WE STILL ARE MADE OF GREED
No
matter what we breed
we
still are made of greed
[‘Non
importa quale sia
la nostra razza
siamo ancora fatti di
invidia’]
~Demons, Imagine
Dragons
«Nulla
di serio: è fuori pericolo. Credo che si trovasse sotto la neve da
pochi
minuti, perciò non ha rischiato di avere danni causati dal freddo. Per
quanto
riguarda l’albero, non l’ha travolto, ma solo sfiorato: Walsh è stato
colpito
dalla caduta di un ramo, ma ha avuto abbastanza fortuna da non trovarsi
troppo
vicino e venire completamente schiacciato dal tronco. Per sicurezza gli
abbiamo
fatto una tac per rilevare eventuali traumi cerebrali, ma è tutto a
posto» il
dottor Whale scrollò le spalle, mettendo le mani nelle tasche del
camice e
spostando lo sguardo a turno tra Emma, Killian e David. «Ora, se non
avete
altre domande, permettetemi che sia io a farvene una!» il suo sguardo
non
ammetteva repliche.
«Io
avrei più di una domanda, ma prima ascoltiamo la tua, dottore!» Killian
era a
qualche passo di distanza da Emma e l’occhiata che lanciò alla donna
racchiudeva tutta la sua stizza.
Da
quando avevano recuperato Walsh, la bionda aveva smesso di parlargli,
troppo
impegnata a stringere il suo ex tra le braccia, cercando di
risvegliarlo, e di
urlare a David di fare più in fretta per arrivare in ospedale.
Nella
sala d’attesa la situazione non era cambiata di molto: Emma aveva
percorso
tutto il corridoio in lungo e in largo, senza mai sedersi.
Killian
aveva cercato supporto in David, ma il principe non era stato di molte
parole.
Si
era limitato a chiedergli chi fosse quell’uomo che avevano salvato e
perché
Emma fosse così preoccupata. Quando il pirata aveva risposto che Walsh
era la
famosa scimmia volante che Emma stava per sposare, David si era chiuso
nel
silenzio più assoluto, trascurando addirittura di rispondere ad una
chiamata
della moglie.
«Cosa
diavolo sta succedendo in questa città? Perché nevica?» Whale alzò la
voce, attirando
l’attenzione di tutti i pazienti in corridoio.
Ognuno
lì dentro, e in fondo dentro tutta la città, si chiedeva la stessa
cosa.
«Stiamo
cercando di scoprirlo» David rispose a denti stretti, incrociando le
braccia e guardando
di sfuggita la gente che lo circondava.
«Oh
bene! Siamo al cospetto dei due sceriffi della città e nessuno di voi
ha una
risposta! Cos’è, dobbiamo aspettare una morte prima di intervenire?» il
dottore
era più che irritato e non fece nulla per nasconderlo.
«Calmati
Whale: un po’ di neve non ha mai ucciso nessuno. O sei deluso perché
non potrai
andare al mare a provarci con qualche sirena?» Killian cercò di aiutare
David a
uscire da quelle polemiche, ma la sua battuta ebbe il solo effetto di
far
rumoreggiare la gente attorno a loro.
«Regina
a momenti dovrebbe convocare una riunione cittadina al municipio: lì vi
sarà
comunicato tutto quello che abbiamo scoperto fin ora» Emma uscì dal suo
mutismo
cercando di calmare la gente.
«Ottima
idea far uscire la gente per strada con una tempesta di neve che
incombe!
Davvero geniale! Io non verrò al municipio: credo che sia meglio
rimanere in
ospedale per curare tutti i feriti che la vostra genialità provocherà!
E spero
davvero che siano solo feriti…» nel tono di Whale c’era un lieve
disprezzo.
«Strano,
pensavo che ti piacesse avere a che farei con i cadaveri,
Frankenstein!»
Killian rispose volutamente in maniera provocatoria, ottenendo come
risultato
quello di trovarsi disteso a terra dopo un pugno in pieno viso da parte
di
Whale.
«Farai
meglio a tacere pirata da quattro soldi o io…» Whale alzò il tono di
voce,
agitando il pugno contro Hook, ma venne bloccato da David che lo
allontanò dal
pirata e lo strattonò contro il muro.
«Ora
basta, dottore! Basta, tutti quanti! Credete che farci la guerra tra di
noi
risolverà qualcosa? Cos’è tutto questo gelo? È come se…come se il
freddo
esterno stesse entrando anche dentro di noi..» David si interruppe,
accennando
un mezzo sorriso. Senza volerlo, forse aveva scoperto qualcosa in più.
«Chiunque gela Storybrooke, vuole gelare anche i nostri sentimenti.
