Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Melchio    31/08/2014    0 recensioni
Cinquantaquattresimi Hunger Games. Per la cinquantaquattresima volta, ventiquattro tributi si sono riuniti in un'arena, a combattere, in un duello di vita o di morte. Come sempre, solo uno di loro sopravviverà ai sanguinolenti giochi di Capitol City. Dal punto di vista di quasi tutti i tributi, si verrà a sapere di come sono andati questi Hunger Games.
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

OBEY TO DEATH

 

DISTRETTO CINQUE: KELON VERN

 

[Non temiamo la morte, ma il pensiero della morte.]

Lucio Annea Seneca

 

 

Kelon non era armato. Non era attrezzato, la prima cosa che aveva fatto era raccogliere uno zaino. Non aveva raccolto nessun arma. Era scappato subito.

Intorno a lui, c'erano quattro palazzi che si “guardavano.” Questi quattro palazzi erano però distrutti, sembrava che fossero reduci dell'attacco di una bomba. Manca persino il tetto. Immagino di dovermi accontentare. Kelon era sempre stato il tipo di persona che si accontenta. Aveva sempre lasciato fare, accettava sempre cosa gli veniva proposto. Ora però era da solo e gli toccava prendere delle decisioni, cosa alla quale non era abituato. Una volta lasciò che suo fratello, che era totalmente fuori di se si sfogasse su di lui. Prese solo due pugni, perché poi il fratello si rese conto di star facendo una pazzia, ma essendo suo fratello quattro anni più grande, erano stati comunque molto dolorosi. Caesar Flickerman gli aveva detto: “Kelon, tu devi vincere!” Anche lì, si era fatto mettere i piedi in testa, Kelon non voleva vincere, non all'inizio. Aveva solo quattordici anni, sapeva di non poter vincere. Aveva infatti deciso, e lui raramente decideva di far qualcosa, che si sarebbe suicidato, subito. Ma dopo aver sentito Caesar dire che doveva assolutamente vincere aveva deciso di provarci. Devi vincere, aveva detto. Devi assolutissimamentissimamente vincere. Se non vinci, non va bene. Nello zaino che aveva preso non aveva trovato nulla di utile. Una giacca impermeabile, dell'acqua e un coltello. Certo l'acqua era utile per sopravvivere, ma non per uccidere. Il coltello era affilato, ergo poteva uccidere un tributo, in caso fosse necessario, ma non era molto lungo, e avere uno scontro ravvicinato era pericoloso.

Entrò in uno dei palazzi, quello alla sua destra, sembrava essere quello messo meglio. Salì delle scale, anche se in alcuni punti mancavano i gradini, e salì al primo piano. Al primo piano non c'era assolutamente nulla, una stanza, vuota, senza una parete. Questa parete lo rendeva vulnerabile a chiunque fosse munito di un arco, il che non andava bene. Non a lui almeno. Quindi decise di salire un altro piano. Ad un certo punto, mentre saliva, appoggiò il piede destro su uno scalino. All'improvviso non sentì più la terra sotto i piedi, il gradino era crollato. La gamba destra sprofondò. Sto per morire. Adesso cado, sbatto la testa e muoio. Ma Caesar, cosa ne penserebbe? Aveva detto che dovevo vincere. Era un obbligo. Non posso deluderlo, non voglio deludere nessuno. Non posso morire, non adesso, non oggi. Prima di cadere riuscì ad aggrapparsi al penultimo scalino della gradinata, che per sua fortuna, non cedette. Riuscì a tirarsi su. Salì al secondo piano. Non ti ho deluso, Caesar. Spero tu sia contento. Il secondo piano era come il primo, totalmente inutile. L'unica differenza era che mancavano le scale per salire, nonostante ci fosse un terzo piano. Non si può salire. Questo palazzo è inutile, ma probabilmente mi devo accontentare.

Si era fatta sera, e Kelon non dormiva da due giorni. Era terribilmente stanco ed aveva bisogno di dormire. Si accasciò sul pavimento. Sdraiato, fissava ciò che aveva davanti, ciò che si trovava la fuori, fissava l'arena. Non la fissava perché la detestava, diversamente da altri tributi. La fissava perché era vuota, e questo gli permetteva di pensare. Come staranno i miei famigliari? Staranno male per me? Chissà cosa sta facendo mio fratello, Johg. Probabilmente starà aiutando la mamma con qualcosa. O forse sta dormendo, va sempre a dormire molto presto. Alcune volte Johg dorme persino nel pomeriggio. Spero che la mamma non sia triste. Lei non mi aveva ordinato di vincere, forse non voleva mettermi troppa pressione. Aveva solo detto: “Puoi vincere.” L'importante era che io sapessi di poterlo fare, non che lo facessi. So di poterlo fare mamma, tranquilla. Spero che non sia triste, o comunque non troppo triste. Un po' triste lo sarà. Ma spero non sia fin troppo triste. Lo sarà, se morirò. Ma io non morirò. Non voglio disubbidire a Caesar, non voglio far star male la mamma. Nemmeno Johg. Magari anche mio padre sarebbe triste per me, se fosse vivo. Sì, sono sicuro che lo sarebbe. Potrei pensare che è triste “dall'altro mondo.” Ma io non credo a questo tipo di cose. Vorrei ricordare cosa è stato detto all'intervista con Caesar. Riesco solo a ricordarmi che devo vincere, nient'altro. Non ci riesco. Ci devo riuscire. Passò ancora un po' di tempo a pensare a cosa era stato detto all'intervista di Caesar, finché non si addormentò all'improvviso.

