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Autore: Clira    01/09/2014    2 recensioni
DAL CAPITOLO 11:
«Hai capito bene, Chelsea. Io… io non lo so. Viviamo sotto lo stesso tetto da tre settimane ormai, ancora un’altra e poi torneremo alle nostre vecchie vite e forse ci lasceremo alle spalle queste assurde vacanze, ma io ricorderò. Io ricorderò ogni singolo istante quando ci incontreremo nei corridoi, in atrio o alla mensa. Ricorderò la tua voce, la musica e la paura. Ricorderò com’è restare senza fiato. Ricorderò il tuo aspetto appena ti svegli la mattina e i tuoi pigiami improponibili. Ricorderò l’odore della tua pelle dopo una doccia e la luce nei tuoi occhi. Ricorderò la ruga che ti si forma sulla fronte mentre ti concentri su qualcosa e il modo buffo che hai di toglierti i capelli dalla faccia soffiandoci sopra. E per me sarà impossibile dimenticare queste settimane. Ma se tu lo vuoi, io farò finta di dimenticare».
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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CAPITOLO 22: LA VERITÀ

 

Dopo due giorni, ero nuovamente in partenza per tornare a Santa Barbara.

Adam e Jenna non avevano fatto altro che riempirmi di raccomandazioni riguardo alla mia bambina e anche a Chris, ma d’altra parte… come potevo dar loro torto? Erano fratelli e lo vedevano così abbattuto; per loro era importante che fosse felice. Tutti i Williams erano molto uniti.

Probabilmente Shereen era uno dei pochi esemplari che se ne fregava altamente se succedeva qualcosa alla propria sorella minore.

“Non essere cattiva”, ricordai a me stessa.

Dopotutto si era preoccupata quell’estate, ogni volta che avevo rischiato di farmi male e anche quando il nonno era morto.

Quella volta, addirittura, aveva detto a Chris di restare con me. Un atto di straordinario altruismo, per i suoi standard.

Riguardo al ragazzo… non lo avevo più visto dalla sera dell’ultimo dell’anno e sinceramente, ora come ora, ero troppo impegnata a pensare come e quando avrei potuto dirgli della gravidanza.

Per telefono mi sembrava così… squallido, ma se gli avessi chiesto di raggiungermi a Santa Barbara, lui avrebbe mollato tutto per venire, anche se fosse stato al lavoro.

Guidai piano, con calma; mi sembrava fosse passato molto più tempo da quando ero partita, altro che una settimana appena.

Non appena arrivai, telefonai ai miei genitori e subito Ryan mi venne incontro.

Ci eravamo sentiti tutta la settimana, lo avevo sempre tenuto aggiornato.

«Ciao», mi salutò lui, abbracciandomi.

«Come va? Come sono andate queste feste?».

«Tutto tranquillo. Ben ormai è tornato come nuovo, tranne qualche cicatrice qua e là».

«Sono contenta. Ricordo il giorno in cui mi hai chiamata, come se fosse ieri».

«Già, quella è stata… davvero una brutta giornata».

Annuii.

«E le mie ragazze invece come stanno?», chiese poi con un sorriso, accennando alla mia pancia, che, di giorno in giorno, si faceva sempre più evidente.

Ero con Ryan il giorno dell’ecografia, in cui la dottoressa mi aveva detto che stavo aspettando una bambina e… era stato un bene che ci fosse almeno lui, anche se all’inizio era stato imbarazzante. La dottoressa pensava che fosse Ryan il padre e spiegarle la situazione sarebbe stato piuttosto complicato.

Il mio amico comunque, si era emozionato con me quando la dottoressa aveva detto “Femmina”.

«Le tue ragazze stanno bene», tornai alla realtà.

«E questa è l’unica cosa che conta. Ti porto su la valigia, dammi pure».

Lo ringraziai e appesi la mia giacca all’ingresso.

Buster fu da me dopo una manciata di secondi, contento di vedermi come sempre.

Mi sedetti sul divano e lui mi seguì, poggiando poi la sua testa sulla mia gamba.

