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Autore: _Haushinka    31/08/2014    6 recensioni
{One shot collegata alla long-fic "La Vera Storia Di Una Guerriera - Arwen"}.
Uno sguardo sul passato di Niedda della Lince : l'infanzia trascorsa con Manigoldo in un piccolo borgo siciliano, il ritrovamento da parte del Gran Sacerdote, la crescita, fino ad arrivare al suo primo amore e alla malattia.
"Niedda si lasciò andare, grata, e poggiò la testa sulle ginocchia dell'unico padre che avesse mai conosciuto.
- Sono felice di averti seguito".
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Cancer Manigoldo, Cancer Sage, Nuovo Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'A History of Life and War'
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“Cause we are
We are shining stars
We are invincible
We are who we are
On our darkest day
When we’re miles away
Sun will come
We will find our way home”

 

{Carry On – Fun.}

 

 

 

Famiglia – Niedda

 

 

Siracusa, Regno di Sicilia, 1723.

“Sasà! Sasà!”.
“Niedda! Che vuoi?”.
“Ho fame! E' passato mezzogiorno!”.
I due bambini, non più piccolissimi, ma non ancora adolescenti, ciondolavano in mezzo al mercato di un paesino siciliano. Erano sporchi e magri, ma dai visi allegri e pieni di vita traspariva una serena rassegnazione.
Lui, sorridendo con quello sguardo che faceva già pensare all'uomo che sarebbe diventato, guardò la capricciosa sorella, poi si guardò intorno, circospetto.
“Possiamo provare con quell'asciruccatu* del fruttivendolo, stavolta!” sussurrò.
Lei, dispettosa e sveglia, annuì con entusiasmo, battendo le mani, impaziente.
“Cominciamo!”.
La piccola Niedda, da attrice nata, si lasciò cadere per terra, urlando e scalciando, in preda a chissà quale immaginario dolore. Quasi tutti i passanti si precipitarono a soccorrere quel groviglio di sporcizia e capelli intricati.
“Povera picciridda!” la consolò una donna grassa, vestita di nero.
Nel frattempo, il ragazzino aveva approfittato di quella confusione per svignarsela, come sempre. Era strisciato sotto i banconi delle merci, fino ad arrivare a quello del fruttivendolo : come si era aspettato, l'uomo dormiva sulla sedia, ubriaco fradicio.
Prima si assicurò che fossero tutti concentrati sullo spettacolo che stava dando Niedda, poi allungò una mano, afferrando una mela e infilandosela prontamente sotto la casacca. Poi ne prese un'altra, poi ancora, fino ad arrivare a somigliare a un palloncino.
Ma poi, una voce di uomo si levò dalla folla.
“Ma questa è la sorella di quel macabbunnu** di Sasà!”.
A sentire quel nome, il vecchio fruttivendolo si svegliò di soprassalto, con un grugnito, e i suoi occhi andarono subito al ladruncolo, colto con le mani nel sacco.
“Manigoldo! Posa la mia roba!” divenne paonazzo, balzando in piedi.
Pillicu!***” gli urlò il ragazzo con un sorrisaccio, scappando via col bottino.
Niedda, miracolosamente guarita, iniziò a correre seguendo il fratello, mentre la folla li riempiva di insulti e i più audaci tentavano invano di acciuffarli.
“Hai sentito come mi ha chiamato, quello? Manigoldo! Mi piace!” rise sguaiatamente, prendendo la mano della sorella e uscendo dal mercato, veloci come due schegge.

