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Autore: SonSara    22/09/2008    9 recensioni
[Ovviamente, ShikaIno.]
22 Settembre 1942, Dachau, Germania.
«Sai, domani è il mio compleanno.»
Continuò Ino, come se questo fosse motivo di felicità per tutti, e gli fece un gran sorriso incoraggiante, mostrando alcune finestrelle.
Shikamaru le gettò un’altra occhiata.
«Oggi è il mio.»
Il suo ottavo compleanno, passato in una carrozza ferroviaria buia, puzzolente e fredda.
Il giorno in cui aveva visto bruciare bambini dentro una doccia chiusa.
[White Love for a White Birthday!]
[Per un certo compleanno che cade vicino a un altro certo compleanno...]
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Ino Yamanaka, Shikamaru Nara
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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"Non importa quanto si da,

ma quanto amore si mette nel dare."
Maria Teresa di Calcutta.


La Chioccia




22 Settembre1942, Dachau, Germania


La piccola Yamanaka Ino siede sul prato della bella collinetta verde su cui i suoi genitori hanno costruito la loro casetta di legno.
Il tramonto colora di rosso ogni cosa che illumina, compreso la gonna di lana e il maglioncino bianco di Ino. Seppur così tardi, i suoi genitori non sono ancora tornati.
Loro lavorano fino a notte fonda laggiù, in quella vecchia fabbrica nella quale entrano un sacco di persone.
Giusto in quel momento, sente lo stridulo fischio di treno in arrivo.
È abituata. Ne arrivano a decine di quei treni solo in una settimana. Escono tantissime persone, intere famiglie, e la sua mamma le ha detto che gli aiutano a costruire nella fabbrica.
A costruire cosa, non gli e la voluto dire però.
Ino Yamanaka osserva il treno fermarsi, e le persone scendere.
 Le è stato assolutamente vietato parlare o solo guardare quella gente.

Una volta ha disubbidito però, in un noioso pomeriggio dell’autunno 1941: ha visto quelle persone, infagottate in giacche lerce e pezzate, che tenevano stretto stretti bambini con il moccio al naso. Davanti a loro, stavano uomini e donne con il fucile puntato, che gli dicevano brutte cose.
I bimbi sono stati separati dalle mamme, e la mamme dai papà.

Senza motivo, è stata colta da un brivido freddo lungo la schiena, e ha avuto tantissima paura: non è mai più andata così vicino alla fabbrica.  
Non ha chiesto niente ai suoi genitori: avrebbe dovuto ammettere di aver disubbidito. E pian piano, quell’esperienza era andata nel dimenticatoio.
Fino ad ora.
Due figure la distolgono dai suoi pensieri però: mamma e papà, entrambi in divisa grigia e pistole attaccate alla cintura, le vengono in contro con un gran sorriso.


«Mama, papa


Grida, andando loro incontro. Suo papà la prende al volo, facendola volteggiare in aria.


«Buonasera, principessa di quasi otto anni!»


Dice ridendo, e le strofina il nasino contro il suo.

Sua mamma la bacia con affetto, stringendola a se, e Ino, con gesto veloce, le scioglie i lunghi capelli biondi dallo chignon severo che si fa sempre per lavorare.
Il treno e le persone senza volto sono già nel dimenticatoio.

*

«Ino, klein, vai a chiudere le galline nel recinto. E poi vieni a dormire, domani è un gran giorno.»

«Siena, papa


La piccola trottò fuori di casa, la pancia piena dopo la gustosa cena di precompleanno, e aiutò le galline con i loro pulcini a trovare la via del pollaio.

