In un mite
pomeriggio californiano di inizio dicembre la Corvette fiammante si
fermò di
fronte a una graziosa villetta a un piano situata nel quartiere di
Carmel
Valley, uno dei più prestigiosi di San Diego. Un uomo
affascinante in divisa
militare uscì dall’auto e si diresse velocemente
verso l’abitazione, come se
fosse ansioso di raggiungere l’interno della dimora e
chiunque essa contenesse.
Inserì
la
chiave nella serratura, aprì la porta e mentre appoggiava il
cappello e la
ventiquattrore sul mobile dell’ingresso gridò:
“Maaaaaaac, sono a casa!”
Non ottenne
risposta.
Sua moglie
doveva essere stata trattenuta in ufficio per qualche grana
dell’ultimo
momento. Quelle non mancavano mai. Recandosi in cucina in cerca di
qualcosa di
fresco da bere, gli cadde l’occhio sulla cornice appoggiata
sulla credenza. Racchiudeva
una bellissima foto che li ritraeva sorridenti, mentre danzavano occhi
negli
occhi il giorno del loro matrimonio. Prese in mano il portaritratti e
con la
mente tornò a quella data. Avevano celebrato le nozze a
metà ottobre, un paio
di settimane dopo essersi trasferiti entrambi a San Diego. Il cielo
aveva
benedetto la loro unione regalando una splendida giornata di sole, con
un clima
decisamente primaverile e un cielo terso, di un azzurro quasi
accecante, tanto
che erano riusciti a organizzare la cerimonia nel giardino della casa
di Frank
e Trish Burnett a La Jolla.
Trish aveva
curato l’allestimento e si era superata, creando un ambiente
semplice e
raffinato. Ma era così felice che suo figlio avesse
finalmente aperto gli occhi
che sarebbe andata a prendere anche un pezzo di luna per lui e per Mac.
Harmon Rabb
jr aveva indossato l’alta uniforme ed era l’uomo
più affascinante sulla faccia
della terra. Non era certo la divisa delle grandi occasioni a renderlo
così
irresistibile, bensì quella luce negli occhi che si
accendeva ogni volta che
posava lo sguardo sulla sua bellissima sposa. Sarah aveva optato per un
semplice abito di raso color crema, che le lasciava le spalle e la
schiena
scoperte e le accarezzava il corpo scendendo morbidamente fino ai piedi
e mettendone
in risalto le curve armoniose. I capelli, raccolti in uno chignon,
erano
adornati da gelsomini odorosi che riprendevano il bouquet e avvolgevano
la
donna di un profumo inebriante, specialmente per il suo sposo.
Visto che lo
zio di Mac era ancora in prigione, AJ Chegwidden aveva accolto con
gioia e
immenso orgoglio la richiesta di accompagnare la sposa dal Cappellano
Turner e
da un trepidante Harm, che li attendevano al centro del giardino dei
Burnett. Le
altre persone fondamentali della loro vita li avevano raggiunti in
California: appena
saputa la notizia, Chloe si era precipitata dalla sorella maggiore,
vantandosi
con tutti per essere stata la prima ad averli visti come coppia, quando
Harm era
andato a trovare Mac alla casa di sua nonna sul lago dorato. Da
Washington
erano arrivati Galindez, il generale Cresswell e sua moglie Dora, Bud,
Harriett, AJ e Jimmy Roberts. Harriett aveva smosso mari e monti per
poter
volare nonostante la gravidanza avanzata, per di più
gemellare. Ma quando la
signora Roberts si metteva in testa qualcosa, non c’erano
ostacoli insuperabili
per lei, né tantomeno per il suo pancione. Jennifer Coates
era già a San Diego,
poiché Mac l’aveva voluta nel suo team, con buona
pace del Generale. Mancava
solo Sturgis, cui era stato affidato l’incarico offerto
inizialmente a Rabb a
Londra e che purtroppo non era riuscito a liberarsi per il matrimonio.
Il
regalo più grande per Harm, però, era stato avere
Mattie e Sergei con sé: suo
fratello aveva rivestito orgogliosamente il ruolo di testimone
dello sposo, dopo aver ottenuto il
visto a tempo di record, e Mattie, nonostante non fosse più
una bambina, si era
offerta di fare la damigella, accompagnata dal piccolo AJ Roberts,
elegantissimo nel suo mini frac, portando il cuscino con gli anelli e
distribuendo petali di rose. Costituivano una coppia meravigliosa
mentre
avanzavano nel giardino, precedendo Sarah e l’Ammiraglio, e
il bambino era
rimasto abbagliato dalla sua accompagnatrice, tanto da continuare a
fissarla
con lo stesso sguardo adorante che di solito riservava alla zia Mac.
