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CAPITOLO
22: LA VERITÀ
Dopo due giorni, ero
nuovamente in partenza per tornare a Santa Barbara.
Adam e Jenna non
avevano fatto altro che riempirmi di raccomandazioni riguardo alla mia bambina
e anche a Chris, ma d’altra parte… come potevo dar loro torto? Erano fratelli e
lo vedevano così abbattuto; per loro era importante che fosse felice. Tutti i
Williams erano molto uniti.
Probabilmente Shereen
era uno dei pochi esemplari che se ne fregava altamente se succedeva qualcosa
alla propria sorella minore.
“Non essere cattiva”,
ricordai a me stessa.
Dopotutto si era
preoccupata quell’estate, ogni volta che avevo rischiato di farmi male e anche
quando il nonno era morto.
Quella volta,
addirittura, aveva detto a Chris di restare con me. Un atto di straordinario
altruismo, per i suoi standard.
Riguardo al ragazzo…
non lo avevo più visto dalla sera dell’ultimo dell’anno e sinceramente, ora
come ora, ero troppo impegnata a pensare come e quando avrei potuto dirgli
della gravidanza.
Per telefono mi
sembrava così… squallido, ma se gli avessi chiesto di raggiungermi a Santa
Barbara, lui avrebbe mollato tutto per venire, anche se fosse stato al lavoro.
Guidai piano, con
calma; mi sembrava fosse passato molto più tempo da quando ero partita, altro
che una settimana appena.
Non appena arrivai,
telefonai ai miei genitori e subito Ryan mi venne incontro.
Ci eravamo sentiti
tutta la settimana, lo avevo sempre tenuto aggiornato.
«Ciao», mi salutò
lui, abbracciandomi.
«Come va? Come sono
andate queste feste?».
«Tutto tranquillo.
Ben ormai è tornato come nuovo, tranne qualche cicatrice qua e là».
«Sono contenta.
Ricordo il giorno in cui mi hai chiamata, come se fosse ieri».
«Già, quella è stata…
davvero una brutta giornata».
Annuii.
«E le mie ragazze
invece come stanno?», chiese poi con un sorriso, accennando alla mia pancia,
che, di giorno in giorno, si faceva sempre più evidente.
Ero con Ryan il
giorno dell’ecografia, in cui la dottoressa mi aveva detto che stavo aspettando
una bambina e… era stato un bene che ci fosse almeno lui, anche se all’inizio
era stato imbarazzante. La dottoressa pensava che fosse Ryan il padre e
spiegarle la situazione sarebbe stato piuttosto complicato.
Il mio amico
comunque, si era emozionato con me quando la dottoressa aveva detto “Femmina”.
«Le tue ragazze
stanno bene», tornai alla realtà.
«E questa è l’unica
cosa che conta. Ti porto su la valigia, dammi pure».
Lo ringraziai e
appesi la mia giacca all’ingresso.
Buster fu da me dopo
una manciata di secondi, contento di vedermi come sempre.
Mi sedetti sul divano
e lui mi seguì, poggiando poi la sua testa sulla mia gamba.
Ryan tornò dopo un
minuto e prese posto accanto a me.
«Sai la novità?»,
dissi sorridendo.
«Quale novità?».
Gli presi una mano e
la posai sul mio ventre.
Ryan spalancò gli
occhi per la sorpresa.
«Si muove! Dio, senti
come si muove!», il suo sorriso andava da orecchio a orecchio e io risi a
vederlo così.
Era bello; stavo
cominciando a vivere la mia gravidanza un po’ più serenamente.
Entrambe le mani di
Ryan in quel momento erano posate sulla mia pancia e il ragazzo non sembrava
volesse staccarsi, quindi lo lasciai fare, non mi dava fastidio.
«Ho promesso ad Adam
e Jenna di dirlo a Chris».
«Jenna? Aspetta, chi
è Jenna?».
«La quarta Williams».
«Altra sorella di
Chris?».
«Sì. Lei… lo ha
scoperto. Era insieme a me e Adam quando questa qui a cominciato a scalciare e
dimenarsi», dissi accarezzandomi nuovamente il ventre.