Entrarono trafelati nella minuscola casa fuori dal paese, puntando dritti verso la stanza della loro madre, passando ridendo tra i mobili da sistemare, gli insetti da scacciare, le fiasche di vino aperte e rovesciate. Niedda spalancò per prima la porta dell'unica camera da letto della casa : la prima cosa che la colpì, fu il forte odore di fumo di tabacco. Poi la vista di sua madre, intenta a fare il suo mestiere con l'ennesimo uomo, nel suo letto.
Appena vide la bambina, la donna si coprì meglio che potè, e si alzò masticando imprecazioni, e l'uomo sbuffò senza darsi la pena di ricomporsi, seccato da quell'interruzione.
Prima di essere schiaffeggiata, Niedda avvertì il solito odore di vino dalla bocca della sua genitrice, i suoi denti storti e ingialliti, e il volto, che nemmeno in gioventù era stato bello, deformato in un'espressione di rabbia furibonda. Fu strattonata fuori dalla porta, e si lanciò, tremante, tra le braccia del fratello.
“Non fare così! È la nostra adorata mamma, ma è pure una tappinara****, non dimenticarlo! Vuoi piangere per due schiaffetti?” rise lui, facendole immediatamente ricacciare indietro le lacrime pungenti.
Salvatore aveva solo tredici anni, ma per sua sorella, che non ne aveva tanti di meno, era un gigante.
Fin quando stavano insieme, nulla poteva scalfirli. Non potendo mai contare sulla madre, troppo inaffidabile e con un istinto materno praticamente inesistente, hanno dovuto imparare a cavarsela da soli, a fare i balordi senza essere acchiappati, e a curarsi le ferite delle cadute.
Il padre? Con tutti quelli che erano passati per quella casa, non era nemmeno certo che fossero nati dai lombi dello stesso uomo.
Più tardi, quella stessa sera, i due si infilarono sotto le coperte polverose e puzzolenti : l'evento che aveva tanto sconvolto Niedda era già stato dimenticato.
“Fammeli vedere ancora, Sasà! Ti prego!” lo supplicò lei, sussurrando.
Il maggiore sbuffò, e coprì entrambi fino alla cima della testa, crando il buio assoluto. Poi, con la mano, richiamò un debole fuocherello azzurro, poi due, poi tre, illuminando il volto della bambina e il suo, con luce e sorrisi.
Aveva scoperto quella strana abilità per caso, e non riusciva a spiegarsela : mai la sua mente di bambino avrebbe potuto concepire la vera origine di quei fuochi, mai avrebbe potuto immaginare il suo legame con l'aldilà. Il suo cosmo si era manifestato spontaneamente, e le anime dei defunti avevano riconosciuto in lui una guida.
Ma lui, tutto questo, ancora non lo sapeva. Giocava col fuoco, in tutti i sensi, e non ci pensava.

 

L'inevitabile accadde un giorno di autunno. Perché un cosmo, una volta manifestato, deve essere controllato, altrimenti le conseguenze posso essere spiacevoli.
Nel caso di Salvatore, le conseguenze non costituivano un pericolo, ma in un piccolo povero borgo siciliano, il suo potere non poteva essere capito.
Quando passava davanti alle case in cui c'erano moribondi o malati incurabili, le loro sofferenze giungevano misericordiosamente al termine : le loro anime venivano richiamate, in modo irresistibile, da quel ragazzetto rachitico e apparentemente innocuo.
“Il Diavolo è tra noi!” dicevano. Perché dovunque lui passasse, la Morte colpiva. Veloce e inesorabile. E i fuochi fatui si facevano vedere sempre più spesso, volteggiandogli intorno, leggeri.
Salvatore divenne un messaggero di sventura, e la folla decise di “cacciare via il Maligno”.
Quel giorno, gli si scagliarono addosso : donne, uomini, vecchi. Lo battezzarono a forza, poi pensarono di lavare via i suoi peccati a suon di calci. La piccola Niedda tentò di scavarsi un varco tra la gente arrabbiata, tirando via maniche e gonne, per raggiungere il fratello, al centro di quel delirio.
Lo lasciarono lì per terra, pesto e sanguinante, mentre la bambina, in lacrime, tentava di rialzarlo.

Da quel giorno, i due ragazzi si tennero ben lontani dal paese.
Salvatore imparò a minacciare, coltello alla mano, i passanti per farsi consegnare i loro soldi, e Niedda imparò a difendersi da sola, quando suo fratello era via per i suoi saccheggi.
Il suo cosmo esplose un giorno in cui stava per essere rapinata, da tre ragazzi, di quel poco di pane che portava addosso. Tentarono di farle del male, e prima di accorgersene, lei li aveva atterrati tutti con una velocità impressionante ; scapparono via, mentre la bambina raccoglieva il suo pane, tremante e confusa. Non ne parlò mai con Salvatore.


