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Autore: Atlantislux    22/09/2008    6 recensioni
Gli universi di Earl ed Earth collidono, mentre qualcosa di oscuro li minaccia entrambi.
Genere: Drammatico, Guerra, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Earth' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Debutto


Garderobe, 25 marzo, ore 10.30

“Non ti nascondo che avrei voluto leggere tra queste carte un risultato diverso.”
Yokho incrociò le gambe, sorridendo all’obiezione di Natsuki.
“Ricordati che è per il bene di Earl.”
“Sì, certo, sono ormai pronta a scendere a più di un compromesso con quei bastardi, visto ciò che dobbiamo affrontare. Ma permettimi di esibire un po’ di irritazione al pensiero che Nagi potrebbe di nuovo, in teoria, stringere un contratto con una delle nostre ragazze.” Gli occhi di Natsuki abbandonarono il documento che stava sfogliando, rispondendo mestamente allo sguardo di leggera disapprovazione di Yokho. “E, sottolineo, è solo con te e Shizuru che mi lamento.”
L’altra assentì, quasi altrettanto afflitta. “Non potevamo fare altro. Una volta reinseriti i suoi dati biometrici, e il suo nome utente, tutte le funzioni standard sono state ripristinate. Purtroppo non c’è modo di limitare l’accesso alla sola riattivazione delle nanomacchine Master.”
“Nemmeno quel tipo di Earth ha potuto fare qualcosa?”
“No, a meno di non fargli mettere mano nei file di sistema.”
“Lasciamo perdere...” fece Natsuki, abbandonando finalmente il documento e alzandosi in piedi per raggiungere la teiera. “In ogni caso non esiste Otome su Earl che acconsentirebbe a legarsi a Nagi, quindi il problema non si pone. Piuttosto, avete diffuso la modifica a tutti gli altri Master?”
Yokho, che aveva sollevato criticamente un sopracciglio alle parole della Direttrice, senza però interromperla, annuì. “Sì, in teoria avremmo dovuto tenere Nagi in osservazione almeno per ventiquattro ore, e non solo dodici, ma non credo che avremo problemi.”
“E funzioneranno?”
“Questo, purtroppo, lo sapremo solo nel momento in cui affronteremo i Nobody.”
Un lungo silenzio accolse le sue parole, poi Natsuki si portò alle labbra la tazza che aveva nel frattempo riempito.
“Sono rimasti tranquilli nelle scorse ore, o almeno non ci sono stati riportati altri attacchi diretti. Yukino mi ha riferito che l’aggressione alla loro base è stata devastante. E pare che fosse uno solo il Nobody, accompagnato da esseri simili a mostruose ombre. Spero davvero che la modifica che avete fatto funzioni, o il pianeta sarà perso non appena cominceranno a fare davvero sul serio.”
Finì in due sorsate la bevanda, posando poi la tazza rumorosamente al suo posto. Natsuki scosse la testa, strizzandosi tra le dita la base del naso. Piano piano l’espressione corrucciata lasciò il posto ad una più serena.
“Scusami, in questi giorni la mia compagnia non è certo delle migliori. Mentre tu stai facendo tutto il possibile...” mormorò la donna.
“Come te, del resto. Non martirizzarti per ciò che non puoi controllare” la redarguì gentilmente Yokho. “Se permetti ti vorrei prescrivere qualcosa per alleviarti lo stress.”
“Per carità. Sono solo molto stanca, e questa situazione di incertezza non mi aiuta di certo. Ma ho bisogno di essere estremamente lucida, e un tranquillante non mi aiuterebbe. Bene, scendiamo in sala trasmissione, adesso. Tra qualche minuto verrà stabilito il collegamento con la capitale di Zipang, e sono ansiosa di parlare con lo Shogun.”
Obbediente, Yokho si alzò ed entrambe le donne lasciarono l’ufficio, incamminandosi lungo i corridoi.

“Notizie da Midori?” chiese la scienziata dopo qualche minuto di silenzio da parte di entrambe, cercando di non far trapelare l’ansia nella voce. Non avrebbe voluto che gli Asward fossero coinvolti, ma si rendeva conto che solo loro avrebbero potuto ritrovare l’Harmonium. Yokho sperava solo che Midori tenesse a freno gli istinti vendicativi suoi e dalla sua tribù.
“Sì, stanno sistemando tutto, anche se per avere la certezza che quell’affare funzioni dovremmo procedere con un test.”
“Pensi si possa fare senza...” non finì il discorso, perché Natsuki stava già scuotendo la testa.
“No. Miyu ha controllato la macchina, ed anche questa è settata per funzionare solo con i componenti della famiglia reale di Windbloom. E non c’è modo di aggirare il blocco.”
“Quindi Nina si dovrà prestare per una prova.”
“Sì, non appena gli Asward avranno messo a punto l’Harmonium. Stanno procedendo a marce forzate, e mi hanno riferito che ci vorranno non più di un paio di giorni. E c'è un'altra cosa. Ho già chiesto a Mikoto, ma vorrei che ci fossi anche tu durante il test. Non mi fido di quell’aggeggio e ancora meno... di quanto Nina potrà reggere la pressione psicologica” Natsuki terminò, scoccando un’occhiata carica di significato a Yokho.
“Me ne rendo conto. Sta prendendo tutta questa storia in un modo che non mi piace affatto.”
“Neppure a me. Si è chiusa in sé stessa, come fece l’altra volta, e sono certa che ne sta soffrendo parecchio. Ma d'altra parte sono lieta che abbia accettato responsabilmente la sua eredità.” Natsuki arrossì leggermente. “Anche se non mi aspettavo niente di meno dalla ragazza che ha tenuto fede al giuramento di obbedire al suo Master fino alle estreme conseguenze.”
“La possiamo biasimare? Siamo noi che l'abbiamo educata in quel modo...”
Natsuki e Yokho si scambiarono un sorriso triste. “E credi che non lo sappia?” fu la replica della Direttrice.

