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Autore: Chartraux    31/08/2014    3 recensioni
Derek Hale, a causa di un furto finito male, viene mandato a scontare la pena in un Centro specializzato per curare il suo comportamento. Stiles Stilinski, che si trova nella struttura per altri motivi, prende a cuore il caso del ragazzo. Tra strani incontri, inopportune sedute, personale più strano degli ospiti della clinica, Derek e Stiles scopriranno che le bugie e le cattiverie si nascondono ovunque. E, forse, potrebbe essere un bene per entrambi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Derek Hale, Peter Hale, Sceriffo Stilinski, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3
 
Sono passati alcuni giorni dalla discussione che Derek ha avuto con Matt in caffetteria; da allora gli pare che lo sguardo del “ragazzo psicopatico” sia sempre poggiato su di lui. Non gli piace, lo infastidisce. Se potesse lo prenderebbe a pugni, ma questo non gioverebbe a nessuno – men che meno a se stesso: non vede l’ora di andarsene da quella maledetta clinica e se facesse una cosa del genere, ne è certo, la sua detenzione aumenterebbe esponenzialmente. O peggio, finirebbe davvero in prigione!
Derek sta tornando, accompagnato come sempre da Stiles, dal campo sportivo dove il secondo ha giocato a lacrosse, mentre lui è rimasto in disparte a guardare dagli spalti; Hale si è ritrovato a pensare che, nonostante tutto l’armamentario protettivo di cui ogni giocatore necessita, il lacrosse sia uno sport violento. E sì, non lo rivelerebbe mai a nessuno, ma lo ha pensato nell’esatto momento in cui Stiles è stato scaraventato a terra con una spallata; si è chiesto anche come mai lo sceriffo abbia deciso di lascarlo giocare proprio a lacrosse.
Lo vede saltellare di fronte a sé e si rende conto di non aver mai voluto sapere nulla di lui.
Non ha mai voluto sapere perché è lì, alla Clinica Argent; perché non va a trovare suo padre nel weekend; perché gioca a lacrosse e non a baseball, in cui sembra più portato; perché non parla dei suoi genitori; perché non parla dei suoi amici e perché, dopo due settimane, lui è ancora lì, al suo fianco.
Stringe le mani in pugni e si morde il labbro inferiore, non può avere nulla a che fare con quel ragazzino logorroico o, è certo, che non potrebbe più rimanere alla clinica. O che ci rimarrebbe anche per più tempo.
Cosa dovrebbe fare per restare vicino a Stiles senza ferirsi o ferirlo?
«Derek?»
Alza la testa di scatto, risvegliato dal suo nome pronunciato da quelle labbra che, guardandole così da vicino, gli paiono morbide.
«Cosa c’è?»
Stiles sbatte le palpebre – Ha le ciglia davvero lunghe… – e poi gli sorride «Sei pensieroso.»
Derek grugnisce qualcosa di incomprensibile ed il ragazzino lo prende per un braccio e lo trascina verso il refettorio dicendo solo «Ho bisogno di un caffè!».
Se non fosse un po’ contro la sua natura, sorriderebbe e gli direbbe che è un bene che il caffè sia gratuito, se no avrebbe dato fondo a tutti i suoi averi pur di berlo, ma non parla. Non vuole sorridergli e nemmeno avere un vero contatto.
Però, «Stiles» dice preso da un’irrefrenabile voglia di sapere.
«Uhm?»
«Perché non sei andato a casa?»
Il ragazzo gli lascia il braccio e lo guarda spaesato «Come?»
«È di nuovo sabato, e tu sei ancora qui. Perché non vai a casa?»
Derek vede Stiles sussultare fare un paio di passi indietro «Cosa…?»
«Stiles!»
«Sì?» pigola preoccupato.
Si morde l’interno delle guance e vorrebbe ringhiare, Hale, ma decide di lasciare perdere «Non fa nulla.»
«O… ok!» sorride sollevato il ragazzino, ma continua a camminare all’indietro, come a voler lasciare molto più spazio tra loro «Io… vado a prendere il caffè. Ci vediamo più tardi, ok?!» e senza aspettare nessuna risposta, lo lascia lì, in mezzo al cortile.
Derek è decisamente sconfortato.
«Ehi Hale!» urla la voce di Big B. poco distante da lui «C’è qualcuno per te!»
La fronte del ragazzo si aggrotta e le sopracciglia si uniscono quasi; non è sicuro di volerne sapere il nome.
 