Stava per rientrare in casa, quando qualcosa attirò la sua attenzione.
In fabbrica, giù dalla collina, si lavorava ancora. Dalla ciminiere più alta usciva perennemente un fumo denso e grigio, diverso dagli altri. Era un fumo terrorizzante, e non sapeva dare un motivo a questa sensazione.
Le luci dei fari accesi sparsi per l’area di cemento che circonda la fabbrica illuminavano il suolo in pozze d’oro distinguibili fin da lassù.
Ma apparve all’improvviso un’ombra scagliata contro la luce accecante.
Appena fu più vicino e riconoscibile, Ino vide una bambino che correva incespicando su per la collina, il capo voltato verso la fabbrica.
Quando bimbo girò lo sguardo, subito non vide la piccola tedesca. Poi si perse nei suoi grandi occhioni azzurri, e sussultò.
Ino lo squadrò senza pudore: quello strano bambino aveva una giacca che gli andava due o tre volte, e gli arriva a metà delle ginocchia. I pantaloni invece sembravano piccoli e stretti, pieni di pezze.
La guardava come se avesse visto il diavolo, con gli occhi scuri lucidi dalla paura e i capelli lunghi fino alla spalle sporchi e in disordine.

«Hallo! Chi sei?»


Domandò cortesemente Ino, avvicinandosi.

Il bambino restò silenzioso, sbarrando il più possibile gli occhi a mandorla.

«Parli la mia lingua?»


Scandì piano la bambina.

Lui sembrò pensarci. Poi decise di rispondere.

«Sì.»


«Sei tedesco allora!»


Disse contenta lei, sbattendo le manine in giubilo.

Il bambina fece un sorrisetto triste, che lei non capì.

«Come ti chiami?»


«Shikamaru Nara.»


«Io Ino Yamanaka! Che ci fai qui? Dove sono i tuoi genitori?»


Shikamaru rimase di nuovo in silenzio.


«Lavorano alla fabbrica?»


Domandò ostinatamente lei, accennando al campo di concentramento.

Lui prima non capì, poi seguì il suo sguardo e fissò terrorizzato il campo.
Abbassò il capo come in attesa di una punizione, e gli sfuggì un singhiozzo.

«Ehi, ma piangi?»


Altro singhiozzo. Due lacrimoni cominciarono a rotolare giù per la guancia del bambino.


«Vuoi venire in casa? Anche i miei genitori lavorano alla fabbrica.»


Shikamaru scosse la testa con un brivido –non ci voleva un genio (e lui lo era) per capire che lavoro facessero i suoi- e continuò a piangere sommessamente, le spalle tremanti dal pianto.


«Sai, domani è il mio compleanno.»


Continuò Ino, come se questo fosse motivo di felicità per tutti, e gli fece un gran sorriso incoraggiante, mostrando alcune finestrelle.

Shikamaru le gettò un’altra occhiata.

«Oggi è il mio.»


Disse con un filo di voce, immerso nei suoi pensieri.

Il suo ottavo compleanno, passato in una carrozza ferroviaria buia, puzzolente e fredda.
Il giorno in cui aveva visto bruciare bambini dentro una doccia chiusa.
Il giorno in cui aveva perso il padre e la madre in lacrime.

Il suo primo compleanno e la sua prima volta ad essere completamente solo al mondo.

«Bisogna festeggiare! Dai vieni, ti presento i miei genitori!»


«No!»


Strillò Shikamaru, con la pelle d’oca.


«Come vuoi…»


Replicò imbronciata Ino, sporgendo il labbro.

Mica era colpa della sua mamma e del suo papà se lui adesso era triste, giusto?
Shikamaru si guardò alle spalle un’ultima volta, si asciugò gli occhi e tirò su con il naso.
In meno di un attimo si trasformò: con gli occhi asciutti e lo sguardo corrucciato sembrava quasi un giovane uomo.
O forse, lo era appena diventato.

«Sai mica come si raggiunge il confine?»


Domandò con voce seria.

Ino rimase spiazzata. Ne aveva giusto una vaga idea, tratta dai discorsi dei suoi genitori.

«Credo… oltre il bosco.»


Rispose, indicando la foresta nera e tenebrosa alle spalle di casa sua.

