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Autore: MartaMush    22/09/2008    2 recensioni
Harry posò un dito sulle labbra del Serpeverde per farlo smettere di parlare.
«Shh, Draco. Potrebbe essere così, sempre così, se solo tu volessi. Dimmi di sì Draco, ti prego. Io ho un terribile bisogno di te. Sei la cosa più importante della mia vita. Ti prego, torna con me…»
Harry e Draco.La loro storia potrà mai avere un futuro?
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2. ~Distrazioni


Harry corse fuori dal Castello e l’aria gelida di Novembre gli bruciò il viso. Tutto lì era coperto di candida neve, persino il Platano Picchiatore non era riuscito a sfuggire alle intemperie. La superficie del Lago era ghiacciata e l’unica presenza lì fuori era quella di Hagrid, intento a spalare la neve con una grossa pala.
Harry si diresse dalla parte opposta, non aveva voglia di parlare con nessuno. Camminò per qualche metro nella neve che gli arrivava al ginocchio e poi si fermò di colpo. A qualche metro da lui stava, appollaiato su un muretto del Castello, Draco Malfoy. Era seduto ciondoloni sul muretto, con la schiena appoggiata a una parete e una sigaretta accesa in mano. Sentendo il fruscio dei suoi passi nella neve, Draco alzò lo sguardo e i loro occhi si incrociarono per un istante che sembrò infinito.
«Che diavolo significa questo?» gli gridò Harry avvicinandosi a grandi passi e stringendo nel pugno destro la pergamena che gli aveva consegnato il ragazzo del primo anno.
«Esattamente quello che c’è scritto, Potter. Ora, se non ti spiace, vorrei stare solo» rispose Draco con indifferenza.
«Stare solo il cavolo! Vorresti rompere con me attraverso uno stupido biglietto?»
«Bè, tecnicamente l’ho fatto, Sfregiato»
«Oh, piantala!Dammi almeno una buona ragione!Non puoi lasciarmi senza spiegazioni!»
Draco si alzò di botto dal muretto, gettò la sigaretta ancora accesa nella neve e afferrò il Grifondoro per il colletto della camicia.
«Non azzardarti a dirmi cosa devo fare, Potter. – sibilò a due centimetri dal viso di Harry – Io faccio quello che mi pare. Sei sempre stato solo un giocattolo per me e questo lo sai bene. E quando mi stufo di un giocattolo, lo getto via. Quindi sparisci dalla mia vita, è finita.»
Rimasero a guardarsi negli occhi per un lungo minuto, fino a che il giovane Serpeverde si avvicinò ancora di più e poggiò le sue labbra su quelle di Harry. Il Grifondoro ricambiò il bacio e lo tirò a sé, cadendo sulla soffice neve.
Draco cercò le mani dell’altro e le intrecciò con le sue. Continuarono a baciarsi con avidità e desiderio, finché il Serpeverde non rotolò su un fianco e si accoccolò ad Harry. Rimasero così per molto tempo, ascoltando ognuno i respiri dell’altro, mano nella mano.
«Draco…Io ti amo.» sussurrò Harry infine.
«Anche io mi amo, Potter»
Silenzio.
«Oh, avanti, smettila di fare il ragazzino innamorato. Sai bene che questa storia non ha futuro, Sfregiato.»
«Se solo tu volessi, potremmo avere il futuro migliore del mondo.»
Draco si sedette sulla neve gelata, tirò fuori da una tasca il pacchetto di sigarette e ne accese un’altra. Poi guardò Harry, che era ancora sdraiato accanto a lui e lo fissava con curiosità.
«Se solo volessi. Ma io non voglio, Potter.» disse infine.
Poi si alzò e si diresse verso il castello.

