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Autore: Misaki Ayuzawa    02/09/2014    5 recensioni
Chi è Tessa Gray? Ve lo dico subito. Tessa Gray è una povera sedicenne in crisi. Perchè, non solo frequenta il terzo anno di liceo, e si sa, il liceo è un problema per tutti, ma anche perchè non riesce a trovare il libro giusto... si avete capito, è una lettrice appassionata che non riesce a trovare un libro appassionante e questo è un problema per qualunque lettore che si rispetti! Questa, signori è la storia di Tessa Gray e della sua caccia alla "trama perfetta" ma non solo la sua perchè compariranno, con la stessa importanza, gli altri personaggi che fanno di Shadowhunters il ciclo di romanzi che è!
Dal 7° cap.: Il blu si fuse col grigio per diventare tempesta.
Dal 9° cap.: "E che cosa cerchi?"
"Romanzi. Ce ne sono pochissimi. O poesie ... Ci sono soltanto enciclopedie e storici!"
Will si sentì ferito nell'orgoglio. Quella era la sua biblioteca e nessuno la poteva offendere!
Dal 13° cap.: "Ah non preoccuparti! In caso scacciamo via Will!"
"Chissà perchè non credo prenderebbe la cosa con diplomazia ..."
"Mmmm ... forse no" Rise.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Theresa Gray, William Herondale
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 42: Famiglia

Quando Charlotte entrò nella camera di Jem, trovò al suo interno un Will che si era finalmente abbandonato alle lacrime. Non le ci volle molto per capire. Per un paio di minuti si bloccò sulla soglia. Era come se avesse perso un figlio, ma doveva rimanere forte. Non si poteva proprio permettere di crollare.
“Will, mi dispiace, ma devi venire con me.”
Will non diede segno di aver sentito, così Charlotte gli si avvicinò e lo scosse lievemente, prendendolo per una spalla.
Il ragazzo si divincolò con un’imprevedibile violenza e, quando volse il volto verso la direttrice, i suoi occhi erano arrossati e le lacrime, che non accennavano ad estinguersi, gli correvano velocemente lungo le guance, bagnando le maniche della felpa e la mano di Jem, che teneva saldamente stretta.
“Will, è importante.” Charlotte non si sbilanciò.
“Cosa ci può essere di più importante di questo?” La sua voce era disperata.
“Lilith.”

Will teneva stretta una tazza di caffè, mentre Charlotte- che aveva, inutilmente, insistito affinchè prendesse una camomilla- gli raccontava della cattura di Lilith. Nella sua versione non comparivano né Jace né gli altri per il semplice fatto che Woolsey non aveva ritenuto opportuno mettere nei guai i ragazzi. Alla fine del racconto vi fu un lungo silenzio.
“Be’, non dici nulla?” lo interrogò Charlotte.
“Cosa dovrei dire? Mia sorella non risorgerà di certo …”
Charlotte sgranò gli occhi. “Ma potrai tornare dalla tua famiglia! Nessuno di voi corre più alcun pericolo.”
“Perché pensi che i miei mi rivorrebbero? Li ho feriti andandomene. E non hanno mie notizie da cinque anni …”
“A proposito di questo …” L’aria colpevole di Charlotte fece capire a Will che i suoi erano sempre stati a conoscenza di dov’era e cosa faceva.
“No, Charlotte. Non dirmi che l’hai fatto.”
“Sono i tuoi genitori: avevano il diritto di sapere!”
Will si alzò di scatto e gettò a terra la tazza. La ceramica si ruppe in mille pezzi e il caffè si sparse su tutto il pavimento.
“C****!” Era furibondo e totalmente abbandonato alle sue emozioni. “Quella era l’unica cosa giusta che avessi mai fatto! L’unico tentativo per salvare la mia famiglia! Perché non va mai nulla per il verso giusto?!” Will sapeva che quello che stava dicendo era totalmente privo di senso; Lilith era stata catturata, e questa era la soluzione alla maggior parte dei suoi problemi ma … aveva questo irragionevole bisogno di urlare, e non riusciva- non voleva- fermarsi. Se si fosse fermato, tutto gli sarebbe crollato addosso.
“Tu non avevi il diritto di fare questo alle mie spalle. Nessun diritto! E poi, anche se i miei genitori mi rivolessero, con che faccia potrei ripresentarmi?! Cosa mai gli potrei dire?”
“Lo scoprirai presto, perché stanno  venendo qui.”
Sbattè la porta della presidenza dietro di sé e percorse a grandi falcate la distanza che lo separava dal cortile: aveva bisogno di aria fresca. E di ubriacarsi. Voleva dimenticare tutto, almeno per qualche ora …
Jem non lo vorrebbe.
Jem è morto, e non avrebbe voluto molte cose, gli ricordò una vocina remota nella sua testa.