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Lo schermo era una proiezione olografica a mezz'aria, una reliquia della tecnologia che una volta era alla portata di tutti su Earl, ma che ora strideva curiosamente con l'arredamento barocco del Garderobe.
Natsuki fissò i volti raggianti, sullo schermo ed attorno ad esso; Mai e Takumi erano evidentemente felici di parlarsi, così come Mikoto ed Akira di vedere serene le persone alle quali volevano bene.
“Devi venire a trovarci, Mai. Heian-kyō è splendida in questo periodo. E scommetto che tu neanche ti ricordi com'è.”
Natsuki vide Mai fare il gesto di passarsi una mano sugli occhi, e immaginò che si stesse asciugando una lacrima malinconica. Se ricordava bene erano mesi che la Otome del Rubino di Fuoco non metteva piede nella sua città natale, e Natsuki era ben conscia di quanto fosse legata al fratello. 'Tra l'altro, il giovane Shogun ha ragione, la capitale di Zipang è un luogo davvero incantevole.'
Ad un tratto la Direttrice sbatté le palpebre, poi se le strofinò con forza ritornando a guardare lo schermo. Turbata, fece un passo indietro fino a mettersi di nuovo spalla a spalla con Yokho. La scienziata voltò la testa verso di lei.
“Guarda bene quell'immagine, non ti sembra ci sia qualcosa di strano?” le sussurrò.
Yokho aggrottò lo sopracciglia, fissando intensamente quello che Natsuki le aveva indicato. Takumi ciarlava allegro, mentre un passo dietro a lui la sua ninja lo teneva d'occhio con espressione ferma ma amorevole. Stavano trasmettendo dalla terrazza della residenza dello Shogun, e dietro di loro si stagliavano gli altissimi minareti a forma di drago della città, rilucenti nel tramonto.
Yokho spalancò gli occhi, impallidendo all'improvviso. “Le ombre sono tutte sbagliate...”


Heian-kyō, 25 marzo, ore 18.00

Sul suo mondo natale, dove gli esseri umani erano il prodotto di raffinate tecniche di ingegneria genetica e chirurgia estetica, Zexion non era mai stato considerato particolarmente avvenente, né mai aveva desiderato esserlo; gli bastava che fosse la sua brillante intelligenza a impressionare la gente e a garantirgli, nonostante la sua giovane età, un posto tra il gruppo di scienziati più dotati di Radiant Garden. Per quel motivo la gente cercava insistentemente la sua compagnia, ma con la perdita del Cuore ogni cosa era cambiata. Non su Earl, tuttavia.
Il Nobody si guardò attorno, dalla panchina dove aveva deciso di sedersi insieme a Axel.
“Secondo te come mai questi sono diversi?” gli chiese quasi distrattamente il domatore del fuoco, indovinando i suoi pensieri.
Una ragazza poco più che adolescente incrociò in quel momento lo sguardo di Zexion, distogliendolo subito in preda ad un evidente imbarazzo. Il telepate socchiuse gli occhi. ‘Anche senza tutti i miei poteri potrei benissimo leggere nella sua mente. Curioso. Raramente mi è capitato di essere l’oggetto di una tale attrazione sessuale. E mai da quando non ho più un Cuore.’
Non che le attenzioni del resto dell’umanità gli mancassero, era stato sempre piuttosto bene da solo, ma le genti del multiverso da dove proveniva non solo lo evitavano, ma cercavano ogni modo per distruggere lui e i suoi compagni; apparentemente, per il solo fatto di esistere.
Con un cenno Zexion indicò ad Axel gli umani che affollavano il parco intorno a loro. “Qui gli esseri umani non hanno mai sviluppato i propri poteri esper, così non riescono a percepire la nostra diversità. Per loro non siamo disgustose creature da sopprimere perché sovvertiamo l’ordine naturale delle cose. Al contrario... sono certo che se ci conoscessero meglio, tutti loro vorrebbero essere al nostro posto” si arrischiò a dire, spiando la reazione di Axel.
Il compagno alzò le spalle noncurante, mentre regalava un sorriso pericoloso ad un gruppo di donne.
“Non ne dubito. Pensa un po’ che fortuna. Se fossimo nati qui non avremmo certo avuto da combattere con le unghie e con i denti per sopravvivere ogni giorno.”
Zexion annuì, ma non rispose. In ogni caso, l'attenzione di Axel era già stata distratta da un gruppo di ragazzini che si erano messi a ridere, indicando gli strani ciuffi rossi del Nobody. ‘Perché credi che stia mettendo in scena tutta questa pantomima? Questo è il luogo dove dovremmo stare e, se il nostro capo non fosse così testardo ed incapace di accettare i propri errori, a quest’ora ci saremmo già trasferiti qui. Chiudendo al Re la porta in faccia. E chissà che combinando la tecnologia di Earl con la nostra non potremmo stabilizzare la nostra condizione.’
Incrociò le mani sotto al mento. ‘Quelle loro armature non sono effetti ottici, perché il loro sistema, in qualche modo, trasmuta i fotoni in oggetti solidi. È affascinante... sarebbe interessante poter smantellare lo Shinso per esaminarlo.'
Axel si alzò, catalizzando gli sguardi di tutti i presenti. Andò verso i ragazzi, le cui risate si fecero improvvisamente più sonore. Evidentemente trovavano divertente il volto da clown del Nobody, decorato da lacrime tatuate sotto gli occhi. Perché quei marchi avessero proprio quell’aspetto, nessuno se lo chiedeva mai.
'Lo farò. Questo posto è ricco di possibilità. Devo solo evitare che i nativi e gli ospiti stranieri non facciano qualcosa di estremamente stupido.’
Le risate, all'improvviso, si tramutarono in urla.
Però adesso, vediamo un po' di testare la risolutezza di entrambi...'