Dobbiamo
impedirglielo. E per farlo, bisogna restare uniti e non creare litigi»
guardò
negli occhi, uno per uno, tutte le persone presenti.
Qualcuno
abbassò il viso, altri annuirono, altri scossero la testa in segno di
disapprovazione.
«Quindi
il pericolo è più grave di quanto sembri?» Emma sussurrò, ma la sua
frase, nel
silenzio della sala, sembrò un urlo.
«Ora
più che mai la riunione cittadina è fondamentale. Ma Whale ha ragione:
le
strade non sono sicure. Chiamerò i nani. E i pompieri. E gli uomini di
Robin
Hood. E chiunque altro abbia abbastanza volontà da aiutarci:
sorveglieremo le
strade e scorteremo i cittadini fino al municipio. Tutti dovremmo
essere lì.
Tranne quelli in ospedale: è giusto che siano pronti per curare
qualcuno» David
sospirò, tornando a guardare la gente intorno a lui. Questa volta
nessuno
scuoteva la testa.
«Bene,
allora io vengo con voi. Emma, scegli tu: ci aggreghiamo ai nani o agli
gnomi?»
Killian aveva poca voglia di scherzare, ma si costrinse a farlo.
«Non
verrò con voi. Io resto qui..» Emma non osò guardarlo negli occhi
mentre
pronunciava quelle parole.
«Cosa?
Swan, serve anche la tua presenza in municipio! La gente sarà più
tranquilla
sapendo che la Salvatrice è con loro!» Hook la guardò senza capire,
chiedendosi
perché non volesse seguirlo.
«Nell’altra
stanza c’è l’uomo che stavo per sposare. Ha quasi tentato di uccidermi,
è vero.
Si è trasformato in scimmia volante davanti ai miei occhi. Ma ora noi
sappiamo
che non è stata colpa sua. Zelena ha trasformato in scimmie anche
Little John,
Filippo, Aurora e altra gente innocente. E se anche Walsh fosse
innocente? Ora
sarà confuso e io devo aiutarlo. Glielo devo, Killian» Emma non
aggiunse altro,
sperando che il fidanzato capisse.
«Whale
ha appena detto che Walsh sta bene. Può anche seguirci, ma è meglio che
tu
venga in municipio» Killian pensò che quel compromesso avrebbe fatto
comodo a
tutti.
«Confermo:
quando l’ho lasciato, Walsh era in camera e stava per farsi una doccia.
Mi ha detto
che doveva assolutamente uscire dall’ospedale e io ho acconsentito. È
sano, non
c’è alcun rischio per lui» esclamò Whale.
Prima
che Emma potesse replicare, Walsh si presentò davanti a loro in
corridoio.
«Il
dottore ha ragione: devo assolutamente uscire di qui, Emma!» il suo
tono era
spaventato, confuso, eppure determinato.
«Eccolo
qui: l’uomo scimmia!» Killian sentì l’ira crescergli dentro, ma si
costrinse a
rimanere calmo. Se quello che aveva detto David era vero, se qualcuno
stava
cercando davvero di congelare i sentimenti di tutti per creare un clima
di odio
e di tensione, ogni minima battuta doveva essere soppesata, per non
creare
litigi come quello di prima con Whale.
Si
morse il labbro, sforzandosi di fare un sorriso.
«Ovviamente
scherzavo…Walsh!» esclamò facendo qualche passo verso l’uomo che
avrebbe potuto
sposare Emma e dandogli una pacca sulla spalla.
«Hai
solo detto la verità, pirata con l’eyeliner!» Walsh ricambiò la pacca
sulla
spalla «Ah, ovviamente scherzavo anche io!» aggiunse scrollando le
spalle.
Erano
pari e Killian si fece forza per non sventolargli l’uncino in faccia e
torcergli un braccio.
«Walsh,
mi spiace per tutto quello che è successo. Ho scoperto solo dopo che
Zelena
trasformava gente innocente in Scimmie Volanti. Sono sicura che ha
fatto questo
anche con te…» Emma si avvicinò a entrambi, mettendosi in mezzo e
dividendoli,
forse per non far aumentare quelle battutine fra di loro che, alla
lunga,
rischiavano di trasformarsi in altro.
«Sono
stato il primo ad essere trasformato. Ma me lo sono meritato» l’uomo
sembrò non
dare molto peso a tutto ciò che aveva vissuto.
Emma
si chiese cosa significassero quelle parole, ma con tutti i problemi
che doveva
affrontare, scoprire qualcosa in più sul passato di Walsh era tra i
meno
importanti.
«Non
so chi tu sia veramente, e non ho idea da dove vieni. Ma sappi che qui
in città
stiamo per assistere all’ennesimo disastro, perciò, se hai una casa o
un posto
degno di essere chiamato tale, possiamo aiutarti affinché tu vi faccia
ritorno.
