto il solito idiota. — disse l’albino, mentre tentava di sorreggerlo.
— E tu sei rimasto proprio gentilissimo, guarda! — ribatté Takuto, appoggiandosi al corrimano, facendo segno a Gamma che non aveva bisogno del suo aiuto.
 

 
§ ✶ §


Prima che potesse aprire il portone, la sagoma di una ragazza gli apparve davanti, spalancando l’ingresso e facendo sbattere un’anta contro il viso del povero albino che per poco non urlò per la frustrazione.
— Volevi per caso uccidermi? — strabuzzò Gamma, dopo essersi ripreso per poi rivolgere un’occhiataccia a Beta che, nel frattempo, se ne stava tranquilla a sogghignare maleficamente.
— C’ero andata vicina? Vuol dire che sto migliorando, non sei contento? — ridacchiò lei, sventolandosi con un ventaglio acquamarina.
— Ringrazia che non siamo a casa. — sbottò il maggiore.
Shindou, invece, rimase fermo sul posto, ridendo sotto i baffi per quella stranissima situazione: erano davvero due tipi particolari. Successivamente, però, una terza persona si unì al gruppo.
Inizialmente, non riuscì a distinguere bene la figura, poi, man mano, i tratti si fecero più distinti.
— Lady Tasuke, vi prego di calmarvi, non credo sia il momento adatto per litigare… è da molto che non ci vediamo bocchan, si ricorda di me? — esordì quest’ultimo.
A Takuto strabuzzarono gli occhi, pronunciando il suo nome;
Kirino sembrava più maturo, seppur conservasse la stessa giovinezza di una volta.
Sentì le gote arrossarsi, ma qualcosa o, meglio, il suo braccio schiaffeggiò la sua stessa faccia.
Iniziò ad avere difficoltà a respirare, poi sembrò calmarsi, lasciando gli altri completamente senza parole.
Kirino s’incupì e anche l’aria degli altri due non era rassicurante, tuttavia finsero di calmarsi, accompagnando Shindou via.

 
§ ✶ §


Giunti alla residenza Tasuke, si domandò il perché lo avessero portato nella casa dove Gamma e Beta vivevano.
Che fosse una specie di sequestro? Perché non lo avevano riportato dallo zio?
Non ebbe il tempo di entrare, che venne accolto da una miriade di servitori che si accingevano a preparare la tavola per il pranzo, così, si accomodarono.
— Sarai affamato, mangia pure tutto ciò che vuoi! — lo incoraggiò Beta.
Non se lo fece ripetere due volte che subito si lanciò sui vari piatti con un atteggiamento che non era da lui.
A quel punto, Kirino gli balzò alle spalle, minacciandolo alla gola, ma il castano non sembrò per niente sorpreso, anzi, schivò e riuscì a sopraffare facilmente il giovane dai capelli rosa e dagli occhi acquamarina.
Tuttavia parve turbato, come se fosse forzato ed iniziò a bloccarsi le braccia da solo, chiedendo agli altri di allontanarsi, ma non ebbe il tempo di fermarsi che Gamma lo colpì alla schiena col fondo di una lancia, spingendolo a terra.
Appena riprese conoscenza, Takuto sentì un peso su di lui e, prima che potesse nuovamente urlare come una femminuccia, venne zittito da un pugno dietro la testa.
Il blu, sopra di lui, si alzò lentamente, cercando di muovere braccia e gambe per abituarsi ancora al proprio corpo, tra lo stupore di tutti.
— Un chain. Shindou si è legato ad un chain! — bofonchiò Beta, stupita.
Il castano si drizzò, avvicinandosi all’altro con aria irritata, ma appena cercò di dire qualcosa, Gamma era partito all’attacco, tentando di aggredire Kyousuke, il quale provò a schivare i colpi per quel che poteva, visto che ancora non aveva ripreso completa abilità articolare.
Shindou trattenne un urlo, facendosi avanti per difenderlo con grande sorpresa del blu stesso.
— Se ti metti in mezzo, uccideranno anche te, sai? — aggiunse il chain, cercando di scostare il diciassettenne che, invece, si fece ancora più vicino a lui.
— Non essere idiota. Abbiamo un patto, no? — ribatté il castano, facendo arrossire l’altro.
L’albino, intanto, stava di nuovo per caricare, ma rimase allibito dal fatto che il castano si fosse interposto, lasciandosi colpire.
Attraverso la camicia, ormai distrutta, era possibile vedere il marchio che segnava il legame.
Prima che potesse far altro, Kirino si premurò di fermarlo.
Beta si fece avanti, invitando nuovamente Shindou e l’oramai compagno ad accomodarsi.
Kyousuke, però, ignorò il comando uscendo fuori.
Socchiuse gli occhi, lasciando che il vento gli smuovesse i capelli, abbandonandosi a quel calore e a quella meravigliosa luce.
Takuto, intanto, si era avvicinato ed arrossì impercettibilmente, finché la voce del chain non lo distolse dai suoi pensieri.
— Il sole. Lo vedi anche tu, vero? Non è meraviglioso? — esordì l’altro.
Il castano sussultò e non poté che sorridere ed annuire. 
Se s’impegnava, forse, quel tipo non era poi così male.
— Neh, servetto, la smetti di contemplare il mio aspetto? — domandò poi il cosiddetto “padrone”, vedendo Shindou completamente abbindolato.
Questi, irritato, gli gridò contro:
— NON MI AVEVI PROMESSO CHE NON MI AVRESTI PIU’ COSI’?! —
— Hai detto “schiavetto”, non “servetto”, servetto! —
A quelle parole il castano non poté far altro che minacciarlo nuovamente con una linguaccia, il che provocò una reazione spazientita del blu.
Ma prima che potessero azzuffarsi, Kirino li bloccò.