Ryan tornò dopo un minuto e prese posto accanto a me.

«Sai la novità?», dissi sorridendo.

«Quale novità?».

Gli presi una mano e la posai sul mio ventre.

Ryan spalancò gli occhi per la sorpresa.

«Si muove! Dio, senti come si muove!», il suo sorriso andava da orecchio a orecchio e io risi a vederlo così.

Era bello; stavo cominciando a vivere la mia gravidanza un po’ più serenamente.

Entrambe le mani di Ryan in quel momento erano posate sulla mia pancia e il ragazzo non sembrava volesse staccarsi, quindi lo lasciai fare, non mi dava fastidio.

«Ho promesso ad Adam e Jenna di dirlo a Chris».

«Jenna? Aspetta, chi è Jenna?».

«La quarta Williams».

«Altra sorella di Chris?».

«Sì. Lei… lo ha scoperto. Era insieme a me e Adam quando questa qui a cominciato a scalciare e dimenarsi», dissi accarezzandomi nuovamente il ventre.

«Ormai sei quasi al quinto mese, Chelsea… credo anch’io che sia il caso di informarlo».

«Lui è stato così dolce con me, Ryan… ».

«La sera dell’ultimo dell’anno?».

«Esatto».

«Sì, me lo avevi accennato. Lui… non ha provato a baciarti o a fare altro?».

«No, non lo ha fatto».

«Sai cosa vuol dire questo, vero, Chelsea?».

Lo guardai senza capire, poi Ryan continuò.

«Lui è pronto. È cresciuto, ha capito, è diventato un uomo. Se fosse rimasto lo stesso della scorsa estate, lo stesso che ha provato a baciarti ogni volta che se ne presentava l’occasione, lo avrebbe fatto anche stavolta. Quale migliore occasione? Tu eri completamente abbandonata a lui e senza la forza di reagire,  a causa di quel mal di testa. Lui si è preso cura di te senza secondi fini, perché ti ama. Perché per Chris è la cosa giusta da fare, metterti al primo posto, prima di tutto, anche di sé stesso. E lo ha dimostrato. Lui ora è pronto per te. È pronto per voi», concluse con una lieve carezza al mio ventre gonfio.

Abbracciai il mio amico.

«È che… non so come fare e lui… sta ancora con mia sorella, dopotutto».

«Vedrai… le cose si sistemeranno».

 

Due settimane dopo, finalmente, Gale tornò a casa e fu stupendo.

Vedevo il modo in cui Ryan si comportava con lei, come se fosse il suo centro e la mia amica si perdeva ad osservarlo neanche fosse una sorta di dio sceso in Terra.

Il loro rapporto si era rafforzato a dismisura in quei mesi del ricovero di Gale, e riguardo all’uomo che l’aveva aggredita: il suo ex convivente, avevamo saputo che adesso era in carcere e non sarebbe uscito ancora per un bel po’.

Passare le giornate con i miei due amici e Buster, divenne ben presto una routine alla quale difficilmente avrei rinunciato; eravamo tutti così uniti.

Inoltre, Jenna e Adam mi telefonavano spesso, informandosi su di me e su mia figlia e continuando a domandarmi quando lo avrei detto a Chris.

Tornai al lavoro, contro il parere di Ryan, ma lo feci. Dovevo assolutamente avere qualcosa da fare, altrimenti sarei rimasta tutto il giorno a casa a pensare a Chris, quindi il lavoro era un’ottima distrazione.

Certo, essendo quasi al sesto mese di gravidanza, tra poco avrei ugualmente dovuto mettermi in maternità, ma finché potevo, ne avrei approfittato.

Una sera, mentre io, Gale e Ryan stavamo cenando, il telefono squillò; probabilmente i miei genitori, dato che quello era uno dei loro giorni.

«Pronto?».

La voce di mia madre, all’altro capo dell’apparecchio, confermò le mie aspettative.

«Ciao, tesoro. Come stai?».

«Tutto bene, mamma. Tu piuttosto… hai una voce strana… ».

Lei sospirò.

«Sì, è che… tua sorella e Christian si sono lasciati».

