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Autore: marinrin    23/08/2014    4 recensioni
{ Simple crossover con Pandora Hearts ♥ } { co-autrice Iris }
{ long - fic } { leggero ooc -voluto- } { fluff; angst; azione; comico (?) }
{ KyoTaku | RanMasa | SaruFey | Taiichi | e altre pair accennate}

— Ognuno di noi ha qualcosa che tende a nascondere e solitamente il vero terrore è affrontare la realtà. E tu, rivuoi i tuoi ricordi? Vuoi davvero soffrire ancora? Ti aggrapperai davvero a quest’ultima speranza? Stai tentando di scappare, lo vedo. —
— E’ questa la realtà? I miei ricordi ne facevano e continuano a farne parte? Non sono sicuro di essere pronto ad accettare tutto in… così poco tempo. Sempre che io abbia la possibilità di scegliere. —
— ”Tempo”. Che parola strana, non trovi? Ogni essere umano ne ha, eppure è così fragile, può essere spezzato facilmente dalla lama del destino. Allora, perché cerchi di scappare, perché cerchi la luce o un suo piccolo bagliore nel buio che ti circonda? —

hope you like it ♥
Mary
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Soul of Eternity Pandora Hearts
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Hai paura del buio?

— Non ci ho mai pensato. Però, be’, sì.
La paura del buio indica semplicemente il timore dell’ignoto. —

Già… ma, ad essere sinceri, anche l’oscurità ha il suo lato affascinante.
Perché, in un certo senso, è più buona della luce.
E forse, l’ignoto non fa altro che avvolgere le nostre paure...
  Tu di cosa hai paura?


— … —.

L’oscurità, se ci pensi, non fa paura.
Non c’è niente da temere: non ci sono pianti;
non c’è rancore; non c’è odio;
non c’è guerra.
Il nulla stesso ci appartiene, lo sai?


— … —

Se ti lasci avvolgere nel suo abbraccio mortale, vedrai che il dolore sarà solo un minuscolo ricordo disperso nel vento che oramai qui non soffia più. 

 —Il dolore fa paura, anche i ricordi…
Ho ancora dei ricordi? —

Ognuno di noi ha qualcosa che tende a nascondere e solitamente il vero terrore è affrontare la realtà.
E tu, rivuoi i tuoi ricordi?
Vuoi davvero soffrire ancora?
Ti aggrapperai davvero a quest’ultima speranza?
Stai tentando di scappare, lo vedo. —


— E’ questa la realtà?
I miei ricordi ne facevano e continuano a farne parte?
Non sono sicuro di essere pronto ad accettare tutto in… così poco tempo.
Sempre che io abbia la possibilità di scegliere. —

”Tempo”. Che parola strana, non trovi? Ogni essere umano ne ha, eppure è così fragile, può essere spezzato facilmente dalla lama del destino. Allora, perché cerchi di scappare, perché cerchi la luce o un suo piccolo bagliore nel buio che ti circonda?

— Perché la luce è parte di me esattamente quanto lo è l’oscurità.
Non la voglio eliminare; non posso cancellare me stesso. —

Ricorda tuttavia che non puoi scappare a lungo.
La tua luce non potrà nasconderti dal tuo passato;
scappa pure se vuoi, ma presto o tardi dovrai affrontare il ticchettio del fato.
Sarai uno squarcio dell’oscurità stessa. 

 

 


 

 
Una ragazzina dai lunghi capelli castani riccioluti saltellava allegra per il giardino.
In testa, portava una graziosa fascia verde menta, che si confondeva con l
erba.
Raccoglieva piccole margherite, iniziando a comporre meravigliose creazioni, quali collane e braccialetti che, all
apparenza, sembravano emanare un insolito calore, forse infuso dallamore con cui li intrecciava.
Poi, d
un tratto, girò il suo viso verso il grande portone della casa che si ergeva di fronte a lei, eppure, per quanto di sforzasse, Takuto non riusciva a delineare i lineamenti del volto.
I suoi occhi scivolavano dalla testa della giovane al meraviglioso vestito che questa indossava, pieno di merletti e disegni floreali che sembravano fondersi con il paesaggio stesso.
Gli sembr
ò che stesse sorridendo, finché non prese parola.
Onii-chan
     