 
Shindou, sono passati dieci anni, lo sai?
 
 
 § ✶ §

 



Zampettava contenta nel suo mondo di specchi, dove tutto era niente e niente era tutto.
Saltellava entusiasta come un bambino di fronte a qualche caramella.
Il tintinnio del campanello che portava al collo sembrava rimbombare per tutto il corridoio ripetutamente, come fosse una registrazione.
— Questa volta riuscirò a giocare anche io. Non rimarrò mica indietro! — scostò i capelli violetti, mentre uno specchio si materializzava davanti ai suoi occhi. Arricciò la coda e si sistemò le orecchie, con fare attento.
— Neh, neh, meow. Che ne dici di giocare al gatto col topo? Neh, bocchan? —
 
 

 
 
§ ✶ §

 
— Ancora non me ne capacito… sono passati solo cinque anni — aggiunse per l’ennesima volta la ragazza dai capelli verdini, mentre sistemava le lenzuola della camera appartenuta a Takuto.
—  Prima il padroncino, poi anche lei. Ho paura, davvero, Ichinose — continuò, interdetta.
Kazuya, seduto sul davanzale della finestra, continuava a fissare il cielo azzurro.
— Non permetterò a nessuno di farti del male, Aki. Ma, ad essere sinceri, neanche io mi aspettavo una morte così orripilante per Fuyuka. Era fragile già di suo, ma il modo in cui è stata uccisa è… mostruoso. Non oso immaginare chi sia stato, ma quando e se lo troverò dovrà pregare per avere l’ultimo desiderio. — sussurrò i castano, soffermandosi a guardare le proprie mani, come per far forza a se stesso.
Il pianto di Aki, ancora una volta, venne disperso dal vento.


 





 
Angolo delle autrici prossimamente in seduta psichiatrica Image and video hosting by TinyPic

*Piccolo appunto: Anchobi vuol dire Alice

Allura, nonostante io sia alla ricerca dei pinguipandanicorni...
Spero che la grafica vi sia piaciuta perchè ci ho messo tanto e contemporaneamente arrivava mia madre alla cavolus che mi chiedeva di fare le faccende di casa- sono pigraH.

 Eccomi qui, - Se non pubblicavo in tempo Iris mi uccideva AHEM -, e beh, che dire. (?)
Trallallà ouo <--- sono fuori di testa (vabbeh che io sono scema).
Sono finita in punizione, ma ce l'ho fatta ad avere il permesso! - e internet non mi partiva.
MA SONO PROPRIO SFIGATAH.
 
In questo capitolo io e Iris ne abbiamo sparate di cavolate Random.
NON POTETE IMMAGINARE QUANTO ABBIAMO GODUTO A FAR FARE LA FIGURA DELLO SCEMO A SHINDOU (?).
Si, ci siamo davvero divertite! Soprattutto per i dialoghi che li abbiamo letteralmente ruolati!
Io/Kyousuke e Iris/Shindou. <3
Un po' di ooc si noterà, ma stavolta è voluto (?)//linciaggio-
Non lanciateci pomodori, al limte biscotti -wtf

Iris: Speriamo che il primo capitolo vi sia piaciuto e che via abbia quantomeno incuriosito! *sventola Unicorno*
Mary: Gli aggiornamenti saranno costanti, una volta a settimana, di sabato e boh(?).
*porge biscotti e meringhe*
 
Donate una recensione alla fic, salverete tanti pinguipandanicorni in via di estinzione/ e mandare le autrici in un manicomio con qualche confort-What(?)
 
//ognimessaggiosubliminaleèpuramentecasuale(?) 
   
 
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