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Il Colonnello Okuzaki sapeva che sarebbe venuto quel momento; quando avrebbe guardato attraverso i monitor e, invece della sonnolenta pace di una città ai confini del nulla, si sarebbe trovata davanti ad un incubo. Aveva solo trent'anni, ma aveva già assistito a parecchie, sanguinose battaglie, ma nulla era come quello che stava passando sugli schermi.
Se dovessi trovargli un paragone, direi che è più simile ad una mietitura...’
Le telecamere nascoste in ogni angolo trasmettevano quasi ovunque scene di civili massacrati da creature umanoidi, le stesse che aveva visto nei filmati diffusi dal Generale De Windbloom. Con le unghie e con i denti gli esseri si facevano largo attraverso le persone, e dai cadaveri nascevano altri incubi neri, in progressione geometrica. Nulla sembrava poterli fermare, né i muri dei palazzi, né i blindati che cercavano di trattenerli. Le sacche di difensori, sempre più esigue, venivano annichilite ad una ad una.
Riescono a teletrasportarsi oltre tutti gli ostacoli, e immagino anche dentro i mezzi, come Shinigami Helene aveva previsto.’
La donna aprì e chiuse le mani, consapevole degli ordini che le erano stati dati, ma anche della promessa che aveva fatto al marito.
“Rapporto” ordinò netta.
“Il contagio si sta velocemente espandendo ai quartieri centrali. Quello che i locali mettono in campo è sopraffatto quasi immediatamente; la linea del fronte è in continuo arretramento, ma ancora in grado di garantire l'evacuazione dei quartieri più occidentali.”
“Anche se non si capisce dove potranno mai sperare di andare...” fece lei.
La capitale di Zipang era circondata da deserti, come quasi tutte le città di Earl, e da mura, contro le quali premevano le masse che cercavano di salvarsi abbandonando la metropoli condannata. Il Colonnello guardò stoicamente le immagini, prendendo poi un respiro profondo; era consapevole degli sguardi dei suoi uomini su di lei, e del fatto che una luce sul quadro comandi stava lampeggiando insistentemente.
Dovette reprimere uno scatto di nervosismo quando una mano si posò proprio là aprendo la comunicazione con il quartiere generale, ma fulminò comunque con gli occhi la proprietaria della mano, il Maggiore Fia Grosse della Repubblica Occidentale. Quindi, dedicò una piccola parte della sua attenzione al volto cupo apparso sullo schermo.
“Colonnello Armitage” la salutò di malagrazia.
“Okuzaki. È estremamente importante che non facciate nulla che possa rivelare la nostra presenza qui. Non è ancora il momento. Ricordati che sei autorizzata a intervenire, ma solo se quegli esseri si avvicineranno al portale. Non un minuto prima ”
Akira sentì svanire quel poco di pazienza che le era rimasta. “Ti rendi conto che non possiamo stare a guardare mentre quella città viene demolita? Una volta all’aperto non ci sarà nulla che li potrà fermare, mentre quei palazzi potrebbero offrire una qualche utile difesa” ritorse la donna.
“Non dire sciocchezze. La nostra superiorità tattica sulle lunghe distanze è schiacciante. Non ha senso sprecare le nostre forze in un combattimento casa per casa quando possiamo annichilire quelle cose con un bombardamento a tappeto a distanza di sicurezza.”
“Ma non possiamo perdere quella città così. Minerebbe il morale degli abitanti di Earl.”
Haruka la fissò stranita. “Ma di che stai parlando? È proprio quello che vogliamo. Non c’eri anche tu quando abbiamo congegnato il piano con la tua regina? Attieniti a quello che ti è stato ordinato.”
Gli occhi di Akira si abbassarono leggermente, ma non perché stesse esitando. ‘Non posso. Sulla mia coscienza la promessa che ho fatto alla persona che amavo vale molto di più di quegli stupidi ordini.’
“Questo, non è assolutamente possibile” sentenziò.
Dall’altra parte dello schermo Haruka non perse tempo, come se si fosse aspettata quella risposta. “Maggiore Grosse, a lei il comando della Brigata Yamato. Il Colonnello Okuzaki è destituito con decorrenza immediata.”
Akira sorrise, tenendo contemporaneamente d’occhio Fia. “Non puoi farlo, tu non hai nessuna autorità su di me e sui miei uomini. E, in ogni caso, loro non obbediranno mai alla tua tirapiedi.”
“Non esserne così certa. Non quando tra le tue fila sono stati introdotti membri delle mie divisioni.”
La notizia non turbò minimamente Akira. “Maggiore. Da che parte stai?”
Fia girò rigidamente su di lei un paio di gelidi occhi azzurri. “Ovviamente da quella del mio unico, vero capo, il Generale De Windbloom.”
“Peccato.”
Le mani di Akira scattarono e si chiusero a morsa intorno alla testa di Fia poi, con una veloce torsione, il Colonnello le spezzò il collo.
Akira fece appena in tempo a prendere atto dell’espressione sconvolta di Haruka prima che uno dei suoi fedelissimi interrompesse la comunicazione. “Escludete tutte le trasmissioni in arrivo dal quartier generale. Che la fanteria mobile chiuda sulla città, gli RX forniranno supporto aereo. Fuoco di sbarramento sui quartieri orientali già in mano al nemico. Iori, tu e la tua squadra con me. Mi occuperò personalmente di portare in salvo lo Shogun.”
“Ma quali sono i suoi ordini, Colonnello?”
Akira si voltò verso il graduato che aveva parlato. L’uomo sorrideva esaltato. A lei, invece, l’espressione si fece truce.
“Fermare quegli esseri. Qui ed ora. In ogni modo. Se usciranno da là sarà una catastrofe. Non deve succedere. Ed evacuate il personale non necessario.”
Poi si girò e marciò verso il proprio destino.