Shikamaru si accigliò ancora di più, stringendo a pugno le mani.
Fece un passo in quella direzione.

«Vuoi attraverso il bosco di notte? Bist du verrückt? Ci sono i lupi, e gli orsi e le streghe, e poi, poi… non puoi andare!»


Disse Ino, accaldata. A lei era severamente e categoricamente vietato avvicinarsi al bosco, e ne capiva benissimo il motivo.

Shikamaru le regalò un’occhiata gelida, e si avvicinò ancora di più alla soglia del bosco.

«No!» strillò la bimba, afferrandoli una manica della giacca. Shikamaru roteò gli occhi, sbuffando.

Lei strinse di più le dita attorno alla stoffa.

«Senti, non puoi andare ora. Morirai!» Sussurrò, rabbrividendo. Non sapeva che, a pochi passi da lei, c’era la casa della morte. «Va bene se non vuoi vedere i miei genitori, ma non posso lasciarti andare. È il tuo compleanno!»


Shikamaru rimase immobile. Dove voleva arrivare quella figlia di nazisti?


Ino sospirò. «Ti nasconderai nel pollaio. L’ha pulito la mia mamma ieri, quindi non è sporchissimo. Sarai al caldo per tutta la notte. E quando i miei genitori andranno a lavoro domani mattina, ti lascerò andare nel bosco, ok?»


Propose, sorridendo. Non si rendeva conto della gravità della situazione, se i suoi genitori avessero scoperto Shikamaru. Ma il giovane Nara sì, che si rendeva conto.

Eppure quella bimba gli dava fiducia, e sembrava sincera. E non aveva per nulla voglia di attraverso quel pauroso bosco da solo. E aveva fame. E freddo.
Annuì una sola volta.

Ino sorrise «ok, ti porto una coperta e qualcosa da mangiare, va bene?»


«Non dire niente ai tuoi genitori, mi raccomando.»


Si premurò Shikamaru.


Lei annuì.


«Grazie, Ino.»


Pronunciò per la prima volta il suo nome. Aveva un bel suono. Era dolce.

Seccante, in ogni caso.

"Guarda le piccole cose,
perchè un giorno ti volterai
e capirai che erano grandi."
Jim Morrison.

Il giorno dopo, al compleanno della piccola salvatrice tedesca, l’ebreo Shikamaru Nara non partì.
E quello dopo neppure.

Con una scusa dopo l’altra, la ormai non più piccola Ino Yamanaka tratteneva l’amico a casa sua, per non perderlo.
Forse per egoismo, in modo che non si annoiasse più durante il giorno.
O forse per amicizia.

Ma finita la Seconda Guerra Mondiale, durante la quale il giovane Nara era sopravvissuto grazie a un pollaio e a una piccola amica generosa quanto una chioccia, quando Ino seppe la verità sulla fabbrica e su cosa succedeva oltre la sua collinetta verde, chiese scusa a Shikamaru.

Gli chiese scusa, e chiese anche di rimanere assieme a lei mentre i suoi genitori marcivano in prigione.
Due bambini di undici anni erano rimasti soli al mondo, con l'amica sempre al fianco.

Senza accorgersene, Ino Yamanaka era cresciuta quella sera, in cui aveva salvato l’amico, trasformando il suo pollaio in un covo per rifugiati: si era concentrata su qualcun altro che non fosse lei, proprio la sera prima del suo compleanno.
Mentre Shikamaru Nara aveva ricevuto il più bel regalo della sua vita.
La vita stessa.
Nonché, ma ancora non lo sapeva, l’amore futuro.




...




White Love for White Bhirtaday!

Buona Compleanno a Shika [ <3 ] e, con anticipo, alla piccola Ino!

Dedicato a Sakurina, che mi ha gentilmente invitato a questi ShikaIno's dayS, e a tutte le Mosche Bianche!


Traduzione:
Mama, papa = mamma, papà
Klein = piccola
Bist du verrruckt? = sei pazzo?



  
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