Ma dobbiamo sbrigarci: il pericolo si fa sempre più incombente e se
aspettiamo
ancora, temo che non avrò più il tempo di aiutarti» Emma guardò negli
occhi
l’uomo che aveva amato, l’uomo che le aveva fatto passare giorni
spensierati a
New York e si chiese come sarebbe stato continuare ad averlo al suo
fianco, a
vivere una vita di falsi ricordi ma di emozioni sincere, senza
preoccuparsi di
una città invasa dalla neve in piena estate e della magia che assillava
le loro
vite.
Ma
fu il rimpianto di un attimo: qualche istante dopo si rese conto che
sì, lei
aveva provato emozioni vere, ma Walsh era stato inviato da Zelena e per
tutto
quel tempo aveva finto con lei.
«Emma,
non ho un posto degno di essere chiamato casa! La mia mongolfiera è
precipitata
ad Oz tanto tempo fa, al punto che non so nemmeno se tu fossi nata!
Vengo dal
Kansas, ma da un Kansas che non esiste più! Anche se tornassi lì, non
troverei
più nessuno ad aspettarmi! Quindi non c’è bisogno che ti scomodi a
riaccompagnarmi a casa: resto qui. C’è un solo favore che potresti
farmi:
portarmi da Zelena!».
«Kansas?
Mongolfiera? Tu sei il…il mago di Oz?» David deglutì, guardando
finalmente in
faccia Walsh. Si era messo da parte, lontano da loro, per squadrare
meglio
l’uomo che stava per sposare la sua bambina. Certo, Emma non era più
una
bambina, ma questo non dava il diritto ad una scimmia pelosa di
portargli via
sua figlia!
Sentire
le parole di Walsh gli aveva fatto tirare un sospiro di sollievo: se
non altro
Emma non era davvero stata con una scimmia in tutto quel tempo!
«Il
mago di Oz? Sei davvero tu?» Emma sgranò gli occhi, mentre Killian si
sforzò di
non mostrare tutto il suo stupore.
«Sì,
sono io! È una lunga storia, che al momento non mi va di raccontare.
Portatemi
da Zelena e non vi chiederò altro» Walsh iniziò a spazientirsi.
«Quella
strega voleva distruggerci tutti e tu eri il suo maggiore aiutante.
David potrà
anche essere stupido e portarti da lei, ma cosa ti fa pensare che
abbiamo tutti
la mentalità del nostro principe?» Killian ridacchiò, dando una forte
pacca
sulla spalla al Principe Azzurro che, per tutta risposta, lo spinse via
guardandolo in malo modo.
«Non
cerco Zelena per farvi del male. Non pretendo che mi crediate, ma è la
verità.
Ora, potete anche andare ad occuparvi dei vostri problemi da eroi,
vorrà dire
che cercherò Zelena da solo, come stavo per fare prima che quel dannato
albero
mi cadesse addosso!» il mago fece per andarsene, ma Emma lo bloccò.
«Tu
non andrai via da solo. È pericoloso. E Killian ha ragione: non
sappiamo se
fidarci di te. Per questo motivo ci seguirai, senza fare storie,
altrimenti ti
sbatto in prigione!» lo sguardo della bionda si fece d’un tratto più
determinato ma Walsh, per tutta risposta, si liberò dalla presa facendo
qualche
altro passo.
«Fermati
uomo scimmia! A questo punto credo che tocchi a me dirtelo: non
troverai mai
Zelena. Si è suicidata» Hook incrociò le braccia, parandosi di fronte a
Walsh.
E
il mago, per la prima volta, abbassò lo sguardo perdendo tutta la sua
sicurezza.
«Allora
portatemi davanti alla sua tomba..» sussurrò.
«Walsh…non ha una tomba. Il suo corpo si è
come
smaterializzato. Non so cosa cercassi da lei, non so cosa volessi
dirle, ma…»
Emma venne interrotta.
«Cosa
avrei voluto dirle? Cosa…cosa avrei voluto dirle?» Walsh cercò di
combattere
contro i singhiozzi «Un ti amo che
lei non potrà più ascoltare!».
Un
colpo.
Due
colpi.
Tre,
quattro, cinque.
Il
medaglione spinse, si fece forza per uscire da quel baule che era
diventato la
sua prigione.
E
finalmente ci riuscì.
Il
baule cadde a terra, riempiendo di un rumore sordo i sotterranei della
tomba
della famiglia Mills.
Un
fumo verde riempì la stanza, fumo sprigionato da quello stesso
medaglione.
L’aria
divenne carica di magia, una magia pesante e asfissiante.