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“Takumi, Takumi!”
La giovane ninja si curvò verso l’amato, appoggiato ad un muro con la testa affondata tra le mani.
“Non ce la faccio” esalò lui lentamente, dolorosamente. Come se ogni respiro gli costasse troppo per essere emesso.
Lei gli mise le mani sulle spalle, scuotendolo leggermente. “Ma non possiamo fermarci ora. Quelle cose saranno qui a momenti.”
“Vai tu. Io non posso lasciare la mia città. Non posso abbandonare il mio popolo adesso.”
“E vorresti morire con loro? Ma che senso ha?” gli sibilò lei, sconvolta. Scosse la testa con furia. “Non puoi chiedermi di andarmene. Se è così che hai deciso, rimarrò anch’io, combattendo per te fino alla fine.”
Le parole della ragazza fecero sobbalzare lo Shogun. “Non voglio sentire una cosa del genere, neppure per scherzo. Tu ti devi salvare, e lo sai perché.”
“Credi forse che potrei far crescere tuo figlio senza di te?” gli urlò lei, perdendo in un attimo la compostezza che l’aveva sempre contraddistinta, tanto che Takumi le gettò di scatto le braccia al collo, stringendola a sé per calmarla.
“Basta. Per favore. Non saresti comunque nelle condizioni di combattere. E con che occhi guarderei mio figlio, sapendo che ho lasciato che altri morissero per salvarmi?”
Akria scoppiò a piangere tra le sue braccia, mentre lui si rivolgeva a Iori.
“Lasciatemi. Su quella jeep viaggerete più spediti con un peso in meno. Ti affido la mia signora, fa che non le accada nulla.”
“No” si intestardì lei. “Noi non possiamo...” il resto delle sue parole fu troncato da una potente esplosione.
“Usciamo di qui” urlò Iori, caricandosi in spalla un molto riluttante Takumi.

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“Lasciami andare!”
“Mai, non essere stupida. Non c’è modo di arrivare in tempo.”
“Non mi interessa” gemette la rossa nella stretta di Natsuki e Mikoto. “Come potete chiedermi di rimare qui a fare nulla?”
“E tu come puoi chiederci di mandarti a morire?” le urlò Natsuki.
Ancora una volta, la Direttrice maledisse il fatto che a Zipang non ci fosse un’Otome. Per qualche secondo aveva considerato di spedirne là una squadra ma, alla velocità con la quale le ombre si stavano impadronendo della città, sarebbero arrivate comunque troppo tardi.
‘E se i Nobody superiori sono in giro potremmo perdere anche loro’ rifletté, non stupendosi del proprio cinismo. ‘Finché non avremo idea di come sconfiggerli, come posso mandare le mie ragazze allo sbaraglio in questo modo?’
Stava pensando ad un modo per dirlo a Mai quando la resistenza della ragazza improvvisamente venne meno, e lei si accasciò al suolo singhiozzando. Mikoto la abbracciò, cercando di darle un’impossibile consolazione.
Gli occhi di Natsuki ritornarono riluttanti sullo schermo, che stava ancora trasmettendo anche se Takumi e la sua compagna erano scomparsi. Per mettersi in salvo, sperava la Direttrice, anche se non aveva idea di come fosse possibile, in tutto quel disastro.
Dall’angolazione delle telecamere poteva vedere le strade invase da una marea ribollente di creature oscure che sembrava muoversi in un’unica direzione, quella dove stavano fuggendo gli abitanti. Natsuki soppresse un conato di vomito.
“Heartless” mormorò Mikoto. “I soldati dell’esercito dei Nobody. Sono attratti dalla vita, e non si fermeranno fino a quando non l’avranno consumata tutta...”
Inaspettatamente, davanti ai loro occhi, una lunga serie di palazzi esplose sommergendo di detriti le vie e schiacciando le ombre. Senza un suono, gli Heartless fuggirono in ogni direzione, solo per essere falciati da quelle che sembravano raffiche di mitragliatrice.
“Che sta succedendo adesso?” si chiese Natsuki. Aveva visto le difese di Zipang travolte dagli Heartless, senza che nulla gli si potesse opporre, chi era che stava contrattaccando?
Altri palazzi crollarono ma, adesso, intorno alle macerie c’era qualcosa che stava avanzando, uscendo dai vapori delle esplosione e da quelli che Natsuki aveva imparato a chiamare campi di occultamento.
Carri armati e macchine simile a giganteschi tripodi(1) si inoltrarono tra le masse di Heartless, schiacciandoli sotto i cingoli o bersagliandoli con sventagliate di proiettili esplosivi e fasci di un qualche tipo di energia che inceneriva le ombre. A differenza dei mezzi di Zipang, questi non sembravano consentire agli Heartless di trapassarne gli scudi.
“Chi...?” si chiese Yokho.
Natsuki le rispose con un ringhio. “Earth.”
Non aveva dubbi che quei mezzi arrivassero da là. Anche se avevano colori mimetici diversi delle solite gradazioni di grigio/nero, e il simbolo che esibivano non era il tridente scarlatto ma un sole raggiante rosso in campo bianco.
“Sono dell’altra coalizione. Quei maledetti erano già su Earl, come avevamo temuto.”
“Ci stanno aiutando...” si azzardò a commentare Yokho, interrotta dalla feroce replica di Natsuki.
“E questo disastro ti sembra un aiuto?” urlò indicando lo schermo, dove altre esplosioni stavano sventrando la città. Fecero appena in tempo a vedere delle luci solcare il cielo, prima che l'immagine sparisse.
“Irina, manda un messaggio al Castello. Entro dieci minuti voglio qui il Generale e i suoi lacchè.”
Così profondamente alterato era stato il tono di Natsuki, che l'assistente di Yokho si affrettò ad obbedire.