«Ormai sei quasi al
quinto mese, Chelsea… credo anch’io che sia il caso di informarlo».
«Lui è stato così
dolce con me, Ryan… ».
«La sera dell’ultimo
dell’anno?».
«Esatto».
«Sì, me lo avevi
accennato. Lui… non ha provato a baciarti o a fare altro?».
«No, non lo ha
fatto».
«Sai cosa vuol dire
questo, vero, Chelsea?».
Lo guardai senza
capire, poi Ryan continuò.
«Lui è pronto. È
cresciuto, ha capito, è diventato un uomo. Se fosse rimasto lo stesso della
scorsa estate, lo stesso che ha provato a baciarti ogni volta che se ne
presentava l’occasione, lo avrebbe fatto anche stavolta. Quale migliore
occasione? Tu eri completamente abbandonata a lui e senza la forza di
reagire, a causa di quel mal di testa.
Lui si è preso cura di te senza secondi fini, perché ti ama. Perché per Chris è
la cosa giusta da fare, metterti al primo posto, prima di tutto, anche di sé
stesso. E lo ha dimostrato. Lui ora è pronto per te. È pronto per voi»,
concluse con una lieve carezza al mio ventre gonfio.
Abbracciai il mio
amico.
«È che… non so come
fare e lui… sta ancora con mia sorella, dopotutto».
«Vedrai… le cose si
sistemeranno».
Due settimane dopo,
finalmente, Gale tornò a casa e fu stupendo.
Vedevo il modo in cui
Ryan si comportava con lei, come se fosse il suo centro e la mia amica si
perdeva ad osservarlo neanche fosse una sorta di dio sceso in Terra.
Il loro rapporto si
era rafforzato a dismisura in quei mesi del ricovero di Gale, e riguardo all’uomo
che l’aveva aggredita: il suo ex convivente, avevamo saputo che adesso era in
carcere e non sarebbe uscito ancora per un bel po’.
Passare le giornate
con i miei due amici e Buster, divenne ben presto una routine alla quale
difficilmente avrei rinunciato; eravamo tutti così uniti.
Inoltre, Jenna e Adam
mi telefonavano spesso, informandosi su di me e su mia figlia e continuando a
domandarmi quando lo avrei detto a Chris.
Tornai al lavoro,
contro il parere di Ryan, ma lo feci. Dovevo assolutamente avere qualcosa da
fare, altrimenti sarei rimasta tutto il giorno a casa a pensare a Chris, quindi
il lavoro era un’ottima distrazione.
Certo, essendo quasi
al sesto mese di gravidanza, tra poco avrei ugualmente dovuto mettermi in
maternità, ma finché potevo, ne avrei approfittato.
Una sera, mentre io,
Gale e Ryan stavamo cenando, il telefono squillò; probabilmente i miei
genitori, dato che quello era uno dei loro giorni.
«Pronto?».
La voce di mia madre,
all’altro capo dell’apparecchio, confermò le mie aspettative.
«Ciao, tesoro. Come
stai?».
«Tutto bene, mamma.
Tu piuttosto… hai una voce strana… ».
Lei sospirò.
«Sì, è che… tua
sorella e Christian si sono lasciati».
Il mio cuore perse un
battito.
«Cosa?».
«Due settimane fa,
circa. Shereen non esce quasi più dalla sua stanza e… ho sentito anche
Constance. Mi ha detto che Christian non fa che lavorare, continuando così non
reggerà ancora molto. Chelsea… a tua sorella ci pensiamo io e tuo padre, ma…
credo che Christian abbia bisogno di te».
E io avevo bisogno di
lui.
«Lo chiamerò. Domani
gli telefonerò, te lo prometto».
Parlammo qualche
altro minuto, poi riattaccai e tornai in cucina.
Perché diavolo Jenna
e Adam non mi avevano detto niente?!
«Notizie da
Phoenix?», mi chiese Ryan con un sorriso.
«Chris e Shereen si
sono lasciati».