Ma chi possiede un cosmo viene inevitabilmente attirato da chi ne possiede uno a sua volta, e tutto questa concentrazione di potere non poteva passare inosservato agli occhi del vigile Sage.
Partì, perché ogni possibile guerriero era necessario al Santuario, e perché uno dei poteri che avvertiva, gli ricordò terribilmente il proprio.
Li trovò, accucciati entrambi sotto un mantello pidocchioso, subito dopo che il loro vecchio borgo era stato saccheggiato dai briganti, e tutti gli abitanti sterminati. Né Salvatore né Niedda alzarono un dito per aiutare le persone che li avevano gettati via, ma le anime, quelle pentite anime, confluirono tutte nelle mani del ragazzo.
“Guardalo! Porta una collana d'oro! Prendigliela!” sentì sussurrare la bambina, in modo quasi impercettibile.
Vide sbucare, solo per un attimo, i loro occhi viola scuro da una fessura del mantello. Si avvicinò, lento e deciso.
“Queste anime...le conoscevate?” domandò con un accento decisamente non siciliano, mentre i fuochi fatui circondarono anche lui.
Salvatore liberò entrambi dalla coperta, e finalmente il Gran Sacerdote potè vederli bene in volto, entrambi : si somigliavano, e non erano ragazzini particolarmente graziosi. Imbruttiti, forse, dalla povertà, dallo stile di vita malsano, e dall'imminente pubertà.
“Di che parli, vecchio? Quali anime?” domandò il maschio, guardandosi attorno spaventato.
Dunque, ancora non sapeva...
“Parlo di questi fuochi che ti circondano, ragazzo”.
Niedda sgranò gli occhi, sussultando.
“Cosa? Anche tu riesci a vedere questi fuochi?” si alzò in piedi, incredula, scrutando quello strano personaggio.
“Sì, perché possiedo il cosmo, proprio come voi. Ed è ciò che permette a tuo fratello di salvare queste anime e a te di essere tanto forte” sorrise bonariamente, poggiandole una mano sulla spalla esile.
Il volto della ragazzina si illuminò, e una strana, piacevole scossa le percorse la spalla.
“Smettila! Non abbiamo bisogno di un pazzo come te, abbiamo già abbastanza guai! Faresti meglio ad andartene, altrimenti...” ringhiò Salvatore, estraendo un coltello dai calzoni, e fiondandosi contro quel vecchio che diceva cose assurde.
Non aveva intenzione di ucciderlo, solo di strappargli la collana d'oro e spaventarlo per bene, ma Niedda gli fermò la mano.
“Aspetta!” gli strinse forte il polso, strappandogli un verso di sorpresa.
Senza dire una parola, la bambina si avvicinò di più all'uomo, e sostenne il suo sguardo bonario per lunghi e silenziosi minuti. Vi lesse dentro qualcosa...speranza, forse?
“Non sei capitato qui per sbaglio, vero, vecchio?” chiese, grattandosi i capelli sporchi.
Sage scosse la testa, e poggiò entrambe le mani sulle teste dei due ragazzi. Salvatore sentì la rabbia calmarsi, ed entrambi videro un universo fatto di stelle potenti e luminose, attraverso l'uomo che gli stava di fronte.
“Non dovete più temere. Venite con me, vi darò una nuova vita”.
Subito dopo, calde lacrime rigarono quei due visini sciupati.

 



Niedda e Manigoldo – così Salvatore si presentò al Gran Sacerdote, e non gli rivelò mai il suo vero nome – vissero lunghi anni al Tredicesimo Tempio.
Appena arrivarono, dovettero essere accuratamente lavati, e i capelli furono tagliati ad entrambi a causa dell'abbondante presenza di pidocchi. Ci vollero due ore, per far tornare la loro pelle a un colore normale.
E ci vollero anni per fargli acquisire una parlata decente. Impararono piuttosto presto il greco, ma possedevano un dizionario mentale ricco di variegate volgarità e parolacce di ogni tipo. Furono bacchettati a dovere sull'istruzione, ma ci vollero diversi giorni solo per fargli capire in che modo si tenesse la penna nella mano. E anche le posate quando bisognava mangiare, e il modo di vestirsi da soli.
Erano due selvaggi, ma avevano un carattere talmente solare e provocatorio, che gli si poteva perdonare tutto. A differenza di molti altri cadetti, sembravano felici della nuova vita alla quale erano stati destinati.
Niedda si mostrò di gran lunga meno caparbia e più coscenziosa di suo fratello, incline ai rapporti interpersonali e molto chiacchierona, anche quando la lingua greca ancora non le era chiara.
Il Gran Sacerdote sapeva di non dover avere preferenze, ma non potè fare a meno di sentirsi legato a quei due ragazzi in modo speciale. La ragazza lo capiva con uno sguardo, e amava seguirlo tutto il giorno, saltellando dietro la sua veste. Si adattò subito a portare la maschera, ma anche da dietro a quel metallo che ne celava i lineamenti, riusciva a trasmettere la sua personalità.
Sage capì che quella gatta selvatica avrebbe indossato alla perfezione l'Armatura della Lince : l'aveva addestrata di persona, e nonostante sarebbe stata destinata a una Cloth di rango inferiore, sapeva che non aveva nulla da invidiare alle Silver, in fatto di capacità di combattimento.
Dividevano la casa, Niedda, il Pope e Manigoldo, fin quando lei non fu capace di badare a sé stessa, e andò a vivere nel Gineceo con le altre Sacerdotesse.
La gioia dei tre fu ancora più grande, quando Manigoldo conquistò l'Armatura del suo maestro e padre adottivo. L'anziano capo del Santuario si sentì profondamente orgoglioso di loro : da quei due giunchi quasi inguardabili, era sbocciati due ragazzi alti, sani, sorprendentemente atletici, dalla bellezza rustica e dal carattere interessante.

