Appena entrò in casa, Jo
chiuse la porta dietro di sé e fu raggiunta da Tess.
“Miss, i vostri bagagli sono
già pronti e…” cominciò a guardarsi le mani. “Volevo congratularmi con voi per
il vostro matrimonio, se posso permettermi.” Josephine annuì silenziosamente
poi, d’improvviso, si gettò tra le braccia della donna piangendo. Quest’ultima,
sorpresa, la strinse delicatamente a sé e le accarezzò i capelli, mormorandole
parole di conforto pur non sapendo che cosa avesse realmente. L’accompagnò nella
sua bella camera da letto, la fece sedere sul materasso accanto a sé e le
chiese tranquillamente se avesse voglia di parlare di ciò che era successo con
lei. Lei si asciugò gli occhi e li alzò verso la donna.
“Mi
sento tanto sola, Tess,
tanto sola…da quando è partita Liz non ho con chi parlare
e tutto va a rotoli.”
Altre lacrime le rigarono le guance. “Ho accettato di sposare
l’uomo che io
odio per poter partire alla ricerca della mia amica, l’uomo che
io amo non mi
calcolerà mai più e…e…”
singhiozzò. “oh, Tess… non so più cosa
fare!” La
giovane appoggiò la testa sulla spalla della sua ascoltatrice.
“Potete sempre ripensarci.”
Le disse ma l’altra scosse la testa.
“Porterei disonore alla
famiglia e sai com’è fatto mio padre…non gli va mai bene quello che faccio e,
se tornassi indietro, arriverebbe a credere che io non esista. E poi…” Fissò
davanti a sé il vuoto “… non cambierebbe nulla…”
“Spero che il viaggio che
intraprenderete domani vi faccia rinsavire un po’, miss. Non posso vedervi così
abbattuta quando vi ho visto per anni sorridente e felice.”
“Non lo sono più veramente
da molto tempo, Tess.” La donna si alzò e la prese per le spalle.
“Ora fatevi una bella
dormita. Riposatevi che ai bagagli ci ho già pensato io. Toglietevi questo coso
di dosso e restate a letto. Domattina andrà meglio.” L’aiutò a disfarsi dello
scollatissimo vestito e dello scialle, le fece indossare la camicia da notte e
le sistemò le coperte. Poi se ne andò. Quando fu alla porta, Josephine la
chiamò e la ringraziò. Con un sorriso, Tess andò a finire di preparare i
bagagli.
La mattina dopo, Josephine
venne svegliata all’alba dal profumo di una buona cioccolata calda portatale a
letto dalla fedele aiutante; mentre questa portava i bagagli alla carrozza, la
ragazza mangiò e indossò il vestito più semplice e meno scomodo che avesse.
“Nei bagagli vi ho messo
tutti vestiti comodi, alcuni pesanti e altri leggeri, qualche giacca e degli
scialle. Poi ci sono una spazzola, qualcosa per truccarvi e altri accessori.”
“Grazie mille, Tess.”
L’abbracciò stretta sotto le occhiate di disapprovazione del padre e uscì
all’aria fredda del mattino. Non si era riposata molto: durante la notte si era
svegliata di continuo a causa di incubi. Arrivata al porto, fu accolta da
Beckett con un grande abbraccio davanti ad un enorme veliero chiamato Endeavor.
“Buongiorno cara. Vi siete
riposata abbastanza?” domandò. Lei annuì sorridendo leggermente. Compiaciuto,
l’uomo salutò il padre della ragazza e li accompagnò nella cabina dove lei
sarebbe rimasta durante il viaggio, mostrandogli nel frattempo l’intera nave da
poppa a prua. Arrivati alla cabina, Theodore Allen espresse nuovamente la sua
approvazione per il matrimonio dei due, che sarebbe stato celebrato appena
sarebbero tornati dal viaggio. La lasciarono sola mentre discutevano i
particolari: lei si sistemò guardando la grande cabina dove avrebbe passato le
sue notti in mare per l’ennesima volta. Si sedette sul letto e si guardò
intorno: l’armadio, il comodino, la grande finestra che dava sul mare, tutto
era superfluo per l’animo abbattuto della ragazza; non aveva ancora visto
l’ammiraglio Norrington e non ci teneva nemmeno più: dalla sera prima, sperava
di non incontrarlo mai più, ma la cosa era praticamente impossibile vista la
sua presenza a bordo di quella nave. Dopo essersi sistemata, uscì sul ponte, si
affacciò e guardò il mare blu che si estendeva davanti al suo sguardo: portò lo
sguardo alla poppa della nave e si promise di farci un salto per assicurarsi di
poterla usare come luogo di riflessione solitaria; poi una voce attirò la sua
attenzione: l’ammiraglio stava seguendo lord Beckett verso un tavolino ingombro
di carte navali mentre gli spiegava il percorso. Non si voltò a guardarla, ma
lei era sicura che sapesse della sua presenza a pochi passi da lui.
- Sarà molto difficile. Non
ci parleremo più per un po’, forse per sempre… ma, in fondo, è meglio così. -
pensò tristemente voltandosi di nuovo ad osservare il mare increspato. Qualcuno
la affiancò.
“Buongiorno, miss Allen.” La
salutò il governatore. La ragazza si voltò a guardarlo sorridendo: finalmente
una faccia amica.
“Chiamatemi Josephine,
governatore, vi prego.”
“Avete ragione, Josephine.”
Rispose lui.
“Grazie. Come state?” si
informò lei. Lui scosse la testa.