*

«Signor Potter, 20 minuti di ritardo! Spero abbia una scusa più che valida.» disse la McGranitt quando Harry entrò in classe col fiatone.
«S-sì, professoressa McGranitt…Io ero…Ecco…Mi sono dimenticato di avere lezione.»
La classe ridacchiò e Hermione alzò gli occhi al cielo.
«Ma bene, signor Potter. Venti punti in meno a Grifondoro per questa sua dimenticanza. E ora si sieda, ha 30 minuti per svolgere il compito.»
«Ma professoressa, non lo finirò mai in così poco tempo!»
«Questo, Potter, non è un mio problema. E ora siediti, se non vuoi una punizione.»
«No.»
La classe sprofondò nel silenzio. Tutti fissarono Harry.
«Come Potter?»
‘Tiprego tiprego chiedi scusa…’ pensava Hermione nel frattempo.
«Ha sentito benissimo, professoressa. Ho detto di no, è un’ingiustizia.»
«Bene. Molto bene. – rispose la McGranitt con sguardo severeo - Credo che il signor Gazza sarà lieto di avere qualcuno che lo aiuti a far brillare la Sala Trofei, questa sera. Nel frattempo, fuori dalla mia classe Potter. E 50 punti in meno a Grifondoro per la tua insolenza.»
Harry uscì dalla classe guardando con odio la McGranitt.
‘Stupido, stupido Harry! Ma che mi è saltato in mente?’ - pensava il maghetto mentre percorreva i corridoi per andare nella Sala Comune – ‘Rispondere così alla McGranitt quando ero palesemente in torto! Devo essere pazzo…Ah, ma lo so io perché! E’ tutta colpa di quel maledetto Malfoy. Io non voglio, Potter. Ma chi si crede di essere? Se pensa di poter continuare a trattarmi a pesci in faccia si sbaglia di grosso!’.