Momento di silenzio
generale, poi Gale prese parola.
«Sai cosa vuol dire
questo, vero, Chelsea?».
«Gli telefonerò
domani, gli dirò di venire qui. È ora che sappia».
Ryan mi prese una
mano.
«È la scelta giusta,
Chel. Per lui, per te e per la bambina. Lo sai, vero?».
Annuii.
«Ok, donne, vediamo
di risollevare l’atmosfera perché le vostre facce non mi piacciono, in questo
momento», poi Ryan si rivolse alla mia pancia, mettendoci una mano sopra: «A
parte tu, tesoro, tu sei sempre splendida».
«Dovrei essere
gelosa?», chiese Gale, ma anche lei sorrideva vistosamente.
«Assolutamente no.
Comunque… domani nessuno di noi deve andare a lavorare, quindi… vi va di fare
qualcosa in particolare?».
«Film!», esclamammo
io e Gale all’unisono.
«Ok, ma stasera
scelgo io!».
«Noi siamo in
maggioranza!».
«Sì, e aumentate a
dismisura, quindi credo di avere come minimo il diritto di scegliere un film.
Almeno ho Buster dalla mia parte».
«No, lui mi è devoto,
farà sempre cosa dico io», lo presi in giro.
«Intanto sono io
quello a cui ha salvato la vita».
«Beh, non sei il
solo, dolcezza», lo riprese Gale.
Scossi la testa a quel
battibecco.
«Ebbene… che film
vorresti vedere, Ryan?».
«“Il Signore degli
Anelli”. Facciamo una maratona. Della versione integrale».
«Ma sei matto?!
Finiremo domani mattina e saremo dei cadaveri tutto il giorno! Già io lo sono
di mio… ».
«Oh, avanti, Chel!».
«D’accordo, ma sei un
rompiscatole».
«Mi sarei ucciso
prima di guardare un altro cartone della Disney o “Orgoglio e Pregiudizio” per
la millesima volta».
Io gli feci una
linguaccia, Gale gli tirò un cuscino.
Mi sdraiai sul divano
a due posti, mentre Gale e Ryan rimasero abbracciati su quello a tre, poi, il
mio amico fece partire “La Compagnia dell’Anello”.
Amavo quella saga, lo
guardavo ogni volta che lo davano in tv, così come anche Harry Potter.
Erano i film con cui
ero cresciuta e avrebbero sempre avuto un posto speciale dentro di me.
Nonostante tutto
però, “La Compagnia dell’Anello”, era quello che mi appassionava meno fra i tre
e, aggiungendoci anche la mia stanchezza attuale, presi sonno durante l’attacco
a Collevento e mi risvegliai quando la compagnia giunse a Moria.
Lanciai uno sguardo
alle mie spalle: Ryan e Gale erano ancora abbracciati stretti; lui concentrato
sul film, lei anche, ma sorrideva, circondandogli il torace con un braccio.
Era bello vederli
insieme e vedere lei sorridere, dopo tutto ciò che avevano passato.
Inizialmente avevo
preparato per Gale la stanza in cui quell’estate avevano dormito Chris e
Shereen, quella con i due letti singoli, ma poi, la ragazza si era trasferita
con Ryan ed io ero contenta.
Il mio telefono vibrò
per l’arrivo di un sms. Era Adam.
“Com’è andata la giornata? Tu e la mia nipotina state bene?”.
Impiegai un momento a
rispondere.
“Stiamo bene; adesso lo zio Ryan le sta facendo conoscere Il Signore
degli Anelli. Stasera mia madre mi ha telefonato, perché non mi hai detto che
Chris e Shereen si sono lasciati da due settimane?”.
La risposta del
ragazzo, tardò un po’ ad arrivare.
“Non sapevo se farlo o meno. Jenna insisteva perché te lo dicessi, ma
pensavo che dovessi saperlo da qualcuno della tua famiglia o da Chris”.
“Tu sei qualcuno della mia famiglia. Ascolta di più tua sorella, la
prossima volta”.