Il mio cuore perse un battito.

«Cosa?».

«Due settimane fa, circa. Shereen non esce quasi più dalla sua stanza e… ho sentito anche Constance. Mi ha detto che Christian non fa che lavorare, continuando così non reggerà ancora molto. Chelsea… a tua sorella ci pensiamo io e tuo padre, ma… credo che Christian abbia bisogno di te».

E io avevo bisogno di lui.

«Lo chiamerò. Domani gli telefonerò, te lo prometto».

Parlammo qualche altro minuto, poi riattaccai e tornai in cucina.

Perché diavolo Jenna e Adam non mi avevano detto niente?!

«Notizie da Phoenix?», mi chiese Ryan con un sorriso.

«Chris e Shereen si sono lasciati».

Momento di silenzio generale, poi Gale prese parola.

«Sai cosa vuol dire questo, vero, Chelsea?».

«Gli telefonerò domani, gli dirò di venire qui. È ora che sappia».

Ryan mi prese una mano.

«È la scelta giusta, Chel. Per lui, per te e per la bambina. Lo sai, vero?».

Annuii.

«Ok, donne, vediamo di risollevare l’atmosfera perché le vostre facce non mi piacciono, in questo momento», poi Ryan si rivolse alla mia pancia, mettendoci una mano sopra: «A parte tu, tesoro, tu sei sempre splendida».

«Dovrei essere gelosa?», chiese Gale, ma anche lei sorrideva vistosamente.

«Assolutamente no. Comunque… domani nessuno di noi deve andare a lavorare, quindi… vi va di fare qualcosa in particolare?».

«Film!», esclamammo io e Gale all’unisono.

«Ok, ma stasera scelgo io!».

«Noi siamo in maggioranza!».

«Sì, e aumentate a dismisura, quindi credo di avere come minimo il diritto di scegliere un film. Almeno ho Buster dalla mia parte».

«No, lui mi è devoto, farà sempre cosa dico io», lo presi in giro.

«Intanto sono io quello a cui ha salvato la vita».

«Beh, non sei il solo, dolcezza», lo riprese Gale.

Scossi la testa a quel battibecco.

«Ebbene… che film vorresti vedere, Ryan?».

«“Il Signore degli Anelli”. Facciamo una maratona. Della versione integrale».

«Ma sei matto?! Finiremo domani mattina e saremo dei cadaveri tutto il giorno! Già io lo sono di mio… ».

«Oh, avanti, Chel!».

«D’accordo, ma sei un rompiscatole».

«Mi sarei ucciso prima di guardare un altro cartone della Disney o “Orgoglio e Pregiudizio” per la millesima volta».

Io gli feci una linguaccia, Gale gli tirò un cuscino.

Mi sdraiai sul divano a due posti, mentre Gale e Ryan rimasero abbracciati su quello a tre, poi, il mio amico fece partire “La Compagnia dell’Anello”.

Amavo quella saga, lo guardavo ogni volta che lo davano in tv, così come anche Harry Potter.

Erano i film con cui ero cresciuta e avrebbero sempre avuto un posto speciale dentro di me.

Nonostante tutto però, “La Compagnia dell’Anello”, era quello che mi appassionava meno fra i tre e, aggiungendoci anche la mia stanchezza attuale, presi sonno durante l’attacco a Collevento e mi risvegliai quando la compagnia giunse a Moria.

Lanciai uno sguardo alle mie spalle: Ryan e Gale erano ancora abbracciati stretti; lui concentrato sul film, lei anche, ma sorrideva, circondandogli il torace con un braccio.

Era bello vederli insieme e vedere lei sorridere, dopo tutto ciò che avevano passato.

Inizialmente avevo preparato per Gale la stanza in cui quell’estate avevano dormito Chris e Shereen, quella con i due letti singoli, ma poi, la ragazza si era trasferita con Ryan ed io ero contenta.

Il mio telefono vibrò per l’arrivo di un sms. Era Adam.

Com’è andata la giornata? Tu e la mia nipotina state bene?”.

Impiegai un momento a rispondere.