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I giardini del palazzo erano ancora intatti, ma fuori dai cancelli era l'inferno. La guardia imperiale opponeva ancora resistenza, ma solo perché gli Heartless erano più impegnati a massacrare gli abitanti della città, che avevano cercato rifugio nella residenza, che ad attaccare seriamente i soldati.
Iori imprecò sonoramente, gettando molto poco cerimoniosamente Takumi nella jeep. Altre due erano pronte di scorta ma, guardando con apprensione le mitragliatrici sui tetti, Akira si chiese come avrebbero fatto a fuggire, quando i loro blindati erano stati sopraffatti nel giro di minuti. Chiuse le mani a pugno per fermare il tremito. Aveva paura, più di quanta ne avesse mai avuta in vita sua, ma di una cosa era certa: che non avrebbe lasciato nulla di intentato per salvare il suo uomo. Salì in macchina accanto a lui mettendosi distrattamente la mano sul ventre. 'Lo faremo insieme, piccolo mio...' pensò cupa mentre si avviavano ad un'uscita posteriore ancora libera.
Takumi, accanto a lei, era serissimo ma aveva smesso di protestare. “Non mi vuoi proprio ascoltare, eh?” le sussurrò.
Lei scosse la testa. “No. Chiamami una schifosa egoista, ma io ho giurato di proteggerti, e lo farò a tutti i costi. Anche contro la tua volontà.”
Il convoglio uscì nelle strade deserte, lanciandosi verso le porte occidentali della città. Lei si guardò attorno. “Te lo giuro, noi non moriremo qui oggi.”
“Vorrei crederti...”
Un sibilo lo interruppe, ed entrambi abbassarono la testa per puro istinto. Senza alcun preavviso i palazzi davanti alla residenza imperiale, che ancora potevano vedere in lontananza, si sbriciolarono in un'epifania di detriti.
Le jeep girarono l'angolo in tempo perché Akira potesse notare, costernata, mezzi corazzati che si facevano largo tra Heartless. E non assomigliavano a nulla che lei avesse mai visto.
Poi un urlo del conducente le fece stringere le mani attorno al bordo del sedile, e fu un bene perché un attimo dopo si sentì proiettata in avanti da un'improvvisa e brusca frenata.
“Che succede adesso?” urlò Takumi.
“Signore... davanti a noi” le giunse la voce spezzata dell'autista.
Akira sbarrò gli occhi mentre dalla jeep di testa facevano fuoco su ciò che li aveva bloccati, e Iori, dal suo posto accanto all'autista, si precipitava in strada.
Davanti a loro erano comparsi tre mezzi dalle forme vagamente umanoidi, completamente corazzati, dotati di uno scudo e armati di un cannone nella destra. Ad Akira ricordarono le armature(2) che i suoi antenati usavano vestire in battaglia. Il terreno attorno a loro era disseminato dai proiettili della mitragliatrice deflessi da quello che sembrava uno scudo invisibile.
“Cessate il fuoco” ordinò qualcuno da uno dei mezzi, incredibilmente zittendo il crepitio delle armi.
Akira non se ne sorprese. Nonostante fosse leggermente deformata, aveva riconosciuto la voce. Era inconfondibilmente identica alla sua. Takumi scivolò fuori dall'auto prima che lei lo potesse fermare.
“Cosa significa tutto questo? Colonnello?” urlò lui, mentre Akira scattava al suo fianco.
Il torso e la testa della strana macchina si mossero verso l'alto e poi di lato, aprendosi completamente e rivelando ad Akira che la sua prima impressione era stata quella giusta; quegli affari erano davvero tecnologiche armature.
La sua omonima più adulta la fissò da dentro il mezzo. “Che stiamo facendo di tutto per ripulire la tua città da quegli esseri maledetti.”
“Demolendola?” la affrontò lui.
“Non c'è altro modo per guadagnare abbastanza tempo perché i superstiti fuggano. Quei quartieri erano comunque condannati.”
“E cosa ci fai qui? Non credo che tu voglia chiedermi il permesso, oramai.”
Lei scosse la testa. “No, l'avrei fatto, ma non ce n'è stato il tempo. Ora, tuttavia, tu ed Akira verrete via con noi.”
Entrambi i ragazzi si irrigidirono, mentre la loro scorta gli si stringeva attorno.
“Cosa credete di fare? Fermarci con le vostre ridicole carabine? In ogni caso potete fuggire dalla città solo volando. Non arriverete mai alle porte in questo modo.”
La piccata replica di Takumi fu bloccata da Iori. Il capo della guardia imperiale si girò, posando un ginocchio a terra davanti a lui. “Per quanto questa donna sia forse una nostra nemica, ha ragione. Non potremo mai passare con migliaia di persone che premono per andarsene. E quegli esseri sono molto veloci. La prego, abbiamo poco tempo...”
Come a voler sottolineare le sue parole un boato immane scosse il terreno sotto di loro. Akira strinse convulsamente il braccio di Takumi. “Ascoltiamola.”
Per quanto odiasse quello che stavano per fare, perché in un certo senso Takumi aveva ragione e loro stavano davvero abbandonando la propria gente nel momento di massimo pericolo, Akira non poteva nemmeno negare a sé stessa che era principalmente la salvezza di Takumi che lei aveva a cuore.
Ma lo sguardo dello Shogun, del suo dolce amante, gelò ogni speranza che Akira avesse mai potuto avere.
“Non posso, Akira-kun...”
“E allora non odiarmi per questo” gli mormorò lei, premendogli il lato destro del collo tra due dita. Takumi crollò svenuto tra le sue braccia come una bambola di pezza.
“Non mi sarei aspettata niente di meno da te” le fece sbrigativamente, ma con un certo apprezzamento nella voce, la sua omonima.
Il mezzo alla destra del Colonnello si fece avanti, e gli uomini dello Shogun da parte per lasciarlo passare; nonostante i loro occhi fossero vigili e i lineamenti tesi.
L'essere stese le braccia e cautamente raccolse Akira e Takumi, sollevandoli da terra.
“Tieniti stretta, bambina” le disse una voce che lei riconobbe come quella di Iori.
“Bene. Il Maggiore vi accompagnerà al sicuro. Fidatevi ciecamente di lui, è il mio uomo migliore.”
Lo sguardo del Colonnello sembrò velato di rimpianto, mentre i suoi occhi si posavano su Takumi, ma ritornarono gelidi quando Akira le chiese se avrebbero salvato la città.
“Tutto quello che ti posso promettere, Akira Okuzaki, è che spazzerò via quelle cose che hanno ucciso la tua gente. Di più, non ti posso garantire.”
La ninja annuì rigidamente. Non era stupida ed era stata anche lei educata come un soldato. Come tale, lei sapeva che quella battaglia non avrebbe avuto vincitori; aveva riconosciuto lo sguardo determinato, e senza speranza, che giaceva negli occhi della donna davanti a lei. Come soldato, in quel momento c'era un'unica cosa che Akira potesse fare.
Nonostante la scomoda posizione inchinò la testa in un saluto che volle essere il più formale possibile.
“Allora addio, Colonnello Okuzaki.”
Un tiepido sorriso increspò le labbra del Colonnello, che si inchinò a sua volta. “Non morire.”