Lampi
di verde accarezzarono le pareti, il pavimento, ogni oggetto chiuso in
quella
stanza.
Fumo,
sempre più fumo, sempre più asfissiante.
Finché
il medaglione non esalò l’ultimo sbuffo di verde e tornò ad essere
bianco.
Il
fumo verde sparì, e quando la stanza si liberò di quella magia, Zelena
giaceva
a terra a pochi passi dal baule.
«Sono
viva! Ha funzionato!».
Non
era un tono felice il suo.
Certo,
quando Tremotino si era mosso minaccioso verso di lei per ucciderla,
Zelena
aveva avuto davvero paura di morire.
Ma
ora che era viva, si rese conto che forse avrebbe voluto che quel
dannato
medaglione non avesse svolto il suo dovere.
Aveva
racchiuso in quel medaglione la sua essenza vitale, il suo potere.
E
grazie a quel medaglione era tornata in vita.
Se
Tremotino si fosse limitato a spararla, accoltellarla o ucciderla in
qualunque
altro modo che non coinvolgesse la magia, in quel momento lei non
sarebbe stata
di certo china sul pavimento di quella stanza.
L’incantesimo
era stato potente, era costato dolore e un prezzo alto da pagare, ma a
quanto
pare aveva dato i suoi frutti.
L’incantesimo,
quell’incantesimo secondo il quale se qualcuno avesse tentato di
ucciderla con
la magia, il medaglione l’avrebbe salvata racchiudendo la sua essenza
vitale
dentro di sé e dando al nemico solo la momentanea illusione di esserci
riuscito.
Tremotino
aveva giocato male le sue carte trasformandola in statua: il medaglione
aveva
reagito risucchiando la vita di Zelena prima che fosse il Signore
Oscuro ad
impadronirsene e lasciando nella cella cocci che in realtà non
appartenevano
davvero alla strega.
Era
stato il suo jolly, l’asso nella manica.
E ora che l'aveva
utilizzato, non avrebbe avuto più altre possibilità di sopravvivere ad
un altro
eventuale attacco. Il medaglione funzionava una sola volta: un
risultato misero
rispetto a quello che Zelena aveva dovuto pagare. Aveva rinunciato ad
amare pur
di avere una seconda occasione per vivere. E ora non poteva che
chiedersi se
fosse stata la scelta giusta: quando aveva praticato l'incantesimo sul
suo
medaglione, la malvagia strega dell'Ovest si era detta che Regina,
seppur meno
potente di lei e più vulnerabile, avrebbe anche potuto colpirla con la
sua
magia ed eliminarla prima che lei potesse portare a termine il suo
piano e
viaggiare indietro nel tempo. Perciò occorreva qualcosa che la
salvaguardasse
dalla magia e le desse l'opportunità di avere quella vita che tanto
aveva
desiderato. Scoprire che avrebbe barattato quella seconda occasione con
la
facoltà di poter amare, era stato un duro colpo. In questo modo, pur
compiendo
il suo piano non si sarebbe mai goduta pienamente la vittoria. Non
avrebbe mai potuto
amare sua madre. Non avrebbe mai potuto amare il suo maestro,
Tremotino. Non
avrebbe mai potuto amare nessun altro. Ma in fondo qualcuno aveva mai
amato
lei?
Compiere
l'incantesimo sul medaglione era l'ultima spiaggia in caso di un
eventuale
fallimento, ma non era detto che sarebbe davvero servito.
E invece era
servito.
Zelena avrebbe
dovuto armarsi nuovamente di forza e portare avanti il suo piano.
Sapeva che doveva
farlo.
Ma si sentiva
vuota, come se sapesse che combattere non avrebbe più avuto alcun senso.
Portò il
medaglione al collo, fece un respiro e con un solo schiocco di
dita si ritrovò fuori da quei sotterranei.
E il gelo la
investì.
«Cosa diavolo è
successo in mia assenza?» la sua esclamazione si condensò in aria
fredda,
perdendosi tra la neve che scendeva a fiotti.
E fu allora che la
vide: lunga treccia bionda, vestito bianco, elegante, passo fiero, mani
che
riducevano tutto in ghiaccio.
Zelena aveva
sentito parlare di Elsa quando era ancora a Oz.
Ma capì che la
donna poco distante da lei non era la regina di Arendelle.
«La Regina delle
Nevi!» la frase di Zelena fu quasi un sussurro, ma bastò perché la
donna
misteriosa la ascoltasse e puntasse i suoi gelidi occhi azzurri in
quelli della
strega un tempo verde.
Occhi negli occhi,
mentre la neve scendeva.
Attimi eterni, poi
la donna misteriosa sparì, senza fare nulla.
E Zelena si chiese
come avrebbe dovuto agire.