 
§ ✶ §
 
 
Shindou sobbalzò dal letto, portandosi stancamente una mano al viso.
Corrucciò la fronte, aggrottando leggermente le sopracciglia.
Sospirò pesantemente.
Ancora una volta quel sogno.
Era  da almeno un mese che, puntualmente, era tutte le notti la stessa storia.
C’erano momenti, in cui gli sembrava di soffrire d’insonnia, perché, nonostante dormisse, si sentiva stanco come non mai.
Il sole del mattino, però, lo rincuorava, riportandolo finalmente alla luce della realtà.
Intanto, fuori dalla sua porta, c’era un gran via vai di gente.
Ne percepiva la presenza, i passi lenti e quelli più veloci, alcuni goffi e altri decisi e sicuri, finché non udì un rumore piuttosto familiare.
— E’ sveglio, bocchan? —, esordì una vocina sottile, con immane delicatezza, mentre la figura esile di una ragazzina si ergeva dalla porta della stanza.
Quel profilo ben presto si delineò, mostrando dei corti capelli verdini e degli occhi color smeraldo.
Indossava l’apparente dodicenne un piccolo completo da cameriera con una gonna, che, sbarazzina, le ricadeva fino al ginocchio.
Un urlo, poi, riecheggiò fin nella camera.
Il povero Ichinose entrò sbattendo contro l’enorme portone in ciliegio, provocando una risata generale, finché una quarta voce si unì al trio.
Ancora impaurita, per la sua timidezza, una fanciulla dalla chioma violetta non comparve sulla soglia, con un enorme vassoio colmo di leccornie.
Tra brioches, pasticcini, biscotti e una teiera colma di tè fumante Shindou non aveva di che lamentarsi, tuttavia si limitò a gustare solo la bevanda.
— Shin-sama —, esordì Fuyuka tremante — Non è di tuo gradimento? Desideri qualcos’altro? —.
Takuto annuì, sfoggiando un sorriso di gratitudine verso la ragazza. Tuttavia ad Aki non sfuggì un lieve pallore sul viso del padroncino. Così, attenta, ne osservò per qualche interminabile secondo il volto.
— Non ti senti bene? —, si accodò, preoccupata.
Ichinose, invece, non faceva che rimuginare qualcosa sull’aspetto che il diciassettenne aveva.
Cose che non sfuggirono alle orecchie acute del maggiore, il quale, in tutta risposta, sbuffò contrariato.
Un gatto, intanto, prese a miagolare, con tono lamentoso, accucciato sul parapetto dell’enorme balcone, che si apriva a pochi passi dal lettone ad una piazza e mezza.
A quel suono Ichinose sobbalzò, fissando truce il povero animale che non lo degnò d’uno sguardo. Rabbrividì.
Aki non riuscì a trattenere una risata.
Per Shindou era finalmente arrivata la tanto attesa occasione di rivedere il padre, nel giorno del suo compleanno.
Diciassette anni.
Ancora stentava a crederci; sembrava tutto così reale, come fosse un sogno, un miraggio dettato dalla fantasia.
Non aveva mai avuto rapporti con il genitore ed erano rare le occasioni in cui poteva vederlo.
Anche durante le feste natalizie, non aveva avuto modo di vederlo.
Per fortuna, però, c’erano Aki, Ichinose e Fuyuka, nonché suo zio Endou, che ogni giorno gli facevano ritrovare il sorriso.
Facendo uscire i tre, schernendoli come sempre, iniziò a vestirsi con abiti piuttosto eleganti, per l’occasione.
Si guardò allo specchio, sistemandosi alla meglio i capelli castani che, delicati, gli ricadevano sul viso niveo.
Le iridi castane, poi, sembravano splendere come diamanti.
Ammiccò sorridendo, notando il suo aspetto impeccabile.
Chissà, quella sera al ballo, avrebbe anche potuto far colpo su qualche giovane donzella. 
A quel pensiero, arrossì vistosamente.
Sì, quest’anno sarebbe stata volta buona, avrebbe trovato la ragazza perfetta.
Anche perché negli ultimi tempi, non aveva avuto modo di uscire di casa e questo aveva limitato, come diceva suo zio Endou, lo “charme”. Sospirò.
A star con i pazzi, sarebbe diventato pazzo anche lui, di questo passo.