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“È un problema con questi. Ci mettiamo troppo tempo per penetrare i loro scudi.”
Zexion scosse le spalle, mentre osservava un altro dei mezzi di Earth fermarsi bruscamente, assaltato dagli Heartless che erano finalmente riusciti a vincerne le difese.
“Non essere impaziente. Il tempo è in ogni caso dalla nostra parte. Più energia consumano e più le loro barriere si indeboliscono, l'importante è tenerli impegnati fino al punto di rottura. E ricordati che non hanno rinforzi infiniti, a differenza di noi che possiamo attingere a tutti i Cuori di questo mondo.”
“Brillante analisi. Senza contare che è divertente avere finalmente avversari un po' impegnativi.”
Lo stratega dei Nobody non mosse un muscolo al commento di Axel, preferendo guardarsi in giro, gli occhi leggermente lucidi.
“Stanno arrivando” mormorò. “Le truppe speciali.”
“Me ne occupo io.”
“Lo faremo insieme.”
“Lasciami il comandante. Avanti, ho bisogno di sfogarmi.”
Zexion lo fissò. “Attento. Quelle armature che indossano sono meno potenti e maneggevoli di quelle delle Otome, ma i loro scudi quasi altrettanto impenetrabili. E l'energia che usano praticamente infinita.”
I due chakram(3) si materializzarono nelle mani di Axel. “Ci penso io” gli rispose, senza apparentemente far caso all'obiezione del telepate. “A te i restanti cigolati.”
Il domatore del fuoco scomparve, e a Zexion non restò altro da fare che riportare la sua attenzione sui mezzi attorno a lui. Avvertiva presenze nemiche in rapido avvicinamento, e non tutti sarebbero stati intercettati da Axel.
Focalizzò i suoi poteri su un tripode pesantemente armato i cui scudi erano quasi parzialmente erosi, ma i cui lanciamissili e cannoni al plasma erano ancora intatti. Gli ci volle solo qualche secondo per abbattere le blande difese mentali dei piloti, facendo si che volgessero le proprie armi verso i loro stessi compagni ancora in volo.
Zexion sorrise. 'Perché batterli, quando puoi far sì che lavorino per te?'

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Il posto dove il mezzo corazzato era atterrato era l'ingresso ad una delle tante caverne che costellavano i dintorni di Heian-kyō. Un luogo considerato pericoloso, disseminato di rovine del vecchio mondo, che i suoi concittadini evitavano da sempre.
'È grazie alle nostre superstizioni se questi hanno potuto installarsi qui a dovere...' pensò guardandosi attorno, lasciando vagare lo sguardo tra le deserte tensostrutture dell'accampamento alieno.
“Vieni” le fece il loro accompagnatore, con ancora Takumi tra le braccia.
L'interno della caverna rivelò più attività, soprattutto il suo cuore: una sala al cui centro giaceva una pedana circondata da una teoria di dodici pilastri.
C'erano persone in fila davanti a quella struttura, e tecnici con strane apparecchiature lì attorno. Tutti, notò Akira, avevano sguardi tesi e preoccupati. Lei immaginava cosa stesse succedendo, ma nessuna voce di rimprovero si alzò quando il suo gruppo si portò in testa della fila.
“Dove ci porterà?”
“Questo portale è collegato con la nostra capitale. Là sarete al sicuro. Tu, vieni qui.”
La prima della fila si fece avanti. Era una ragazza molto giovane, forse diciotto o diciannove anni, con occhi a mandorla che non riuscivano a nascondere la paura.
“Il tuo nome, soldato.”
“Sergente Yayoi Ota, addetta alle trasmissioni, Signore.”
Le labbra di Iori si distesero in un sorriso. “Te li affido, portali con te a casa e bada che non gli accada nulla. Prega la nostra Signora di prendersi cura di loro. È l'ultima volontà del Colonnello Okuzaki.”
La ragazza annuì con vigore, nonostante gli occhi le si facessero lucidi di lacrime.
Iori si girò verso Akira. “Vai, so che con te Takumi sarà al sicuro.”
“Non c'è bisogno che tu me lo dica” fu la netta risposta della ninja. Poi prese con delicatezza Takumi dalle braccia meccaniche di Iori e se lo caricò in spalla, salendo con la ragazzina i pochi gradini verso il centro della pedana. Yayoi le prese la mano.
“Chiudi gli occhi e non lasciarla, per nessun motivo.”
La ninja fece come le era stato detto, stringendo a sé l'amante. Dopo qualche secondo, i loro corpi si smaterializzarono in una nuvola di scintille smeraldo.