“Niente bene. Ultimamente
sono un po’ debole: colpa delle notti in bianco. Non chiudo occhio da tempo.”
“Dovreste, governatore.” lo
rimproverò gentilmente la ragazza. Alzò gli occhi al cielo.
“Anche il comm…l’ammiraglio
Norrington me lo ha consigliato, ma non riesco a prendere sonno.” Si sporse
dalla balaustra e guardò il sole quasi completamente sorto. “Sono molto
agitato, Josephine. Da quando è arrivato quell’uomo…” la guardò, i suoi occhi
stanchi sembravano chiedere scusa. La ragazza scosse la testa e lo pregò di
continuare.
“Diciamo che il nostro
matrimonio è per interessi, non certo per amore, governatore.” l’uomo sorrise
sollevato.
“Ne sono felice, Josephine.”
Poi tornò serio e stanco. “Sono vecchio. Vecchio e stanco. Per due volte ho
perso mia figlia e penso che non la rivedrò più, questa volta. Voglio riposare
e non pensare più a tutto questo, mai più.” Josephine lo guardò: quel vecchio
governatore le faceva tanta compassione in quel momento e avrebbe tanto voluto
consolarlo, come avrebbe fatto una figlia col padre afflitto.
“Posso…” domandò
timidamente. Lui la guardò stancamente. “Posso a-abbracciarvi?” arrossì di
colpo mentre il governatore la guardava meravigliato per una richiesta che
ormai non sentiva da molto tempo da parte di sua figlia. Poi sorrise dolcemente
e allargò le braccia. Josephine si avvicinò lentamente e lo abbracciò: il
governatore era stato come un secondo padre, molte volte, e gli voleva un gran
bene. L’uomo ricambiò la stretta delicatamente, quasi avesse paura di romperla.
Alla ragazza mancavano tanto quelle strette, quegli abbracci che solo suo padre
pensava sapesse dargli; ma, ora che suo padre non la considerava nemmeno più,
aveva scoperto che qualcun altro sapeva abbracciarla in modo simile, un animo
gentile quanto quello di suo padre un po’ di anni prima.
Rimasero abbracciati per un po’, poi Josephine
si separò dall’uomo e notò che questo aveva gli occhi lucidi.
“Grazie, Josephine.” Mormorò
asciugandosi gli occhi poi si allontanò e si riparò in coperta. La ragazza
rimase a fissare il punto dov’era scomparso, desiderando ardentemente che suo
padre facesse in quel preciso momento quello che qualcun altro aveva fatto ad
una figlia non sua. Erano due anime impoverite e abbandonate a se stesse, le
loro, e in quell’istante avevano riempito l’uno il vuoto dell’altro, l’uno
aveva placato le tristezze dell’altro. Due uomini, dal ponte di comando,
avevano osservato la scena: Beckett e Norrington stavano uno ad una certa
distanza dall’altro e guardavano nella stessa direzione. Beckett sorrise al
vedere la sua amata sorridere veramente per una volta. Norrington, invece,
fissava con occhi spenti la scena, augurandosi con tutto il cuore che Josephine
fosse felice per il resto della sua vita. Aveva una strana impressione in
quegli ultimi giorni: sentiva dentro di sé che non gli sarebbe rimasto molto da
vivere e che quel poco avrebbe dovuto sfruttarlo nel migliore dei modi. Già. Ma
quale? Si domandava incessantemente. Beckett si accorse che l’ammiraglio
guardava nella sua stessa direzione.
“Ammiraglio, spero che la
presenza di miss Allen a bordo non sia un problema per voi.” Mormorò. L’altro
distolse gli occhi da Josephine.
“Alcun problema, signore.” Rispose seriamente. “Ho avuto il piacere di averla a bordo qualche tempo fa ed è stata indispensabile per la nostra missione. Anzi, volevo ancora una volta congratularmi con voi per il vostro imminente matrimonio.” Di nuovo sentì qualcosa di strano nel petto, ma non ci badò. Beckett ringraziò, poi si voltò e sparì. Con un’ultima occhiata alla ragazza, anche l’ammiraglio si allontanò.
Ciao a tutti!!!! Finalmente sono riuscita a postare un altro capitolo: la dannatissima scuola è cominciata per nostra disgrazia, per me ultimo anno di liceo (l'incubo tesina già mi assilla) e nella mia settimana il tempo libero è pari allo 0% dei 7 giorni... c'è da spararsi... a parte ciò, spero che voi stiate bene e che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento.
Il solito grazie a coloro che hanno recensito e a quelli che hanno solo letto con l'augurio che continuiate a seguirmi fino alla fine per quanto possibile.
LadyElizabeth: mi sa che perchè James agisca devi aspettare ancora un po' di tempo... per ora l'unica cosa che fa è guardarla di soppiatto, ma arriverà anche il momento in cui agirà anche ^.^
QueenLilly: ciao Sofia!!!! ahahahahah!!!! Guarda che i tuoi commenti non sono mica assurdi, anzi!!! Comunque diciamo piuttosto che Becketto è più viscido che fetido, trovo che sia l'aggettivo più appropriato... e se vuoi sparare entra a far parte el mio plotone di esecuzione, è quasi pronto XP Salutami il centurione e vedi di aggiornare se non vuoi che il mio plotone guarda caso te lo ritrovi sotto casa tua una mattina... muahahaha!!!
Ci vediamo nel prossimo capitolo!!! Ciao a tutti!!! Besos