Uscito poi dalla camera, si recò come sempre a dare il buongiorno ai suoi zii, che lo aspettavano solitamente in giardino. Ridacchiò al pensiero di sua zia visibilmente sconvolta, perché, per qualche strana ragione, odiava qualsiasi insetto, persino le farfalle; la reazione era un qualcosa di troppo comico per essere definita.
Stavolta, però, all’uscio dell’enorme finestra che conduceva all’esterno non trovò le sagome dei due, bensì quelle di un ragazzo dai capelli argentati ed una donzella dalla chioma verde acqua.
Sussultò per la sorpresa.
— Neh, neh e questo sarebbe il famoso Shindou-kun? — , chiese, con tono affabile e dolciastro la ragazza, girandosi verso l’interpellato, che, così, incrociò gli enormi occhi violacei.
S’imbarazzo, a quella vista. Effettivamente quest’ultima era piuttosto carina, così, con fare attento, prese una rosa e gliela porse sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi.
Beta, questo era il suo nome, finse una risatina nervosa, suscitando lo sguardo glaciale del suo accompagnatore, che evitò il contatto visivo.
Gamma, alias l’albino, raggelò il castano sul posto con uno di quegli sguardi all’intendere che, se avesse continuato, l’avrebbe seriamente fulminato lì. Shindou sussultò nuovamente, stavolta per il terrore.
— Non sai che se strappi un fiore, lo priverai della sua bellezza? —, disse poi il ragazzo dai capelli argento.
— Non ci avevo mai pensato, in effetti, però hai ragione. Non me n’ero accorto —, continuò il diciassettenne, evidentemente in imbarazzo.
Beta, intanto, aveva già adocchiato i pasticcini e ne prese uno, piuttosto soddisfatta.
— Ma che bravo ragazzo, ha preferito ammettere la sua colpa! Davvero molto cute , rise la giovane, cercando di togliere i due da quella strana situazione.
— Sbaglio o lei ha un accento inglese? —, domandò Takuto, con aria interdetta, avvicinando il vassoio alla verde acqua.
— Effettivamente, sia io che Beta, siamo stati per molto tempo in Inghilterra, in Francia, in Spagnia e persino in Germania; comunque non immaginavo che ti saresti accorto così facilmente del nostro accento, sinceramente —, disse Gamma, rigirandosi tra le mani una tazzina di tè, che aveva versato poco prima.
Il castano sorrise entusiasta, mentre osservava i suoi ospiti mangiare di gusto.
— Sono piuttosto sorpreso, avete viaggiato davvero molto. In ogni caso, ho molti parenti a Londra e per questo ho potuto imparare l’inglese piuttosto bene —, rispose Shindou, prendendo posto su una delle poltrone del giardino. 
Finalmente, dopo quasi venti minuti d’attesa, Endou e la sua consorte arrivarono.
Quest’ultima, con nonchalance si mise a sedere il più vicino possibile all’entrata della casa, forse pregando affinché nessun insetto le saltasse addosso.
— Stamattina, Hikari, mi è stata consegnata una strana lettera. Credo sia indirizzata al capo famiglia —, prese parola Beta, ammiccando un sorrisetto sornione. Shindou la guardò piuttosto stranito, se non sorpreso: era raro che il padre ricevesse lettere. Tuttavia, gli sembrò comunque normale. Era un essere umano, in fondo, no? In ogni caso, però, Gamma si prese la premura di avvertirlo di non aprire giacché, ribatté, non era indirizzata a lui.
Shindou, così, si limitò ad annuire. Endou, però, non diede tempo di spiegarsi e intervenne: — Se ci sono problemi con mio fratello, può parlarne anche con me —.
La reazione di Natsumi non si fece aspettare; li squadrò così in modo truce, come se  volesse congelarsi lì.
— Takuto,  prendi la lettera e vai in camera tua. Io e tuo zio, dobbiamo parlare con questi signori —, riprese poi la ramata.
Per qualche strana ragione, neanche Natsumi sembrava mantenere la calma; davanti al diciassettenne, c’era un aria piuttosto tesa e così optò per allontanarsi.
L’espressione dei suoi zii non gli piacque per niente.
 