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Axel era irritato. I suoi chakram riuscivano a fare solo lievi danni all'armatura del nemico, mentre il combattimento aereo non era il più adatto per usare estensivamente i suoi poteri.
'In qualche modo devo riuscire ad abbattere quell'affare. Una volta a terra voglio proprio vedere quanto i suoi scudi resisteranno in mezzo al magma incandescente.'
Individuò una selva di missili in arrivo e si teletrasportò dietro l'avversario lanciando contemporaneamente le sue armi ma l'altro si era già girato, e i chackram trovarono solo l'aria.
Sorprendentemente, il nemico lo caricò senza che Axel trovasse il tempo per scansarsi. Quando le braccia meccaniche si chiusero intorno a lui, il Nobody digrignò i denti dalla frustrazione. 'Beh, forse non è del tutto un male.'
Troppo impegnato a stringerlo, e a puntargli in faccia la bocca di un lanciagranate, il rivale non si era accorto che i chackram stavano tornando nelle mani del loro padrone. Axel sorrise ferino nonostante il dolore, dirigendo le armi sul propulsore posteriore del nemico, e concentrando in quel punto tutti i propri poteri.
'La vicinanza è un vantaggio per te, Akira Okuzaki, ma lo è anche per me.'
L'esplosione scosse il mezzo di Earth la cui presa si allentò. Axel non perse tempo a teletrasportarsi via, godendosi la vista del nemico che precipitava a terra.

Dopo qualche secondo, e sessanta metri più sotto, il domatore del fuoco riapparve dinnanzi alla forma pesantemente danneggiata dell'avversario.
'Incredibile, sta comunque cercando di rimettersi in piedi nonostante i servomeccanismi distrutti.'
Erano ossi duri, ma gli piaceva quella gente, che non lasciavano nulla di intentato per raggiungere i propri scopi. Come lui e i suoi simili.
“È inutile, Colonnello, il tuoi scudi sono infranti. E non c'è nulla in questo momento che tu possa fare per impedirmi di annientarti.”
Tanto per farle capire cosa intendeva, alzò di qualche centinaio di gradi la temperatura all'interno dell'arma principale che il nemico ancora stringeva, facendola saltare in aria.
“La prossima sarà la tua testa...”
“Non esserne così certo, ragazzo” la voce della donna, ferma nonostante la sofferenza chiara nel suo tono, lo apostrofò dal mezzo.
Lui scosse la testa, procedendo a fare esattamente quello che si era proposto. Ma, qualche istante dopo, i suoi sensi, abituati a rilevare intorno a lui ogni reazione termica, lo avvertirono che qualcosa si era innescata nel mezzo di Earth.
Non perse tempo, e lanciò solo un veloce avvertimento telepatico a Zexion, prima di teletrasportarsi al sicuro.

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Akira si piegò in due, sorretta dalle forti mani dei soldati che erano accorsi non appena era apparsa sulla pedana.
Sentì che la facevano sdraiare su una barella, e che qualcosa le veniva iniettato del braccio. “Non muoverti” le ordinò gentilmente una voce. “Il reagente farà effetto nel giro di minuti, tra poco starai bene.
“Takumi” cercò di urlare vincendo la nausea.
“Sta bene, è qui accanto a te.”
La ragazza aprì gli occhi con estrema difficoltà. Non le avevano mentito. Takumi era coricato al suo fianco. Pallido in volto e ancora svenuto, ma il respiro tranquillo le segnalò che tutto era a posto. Addirittura, il risveglio del ragazzo sarebbe stato forse meno traumatico del suo.
Akira si guardò attorno. Il luogo dov'era finita era esattamente speculare a quello dov'era partita. Anche lì una pedana circondata da dodici pilastri dominava una grande sala che sembrava però, a differenza dell'altra, l'interno di un qualche edificio. Macchine e gruppi di soldati armati circondavano la struttura, dove era appena apparsa un'altra persona.
“Le operazioni stanno continuando” fece una vocina flebile.
Solo allora Akira si accorse che la ragazza che li aveva accompagnati era inginocchiata accanto a lei, e le teneva la mano.
“Quante persone dovevate ancora evacuare?”
“Una cinquantina...”
I pilastri si illuminarono mentre qualcosa si manifestava in mezzo a loro. Scintille come lucciole apparvero a mezz'aria, poi si avvicinarono fino quasi a comporre una figura umana ma, prima che si materializzasse del tutto, si separarono improvvisamente svanendo nel nulla.
Yayoi le lasciò la mano e si portò entrambe le sue al volto.
“Cosa...?” balbettò Akira.
“Il trasferimento è fallito. Dev'essere successo qualcosa dall'altra parte.”
L'attenzione della ninja tornò sui pilastri, che tutti nella sala stavano fissando con trepidazione. Li fissò per lunghi secondi, poi minuti. Ma nessuno apparve più in mezzo a loro.
Come se anestetizzata, non respinse le braccia di Yayoi che la strinsero. Anzi, si ritrovò a piangere, abbracciata a quella ragazza sconosciuta, per tutto quello che aveva perso.