Stiamo bene; adesso lo zio Ryan le sta facendo conoscere Il Signore degli Anelli. Stasera mia madre mi ha telefonato, perché non mi hai detto che Chris e Shereen si sono lasciati da due settimane?”.

La risposta del ragazzo, tardò un po’ ad arrivare.

Non sapevo se farlo o meno. Jenna insisteva perché te lo dicessi, ma pensavo che dovessi saperlo da qualcuno della tua famiglia o da Chris”.

Tu sei qualcuno della mia famiglia. Ascolta di più tua sorella, la prossima volta”.

Sarà fatto, mamma tigre. Tu quando hai intenzione di dirlo a Chris? Perché le vacanze di Natale sono passate da un pezzo, ormai”.

Lo chiamerò domani, promesso”.

Era ora. Comunque sai che alla tua bambina arriva un cuginetto? O cuginetta, ancora non si sa… Megan è incinta!”.

È fantastico! Sono contenta, Adam”.

Già, anche lei è al settimo cielo. Ma credo che ai miei genitori verrà un infarto, quando scopriranno  che il primo a renderli nonni sarà Chris”.

Sorrisi, leggendo quel messaggio.

«Chi è, Chelsea?», chiese Ryan a un certo punto.

«Adam. Dice che Megan è incinta».

«Davvero?! Credo che sia la famiglia più numerosa che abbia mai conosciuto; io se fossi in te starei attento, altrimenti potresti ritrovarti con una squadra di football prima dei trent’anni. Comunque salutami Adam».

«Sì, anche a me», aggiunse Gale.

In effetti potrebbe essere un bel colpo. Non oso immaginare la reazione dei miei genitori. Comunque Ryan e Gale ti salutano e Ryan diche che con voi Williams devo stare attenta, se non voglio ritrovarmi con dieci figli a trent’anni”.

Sì, in effetti siamo una famiglia molto produttiva, anche se Meg è sposata da cinque anni e questa è la sua prima gravidanza. Ricambia i saluti”.

«Adam ricambia», dissi rivolta ai due alle mie spalle.

La tua giornata com’è andata?”.

Tranquilla, lavoro, come al solito. Peccato che tu non sia qui, avresti potuto dare una mano a Meg, per la gravidanza”.

Credo che vostra madre sia molto più esperta di me in questo campo. E poi ti devo ricordare che io non ho vissuto proprio al meglio i miei primi mesi?”.

No, anzi, è decisamente meglio che non me lo ricordi. Stavo per avere un attacco cardiaco, quella volta”.

Come sei melodrammatico”.

Melodrammatico? Ero terrorizzato. Ora fila a letto e fai riposare mia nipote”.

Oh, lei è già da un po’ che dorme, altrimenti si farebbe sentire. Buonanotte, Adam”.

Notte, Chelsea. E mi raccomando, domani… chiama mio fratello e non farti prendere dal panico”.

Ci proverò, ma non garantisco. Buonanotte”.

Posai il telefono sul tavolinetto sul tappeto e ripresi a guardare il film.

Eravamo arrivati alla parte in cui la compagnia incontra Galadriel dopo la presunta morte di Gandalf.

A quel punto però, mi riaddormentai e, quando riaprii gli occhi, era già partito “Le Due Torri”; erano le due di mattina, ormai.

Mi alzai dal divano; avevo sete e dovevo andare in bagno.

«Tutto bene, Chelsea?», mi chiese Ryan, stringendo a sé un’addormentata Gale.

«Sì, tranquillo, vado un momento in bagno».

Quando fui di ritorno, il mio amico mi sorrise e, sullo schermo, Legolas, Aragorn e Gimli cavalcavano su Rohan.

Mi risistemai sul divano, abbracciando un cuscino e resistetti ancora un po’, prima di crollare di nuovo e risvegliarmi all’inizio della battaglia delle Due Torri.

Quella la guardai tutta perché forse, era il mio pezzo preferito di tutta la trilogia.

Del terzo film riuscii a vedere soltanto la guerra di Minas Tirith e lo scontro finale.