 
§ ✶ §
 
 
Entrato in camera, di nuovo, Shindou la trovò completamente in subbuglio, fra letto disfatto e cuscini per terra, per non parlare della sua raccolta di fotografie.
Si chiese seriamente se non fosse passato di lì un uragano e invece trovò tre chiome, violetta verde e castana, immerse in quel caos.
Iniziò a ridere e non riuscì a fermarsi per almeno cinque minuti, perché le loro facce erano qualcosa di troppo buffo per essere descritto.
Ichinose, forse, aveva fatto tutte le sue solite sbattute squallide e, probabilmente, Aki lo aveva preso a calci mentre Fuyuka aveva tentato di fermarla.
Ad azzardare queste ipotesi, si sentiva davvero un detective privato di Scotland Yard.
Si stava divertendo davvero molto, però adesso la sua stanza era diventata uno sgabuzzino e di certo non poteva rimanere lì.
Sgridò quei pasticcioni, ribadendo che adesso avrebbero dovuto pulire loro, cosa che a Kazuya non piacque per niente.
Perché, diciamolo, odiava pulire.
Intanto, presero a scusarsi con aria colpevole, facendo sfuggire un’altra risata al diciassettenne, il quale, poco dopo, sparì di nuovo oltre la soglia della porta.
Magari, se si fosse rilassato nel giardino di rose, quell’emicrania, che dalla mattina precedente lo tormentata, avrebbe dato segni di resa.
Eppure, appena fatti i primi passi, un capogiro lo costrinse ad accasciarsi a terra, mentre una gonnellina  vermiglia si delineava da dietro i cespugli.

 
§ ✶ §
 
 
Onii-chan, mi hai trovata! Quand’è che mi vieni a cercare di nuovo? Vediamo se mi trovi! —, disse questa con voce infantile, ondeggiando i capelli riccioluti, per poi correre incontro a Takuto.
Nonostante ciò, non riusciva a vederne il volto, proprio come nel sogno.
Lo attraversò ed un brivido di freddo lo percorse lungo la colonna vertebrale.
 
Cosa voleva dire tutto questo?
 
E chi era, poi, soprattutto? Perché lo chiamava onii-chan?
Lui, del resto, non aveva nessuna sorella.
Aspettò paziente l’arrivo del padre, per chiedergli magari qualche spiegazione al riguardo.
Questo gli ricordava qualcosa che non voleva emergere.
Tutto troppo familiare.
Cosa stava nascondendo a sé stesso? Questa domanda lo stava lentamente distruggendo.
Attese fino al pomeriggio inoltrato, cercando ancora di riprendersi dall’accaduto.
Tuttavia, quella lettera, non faceva che incuriosirlo sempre di più: si era sempre occupato degli affari di famiglia, in assenza del genitore, quindi, pensò che avrebbe potuto aprirla.
Così, mosso dall’estrema curiosità infantile di sapere, prese il tagliacarte e stracciò la busta.
 

 
Spett.le Shindou Takuto,
 
Consapevoli che non avrebbe seguito le indicazioni a lei fornite dai nostri collaboratori, la invitiamo a svolgere una ricerca.
Prima di esprimere chiaramente cosa desideriamo che lei faccia, ci lasci spendere due parole a proposito dellincidente di sua sorella Anchobi due anni addietro.
Ci duole doverle ricordare questo sgradevole episodio in un giorno tanto importante, tuttavia è fondamentale che lei conosca quel che è di suo diritto sapere.
Il disastro che costò la vita alla sua sorellina è stato rimosso dal tempo; nessuno sarà tanto masochista da andare contro suo padre confermando ciò che le stiamo scrivendo, quindi è fondamentale che lei ci creda.
Anchobi è reale. E' vissuta.
Non è frutto della disgraziata mente malata di un vecchio.
Cerchi un oggetto che le apparteneva e si rechi questa sera alla Torre dellOrologio.
Ricordi: non c’è altra via.
Con ossequi,
Pandora
Post Scriptum: felicitazioni per il suo diciassettesimo compleanno.

 
 
E uno scherzo!”, continuò a ripetersi, “Non può essere vero”, per convincere più sé stesso che altri.
Era impossibile, tutta questa faccenda non aveva il minimo senso logico.
Un gioco crudele, di pessimo gusto.
Era diventato bianco come un cencio, non riusciva nemmeno a reggersi in piedi.
“Anchobi”, pronunciò ancora, interdetto, eppure tutto ciò che esprimeva il contenuto di quella busta color panna sembrava davvero riflettere la realtà, una realtà di cui non aveva ricordi né pensieri.
Per qualche secondo udì una risatina, che gli ricordava quella voce che lo richiamava sempre nei suoi sogni.
Se stava impazzendo, allora, lo stava facendo velocemente. 
Voleva scoprire la verità laddove questa potesse essere uguale alla sofferenza.
Corse via, nello studio del padre, per vedere se fosse almeno arrivato e non trovò anima viva se non quella specie di fantasma che aveva rivisto in giardino, che lo invitava a cercare un oggetto molto importante, che chiamava “ciondolo” o, semplicemente, “il mio principe azzurro”.
Poi svanì con la stessa velocità di com’era arrivata, dissolvendosi nella brezza che entrava, dalla grande finestra dell’ufficio.
Quasi non si spaventò, vedendola sparire; l’aveva vista così tante volte, che ormai gli sembrava abitudine.
Così, con passo svelto, percorse il lungo corridoio in cerca del minimo indizio.
Domandò infine persino a qualche cameriera, le quali appena udirono quel nome, rabbrividirono e si fingevano indaffarate, pur di non rispondere.
 