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Si era aspettata che il Generale arrivasse esibendo la sua solita aria di sufficienza, e Nagi il suo abituale sorrisetto sarcastico invece, a loro credito, Natsuki dovette riconoscere che entrambi sembravano piuttosto turbati dallo spettacolo. Addirittura il Maggiore Yumemiya, accanto a loro, era visibilmente sconvolta.
“Spiegami questo” Natsuki sibilò a Mashiro indicando lo schermo che mostrava ora immagini registrate.
“Non c'è nulla da spiegare. Non ti avevo forse detto di aspettarti una cosa del genere in ogni momento?” le rispose Mashiro.
“Non sto parlando dei Nobody, ma delle tue truppe intervenute in città.”
Il Generale scosse le spalle. “Mie? Quelle insegne non appartengono alle forze della Repubblica Occidentale.”
“Mi prendi in giro? Come se non sapessi che siete d'accordo.”
“Non mi pare di avere mai detto nulla del genere. Cosa ne pensi, Arika?” chiese alla compagna.
“Che evidentemente il Colonnello Okuzaki, il comandante delle armate della Coalizione Est, ha deciso di intervenire quando è stata attaccata la capitale di Zipang.”
“E perché avrebbe dovuto farlo?”
Mashiro sollevò criticamente le sopracciglia. “Forse per lo stesso motivo per il quale noi siamo qui. Per aiutare i propri omonimi su questo mondo.”
La Direttrice si passò una mano nei capelli. “Primo, non siete tanto altruisti. Secondo, non cercate di farmi credere che non ne sapevate nulla. E terzo, quello che stanno somministrando a quella città non lo chiamerei aiuto, ma bombardamento a tappeto.”
“Conoscendola, immagino che quello sia l'unico mezzo che ha escogitato per fermare quegli esseri.”
“Spero tu stia scherzando.”
Il Maggiore Yumemiya fece un passo avanti, aprendo le mani davanti a lei. “Ascoltami, Natsuki. Tu non l'hai mai vista, ma la capitale della nostra nazione è molto, molto simile a quel posto. E posso immaginare cosa abbia pensato il Colonnello, quando ha visto in pericolo persone che lei conosceva... cioè, i loro omonimi.”
Natsuki incrociò le braccia sotto il seno. “Non mi dire che adesso fate anche i sentimentali.”
“Direttrice” la chiamò Irina, che per tutto il tempo aveva cercato di captare un qualche tipo di trasmissione proveniente da Heian-kyō. La ragazza girò verso di lei il volto terreo. “Non so cosa significhi, ma l'osservatorio sismico di Beijing ha registrato qualche minuto fa una scossa di terremoto. L'epicentro pare proprio la capitale di Zipang.”
Natsuki si trattenne dall'andare a sollevare di peso il Generale, e fu solo perché Mashiro stessa si girò verso Nagi, apparentemente esterrefatta. “Che ha combinato quell'esaltata?”
Lui scosse le spalle, mentre il consueto ghigno sardonico gli tornava in volto. “Direi... che ha risolto il problema degli Heartless con una quarantina di megatoni(4).”
Digrignando i denti la Direttrice fu in due passi davanti a lui. Odiava che adesso dovesse alzare la testa per guardarlo in faccia, ma fu lieta di notare una leggera esitazione negli occhi rosati dell'albino.
“Basta. Tu sei quello che si vanta sempre di avere tutto sotto controllo, mi vuoi far credere che questo è qualcosa che esula dal tuo piano?” gli sibilò Natuski indicando lo schermo dietro di lei.
Nagi alzò gli occhi al cielo. “Temo di sì. Sai com'è, cara Natsuki, anche se lo desidererei davvero devo ammettere che, purtroppo, ci sono persone sulle quali nemmeno io ho influenza.”
La fissò, e il sorriso che le diede fu così sottilmente allusivo, e talmente sbagliato in un momento come quello, che la Direttrice dovette distogliere lo sguardo per non schiaffeggiarlo.
“A volte tu mi fai venire dei dubbi su chi siano i veri mostri... lasciamo perdere. Irina, contatta Yukino, Aries è il paese più vicino. Che inviino immediatamente sul posto la Squadra Delta. Dobbiamo accertarci di quello che è successo, e prestare soccorso ai sopravvissuti.”

“Dubito che ci sia qualcosa da soccorrere” sussurrò Nagi a Mashiro.
La donna annuì lentamente, mentre gli occhi, fissi su Natsuki, ebbero un guizzo divertito. “Non se la Okuzaki ha fatto bene il suo lavoro.”


Note
(1) Tripodi: visto che non sono assolutamente in grado di inventarmi armi, attrezzature, veicoli, e carabattole varie, ho fregato un po' di cose in giro. Questi tripodi li avete già visti nell'ultima versione di “La guerra dei mondi”, film di Steven Spielberg img89.imageshack.us/img89/2876/tripodivs1.jpg
(2) RX: idem come sopra quanto a furto. Gli RX di Earth non sono altro che la versione locale di un mobile suit Gundam. Ecco quello che mi ha ispirato (ok... anche se questo è la serie MSF-007 Gundam MK-III) img89.imageshack.us/img89/180/rxig3.jpg
img89.imageshack.us/img89/8729/rxrearft4.jpg
(3) Chakram: sono armi da lancio a forma di disco, usate nell'antica India. Axel ne usa una versione un po' modificata img90.imageshack.us/img90/5466/xiiiorder08axelok7.png
(4) All'incirca il potenziale esplosivo di 2000 bombe di Hiroshima.



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Sta volta i ringraziamenti alle mie consulenti Shainareth e Solitaire sono particolarmente sentiti visto che mi hanno beccato tutti gli errori che avevo seminato in giro. Grazie girls!
Quanto ai commenti, mi rallegro che avete messo il ditino nel senso ultimo di tutta questa tragedia russa: non esistono cattivi, nel senso più classico. Tutti, dagli invasori Nobody, ai simil-nazisti di Earth, a quelli del Garderobe, hanno un loro fine e scopo preciso. E si odiano piuttosto cordialmente a vicenda, tacciando gli altri di essere inumani e ipocriti, per il solo fatto di seguire uno stile di vita diverso dal loro, che ritengono il giusto. Addirittura, in tutto questo sono forse i Nobody i veri buoni. Forse...
E, come sempre, un doveroso grazie a tutti quelli che stanno leggendo, e a quelli che leggono e mi mandano due righe, in ogni forma possibile: Hinata, Frozen, Chiarucciapuccia e Gufo_Tave. Grazie di cuore!

  
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