Anche se la
sposa l’aveva invitata, Deanne MacKenzie aveva preferito non
partecipare alla
cerimonia. Aveva addotto la scusa di non essere in grado di volare per
problemi
di salute, ma probabilmente non si era voluta arrogare alcun diritto di
far
parte della vita di sua figlia dopo averla abbandonata nelle mani di un
padre
violento e alcolizzato. Erano state dunque le altre matrone di casa
Rabb a
occuparsi di lei: nonna Sarah, in particolare, l’aveva
accolta fra le sue
braccia ringraziando il cielo che quel testone del nipote avesse
finalmente
trovato il coraggio di dichiararsi alla donna della sua vita.
Avendo
appena assunto i rispettivi incarichi, gli sposi avevano deciso di
rimandare il
viaggio di nozze all’estate successiva, così da
non doverlo limitare a un
semplice fine settimana.
E adesso
Rabb non vedeva l’ora che sua moglie – ancora si
emozionava all’idea di poterla
finalmente chiamare in questo modo – rientrasse a casa per
poter condividere
con lei una notizia che aveva ricevuto quella mattina e che sperava
l’avrebbe
resa felice.
Nelle ultime
settimane l’aveva vista particolarmente stanca. Mac aveva
dato la colpa al
cambiamento di lavoro e al trasloco dall’altra parte del
paese, ma Harm la
conosceva bene e sapeva che il vero motivo era un altro. Nonostante le
avesse
ribadito più volte che ciò che contava per lui
era stare con lei, sapeva che
Sarah si crucciava per non essere ancora riuscita a dargli un figlio.
Giusto poco
tempo prima gli aveva detto, con le lacrime agli occhi, che si sarebbe
dovuto
trovare una compagna più giovane, ancora nel pieno della
fertilità, ma lui
l’aveva stretta fra le braccia e le aveva sussurrato che ci
aveva messo nove
anni per capirlo ma ora era sicurissimo di avere accanto a
sé l’unica donna che
avrebbe potuto renderlo felice. Inoltre, c’erano molti modi
alternativi per
formare una famiglia e lui era intenzionato a non precludersi alcuna
strada. Mattie,
che era tornata da poco da suo padre, gli aveva regalato
l’anteprima di
un’esperienza genitoriale che avrebbe voluto condividere con
la sua sposa.
Aprì
il
frigo e prese una bibita. In casa non tenevano alcolici e lui si
concedeva solo
una birra ogni tanto quando usciva con Frank. Da quando si erano
trasferiti in
California, aveva recuperato il rapporto con il suo patrigno e dovette
ammettere che sua madre era stata fortunata ad averlo incontrato. Si
sedette
sul divano e bevve un lungo sorso, soddisfatto per la piacevole
sensazione di
fresco regalatagli da quella bevanda. Scosse la testa al pensiero che
in questo
periodo dell’anno a Washington avrebbe avuto voglia piuttosto
di una tazza di
caffè o di tè bollente. Sì, la sua
vita era decisamente cambiata. Non poteva
certo lamentarsi di come si fossero sistemate le cose, ma il JAG gli
mancava
molto e avrebbe occupato per sempre un posto speciale nel suo cuore.
Il rumore
della porta di ingresso che si apriva gli fece capire che Sarah era
finalmente
tornata a casa.
“Ciao
marinaio” lo salutò, appena lo vide, prima di
posargli un bacio leggero sulle
labbra e sedersi stancamente accanto a lui.
“Ciao
marine, come è andata oggi? Ti vedo un po’
provata…” le chiese, prendendole una
mano e portandosela al volto.
“Un
paio di
casi un po’ delicati da trattare, il maggiore Smith e il
colonnello Henderson
da rimettere in riga, perché continuano a pensare che sono
una donna e non il
loro capo, il SecNav da tenere buono…normale
amministrazione, insomma”
snocciolò lei, terminando con un sospiro profondo, con il
quale voleva
liberarsi della tensione accumulata durante la giornata e che si faceva
sentire
su collo e spalle.
“Ho
una
proposta da farti che sono sicuro ti piacerà
molto” le disse Harm,
accompagnando questa frase con il suo collaudato sorriso.
“Un
bagno
caldo seguito da un massaggio con gli olii profumati?”
propose speranzosa
Sarah.
“Anche
quello, se vuoi. Sai che sono sempre disponibile! Ma non mi riferivo a
un
futuro così immediato…”
“Stupiscimi,
marinaio!”