 
§ ✶ §
 
 
— Neh, Aki, mi puoi spiegare perché in biblioteca c’è sempre qualcuno a sorvegliare? —, domandò Ichinose alla prima.
Erano due anni che faceva parte di quella strana famiglia, che adesso chiamava casa, ma, in ogni caso, c’erano un sacco di cose che ancora non riusciva a spiegarsi.
La verde sobbalzò, come Fuyuka dietro di lei.
— C’è un segreto —, riprese la violetta «che non deve essere svelato».
— Si dice infatti che di notte, nella biblioteca, si veda una specie di fantasma, che girovaga fra gli enormi libroni, farfugliando: “non riuscirà mai a trovare il mio tesoro qui” — disse Aki, imitando una voce da scenario horror, che fece gelare il sangue all’amico, mentre Fuyuka si limitava ad annuire interdetta.
Takuto intanto aveva ascoltato il discorso appartandosi alla parete del corridoio principale.
Ecco che cosa gli tenevano nascosto; ora sapeva perché nessuno poteva entrare in quella stanza durante la notte.
All’imbrunire, sicuramente, avrebbe scoperto qualcosa.
Quando varcò la soglia, le teste dei tre scattarono meccanicamente verso di lui, con un'espressione sorpresa.
Facendo finta di nulla, prese posto accanto alla scrivania e, prima che potesse aprir bocca, li sentì scoppiare in una risata isterica che più che tale pareva un lamento stridulo.
Così, mentre questi uscivano frettolosamente dalla stanza,  lui, ancora la busta stretta nella mano, si lasciò cadere sulla sedia.
Rilesse nuovamente il contenuto della lettera, soffermandosi sulle foto e i vecchi ritagli, che non facevano altro che aumentare la sua preoccupazione.
Si parlava d’incidente, in cui anche lui era coinvolto, ma ne aveva alcun ricordo.
Inserì pian piano nel puzzle che si stava componendo nella sua mente, le parole degli amici e, così, si decise ancora di più ad esplorare la biblioteca.
 
 
§ ✶ §
 
 
Il ballo sarebbe iniziato di lì a poco, di conseguenza di nobili ce ne sarebbero stati davvero tantissimi.
Questo, in un certo senso, era un vantaggio.
Non sarebbe servito molto per distrarre le guardie alla porta.
Ora rimaneva un problema: gli invitati e i loro auguri.
Dilemma non da poco, ma non sarebbe stato certo questo a fermarlo.
Un’idea gli balzò in mente, piuttosto malefica: Kazuya gli doveva un favore, in fondo, visto che aveva rubato dalla dispensa l’ultima volta, facendo infuriare la cuoca e lui si era offerto di proteggerlo dall’ira della donna, che aveva già in mano un enorme randello.
Ichinooose-kuuun~ —, urlò poi nel corridoio, con tono canzonario, imitando una risata malefica.
La voce riecheggiò con fragore, finché non giunse alle orecchie dell’interpellato che raggelò all’istante.
La cosa non prometteva bene, per nulla.
Scappare, oh se avesse potuto farlo!
E gli incubi stavano solo per cominciare.
 