 

Lei arrivò, fresca d'investitura, portando con sé il fascino del suo Paese, e il profumo dei ciliegi. L'aspetto decisamente mai visto prima, la lingua incomprensibile, e la timidezza, furono le prime cose che colpirono Niedda.
Quella giapponese diciottenne, che si era rifiutata di diventare una contadina, ed era scappata per farsi addestrare da un grande maestro di arti marziali, ; la smaniosa speranza di diventare qualcosa di più, nella vita. Un maestro che conosceva bene il Santuario, e che la educò per farla diventare una Sacerdotessa di Atena.
Chiyo le si avvicinò di giorno in giorno, impacciata, anch'essa confusa da quell'attrazione.
La paura di essere rifiutata. Di essere considerata strana.
E Niedda, una sera, aveva deglutito l'imbarazzo, e le aveva stretto la mano, gioiendo di nascosto a sentirla ricambiare la stretta. E qualche sera dopo, quando osò di più, e la baciò sotto il cielo pezzato di stelle, sentì l'altra tendersi, poi sciogliersi. E quando si staccò, Chiyo le prese il volto tra le mani, e la baciò più forte.
E Niedda sorrise, abbracciandola, e si disse che sì, andava tutto bene.
Ma poi...

 

Arwen l'aveva uccisa. Fu costretta, certo, ma tenere nascosto un crimine nel genere, era imperdonabile. Proprio Chiyo, che aveva convinto Niedda ad avvicinarsi a quella Sacerdotessa solitaria e inquietante. Proprio Chiyo, che non le avrebbe mai fatto del male, se fosse stata in sé.
La Lince lo scoprì nel peggiore dei modi, dalla bocca di una delle persone che più non sopportava. Nel peggiore dei momenti, proprio quando la malattia stava iniziando ad agire.
Dapprima si era trattato solo di sporadici mancamenti. Poi, arrivarono i dolorosi crampi muscolari, il tremolio delle articolazioni, finché la sua vista iniziò a vacillare.
E Sage, tenendosi la testa tra le mani, aveva sospirato :
“E' una rara malattia, quasi sconosciuta. Posso rallentare il suo avanzamento, ma non riuscirò a fermarla” e il suo volto tradì la paura, e la sensazione di impotenza lo fece incurvare.
A Niedda sembrò incredibilmente vecchio, in quel momento.
Gli prese le mani, e gli sorrise, inginocchiandosi di fronte al suo scranno.
“Va bene così. Promettimi solo che mi lascerai sfruttare al massimo il tempo che mi rimane, che siano due giorni o dieci anni”.
Egli la scrutò a lungo, e le accarezzò il viso, annuendo.
Niedda si lasciò andare, grata, e poggiò la testa sulle ginocchia dell'unico padre che avesse mai conosciuto.
“Sono felice di averti seguito”.

 

***
 

Niedda, sotto le coperte della cabina della nave, teneva una fascia rossa stretta nella mano sinistra. L'unica cosa che le rimaneva di Chiyo. Quante volte l'aveva vista alzarsi i capelli con quella fascia, creando un magnifico contrasto con la sua chioma liscia e nera.
La cosa che più la spaventava, era che con l'avanzare della cecità, non avrebbe più ricordato i volti dei suoi cari.