“Sarà fatto, mamma tigre. Tu quando hai intenzione di dirlo a Chris?
Perché le vacanze di Natale sono passate da un pezzo, ormai”.
“Lo chiamerò domani, promesso”.
“Era ora. Comunque sai che alla tua bambina arriva un cuginetto? O
cuginetta, ancora non si sa… Megan è incinta!”.
“È fantastico! Sono contenta, Adam”.
“Già, anche lei è al settimo cielo. Ma credo che ai miei genitori verrà
un infarto, quando scopriranno che il
primo a renderli nonni sarà Chris”.
Sorrisi, leggendo
quel messaggio.
«Chi è, Chelsea?»,
chiese Ryan a un certo punto.
«Adam. Dice che Megan
è incinta».
«Davvero?! Credo che
sia la famiglia più numerosa che abbia mai conosciuto; io se fossi in te starei
attento, altrimenti potresti ritrovarti con una squadra di football prima dei
trent’anni. Comunque salutami Adam».
«Sì, anche a me»,
aggiunse Gale.
“In effetti potrebbe essere un bel colpo. Non oso immaginare la reazione
dei miei genitori. Comunque Ryan e Gale ti salutano e Ryan diche che con voi
Williams devo stare attenta, se non voglio ritrovarmi con dieci figli a
trent’anni”.
“Sì, in effetti siamo una famiglia molto produttiva, anche se Meg è
sposata da cinque anni e questa è la sua prima gravidanza. Ricambia i saluti”.
«Adam ricambia», dissi
rivolta ai due alle mie spalle.
“La tua giornata com’è andata?”.
“Tranquilla, lavoro, come al solito. Peccato che tu non sia qui, avresti
potuto dare una mano a Meg, per la gravidanza”.
“Credo che vostra madre sia molto più esperta di me in questo campo. E
poi ti devo ricordare che io non ho vissuto proprio al meglio i miei primi
mesi?”.
“No, anzi, è decisamente meglio che non me lo ricordi. Stavo per avere
un attacco cardiaco, quella volta”.
“Come sei melodrammatico”.
“Melodrammatico? Ero terrorizzato. Ora fila a letto e fai riposare mia
nipote”.
“Oh, lei è già da un po’ che dorme, altrimenti si farebbe sentire.
Buonanotte, Adam”.
“Notte, Chelsea. E mi raccomando, domani… chiama mio fratello e non
farti prendere dal panico”.
“Ci proverò, ma non garantisco. Buonanotte”.
Posai il telefono sul
tavolinetto sul tappeto e ripresi a guardare il film.
Eravamo arrivati alla
parte in cui la compagnia incontra Galadriel dopo la presunta morte di Gandalf.
A quel punto però, mi
riaddormentai e, quando riaprii gli occhi, era già partito “Le Due Torri”;
erano le due di mattina, ormai.
Mi alzai dal divano;
avevo sete e dovevo andare in bagno.
«Tutto bene,
Chelsea?», mi chiese Ryan, stringendo a sé un’addormentata Gale.
«Sì, tranquillo, vado
un momento in bagno».
Quando fui di
ritorno, il mio amico mi sorrise e, sullo schermo, Legolas, Aragorn e Gimli
cavalcavano su Rohan.
Mi risistemai sul
divano, abbracciando un cuscino e resistetti ancora un po’, prima di crollare
di nuovo e risvegliarmi all’inizio della battaglia delle Due Torri.
Quella la guardai
tutta perché forse, era il mio pezzo preferito di tutta la trilogia.
Del terzo film
riuscii a vedere soltanto la guerra di Minas Tirith e lo scontro finale.
Quando riaprii gli
occhi, il sole ormai cominciava a fare capolino.
Guardando alle mie
spalle, vidi Gale e Ryan addormentati sul divano, poi notai la coperta che
avevo addosso; doveva averla messa Ryan mentre dormivo.
Ero ancora stanca ed
erano le sei e mezza di mattina, quindi dormii un altro po’ e, stavolta, mi
risvegliai alle nove.