 
§ ✶ §

 
Le guardie ormai erano KO;
le loro pance erano colme di pasticcini alle prugne e ciò rimandava ad un’unica parola: toilette.
Shindou rise di gusto davanti a quella scena, in cui quelle povere anime scappavano via a gambe levate.
Senza chiederselo due volte ne approfittò ed entrò, varcando quell’enorme portone color panna.
Conosceva la biblioteca, tuttavia, non gli era mai capitato di entrarvi di notte.
Scontrarsi faccia a faccia o, per meglio dire, faccia e vuoto con quel fantasma era un’idea che non lo allettava per niente, ma non c'era scelta.
Spalancò le finestre, facendo entrare qualche bagliore di luce lunare, per poi accendere un piccolo lume che aveva avuto la lungimiranza di portare con sé.
Camminò a lungo tra gli scaffali, spostando qua e là qualche libro, facendo meno rumore possibile.
Avanzò a passo felpato, finché non raggiunse l’enorme parete che indicava la fine di quel stanza.
La luce della candela si spense improvvisamente, eppure non c’era vento.
 
 
§ ✶ §

 
Si sentiva un idiota, ringraziò mentalmente la possibilità di avere una maschera.
Stavolta avrebbe ucciso il suo padroncino, per davvero.
Mai stato più ridicolo in tutta la sua vita, non riusciva neanche a camminare con quel diamine di indumento.
Appariva come una bambolona di porcellana e lui non le aveva mai sopportate!
Si domandò come Takuto potesse fare un qualsiasi passo con quel vestito, il solo pensarci lo inquietava non poco.
Tutti gli occhi erano fissi su di lui e il terrore presto s’insinuò nel cuore del povero ragazzo, mentre una valanga di auguri e applausi veniva sfoggiata in quell’enorme salone.
Ringraziò nuovamente che la sua identità non sarebbe stata rivelata, anche se il fatto di non vedere gli altri nobili in viso per lo stesso motivo gli dava sui nervi.
Aki e Fuyuka strabuzzarono gli occhi, facendo cadere inavvertitamente le posate sul pavimento.
Il loro volto era un incrocio tra lo scandalizzato e lo spaventato.
Se quelle due l’avevano scoperto, quante speranze aveva?
 
§ ✶ §
 
 
Le tende delle finestre erano sospinte da qualcosa che non poteva essere definito come vento mentre l’esile figura, che ormai tormentava le sue giornate, apparve di fronte alle sue iridi color cioccolata.
Trattenne il respiro, nel tentativo di calmarsi e di prendere conoscenza di sé.
Onii-chan, non riuscirai a trovare il mio indizio, ne sono sicura~ —, lo canzonò con tono melodioso la fanciulla, quasi ridacchiò, per poi sparire.
La fiamma della candela si riaccese d’improvviso, come se tutto ciò non fosse mai accaduto.
Si appoggiò alla parete, tentando di riprendere fiato.
Perché lo stava contattando proprio ora? Perché non qualche hanno prima?
Cercò di non pensarci mentre un piantoci bambina riecheggiò tra gli scaffali.
Rimase lì per almeno un’ora, cercando un qualsiasi segno del passaggio di quella specie di fantasma.
Probabilmente, se la fiamma si fosse spenta, sarebbe stato vicino all’obiettivo.
Finalmente, udì nuovamente quella voce: — Perché mi hai dimenticata, onii-chan? Perché nessuno mi riconosce? —.
Eppure, le parole sembravano perdersi nel vento che da poco aveva preso a soffiare nella stanza.
Non ci volle molto. 
Notò, infatti, come si aspettava, un foglio di carta ingiallita dal tempo incastrata tra due ante della libreria.
Era piuttosto difficile da trovare, ma, per qualche ragione, Takuto era piuttosto bravo in questi giochi.
Tirò con forza e dei libri gli caddero addosso, al che s’intontì non poco.
 
Non sempre tutti i tasselli vanno al loro posto per completare il puzzle
 
Bofonchiò con voce titubante tra sé e sé.
C’era qualcosa in mezzo a quel tumulto di scartoffie e lui aveva intenzione di scoprire di cosa si trattasse.
Così, spingendo con tutte le forze che si ritrovava in corpo, cercò una breccia nella libreria e, quasi con sorpresa, trovò una porta serrata con assi di legno -nel tentativo di tenere tutti alla larga, forse-.
Ma no, non gli bastava, non si sarebbe fermato lì e si chiese seriamente perché diamine non ci avesse mai fatto caso prima.
Spostare quelle assi non sarebbe stato facile ma, facendo leva con un libro, iniziò pian piano a levarle tutte, aprendo finalmente quell’inviolabile luogo.
Un piccolo corridoio stretto, pieno di polvere e di legno tarlato, si apriva davanti ai suoi occhi con, alla fine, una nuova porta, chiusa però a chiave.
Nonostante avesse forzato la maniglia, sembrava come murata dall’interno.
Qualcosa, tuttavia, brillò alla luce della candela: Shindou allungò la mano per prenderla e notò che era un ciondolo a forma di cuore, con all’interno un orologio.
Iniziò a girargli la testa con l'arrivo della nausea, seguita a ruota da una fitta al cuore: davanti alle sue iridi presero a farsi largo delle immagini sfocate.
 