“Che
ne
diresti se tornassimo a Washington per Natale? Oggi sono stato invitato
a partecipare
a un incontro alla sede NATO della capitale la mattina del 24 dicembre.
Se non
hai altri impegni, potremmo fermarci lì fino al 25 e
rientrare a San Diego il
giorno successivo…”
Per tutta
risposta, Mac abbracciò forte suo marito. Sì,
l’idea le era piaciuta molto. Non
la sorprese nemmeno che ci fosse una riunione in quella data: nel mondo
militare, cui entrambi appartenevano da una vita, anche il 24 dicembre
era un
giorno lavorativo come tutti gli altri.
Visto che Harm
sarebbe stato impegnato per lavoro, Mac ne aveva approfittato per
fissare un
appuntamento dalla sua ginecologa a Bethesda. Non avevano accantonato
l’idea di
concepire un figlio naturalmente, ma nonostante i numerosi tentativi,
peraltro
estremamente piacevoli, non erano ancora riusciti
nell’impresa e i sei mesi che
la dottoressa le aveva detto di aspettare prima di optare per terapie o
interventi più invasivi stavano ormai per scadere.
L’ultima volta il ciclo non era
stato particolarmente doloroso ed era durato solo un paio di giorni, e
Sarah
sentiva l’orologio biologico ticchettare in maniera sempre
più assordante nel
suo cervello.
Inoltre, con
l’occasione avrebbero continuato volentieri la tradizione
della cena di Natale
dai Roberts e della messa, seguita dalla visita al Vietnam Memorial, un
appuntamento cui Harm teneva moltissimo.
Senza
considerare che il clima mite della California strideva terribilmente
con lo
spirito natalizio.
Erano felici
per l’opportunità lavorativa che avevano avuto
entrambi, grazie anche all’intervento
del Generale Cresswell, e San Diego era una città dinamica e
accogliente, ma
Harm e Mac erano indissolubilmente legati a Washington e a
ciò che il JAG aveva
significato per loro, sia dal punto di vista lavorativo che personale.
I coniugi
Rabb giunsero alla capitale la sera del 23 dicembre, respirando
l’aria
frizzante e finalmente in linea con la stagione cui erano abituati.
Nonostante
i Roberts li avessero invitati a stare da loro, avevano preferito
prenotare una
stanza in un albergo, poiché erano riusciti entrambi a
subaffittare i propri
appartamenti prima di trasferirsi a San Diego. La residenza dei loro
amici era
già sufficientemente affollata con i due bambini e Mickey, e
non volevano dare
troppo disturbo ad Harriett che era ormai al termine della sua
gravidanza
gemellare.
La mattina
della vigilia fecero colazione insieme in albergo, poi si diressero
ognuno
verso la propria destinazione. Harm aveva chiesto a Sarah di
posticipare la
visita al pomeriggio, in modo da potersi liberare
dall’impegno lavorativo e
accompagnarla dalla sua ginecologa, ma lei aveva tirato fuori il suo
lato
marine e gli aveva risposto piuttosto piccata che avrebbe potuto
affrontare la
cosa anche da sola. Si sarebbero incontrati dopo pranzo per comprare
gli ultimi
regali insieme o al più tardi dai Roberts, per cenare con
loro prima di recarsi
alla messa.
Fiocchi di
neve danzavano ballerini nell’aria quando Sarah
uscì dall’ambulatorio di
Bethesda. Sollevò lo sguardo verso il cielo, intenta ad
osservare quello
spettacolo. Avevano fatto bene ad approfittare dell’impegno
professionale di
Harm a Washington: non sarebbe stato Natale senza la neve.
Abbassò di nuovo il
volto e prese un grande respiro. Ciò che aveva appena saputo
l’aveva sconvolta
fin nel profondo.
Nota
dell’autrice
Non chiedetemi
cosa c’entri una
storia natalizia a settembre perché non ne ho
idea… forse è per colpa di questa
estate pazzerella o del fatto che non sono ancora andata in ferie!
Comunque,
temendo di vedermi arrivare
a casa Rocky – come qualcuno aveva minacciato di fare se non
avessi scritto il
seguito del Lago Dorato – ecco un paio di capitoli per
sbirciare ancora una
volta nella vita di Harm e Mac.
Grazie al mio
angelo custode che si è
letta la storia in anteprima anche in vacanza e grazie a chiunque di
voi mi
abbia regalato il proprio tempo e sia arrivato fino qui.
Baci,
Deb