Quando riaprii gli occhi, il sole ormai cominciava a fare capolino.

Guardando alle mie spalle, vidi Gale e Ryan addormentati sul divano, poi notai la coperta che avevo addosso; doveva averla messa Ryan mentre dormivo.

Ero ancora stanca ed erano le sei e mezza di mattina, quindi dormii un altro po’ e, stavolta, mi risvegliai alle nove.

I miei amici erano ancora lì, mentre Buster era fuori in giardino, lo vedevo dalla finestra.

Così mi alzai ed andai  a preparare la colazione.

Bevvi un bicchiere di spremuta d’arancia e mangiai una mela.

Guardai il mio telefono, poggiato su uno dei banconi. Sapevo cos’avrei dovuto fare. Cosa dovevo fare, ma non ci riuscivo.

Presi l’apparecchio e composi il numero di Chris a memoria, automaticamente, così velocemente da non lasciarmi il tempo di pensare a ciò che stavo facendo.

La voce inconfondibile del ragazzo, mi rispose al secondo squillo.

«Chelsea… », sembrava davvero sorpreso.

«Ehi, Chris… ».

«Va tutto bene? Sembri strana».

Come sempre, non potevo tenergli nascosto niente.

Presi un respiro profondo.

«No. Cioè… sì, ma… dovresti venire, Chris. Dovresti tornare a Santa Barbara. Io… devo davvero dirti una cosa».

La voce del ragazzo si fece allarmata.

«Chelsea… tu stai bene, vero?».

Sorrisi.

«Io sto bene, ma… un paio di mesi fa non lo sono stata, sono dovuta rimanere in ospedale per due giorni».

«Che cosa?! Quanti mesi fa, Chelsea? Perché non me lo hai detto?».

«È stato prima di Natale e comunque… adesso sto bene, ho solo bisogno che tu venga qui. Puoi farlo?».

«Sono già in macchina».

Il mio Chris.

«D’accordo, però… guida piano, va bene? Non correre per arrivare più in fretta, io ti aspetto qui a casa e… adesso sto bene, quindi non ti preoccupare».

«Sì».

«Non dire “sì”, con quel tono, promettimi che guidi piano».

«Chelsea… sembri mia madre».

Nella sua voce, c’era una nota divertita.

«Promettilo».

«Te lo prometto».

«Allora… a dopo, Chris».

«A dopo, Chelsea».

Così, riattaccai.

Lo avevo fatto. Lo avevo fatto, lo avevo chiamato ed ora lui stava arrivando.

Andai a farmi una doccia e, quando tornai al piano di sotto, trovai Ryan e Gale in cucina intenti a parlare.

«Buongiorno, ragazzi».

«Buongiorno. Tutto bene stamattina?».

Annuii.

«Ho telefonato a Chris; lui… sta arrivando».

Ryan venne ad abbracciarmi.

«È la cosa giusta».

Proprio in quel momento, il mio telefono squillò. Stavolta era una chiamata di Jenna.

«Pronto?».

«Ehi, è un’ora che provo a chiamarti!».

«Scusa, stavo facendo una doccia».

«Oh, meno male, pensavo ti fosse successo qualcosa. Comunque… io e Adam abbiamo visto Chris uscire di casa a velocità supersonica, dimmi che è stato per una buona ragione e che lui sta venendo da te».

«Sta venendo da me, sì, l’ho chiamato. Ce l’ho fatta».

«Era ora! Bene, sorella, facci sapere come va, anche se credo non vedrò mio fratello a casa tanto presto, vero?».

«Vedremo».

«Tsk. Tra l’altro, quello stronzo, è uscito di casa senza neanche dire un “ciao”; penso che alla mamma verrà un colpo».

«Sì, Adam ieri sera mi ha fatto un discorso simile».

«Le passerà; l’importante è che tu dica la verità a mio fratello e che tra di voi, le cose si sistemino, il resto può aspettare».

«Grazie, sai, Jenna?».

«Per cosa?».

«Tutto quello che hai fatto in questi mesi, il tuo supporto».

«Ma ti pare? Sei una di famiglia, no?».