«Che diavolo ci fai qui?» chiede con un po’ di rabbia alla persona seduta ad uno dei tavolini del cortile; i piedi incrociati sopra al ripiano di legno dove si è soliti mangiare.
Il sorriso quasi di scherno che appare sul volto dell’uomo che ha di fronte, lo fa fremere di rabbia «Mio caro nipote, non vedo quale sia il problema. Ti sono solo venuto a trovare!»
«Stai mentendo.»
L’uomo sorride, toglie le gambe da tavolo e si siede composto «No, davvero, sono venuto a trovarti.»
«E perché mai?»
«Perché sei un Hale e sei mio nipote ed io sono il tuo parente più prossimo.» con un dito indica la sedia; Derek non risponde, si siede solo di fronte a lui «Cosa vuoi, Peter?»
«Farti un saluto e riferirti che Boyd ed Erika stanno bene.»
Un sospiro sollevato esce dalle labbra di Derek «Bene. Sono più tranquillo adesso. Ora puoi anche andartene.»
L’uomo ridacchia «Assolutamente no! Non mi vuoi davvero raccontare nulla? Prometto che i tuoi sottoposti non sapranno niente.»
«Certo, come no! Sei un pettegolo della peggior specie tu!»
«No, quella è Erika. Io annoto i fatti; non è colpa mia se lei legge il mio diario.»
Derek rotea gli occhi al cielo.
«Eddai nipote, voglio solo sapere se stai bene qui. Hai ancora un mese da passare in questo posto pieno di ragazzini, che, per l’amore del cielo, saranno anche graziosi, ma sono comunque bambini.»
Il nipote aggrotta le sopracciglia «Di che stai parlando?»
«Guarda che ti ho visto, con quel ragazzino dai capelli corti.» sorride in un modo che Derek non approva; si lancia verso di lui e gli prende il bavero della camicia tra le mani, ringhia un poco e, non notando quel sorriso svanire, esclama «Non avvicinarti a lui!»
«Oh Derek, Derek, Derek. Non è che io voglia qualcosa da quel ragazzino. Ma dimmi, cos’è tutta questa protezione nei confronti di quel moccioso?!»
Il nipote assottiglia lo sguardo e strattona un poco la presa «Non ti importa.»
«Ok, non mi importa. Ora, che so che stai bene, posso tornare a casa.»
Derek lascia la presa sulla camicia e lo vede alzarsi e guardare alla sua destra, si volta in quella direzione e vede Stiles che ridacchia con Big B.
«Sai come si dice, no?! L’attacco è la miglior difesa.» e detto questo, Peter Hale, con una strana mossa di Kung Fu lo fa cadere dalla sedia; intontito non nota il parente dirigersi verso Stiles e prenderlo sottobraccio conducendolo lontano da tutti.
 