Il mattino dopo si svegliò, tutto normale. Sono vivo, nessuno mi ha ucciso. Prego Caesar. Fuori c'era molto sole, tant'è che Kelon dovette coprirsi gli occhi per vederci. Guardò fuori, nessun tributo nella zona. Dovrei uscire, andare fuori. Cercare qualcosa. Cibo, o anche tributi. Forse dovrei uccidere qualcuno, fare qualcosa, agire. Chissà se è quello che Caesar voleva. Che io uccidessi i tributi, per vincere. Sì. Sono sicuro che non avrebbe voluto che io rimanessi qui, nascosto mentre tutti si uccidono. Comunque prima o poi qualcuno lo dovrò uccidere, almeno che l'ultimo tributo rimasto oltre a me non si uccida. Ma ne dubito. Potrei sperare di ritrovarmi ultimo con un idiota, che poi muore per sbaglio. Anche se ne dubito.

Uscì dal palazzo, questa volta più attento alle scale, non rischiò di cadere. Fuori era tutto tranquillo, faceva caldo, nonostante ci fosse un lieve venticello. In quella zona non c'era nemmeno un ciuffo d'erba, anche se in altri posti dell'arena era invece pieno d'erba. L'erba è fresca. Sarebbe piacevole avere un po' d'erba, un po' di fresco. Anche l'acqua che ho nello zaino è calda. Anche la pietra dei palazzi sulla quale mi tocca dormire è calda. Kelon si mise a girare un po' in zona, senza nemmeno rendersi conto cosa cercava, cosa voleva trovare. Ad un certo punto della ricerca notò, molto vicino a lui dei tributi. Un gruppo di cinque tributi. Devono essere i favoriti. Non possono vedermi, diamine. All'improvviso Kelon era tesissimo, nervosissimo. Per sua fortuna era nascosto dietro ad una pietra, ma era comunque in pericolo. Okay, devo scappare senza fare rumore. Se non mi vedono sopravvivo. Ho promesso a Caesar che sarei sopravvissuto, non posso deluderlo. Mi hanno superato, è la mia occasione per scappare, senza farmi vedere. Sgattaiolò verso il palazzo. I favoriti non lo notavano. Ce la sto facendo, si, ce la posso fare, ce la posso fare Caesar, ce la posso fare mamma, tranquilli, ce la posso fare. Ad un certo punto però, per sbaglio, pestò una foglia secca, la quale si sgretolò facendo rumore. I favoriti si voltarono. No, no, no, non va assolutamente bene, mi hanno visto cacchio, mi hanno visto. Lo guardarono, poi Nemia disse: “Perfetto Helra. Ricordi il patto no? Uccidi Aesos e successivamente un tributo, per provarci la tua fedeltà. Uccidi il tributo e provaci la tua fedeltà.” Kelon non ci poteva credere. Era terrorizzato. Il patto? Uccidermi? No, lei non può uccidermi. Io ucciderò lei. L'ho promesso, a Caesar, alla mamma. Non posso morire.

“Quindi lo lasciate a me?” Chiese Helra, già pronta a combattere. Lasciate? Io non sono l'ultima fetta della pizza, che non ho mai mangiato tra parentesi ma è un modo di dire, non puoi uccidermi.

“E' tutto tuo.” Esclamò Nemia, sorridendo.

“Magnifico.” Rispose Helra. Subito dopo tirò fuori la spada, nella mano destra e prese, nella mano sinistra, la sua “corda arpionata.” Non posso morire. Poi Helra continuò: “Non vedo l'ora di uccidere questo simpatico tributo.”





ANGOLO DELL'AUTORE
DI NUOVO GLI AFROISMI SULLA MORTE YEEE
Nello scorso capitolo non c'è stato, lo so. Ma di proposito. *huaahuahauhauhauhauahauha*
In realtà non c'era solo perché non ne trovavo di adatti, se ne trovo ne aggiungo. 
Ho fatto anche i banner, ma stanno male. 
Quindi non li metterò. Se davvero v'interessano, cosa della quale dubito fortemente, chiedetemlo, che ve li invio, o li posto qua nell'angolo dell'autore. 
Bhe
Spero vi sia piaciuto, nonostante sia piuttosto corto
Arrevoir

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Melchio