I miei amici erano
ancora lì, mentre Buster era fuori in giardino, lo vedevo dalla finestra.
Così mi alzai ed
andai a preparare la colazione.
Bevvi un bicchiere di
spremuta d’arancia e mangiai una mela.
Guardai il mio
telefono, poggiato su uno dei banconi. Sapevo cos’avrei dovuto fare. Cosa dovevo fare, ma non ci riuscivo.
Presi l’apparecchio e
composi il numero di Chris a memoria, automaticamente, così velocemente da non
lasciarmi il tempo di pensare a ciò che stavo facendo.
La voce inconfondibile
del ragazzo, mi rispose al secondo squillo.
«Chelsea… », sembrava
davvero sorpreso.
«Ehi, Chris… ».
«Va tutto bene?
Sembri strana».
Come sempre, non
potevo tenergli nascosto niente.
Presi un respiro
profondo.
«No. Cioè… sì, ma…
dovresti venire, Chris. Dovresti tornare a Santa Barbara. Io… devo davvero
dirti una cosa».
La voce del ragazzo
si fece allarmata.
«Chelsea… tu stai
bene, vero?».
Sorrisi.
«Io sto bene, ma… un
paio di mesi fa non lo sono stata, sono dovuta rimanere in ospedale per due giorni».
«Che cosa?! Quanti
mesi fa, Chelsea? Perché non me lo hai detto?».
«È stato prima di
Natale e comunque… adesso sto bene, ho solo bisogno che tu venga qui. Puoi
farlo?».
«Sono già in
macchina».
Il mio Chris.
«D’accordo, però…
guida piano, va bene? Non correre per arrivare più in fretta, io ti aspetto qui
a casa e… adesso sto bene, quindi non ti preoccupare».
«Sì».
«Non dire “sì”, con
quel tono, promettimi che guidi piano».
«Chelsea… sembri mia
madre».
Nella sua voce, c’era
una nota divertita.
«Promettilo».
«Te lo prometto».
«Allora… a dopo,
Chris».
«A dopo, Chelsea».
Così, riattaccai.
Lo avevo fatto. Lo
avevo fatto, lo avevo chiamato ed ora lui stava arrivando.
Andai a farmi una
doccia e, quando tornai al piano di sotto, trovai Ryan e Gale in cucina intenti
a parlare.
«Buongiorno,
ragazzi».
«Buongiorno. Tutto
bene stamattina?».
Annuii.
«Ho telefonato a
Chris; lui… sta arrivando».
Ryan venne ad
abbracciarmi.
«È la cosa giusta».
Proprio in quel
momento, il mio telefono squillò. Stavolta era una chiamata di Jenna.
«Pronto?».
«Ehi, è un’ora che
provo a chiamarti!».
«Scusa, stavo facendo
una doccia».
«Oh, meno male,
pensavo ti fosse successo qualcosa. Comunque… io e Adam abbiamo visto Chris
uscire di casa a velocità supersonica, dimmi che è stato per una buona ragione e
che lui sta venendo da te».
«Sta venendo da me,
sì, l’ho chiamato. Ce l’ho fatta».
«Era ora! Bene,
sorella, facci sapere come va, anche se credo non vedrò mio fratello a casa
tanto presto, vero?».
«Vedremo».
«Tsk. Tra l’altro,
quello stronzo, è uscito di casa senza neanche dire un “ciao”; penso che alla
mamma verrà un colpo».
«Sì, Adam ieri sera
mi ha fatto un discorso simile».
«Le passerà;
l’importante è che tu dica la verità a mio fratello e che tra di voi, le cose
si sistemino, il resto può aspettare».
«Grazie, sai,
Jenna?».
«Per cosa?».
«Tutto quello che hai
fatto in questi mesi, il tuo supporto».
«Ma ti pare? Sei una
di famiglia, no?».
Sorrisi.
«Già, a questo punto
direi di sì».
«Scrivimi appena hai
tempo, ok?».
«Non mancherò. Buona
giornata».
«Anche a te e… stai
tranquilla, vedrai che andrà tutto bene, mio fratello ti ama».