Derek ha cercato in ogni angolo della clinica per trovare il suo zio psicopatico e Stiles che, come sempre, non ha mancato di fargli trattenere il respiro. Non lo sa il perché suo zio sia lì e non è nemmeno certo di volerlo sapere, ma ora ha Stiles e non sembra volerlo lasciare libero. E Derek vorrebbe essere un cane solo per poterne fiutare l’odore sgradevole o un lupo per poterlo azzannare alla gola!
Dopo un’ora e decisamente meno fiato in gola, decide di andare nella sua stanza a farsi una doccia e poi ricominciare la ricerca, ma appena è lì, di fronte alla sua porta, sente un brusio provenire dall’interno; spalanca la porta di scatto e si trova davanti ad una scena ambigua: Stiles che ride come un bambino sdraiato sul letto e lo zio, sopra al ragazzo, che lo osserva divertito. E Derek davvero non capisce più niente.
Si butta su Peter e lo strattona dal corpo di Stiles che, a sua volta, lo guarda come se fosse matto.
«Ma che diavolo ti è preso?!» chiede con foga l’uomo mentre si mette a sedere sul pavimento massaggiandosi la schiena.
«Tu osi dire a me che diavolo mi è preso?! Stiles ha diciassette anni, maledizione!»
«Oh» sussurra la vocina del ragazzino sorprendendo entrambi gli Hale.
Cavolo!
«Sai quanti anni ho?» domanda Stiles alzandosi sulle ginocchia.
«Certo che lo so! Me lo hai detto la prima volta che ci siamo incontrati!» risponde Derek senza davvero pensare alla risposta che avrebbe dovuto dargli.
Gli occhi nocciola del ragazzino si illuminano ed un sorriso sorpreso si apre sul suo viso «Allora ascolti quello che dico…»
Derek, preso in contropiede, non ribatte nulla; né una cattiveria, né una risposta sensata, rimane immobile a guardare ovunque fuorché gli occhi luminosi di Stiles.
«E comunque, caro nipote, non stavo facendo nulla a Stiles, gli stavo solo raccontando come ti divertiva il fatto che giocassimo agli animali del bosco -io come orso ero memorabile, eh, Stiles!?- e com’eri carino col pannolone. Perché sai, Stiles,» riprende guardando il ragazzino «Derek ha bagnato il letto sino ai cinque anni.»
Derek ringhia e lo afferra, di nuovo, per il bavero della camicia «Vuoi smetterla o ti devo recidere la giugulare?!»
E quando la risata genuina di Stiles Stilinski riempie le orecchie, il cervello, e qualcos’altro, di Derek, questi molla lo zio e decide di chiudersi in bagno per la doccia più lunga della sua vita che dovrebbe cancellare l’imbarazzo ed un parente decisamente indisponente.
 