 
Un nitrito di cavalli;
ruote sulla strada;
la portiera che si apre: due corpi che rotolano.
Una gonna verde ed un ciondolo;
il cuore che batte a mille.
Un ragazzo dai capelli color notte;
la falce puntata contro di lui;
 
occhi dorati ed una risata malevola.

Buio.
 

 
Si appoggiò alla parete, reggendosi a stento.
Tutto ciò non poteva essere reale, sentiva gli occhi pizzicare, segno che le lacrime premevano per uscire.
Si portò una mano alla bocca, per regolarizzare il respiro: un incubo.
Iniziò a correre, mentre sentiva dei passi delinearsi dietro di lui.
Non voleva girarsi.
Scappò fuori dalla biblioteca, non curandosi di nulla.
Andare in quella torre, bene, il suo ultimo obiettivo.
Le guardie cercavano di seguirlo senza riuscire a raggiungerlo, perché qualcosa le stava trattenendo.

 
 
§ ✶ §
 
 
Ichinose sfuggì all’ultima delle tante ammiratrici di Shindou, afferrato per il polso da una presa salda e sicura.
Quando si trovò fuori dalla sala, poté finalmente guardare in viso il suo “salvatore”: capelli argentei e uno sguardo che ispirava tutto fuorché fiducia.
Accanto a quest’ultimo, una ragazza lo fissava divertita. “Che sia unaltra delle tante?”, si chiese.
Tuttavia, qualcosa gli diceva che non era così.
— Chi diamine sei, tu?! Dove è finito Shindou?! —, ruggì Gamma.
Il ragazzo rimase senza parole, dopo aver compreso di essere stato scoperto.

 
 § ✶ §

 
Apparentemente, la Torre dell’Orologio non era nulla di speciale.
Una struttura in decadenza la cui età era indefinibile.
Sentì degli occhi puntati su di lui, ma li ignorò e procedette imperterrito, finché non si trovò al penultimo piano della costruzione.
Qui si ergeva, sulla sommità delle scale che portavano al livello superiore, un enorme orologio, il quale non accennava a funzionare.
Non ebbe il tempo di girarsi che, a pochi passi da lui, sette uomini in nero armati con delle enormi spade, lo puntarono.
Il suo urlo parve strozzato, mentre questi si avvicinavano con aria minacciosa.
Ebbe paura.
D’un tratto, una sagoma si parò di fronte ai suoi occhi e al suo arrivo delle enormi catene la seguirono tramortendo quelle figure, per poi sparire a sua volta.
 
Mi stavi chiamando? Ho sentito la tua voce.
 
L’orologio suonò ed un baratro si aprì sotto i suoi piedi.
Il nulla lo avvolse, trascinandolo con sé.
 
 
 

 
Angolo delle autrici prossimamente in seduta psichiatricaImage and video hosting by TinyPic

Allura, nonostante io sia alla ricerca dei pinguipandanicorni...
 Un’altra cacciatrice si è aggiunta a me nell’ardua impresa di un capitolo per un’idea genial-
*viene presa in pieno da un biscotto*
Iris: …
Mary: Iris ma cosacavol-
Iris: Unicorni.
Mary: …
Iris: …
Mary: Reim x Break.
Iris: Ti auguro la morte di Tenma.
Mary: ReimxBreakxGilbertxManiglia (???).
Iris: *depression mode*
 
Vabbeh, a parti i nostri scleri – perchè si, mentre scrivevamo ne abbiamo sparate di cavolate random-, speriamo che il primo capitolo vi sia piaciuto e che via abbia quantomeno incuriosito.
Gli aggiornamenti saranno costanti, una volta a settimana, di sabato e boh(?).
*porge biscotti*
 
Donate una recensione alla fic, salverete tanti pinguipandanicorni in via di estinzione/ e mandare le autrici in un manicomio con qualche confort-What(?)
 
//ognimessaggiosubliminaleèpuramentecasuale(?) 

 
   
 
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