*

Harry si affrettò per i corridoi. L’ultima cosa che voleva era arrivare in ritardo anche alla punizione con Gazza. Si fermò davanti alla porta della Sala Trofei. Il custode non era ancora arrivato, ma in compenso ad attenderlo appoggiato allo stipite della porta c’era qualcun altro.
Draco si voltò al suo arrivo e lo guardò con uno sguardo interrogativo. Poi disse: «Che ci fai qui, Potter? Mi stai pedinando, per caso?».
Harry storse il naso. «No Malfoy, è una spiacevole sorpresa anche per me. Ho una punizione con Gazza, devo lucidare la Sala Trofei. Tu piuttosto, che ci fai qui a quest’ora?»
«Quello che ci fai tu, a quanto pare» disse il Serpeverde con un pizzico di disgusto.
«Ma cosa…» cominciò Harry, ma fu interrotto dall’arrivo di Gazza.
«Ehi voi due! Non siete qui per fare salotto, chiaro? - disse il custode con il suo tono minaccioso che di minaccioso aveva ben poco – Filate dentro e datevi da fare! Io sto dando la caccia a quel maledetto Pix e quando ritorno voglio potermi specchiare in ogni singolo centimetro di questa stanza!»
«Oh, - aggiunse poi con un ghigno – consegnate le bacchette, prego.»
Draco e Harry gli diedero le bacchette riluttanti e poi entrarono nella Sala Trofei.
Harry chiuse la porta alle sue spalle.
«Bene, Potter. Chiariamo subito che non ho intenzione di lavorare con te, quindi vattene dall’altra parte della stanza e non mi scocciare»  disse Malfoy appena il Grifondoro chiuse la porta.
«Perfetto» concluse Harry.
I minuti passavano e i due ragazzi lucidavano in silenzio i trofei senza parlare, ognuno da un lato della stanza. Gli unici suoni udibili erano quelli degli strofinacci che sfregavano sul metallo. Dopo qualche tempo, Harry posò la Coppa di Quidditch di Grifondoro che stava lucidando e si rivolse al compagno.
«Senti, Draco…Non puoi continuare a far finta che io non esista. Non significo niente per te? Stiamo insieme da quattro mesi, per Merlino! Tutto questo è senza senso!».
Draco si voltò verso di lui e lo guardò. I suoi occhi erano impenetrabili.
«Noi non stiamo insieme, Potter. Per me sei solo un giocattolo, o lo hai dimenticato?»
«No, non ho dimenticato quello che mi hai detto. Ma sai bene anche tu che non è la verità. Tu sei innamorato di me, Draco. Smettila di mentire a te stesso.»
Malfoy buttò a terra lo strofinaccio che teneva in mano e si avvicinò a grandi passi al Grifondoro. Era a due centimetri dal suo viso. «Non osare mai più dire una cosa del genere. Tu non sai niente di me, niente! Come fai a dire che sono innamorato di te? Io sono un Malfoy, hai idea di cosa voglia dire? Un Malfoy non sarà mai un finocchio, uno come te! Il nome che porto sulle spalle è pesante, Potter, lo sai benissimo! Quindi non chiedermi di fare questo. Ti ho già detto che non potrà esserci più niente tra noi, quindi smettila!»
Harry gli sfiorò una guancia con la mano.
«E’ stato tuo padre, vero? Sa tutto. E’ per questo che mi hai scritto quel biglietto. Ti ha intimato di chiudere con me se non volevi pagarne le conseguenze, non è vero Draco?»
Malfoy rimase immobile. Un lampo di terrore gli balenò negli occhi pensando a suo padre. Poi il suo sguardo diventò triste e si rivolse di nuovo al compagno.
«Tu non capisci…Non hai idea…»
Harry posò un dito sulle labbra del Serpeverde per farlo smettere di parlare.
«Shh, Draco. Potrebbe essere così, sempre così, se solo tu volessi. Dimmi di sì, Draco, ti prego. Io ho un terribile bisogno di te, sei la cosa più importante della mia vita. Ti prego, torna con me…»
«Potter, io non… - cercò di dire Malfoy – Io…Sì.»
Si guardarono negli occhi. Gli smeraldi brillanti di Harry annegarono nell’argento liquido di Draco. E poi si baciarono. Un bacio dolce, a fior di labbra. Un bacio che volevo dire tutto. Un bacio che era una promessa. Una promessa per la vita. Draco affondò le mani nei soffici capelli del Grifondoro e insinuò la lingua nella sua bocca. Il bacio da dolce diventò passionale. Malfoy spinse Harry contro lo scaffale, facendo cadere a terra metà dei trofei. Avrebbero pensato a Gazza più tardi, ora l’unica cosa che desideravano era nelle loro mani. Il biondino slacciò i bottoni della camicia di Harry e ne strappo qualcuno per la fretta. Harry sfilò la cintura al compagno e gli abbassò la cerniera dei pantaloni. Malfoy cominciò a mordere ogni centimetro di pelle che la camicia aperta lasciava scoperta e Potter si aggrappò alle sue spalle, con il viso nell’incavo del suo collo. Respirò il suo profumo così intenso, che gli faceva girare la testa. Draco lo sollevò e lo appoggiò su un tavolo lì accanto, rovesciando altri trofei. Harry allacciò le sue gambe attorno alla vita del Serpeverde, che entrò in lui. Al Grifondoro sfuggì un gemito.
Ma non fu l’unico suono che udirono. Un rumore di passi lontani li fece sobbalzare. Gazza stava tornando.
Si staccarono l’uno dall’altro e si rivestirono in fretta. Harry aveva appena allacciato l’ultimo bottone della camicia quando la porta di aprì.
«Che diavolo è successo qui? Cos’è questo disastro?!» Gazza si avvicinò minaccioso ai due. «Avete fatto a botte?! Lo sapevo! Non ci si può fidare dei ragazzini! Io l’ho sempre detto! Ah, ma vedrete quando lo scoprirà il Preside! E adesso filate, non voglio vedervi qui un minuto di più!»
I due ragazzi uscirono di corsa dalla stanza e si fermarono accanto ad un’armatura qualche corridoio più in là. Poi Draco esclamò: «Cazzo!»
«Cosa c’è?» chiese Harry preoccupato.
«Ho lasciato la cintura nella Sala Trofei.»

  
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