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Autore: Anthropophobia    01/09/2014    2 recensioni
TRATTO DAL PROLOGO:
"Scrutavo la sua anima, in cerca di un appiglio.
Volevo capire.
Era tutto così insano, quasi illegale, per la mia sanità mentale, fisica, emotiva.
Ma io volevo."
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Chissà se...

-Dannazione.- borbottai stringendomi nel mio cappotto.
Avevo appena chiuso  la porta di casa dietro le mie spalle e il vento gelido mattutino mi colpì dritto in faccia.
Presi un respiro profondo, preparandomi psicologicamente a sopportare tutto quel freddo fino ad arrivare al Caffè delle Rose.
Inalai l'aria fresca del primo pomeriggio ma fu come se mille e più pugnali si conficcassero su per il naso fino ai miei polmoni. 
Grande errore.
Arricciai il naso, mi aggiustai la calda sciarpa che mi avvolgeva il collo e il cappello in lana, che stavo maledicendo mentalmente perché mi avrebbe appiattito i capelli mossi, facendomi poi sembrare una specie di fungo sottosopra.
Portai lo sguardo sulla strada ricoperta di un velo bianco e finissimo e lo feci scorrere fino all'angolo del viale, dove si trovava il Caffè.
Saranno stati più o meno cinquanta metri? O forse di più?
Sbuffai infastidita e sbattei velocemente le palpebre, cominciando a camminare verso la mia meta.
I miei amatissimi ugg sprofondavano nella soffice neve a ogni passo, lasciando così un segnale. 
Io ero passata di lì. 
Sorrisi al pensiero. Mi piaceva lasciare qualcosa che ricordasse me, un segno del mio passaggio, anche se insignificante. 
Alzai il mio sguardo da terra e, mentre continuavo la mia passeggiata, mi guardai intorno.
Erano le tre meno qualcosa del pomeriggio e, ovviamente, il viale era deserto. 
Il cielo, di solito limpido, era coperto da nuvoloni bianchi. C'era del bianco ovunque.
Cielo, strade, alberi, tetti.
Aggrottai le sopracciglia, inclinando lateralmente la testa.
Un turista avrebbe trovato tutto questo meraviglioso, quasi unico.
Molte volte mi ero fermata ad osservarli-i turisti intendo.
Guardavano tutto con gli occhi pieni di stupore come i bambini piccoli quando  compiono i primi passi e cominciano ad esplorare la casa, sorprendendosi delle cose più sciocche che per loro, in realtà, sono come delle grandi scoperte. 
Pensate a Colombo e i suoi uomini, quando arrivarono in America e si ritrovarono davanti dei cavalli.
Per loro erano come delle bestie che in sé racchiudevano fascino, ma anche pericolo.
Ora invece, se si ha un cavallo davanti, ci limitiamo a soppesare lo sguardo su di lui per vedere che fa, a sorpassarlo per lo sgradevole odore e per evitare i moscerini che gli girano intorno, o semplicemente, neanche lo osserviamo.
Per me tutto quel bianco, stava diventando soffocante. 
Non dico che odio l'inverno o la neve, ma quando sei abituata a vedere sempre le stesse cose, cominci a stancarti di tutta quella magia, cominci a trovare monotono la qualsiasi e lo stupore si affievolisce sempre di più, trasformandosi in un "non vedo l'ora che tutto questo finisca, portandosi via il freddo."
Ero l'unica deficiente che, invece di stare a casa al calduccio tra le coperte con un bel libro in mano, era fuori al freddo per andare a lavorare.
Dannati turni pomeridiani.
Ero finalmente arrivata e il Caffè era già aperto.
Come un fulmine, mi precipitai al suo interno e mi beai di quel calore che mi avvolse completamente, poggiandomi con la schiena alla porta del bar.
Inspirai profondamente, socchiudendo gli occhi, e un buonissimo odore di croissants e caffè appena fatto mi fece aprire velocemente le palpebre, rivelando uno sguardo quasi avido.
Dall'altro lato della stanza c'era Robert, dietro il bancone, che mi guardava con un sorriso smagliante in volto. 
Aveva 20 anni, due in più di me, e lavorava lì da uno e mezzo.
Era il nipote del grande capo ed era la sua fotocopia, solo più giovane, ovviamente.