“Chiyo, speravo tanto di poter affrontare una missione insieme a te, un giorno. Cosa ti è successo? Che ti hanno fatto, per ridurti così? Chi ha potuto plagiare la tua mente al punto dal farti tentare di uccidere Arwen?
È per questo che sono qui, ad affrontare questo viaggio con persone che non sopporto, a cercare di nascondere questa malattia che neanche mio padre può curare. Me ne andrò, Chiyo, lo sento : non sopravviverò. Semmai dovessi superare questa missione, o la Guerra Santa, so di non essere destinata a una vita lunga.
Mio fratello impazzirebbe, se dovessi andarmene prima di lui. Per questo, ce la metterò tutta per andare avanti più che posso.
Ma va bene così, sono stata più volte benedetta dalle stelle, in questa mia vita. Ho incontrato l'uomo che, insieme a Manigoldo, è stato la mia famiglia, che mi ha dato una vita nuova, e questa vita mi ha dato uno scopo. Le cose sono andata molto meglio di quanto pensavo quand'ero bambina, e non sono mai diventata quella spazzatura che immaginavo di dover diventare.
So che ci sono casi umani molto più gravi del mio, al Santuario, e non posso proprio lamentarmi di come mi sono andate le cose. Sono fortunata.
Sono stata privata di molte cose, ma almeno – questo è il punto – le ho avute. Quanti possono dire lo stesso?
Chiyo, non mi sono mai dichiarata a te, ma tu sapevi quello che provavo. Ma vorrei tornare indietro, per dirtelo di persona ; questo è il mio rimpianto.
Probabilmente né Arwen, né Consuelo, né mio fratello conosceranno mai la bellezza di quello che è accaduto a noi due. È una rara fortuna, per gente come noi, poter provare questo sentimento confuso e travolgente.
Sii paziente, Chiyo. Verrò da te, quando questo mio corpo umano cederà. Quando non mi rimarrà più nemmeno la mia famiglia pronta a sorreggermi.
E in quanto a perdonare Arwen...dammi tempo. Ci arriverò”.

 

 

 

*asciruccatu : persona un po' stordita.
**macabbunnu : discolo, vagabondo.
***pillicu : tirchio
****tappinara : prostituta

 

 


 

Nota dell'Autrice : Dunque! Innanzitutto, lasciatemi dire che non sono siciliana e che – purtroppo – non sono mai stata in quella sicuramente magnifica regione. I termini dialettali che ho inserito provengono dai santissimi siti trovati vagabondando in rete, ma se dovessi comunque aver sbagliato qualcosa, miei cari eventuali lettori siciliani, sentitevi liberi di farmelo sapere ;)
Volevo scrivere una one shot esclusivamente su Niedda, ma mi è risultato impossibile non parlare anche di Manigoldo.
Nati da una prostituta che si cura poco di loro, tanto che quando il borgo viene distrutto il pensiero dei due sembra non andare nemmeno una volta a quella donna, e probabilmente figli di padri diversi, vivono come due brigantelli, commettendo furti da quattro soldi, con complicità. Manigoldo riesce già a richiamare i fuochi fatui, anche se non sa cosa siano esattamente. Solo lui e Niedda riescono a vederli, a causa della loro natura.
Il fanatismo religioso porta gli abitanti del paese a vedere il ragazzo come un messaggero di morte, quando in realtà tutto quello che fa, inconsciamente, è guidare le anime verso la pace eterna. Un Salvatore in tutto e per tutto : ecco il perché della scelta del nome.
Lo cacciano via con violenza, e i due ragazzi iniziano a commettere furti più pesanti per vivere, e Niedda riesce a svegliare, seppur in modo flebile, il suo cosmo.
Vengono trovati dal Gran Sacerdote : come avete visto, ho modificato questa parte del manga, soprattutto i dialoghi, adattandoli alla mia versione dei fatti. È Niedda la prima a vedere qualcosa negli occhi di Sage – forse per intuito femminile? - e a sentire l'impulso di fidarsi di lui, trasmettendolo poi anche a Manigoldo.
Al Santuario, inevitabilmente, nasce la loro famiglia.
E come avrete notato, il rapporto con Chiyo andava ben oltre la semplice amicizia. So che nel fandom Saint Seiya le coppie femminili sono poco trattate, ma ho voluto inserire qualcosa di diverso, sperando che apprezziate.
E si parla anche della malattia che le sta consumando la vista, e che piano piano si sta prendendo tutto il suo corpo. Dal mio punto di vista, né Cavaliri né Pope possono fare molto contro l'inesorabile destino dell'uomo, per questo la malattia avanzerà, con l'avanzare della storia. Quanto durerà la vita di Niedda, lo sapremo più avanti.
Nella confessione finale, la sua voglia di scoprire cosa sia successo a Chiyo, la gratitudine per come è andata la sua vita, e la promessa di perdonare Arwen.

Niedda è un personaggio diametralmente opposto a tutti quelli che ho creato fino ad ora, e sarà importantissima per Arwen.

Grazie per essere arrivati a leggere fin qui! Spero di avervi fatto almeno un po' di compagnia!

Alla prossima,
_Haushinka

   
 
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