Sorrisi.

«Già, a questo punto direi di sì».

«Scrivimi appena hai tempo, ok?».

«Non mancherò. Buona giornata».

«Anche a te e… stai tranquilla, vedrai che andrà tutto bene, mio fratello ti ama».

«Lo so».

Dopodiché, riagganciai.

In quel momento fui presa da un senso di irrequietezza tale, che sentii di dover assolutamente fare qualcosa.

«Chelsea… Chelsea, calmati per favore, ok? Vedrai che andrà tutto bene, tranquilla», cercò di rassicurarmi Ryan.

«Non ci riesco. Lo so che dovrei, ma non ci riesco! E mi sono appena resa conto di non aver pronto niente per la bambina! Ma che razza di madre sono?! Non ho una culla, non ho un passeggino, non ho nemmeno un seggiolino per la macchina! Ora che ci penso… non ho neanche una macchina… oddio, sono un disastro!».

Ryan e Gale si scambiarono uno sguardo complice, poi la ragazza mi prese per i polsi e, delicatamente, mi fece sedere su una sedia.

«Chelsea… respira, d’accordo?».

«Ma… ».

«No, niente “ma”, respira e basta».

Obbedii alla mia amica e lo feci un paio di volte, poi il mio respiro si fece più regolare.

«Va meglio?», mi chiese Gale.

Annuii.

«D’accordo».

«Cosa faccio, adesso? Non riesco semplicemente  a stare ferma ed aspettare che arrivi Chris; sento che potrei impazzire».

«Che cosa vuoi fare allora, Chelsea?», intervenne Ryan.

«Voglio uscire e… cominciare a comprare qualcosa per la bambina… ».

«Sai che queste sono cose che dovresti fare con Chris, vero?».

«Sì, ma… se ora resto in casa, potrei scoppiare».

Il moro guardò l’orologio.

«Ok, ma… lui sarà qui tra poco più di un’ora, non possiamo stare via molto».

«Andrà bene».

Così, uscimmo e Ryan guidò fino in centro. Lì c’era un enorme negozio di articoli per neonati e mi ci persi quasi. Alla fine dell’ora, non avevo comprato niente ed era giunto il momento di tornare a casa.

«Non ho concluso nulla».

«Sono cose che farai insieme a lui quando arriverà e vi parlerete. Chelsea… andrà bene. Starete bene. È vostra figlia e Chris si prenderà cura di voi».

Arrivammo a casa, ormai non doveva mancare molto all’arrivo del ragazzo ed il mio cuore batteva sempre più forte.

«Chelsea… io e Gale usciamo, credo che quando sarà qui, tu e Chris dobbiate stare da soli, intanto… c’è Buster».

Annuii ed abbracciai i miei due amici.

Non sapevo veramente come avrei fatto senza di loro, in quei mesi.

Quando rimasi sola, andai a prendere una felpa larga abbastanza da coprire il mio ventre di sei mesi.

Non potevo certo andare ad aprire la porta con quella pancia così visibile. Dovevo arrivarci poco a poco, con calma, preparando Chris.

Quando sentii suonare il campanello, mi balzò il cuore in gola e andai ad aprire.

Lui era lì, bello come sempre, forse un po’ sciupato in viso, i capelli dorati che risplendevano e gli occhi azzurri, sempre accesi.

«Chelsea… ».

«Ciao, Chris», mi scostai dalla porta per lasciarlo entrare e Buster arrivò subito, festoso, non appena lo vide.

Il ragazzo lo accarezzò lievemente dietro le orecchie e poi mi seguì in salotto, dove ci accomodammo sul divano.

«Posso portarti qualcosa?».

«No, io… sto bene così. Voglio solo che tu mi racconti la verità. Tutta, la verità, stavolta».

Mi morsi il labbro inferiore quasi a sangue, abbassando gli occhi e cominciando a tamburellare con le dita, come ero solita fare quando ero nervosa.

Una delle mani di Chris mi prese con delicatezza il mento e mi costrinse a rialzare lo sguardo.