Aveva i capelli biondi, rasati ai lati e con un ciuffo che stava sempre alzato; gli occhi di un castano così scuro che sembrava quasi nero; un naso piccolo e all'insù e delle labbra carnose.
Era abbastanza alto e magro, ma anche muscoloso.
Tutte le ragazze gli andavano dietro e, ogni volta che avevamo i turni insieme, ci divertivamo a scommettere quanti numeri sarebbe riuscito ad ottenere.
Se fossero stati più di quindici, avrei dovuto offrirgli qualcosa di suo piacimento a fine giornata.
Se fossero stati meno di otto, sarebbe stato lui ad offrirmi qualcosa.
Sorrisi chiedendomi chi oggi avrebbe vinto.
Mi precipitai su uno degli alti sgabelli davanti a lui e, stavo per prendere uno dei croissants con ancora i guanti alle mani, quando mi ammonì con lo sguardo.
-Vai a cambiarti e poi potrai mangiare.-
disse con la sua solita voce leggermente acuta per la sua età. 
Scocciata mi alzai dallo sgabello, borbottando un: -Ok, capo.-
Passai dietro il bancone e, appena arrivata al suo fianco, mi alzai sulle punte dei piedi per dargli un bacio sulla guancia.
Ricevuto anche io il solito bacio, mi precipitai dentro lo stanzino riservato ai camerieri.
Posai la mia borsa nel mio armadietto e cominciai a spogliarmi.
La divisa comprendeva una camicetta bianca con in alto a destra il nome del caffè, un pantalone bordeaux aderente e un grembiulino nero da stringere attorno alla vita con una tasca per mettere il taccuino e la penna.
Mi sistemai i capelli, passandoci le mani per cercare di dargli qualche forma, ma poi mi arresi e mi feci una treccia disordinata che mi ricadeva sulla spalla destra.
Tornai da Rob e cominciammo a sistemare le ultime cose per aprire il locale.
-Che un'altra noiosa giornata abbia inizio!- borbottai, facendo spuntare un finto sorriso sulle mie labbra che a quanto pare somigliava più a una smorfia tanto da far ridere il mio amico.
-Oh Jamie, chissà da quella porta potrebbe entrare l'amore della tua vita e ti pentirai di aver definito questa giornata noiosa.- mi canzonò lui con sguardo sempre dolce andando a girare il cartello con su scritto "APERTO" per poi raggiungermi al bancone.
Avevo appena finito di sgranocchiare il mio cornetto e di bere il mio ormai non più fumante caffè, quando Rob aveva portato tutti i dolci e le treccine varie al loro posto sotto il bancone, per esporle agli occhi dei futuri clienti.
Ci guardammo e aprì bocca per dirmi qualcosa, ma un tintinnio lo bloccò.
Un cliente era sicuramente entrato nel bar. 
Eravamo di spalle e quindi non vedevamo chi avesse appena messo piede nel posto, ma il sorriso sornione di Rob fece crescere una grande ansia dentro di me. 
-Chissà se..- lasciò la frase in sospeso e contò da tre a uno con le dita.
Ci girammo di scatto e ci ritrovammo davanti una vecchietta alquanto spaventata, per averla presa così di sorpresa.
Il biondo accanto a me cominciò a ridere portandosi le braccia allo stomaco senza mantenere un minimo d contegno. 
Rideva così forte che addirittura era scosso da spasmi ed io ero lì, ferma, immobile.
Fissavo la vecchietta, ancora tesa come una corda di violino.
Mi ero fatta condizionare dalle parole del mio amico e un po' di tristezza cominciò a diffondersi nel mio animo, ma poi mi resi conto di quanto fosse stata esilarante tutta la situazione e, in ritardo, anche io mi aggiunsi a quella vera e fragorosa risata scossa da spasmi.
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SPAZIO AUTRICE: Eccomi qui con il primo capitolo della storia! Spero vi piaccia, certo non è chissà che cosa ma spero continuerete a leggere e seguirmi. Spero anche che lasciate piu di undici paroline nelle recensioni. Ve ne sarei davvero grandea. Grazie in anticipo per la vostra attenzione!

IN QUESTO CAPITOLO: Con questo primo capitolo possiamo capire più o meno alcuni interessi di Jamie e come, in fondo, spera ancora all'arrivo del suo più grande amore, come ogni ragazza.
Entra in scena anche Rob, un ragazzo con cui ha una certa sintonia. 
  
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