Purtroppo, nonostante la doccia sia durata più di un’ora, trova ancora intenti nella chiacchiera pomeridiana lo zio ed il ragazzino che sembrano, però, più tranquilli e docili di prima; vede Stiles con gli occhi umidi e Peter che gli accarezza la schiena. Di nuovo non capisce il perché Stiles Stilinski non voglia parlare con lui.
«Che succede?» domanda frizionandosi i capelli con l’asciugamano verde e blu.
Il ragazzino alza gli occhi e si guardano per una manciata di secondi; un piccolissimo istante che sembra voglia rivelare segreti pesanti quanto un elefante.
Peter volta lo sguardo verso la finestra, allontanandosi da loro, come se si sentisse di troppo.
«Che succede?» chiede nuovamente Derek avvicinandosi a Stiles ed accarezzandogli la testa, il ragazzo si muove a quel tocco, come fosse un gatto bisognoso di attenzione e coccole.
«Non sei solo, Derek.» gli dice piano, quasi in un sussurro.
E Derek capisce che suo zio ha spifferato la sua vita adolescenziale; si gira verso l’uomo che sta lasciando la stanza mentre gli sillaba un “tornerò a trovarvi” prima di chiudersi la porta alle spalle.
Scuote la testa e si siede accanto a Stiles «Che ti ha detto quello sciroccato di mio zio?!»
Stiles si umetta le labbra, non sicuro di volerglielo rivelare, ma poi parla «Hai perso la tua famiglia in un incendio?!»
«…sì.»
Stiles fa un sospirone «Mi dispiace.»
«Non dispiacerti.»
«Ma so com’è!» risponde con enfasi.
Derek lo guarda perplesso «Di che parli?»
Stiles, seduto al bordo del letto, muove i piedi avanti ed indietro, ha un sorriso tirato sul volto ed Hale vorrebbe toglierlo anche con la forza, se potesse.
«Mia mamma è morta quando ero piccolo…»
Derek vede la sua mano sul bordo del materasso e la afferra, come per rassicurarlo «Come?» non chiede Come stai? o dice Mi dispiace: la prima domanda l’ha sentita troppo spesso e la seconda la odia; ed è certo che anche Stiles la pensi come lui.
Rimane in silenzio un istante Stiles, cercando di decidere se rispondere o meno a questo quesito, poi sospira piano, gli occhi sono rivolti al pavimento e stringe la mano di Derek «Non è stato nulla di eclatante; non un incidente rocambolesco, né una storia d’amore finita in tragedia come in certi film.» sorride nel modo più triste che Derek abbia mai visto in vita sua «Ha avuto delle complicazioni durante il parto, i dottori sono riusciti a salvarla, ma ne è uscita estremamente provata; da allora è sempre stata cagionevole di salute. Man mano che il tempo passava si ammalava sempre più spesso, finché un giorno non c'è stato più nulla da fare ed è morta…»
Derek ascolta silenziosamente il respiro del ragazzino, lo sente più veloce; gli pare che la sua mano tremi… la stringe con più forza.
«Quanti anni avevi?»
«Sette, due mesi e sedici giorni…»
Se Derek non avesse conosciuto Stiles prima di quella ammissione, lo avrebbe deriso per il modo contorto in cui ricorda le cose, come se fosse un secchione o un ragazzo affetto da qualche assurda psicopatia; poi si ricorda che, tutti quanti, gli hanno detto che il giovane Stilinski è lì per quello, per un disturbo. Anche se a lui sembra la persona più in salute di tutti i ragazzi che ha incontrato nella Clinica Argent.
Vorrebbe abbracciarlo, per confortarlo, perché sa quanto dolore può fare anche dopo tanti anni il ricordo di una persona che non c’è più, ma preferisce evitare.
È Derek Hale lui, e non può essere un umano qualunque pieno di sentimento e di bontà.
Lui è un ladro – Un farabutto! – come ha detto Matt pochi giorni prima…
Ma Stiles Stilinski gli fa compiere azioni che nemmeno immaginava; gli mette una mano attorno alle spalle e lo avvicina al suo corpo, gli accarezza la testa, i capelli corti gli solleticano il palmo, «Se vuoi, puoi piangere. Non lo dirò a nessuno. »
Il ragazzino ridacchia e poi si stacca dal corpo di Hale «No, grazie. Già mi prendono in giro perché sono piccolo e magro e perché gioco malissimo a lacrosse, quindi non è il caso che dia motivo di sparlare ancor più di me. Certo, non tutti lo fanno in modo cattivo, ma comunque…»
«Stiles?»
«Uhm?»
«Stai zitto!» e poi, Derek, lo riprende vicino a sé, in una sottospecie di abbraccio quasi fraterno che Stiles inizia ad apprezzare.
 
Sono rimasti vicini per parecchi minuti, poi Stiles si è staccato ed è tornato in camera a cambiarsi visto che era quasi ora di cena.
Derek ha atteso un poco, guardando il soffitto e contando i giorni che lo separano dalla vita di prima -quattro settimane e sei giorni. In quel momento, gli pare davvero poco tempo…-; successivamente è andato a prendere  Stiles alla sua camera. Ha bussato e ha atteso che uscisse; ha notato gli occhi rossi e le mani di nuovo nelle tasche dei jeans.
 
 


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Ciao a tutti,
spero che le vostre vacanze sia iniziate e finite (?) nei migliori dei modi!
Volevo scusarmi per il ritardo, ma c'è stato un problema tecnico e, giurin giurello, ero certa di aver pubblicato il capitolo.
Mi ha avvisata Lylyt tramite Twitter, se no oggi avrei postato il capitolo successivo e ci saremmo persi tutti quanti XD
Scusate il disagio!
A Mercoledì col prossimo capitolo :D
Charty

 
  
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