«Chelsea… guardami. Sono io, sono sempre il tuo Chris, non comportarti così con me. Lo vedo che c’è qualcosa che ti tormenta, l’ho visto a Natale e la sera dell’ultimo dell’anno. Io ti conosco e so quando c’è qualcosa che vuoi dirmi, ma hai paura di farlo. Non avere paura, per favore, non potrei mai fare niente contro di te».

Lo sapevo. Dio, come lo sapevo e, nonostante questo, non riuscivo a proferir parola. Era come se avessi un peso opprimente che mi schiacciava il petto  e mi venne voglia di piangere.

Gli presi le mani tra le mie.

«Chris… », il mio tono era incrinato e lui se ne accorse subito.

«Chelsea, no… non piangere, ti prego. Dimmi solo… dimmi solo che cosa c’è che non va ed io ti aiuterò. Ti starò vicino, qualunque sia questa cosa, dimmi solo… dimmi solo se tu stai bene. Perché sei stata ricoverata in ospedale per due giorni, mesi fa?».

Fissai i miei occhi nei suoi.

«Te l’ho detto, io sto bene, ma… abbiamo fatto un vero casino».

«Noi? Chelsea, io sono così confuso, non capisco».

Era arrivato il momento, glielo dovevo dire, ma invece che farlo a parole, passai ai fatti, perché non sarei mai riuscita a trovare le parole giuste.

«Chris… ti prego, non ti spaventare, adesso».

«Spaventare? Di cosa mi dovrei spaventare?».

Lo afferrai per i polsi e gli posai le mani sulla mia pancia che, nonostante fosse nascosta dalla felpa, si poteva sentire benissimo.

Chris impallidì e sbarrò gli occhi, poi ritrasse le mani.

«Chelsea, tu… tu sei… ».

Ma il resto della frase gli rimase impigliato in gola.

«Aspetto un bambino, Chris. Sì».

Lui sembrava aver perso l’uso della parola e dopo un attimo, la bambina mi assestò uno dei suoi calci potenti.

Gemetti e mi posai una mano sul ventre. Chris mi prese un polso, preoccupato.

«Tranquillo, è… mi ha solo dato un calcio».

Era incredibile come la mia bambina si agitasse quando Chris era nelle vicinanze.

«Chelsea, io ti giuro che non sto capendo niente. Tu sei incinta! Era per questo che non volevi più vedermi? Cos’è…? Non sapevi come dirmelo, immagino; Ryan, insomma… ».

«Ryan?», gli feci eco e lui si bloccò.

«Chris, io sono incinta di sei mesi. Quand’era sei mesi fa?».

Il ragazzo parve pensarci un momento e poi impallidì.

«Agosto».

«Esatto. Agosto».

«Il… », lui deglutì.

«Il rifugio in montagna? La notte in cui avevo la febbre?».

Lentamente, mossi la testa in un cenno affermativo e poi, adagio, una mano di Chris, tornò a posarsi delicata sul mio ventre, che la bambina colpì con un altro calcio e, per un istante lui si ritrasse di nuovo.

«Era… ».

«Sì. Ed è tua figlia, Chris».

«Figlia?», ripeté lui.

«Esatto. È una bambina».

Chris mi prese in braccio con impeto  e mi strinse a sé.

«Ma perché, Chelsea? Perché non mi hai detto niente?».

«Ero così spaventata», dissi stringendomi ancor di più al suo corpo caldo e familiare.

Il ragazzo mi baciò la testa e, finalmente, dopo tanti mesi, scoppiai in un pianto liberatorio che, fino a quel momento, mi ero negata.

Ora Chris era con me e, tra le sue braccia, potevo farlo.

Lui mi cullò, accarezzandomi, mentre io ero scossa da violenti singhiozzi e stringevo spasmodicamente la sua giacca di pelle.

Restammo a lungo in quella posizione, finché io non riuscii a calmarmi, poi il ragazzo si allontanò un po’ da me, giusto quanto bastava per guardarmi in faccia.

«E cos’è successo? Perché sei finita in ospedale?».

Mi asciugai il volto dalle lacrime, puntando i miei occhi arrossati nei suoi.