Una voce lo riportò alla lucidità.
“Will, dove credi di andare?”
Il ragazzo posò il proprio sguardo su Tessa, che gli si era piazzata di fronte impedendogli di proseguire.
“Non metterti anche tu a farmi la predica, Tess.” Era esausto.
Tessa sollevò le mani, sulla difensiva. “Non ti farò una predica, se non stai per fare una cosa stupida.”
“Jem è morto; sento la necessità di fare qualcosa di stupido, dato che non c’è lui a fermarmi.”
Tessa spalancò le labbra e un velo di tristezza le modificò l’espressione. Ancora non lo sapeva, ma Tessa aveva una gran forza d’animo e, in qualche modo, Jem le aveva affidato Will.
“A maggior ragione, dovresti stare qui e-“
“E fare cosa?” Scattò Will. “Mi sembra tutto sbagliato; non ha più senso fare nulla! Domani questo posto sarà pieno di ipocriti che piangeranno la morte di James dopo anni e anni di battutine sullo yin fen. Nemmeno lo conoscevano, Tess, e io non voglio assistere allo spettacolo.” Aveva mormorato le ultime parole e non aveva accennato al prossimo arrivo dei suoi genitori. Ci avrebbe pensato dopo, a quello.
“Allora devi rimanere qui, per stare accanto a Jem. E non dovresti nemmeno pensare di lasciarlo solo con quegli sciacalli.”
Vi fu qualche minuto di tensione, rotto dall’abbraccio in cui Tessa avvolse Will.
“Ho fatto una scenata di fronte a Charlotte …” Confessò Will.
“Ti andrai a scusare più tardi.” Gli rispose Tessa all’orecchio.
Tessa sciolse l’abbraccio e prese Will per mano, conducendolo fino alla stanza di quest’ultimo. Will pareva essersi svuotato, perché non oppose alcuna resistenza quando Tessa gli sfilò le scarpe e lo fece stendere sul letto, per poi coprirlo con un caldo pile.

Tessa aspettò che Will si fosse addormentato per lasciare la stanza ed andare in quella di Jem. Doveva vederlo un ultima volta.
Il corpo era ancora lì. C’erano Charlotte e Henry in un angolo, attendendo chissà cosa … forse speravano che Jem stesse solo dormendo, ma non poteva essere così: non c’era battito e non si sentiva nemmeno il più lieve dei respiri. Tessa non fece in tempo ad entrare che subito si ritrasse. Quello non era più Jem, era solo un corpo. Lei avrebbe ricordato sempre Jem che la salvava in mensa e le offriva la sua camicia. Lo avrebbe ricordato alle lezioni di francese e nei pomeriggi di studio. Lo avrebbe ricordato nei suoi giorni migliori e non lo avrebbe mai associato ad un corpo sofferente a causa della malattia, mai.

“Possiamo vederlo? La prego, signorina Fairchild.” Era strano sentir parlare un uomo così massiccio in questo modo. Charlotte annuì e accompagnò i coniugi Herondale e la figlia fino ai dormitori maschili. Bussò un paio di volte, ma non ricevette risposta. Prese allora la sua copia della chiave elettronica ed entrò senza troppe cerimonie. Rimase sbalordita di fronte alla scena che le si presentò.
Will stava dormendo un sonno agitato, avvolto in diversi strati di coperte e, anch’ella assopita, c’era Tessa, seduta a terra ma col capo vicino a quello di Will.
Linette Herondale si lasciò scappare un sorriso, mentre Edmund osservava il figlio e la sconosciuta scuotendo la testa.
“Suppongo dovremo svegliarlo.” Comiciò Charlotte, ma venne presto fermata da Linette.
“Oh no, lasciamo che riposi, dopo tutto quello che gli è capitato.” Aveva una voce molto dolce a cui una nota di affetto materno non mancava di certo.
“Chi è la ragazza?” Domandò Edmund.
“Theresa Gray. Vi ho scritto di lei, a proposito dell’incidente  a teatro.”
“Oh, ma certo.” Affermò Linette, come se una verità universalmente riconosciuta le si fosse presentata di fronte agli occhi.
In quel momento, come se la ragazza si fosse sentita chiamare, Tessa alzò il capo.
Fin da subito ebbe la sensazione di essere osservata, ma Will stava dormendo, e nella stanza non c’era nessuno … A meno che … Tessa si girò verso la porta, non aspettandosi di ritrovarsi di fronte ad un pubblico. Era troppo stanca per imbarazzarsi e così si limitò a borbottare un saluto; stranamente non le importava niente di chi fossero i tre accanto a Charlotte.
Fu proprio Charlotte, comunque, a prendere la parola.
“Tessa, questi sono Edmund, Linette e Cecily Herondale.”
Tessa spalancò gli occhi, osservandoli meglio. Linette e Cecily erano la copia femminile di Will, per corporatura magra e colore di occhi e capelli, mentre il volto di Edmund era molto simile a quello del figlio, sebbene avesse lineamenti maggiormente marcati. La ragazza si alzò velocemente, ignorando il dolore alle gambe ma maledicendosi ugualmente per essersi addormentata in quella scomoda posizione.
“Molto piacere, io sono Tessa.”
Fu di nuovo Linette a parlare. “Il piacere è nostro, Tessa.”
“Bene, forse io allora dovrei andare …” Tessa lanciò un’occhiata interrogativa a Charlotte, che le annuì.


Angolino dell'autrice: Sììì! Ce l'ho fatta! Ho aggiornato in tempi decenti. Perdonate il capitolo di passaggio, ma era necessario. I prossimi saranno più intensi, spero ^^ Se volete, recensite, fa sempre molto piacere. Vi ringrazio moltissimo per aver inserito la storia tra le seguite, le ricordate e le preferite, vi adoro!!


 

  
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