«Lo so».
Dopodiché,
riagganciai.
In quel momento fui
presa da un senso di irrequietezza tale, che sentii di dover assolutamente fare
qualcosa.
«Chelsea… Chelsea,
calmati per favore, ok? Vedrai che andrà tutto bene, tranquilla», cercò di
rassicurarmi Ryan.
«Non ci riesco. Lo so
che dovrei, ma non ci riesco! E mi sono appena resa conto di non aver pronto niente per la bambina! Ma che razza di
madre sono?! Non ho una culla, non ho un passeggino, non ho nemmeno un
seggiolino per la macchina! Ora che ci penso… non ho neanche una macchina…
oddio, sono un disastro!».
Ryan e Gale si
scambiarono uno sguardo complice, poi la ragazza mi prese per i polsi e,
delicatamente, mi fece sedere su una sedia.
«Chelsea… respira,
d’accordo?».
«Ma… ».
«No, niente “ma”,
respira e basta».
Obbedii alla mia
amica e lo feci un paio di volte, poi il mio respiro si fece più regolare.
«Va meglio?», mi
chiese Gale.
Annuii.
«D’accordo».
«Cosa faccio, adesso?
Non riesco semplicemente a stare ferma
ed aspettare che arrivi Chris; sento che potrei impazzire».
«Che cosa vuoi fare
allora, Chelsea?», intervenne Ryan.
«Voglio uscire e…
cominciare a comprare qualcosa per la bambina… ».
«Sai che queste sono
cose che dovresti fare con Chris, vero?».
«Sì, ma… se ora resto
in casa, potrei scoppiare».
Il moro guardò
l’orologio.
«Ok, ma… lui sarà qui
tra poco più di un’ora, non possiamo stare via molto».
«Andrà bene».
Così, uscimmo e Ryan
guidò fino in centro. Lì c’era un enorme negozio di articoli per neonati e mi
ci persi quasi. Alla fine dell’ora, non avevo comprato niente ed era giunto il
momento di tornare a casa.
«Non ho concluso
nulla».
«Sono cose che farai
insieme a lui quando arriverà e vi parlerete. Chelsea… andrà bene. Starete
bene. È vostra figlia e Chris si
prenderà cura di voi».
Arrivammo a casa,
ormai non doveva mancare molto all’arrivo del ragazzo ed il mio cuore batteva
sempre più forte.
«Chelsea… io e Gale
usciamo, credo che quando sarà qui, tu e Chris dobbiate stare da soli, intanto…
c’è Buster».
Annuii ed abbracciai
i miei due amici.
Non sapevo veramente
come avrei fatto senza di loro, in quei mesi.
Quando rimasi sola,
andai a prendere una felpa larga abbastanza da coprire il mio ventre di sei
mesi.
Non potevo certo
andare ad aprire la porta con quella pancia così visibile. Dovevo arrivarci
poco a poco, con calma, preparando Chris.
Quando sentii suonare
il campanello, mi balzò il cuore in gola e andai ad aprire.
Lui era lì, bello
come sempre, forse un po’ sciupato in viso, i capelli dorati che risplendevano
e gli occhi azzurri, sempre accesi.
«Chelsea… ».
«Ciao, Chris», mi
scostai dalla porta per lasciarlo entrare e Buster arrivò subito, festoso, non
appena lo vide.
Il ragazzo lo
accarezzò lievemente dietro le orecchie e poi mi seguì in salotto, dove ci
accomodammo sul divano.
«Posso portarti
qualcosa?».
«No, io… sto bene
così. Voglio solo che tu mi racconti la verità. Tutta, la verità, stavolta».
Mi morsi il labbro
inferiore quasi a sangue, abbassando gli occhi e cominciando a tamburellare con
le dita, come ero solita fare quando ero nervosa.
Una delle mani di
Chris mi prese con delicatezza il mento e mi costrinse a rialzare lo sguardo.
«Chelsea… guardami.
Sono io, sono sempre il tuo Chris, non comportarti così con me. Lo vedo che c’è
qualcosa che ti tormenta, l’ho visto a Natale e la sera dell’ultimo dell’anno.