«Troppo stress; ero solo al terzo mese, Ryan lo sapeva da poco e… grazie al cielo, in quel momento Adam era qui, altrimenti non sarei riuscita ad arrivare in ospedale».

«Aspetta, cosa? Adam lo sapeva?».

«Lo ha scoperto quel giorno. In realtà non volevo dirlo neanche a lui; non volevo che fosse costretto a mentirti e, da dopo le vacanze di Natale, non ha fatto altro che tartassarmi per convincermi a dirtelo. Insieme a Jenna. Sanno essere davvero insistenti, quando vogliono».

«Anche Jenna lo sapeva?».

«Sì, lei… lo ha scoperto il giorno di Natale. Ero con lei e Adam, quando la bambina ha cominciato a muoversi».

Chris mi strinse di nuovo.

«Dovevi dirmelo, Chelsea. Se fosse successo qualcosa a te o… o a nostra figlia, io non me lo sarei mai perdonato».

Per un attimo, a quelle parole mi bloccai.

«Chelsea… stai bene?».

«Dillo di nuovo».

«Cosa? Che mi sarei ammazzato se ti fosse successo qualcosa?».

«No, stupido», dissi dandogli un colpetto sul braccio. «Nostra figlia».

A quel punto, Chris sorrise e cominciò ad accarezzarmi dolcemente il ventre.

«Nostra figlia».

Gli posai una mano sulla guancia e lui avvicinò il volto al mio, fino a che le nostre labbra non si incrociarono.

E fu meraviglioso. Quella fu la prima volta, dopo quella sera al cinema, in cui non mi sentii in colpa a baciarlo. Non mi sentii in colpa ad affondargli le mani tra i capelli né ad essere toccata da lui.

La mia bambina si dimenava dentro di me, quasi come se sentisse tutto e riconoscesse che Chris, finalmente dopo tanto tempo, era lì.

Mi venne da ridere e mi staccai dalle sue labbra.

«Cosa c’è?».

«Guarda».

Mi alzai la maglia, scoprendo la pancia, e fu sbalorditivo vedere la minuscola manina della piccola, quasi stampata sul mio addome. Era come se stesse salutando.

Chris rise, una risata che mai gli avevo sentito. Lui era… era felice. E mi amava e amava nostra figlia.

Nient’altro contava.

«Hai già pensato a come vorresti chiamarla?», mi chiese Chris a un certo punto.

«In realtà no. Era una cosa a cui non riuscivo a pensare… da sola».

Il ragazzo mi strinse di nuovo.

«Dovevi dirmelo, Chelsea… avrai passato dei mesi d’inferno».

«Non importa cosa ho passato. Adesso importa solo che tu sia qui».

 

 

Note dell’Autrice:

Eccomi qui con il nuovo capitolo! Ci ho messo un po’, ma grazie al cielo c’è una persona buona che veglia su di me e mi ricorda di aggiornare, quindi è lei che dovreste ringraziare XD

Riguardo al capitolo… beh, spero tanto che vi sia piaciuto, alla fine Chelsea si è decisa a chiamare Chris e a raccontargli la verità.

Non ne avete davvero idea, ma riguardo a tutto ciò che ha a che fare con la gravidanza della ragazza, c’erano così tante opzioni in ballo che davvero… decidere tra tutto non è stato semplice.

Tutta la storia sarebbe potuta andare a finire in modo completamente diverso. Ad ogni modo, ora siamo qui, ma tante altre cose dovranno accadere prima della fine.

Ora vi lascio con l’anticipazione del prossimo capitolo e… a presto!

 

DAL CAPITOLO 23:

“Detto questo mi alzai sulle punte dei piedi per baciarlo e lui mi strinse a sé.

In quel momento Ryan uscì dal bagno.

«Ragazzi, vi prego! Avete una stanza da letto, qualche metro più avanti».

Ridemmo entrambi a quelle parole e ci staccammo.

Poco dopo, sentii mia figlia scalciare vivacemente e mi posai una mano sulla pancia, sempre con il sorriso sulle labbra”.
  
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