Io ti conosco e so quando c’è qualcosa che vuoi dirmi, ma hai paura di farlo.
Non avere paura, per favore, non potrei mai fare niente contro di te».
Lo sapevo. Dio, come
lo sapevo e, nonostante questo, non riuscivo a proferir parola. Era come se
avessi un peso opprimente che mi schiacciava il petto e mi venne voglia di piangere.
Gli presi le mani tra
le mie.
«Chris… », il mio
tono era incrinato e lui se ne accorse subito.
«Chelsea, no… non
piangere, ti prego. Dimmi solo… dimmi solo che cosa c’è che non va ed io ti
aiuterò. Ti starò vicino, qualunque sia questa cosa, dimmi solo… dimmi solo se
tu stai bene. Perché sei stata ricoverata in ospedale per due giorni, mesi
fa?».
Fissai i miei occhi
nei suoi.
«Te l’ho detto, io
sto bene, ma… abbiamo fatto un vero casino».
«Noi? Chelsea, io sono così confuso, non capisco».
Era arrivato il
momento, glielo dovevo dire, ma invece che farlo a parole, passai ai fatti, perché
non sarei mai riuscita a trovare le parole giuste.
«Chris… ti prego, non
ti spaventare, adesso».
«Spaventare? Di cosa
mi dovrei spaventare?».
Lo afferrai per i
polsi e gli posai le mani sulla mia pancia che, nonostante fosse nascosta dalla
felpa, si poteva sentire benissimo.
Chris impallidì e
sbarrò gli occhi, poi ritrasse le mani.
«Chelsea, tu… tu sei…
».
Ma il resto della
frase gli rimase impigliato in gola.
«Aspetto un bambino,
Chris. Sì».
Lui sembrava aver
perso l’uso della parola e dopo un attimo, la bambina mi assestò uno dei suoi
calci potenti.
Gemetti e mi posai una mano sul ventre. Chris mi
prese un polso, preoccupato.
«Tranquillo, è… mi ha solo dato un calcio».
Era incredibile come la mia bambina si agitasse
quando Chris era nelle vicinanze.
«Chelsea, io ti giuro che non sto capendo niente.
Tu sei incinta! Era per questo che non volevi più vedermi? Cos’è…? Non sapevi
come dirmelo, immagino; Ryan, insomma… ».
«Ryan?», gli feci eco e lui si bloccò.
«Chris, io sono incinta di sei mesi. Quand’era sei
mesi fa?».
Il ragazzo parve pensarci un momento e poi
impallidì.
«Agosto».
«Esatto. Agosto».
«Il… », lui deglutì.
«Il rifugio in montagna? La notte in cui avevo la
febbre?».
Lentamente, mossi la testa in un cenno affermativo
e poi, adagio, una mano di Chris, tornò a posarsi delicata sul mio ventre, che
la bambina colpì con un altro calcio e, per un istante lui si ritrasse di nuovo.
«Era… ».
«Sì. Ed è tua figlia, Chris».
«Figlia?»,
ripeté lui.
«Esatto. È una bambina».
Chris mi prese in braccio con impeto e mi strinse a sé.
«Ma perché, Chelsea? Perché non mi hai detto
niente?».
«Ero così spaventata», dissi stringendomi ancor di
più al suo corpo caldo e familiare.
Il ragazzo mi baciò la testa e, finalmente, dopo
tanti mesi, scoppiai in un pianto liberatorio che, fino a quel momento, mi ero
negata.
Ora Chris era con me e, tra le sue braccia, potevo
farlo.
Lui mi cullò, accarezzandomi, mentre io ero scossa
da violenti singhiozzi e stringevo spasmodicamente la sua giacca di pelle.
Restammo a lungo in quella posizione, finché io
non riuscii a calmarmi, poi il ragazzo si allontanò un po’ da me, giusto quanto
bastava per guardarmi in faccia.
«E cos’è successo? Perché sei finita in
ospedale?».
Mi asciugai il volto dalle lacrime, puntando i
miei occhi arrossati nei suoi.
«Troppo stress; ero solo al terzo mese, Ryan lo
sapeva da poco e… grazie al cielo, in quel momento Adam era qui, altrimenti non
sarei riuscita ad arrivare in ospedale».
«Aspetta, cosa? Adam lo sapeva?».
«Lo ha scoperto quel giorno. In realtà non volevo
dirlo neanche a lui; non volevo che fosse costretto a mentirti e, da dopo le
vacanze di Natale, non ha fatto altro che tartassarmi per convincermi a
dirtelo. Insieme a Jenna. Sanno essere davvero insistenti, quando vogliono».
«Anche Jenna lo sapeva?».
«Sì, lei… lo ha scoperto il giorno di Natale. Ero
con lei e Adam, quando la bambina ha cominciato a muoversi».
Chris mi strinse di nuovo.
«Dovevi dirmelo, Chelsea. Se fosse successo
qualcosa a te o… o a nostra figlia, io non me lo sarei mai perdonato».
Per un attimo, a quelle parole mi bloccai.
«Chelsea… stai bene?».
«Dillo di nuovo».
«Cosa? Che mi sarei ammazzato se ti fosse successo
qualcosa?».
«No, stupido», dissi dandogli un colpetto sul
braccio. «Nostra figlia».
A quel punto, Chris sorrise e cominciò ad
accarezzarmi dolcemente il ventre.
«Nostra
figlia».
Gli posai una mano sulla guancia e lui avvicinò il
volto al mio, fino a che le nostre labbra non si incrociarono.
E fu meraviglioso. Quella fu la prima volta, dopo
quella sera al cinema, in cui non mi sentii in colpa a baciarlo. Non mi sentii
in colpa ad affondargli le mani tra i capelli né ad essere toccata da lui.
La mia bambina si dimenava dentro di me, quasi
come se sentisse tutto e riconoscesse che Chris, finalmente dopo tanto tempo,
era lì.
Mi venne da ridere e mi staccai dalle sue labbra.
«Cosa c’è?».
«Guarda».
Mi alzai la maglia, scoprendo la pancia, e fu
sbalorditivo vedere la minuscola manina della piccola, quasi stampata sul mio
addome. Era come se stesse salutando.
Chris rise, una risata che mai gli avevo sentito.
Lui era… era felice. E mi amava e amava nostra figlia.
Nient’altro contava.
«Hai già pensato a come vorresti chiamarla?», mi
chiese Chris a un certo punto.
«In realtà no. Era una cosa a cui non riuscivo a
pensare… da sola».
Il ragazzo mi strinse di nuovo.
«Dovevi dirmelo, Chelsea… avrai passato dei mesi
d’inferno».
«Non importa cosa ho passato. Adesso importa solo
che tu sia qui».
Note dell’Autrice:
Eccomi
qui con il nuovo capitolo! Ci ho messo un po’, ma grazie al cielo c’è una
persona buona che veglia su di me e mi ricorda di aggiornare, quindi è lei che
dovreste ringraziare XD
Riguardo
al capitolo… beh, spero tanto che vi sia piaciuto, alla fine Chelsea si è
decisa a chiamare Chris e a raccontargli la verità.
Non ne
avete davvero idea, ma riguardo a tutto ciò che ha a che fare con la gravidanza
della ragazza, c’erano così tante opzioni in ballo che davvero… decidere tra
tutto non è stato semplice.
Tutta
la storia sarebbe potuta andare a finire in modo completamente diverso. Ad ogni
modo, ora siamo qui, ma tante altre cose dovranno accadere prima della fine.
Ora vi
lascio con l’anticipazione del prossimo capitolo e… a presto!
DAL
CAPITOLO 23:
“Detto
questo mi alzai sulle punte dei piedi per baciarlo e lui mi strinse a sé.
In
quel momento Ryan uscì dal bagno.
«Ragazzi,
vi prego! Avete una stanza da letto, qualche metro più avanti».
Ridemmo
entrambi a quelle parole e ci staccammo.