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Autore: Placebogirl_Black Stones    02/09/2014    7 recensioni
Nami, figlia di un noto politico e ribelle nata, in continuo conflitto con il padre.
Tashigi, ragazza per bene che scopre il suo lato più sexy e lo usa per sfuggire alle regole.
Boa, giovane pop star egocentrica che nasconde una solitudine incolmabile.
Tre ragazze che si ritrovano alle prese con i problemi della loro età, costrette a passare sei mesi in un istituto di rieducazione. Lì scopriranno che dentro ogni bambina cattiva, c'è una brava ragazza....
- Ispirato all'omonima telenovela colombiana -
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Boa Hancock, Nami, Tashiji, Un po' tutti | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Appoggiata con gli avambracci sul davanzale della finestra del suo camerino, il mento posto su di essi a sorreggere la testa stanca, osservava la folla di fan che si era radunata sotto lo studio di riprese, ovviamente consapevoli del fatto che vi fosse lei.

La acclamavano a gran voce, protendendo le braccia verso la sua figura, nel desiderio di toccarla.

Era questo che si provava ad essere delle semplici persone sconosciute?

Davvero ai loro occhi la gente come lei appariva irraggiungibile alla stregua di divinità supreme?

La devozione e “l’amore” che le dimostravano avrebbero dovuto farla sentire orgogliosa e benvoluta.

Ma quello non era vero amore…

Come potevano amare qualcuno che avevano visto solo sulle copertine delle riviste di gossip e musica?

La verità è che loro amavano l’idea che si erano fatti di lei.

Amavano Boa la pop star e non Boa la ragazza che desiderava una vita normale.

È difficile vedere oltre quando si è accecati dalla bellezza che il mondo dello spettacolo riflette negli occhi della gente, e lei ne era l’esempio lampante.

 

- Facciamo terapia da tre anni ormai, e mi è rimasta solo una domanda da farti. C’è qualcuno che ti ama, Boa?-

 

Non sapeva se odiare o essere grata al suo psicanalista, a volte aveva come l’impressione che nel tentativo di salvarla non facesse altro che spingerla ancora più a fondo nel baratro nel quale stava precipitando.

Lui la metteva davanti alla cruda verità che tanto cercava di evitare.

In fondo era proprio questo il suo lavoro: scavare nella psiche umana, estrarre quello che la gente nascondeva di proposito per non doverlo affrontare.

Quella domanda era la più difficile di tutte, perché la risposta era orribile.

Nessuno la amava davvero.

Sua madre amava i soldi che le permetteva di fare, i suoi fan amavano l’immagine che dava di se stessa.

E Boa?

Chi amava Boa?

Nessuno.

Gli occhiali scuri che indossava in quel momento impedirono al mondo di vedere le lacrime che iniziavano a scendere silenziose.

Eppure, in quelle lacrime si nascondeva un grido assordante.

 

- C’è qualcuno che ti ama?- insistette Shanks.

 

Di nuovo nessuna risposta.

Erano parole troppo pesanti per la sua bocca.

 

- Levati gli occhiali e guardami negli occhi-

 

Dannato strizzacervelli!

Se lei era testarda, lui lo era anche di più.

Non avrebbe mollato fino a quando non avrebbe ottenuto quello che voleva.

Ci teneva tanto ad umiliarla?!

Era così importante per lui sapere che nessuno la amava?!

Come se non lo avesse già capito da solo!

La rabbia crebbe, unita al dolore, dando vita ad un mix amaro e potente come un veleno.

Con un gesto di stizza, si levò gli occhiali da sole, gettandoli sulla folla strepitante, che subito non perse occasione di accalcarsi e spintonarsi nella speranza di afferrare quell’oggetto considerato come una santa reliquia.

 

- Va bene così?!- si voltò verso di lui, mostrando i suoi occhi azzurri colmi di lacrime, le cui tracce erano ancora visibili sulle sue guance.

 

Stavolta fu Shanks a concedersi un lungo silenzio, rotto solo dalle grida al di fuori della finestra.

Annotò con precisione qualcosa sul suo taccuino, probabilmente impressioni che si era fatto scrutandola in volto.

Di sicuro il suo giudizio non sarebbe stato positivo.

Esausta per quell’interrogatorio, tornò ad appoggiare la testa sopra le braccia, facendo uscire nuove lacrime.

 

 

…………….

 

 

Ormai era uscito dal camerino da quasi dieci minuti.

Poteva sentire la sua voce appena al di fuori della porta, seguita da quella di sua madre.

Stavano avendo una discussione abbastanza sostenuta, poiché nessuno dei due voleva cedere la ragione all’altro.

Desiderosa di sapere, si alzò dal divano sul quale era seduta, andando verso la porta e appoggiando l’orecchio su di essa per origliare la conversazione.

In fondo era di lei che si parlava, quindi aveva tutto il diritto di sapere.

Chissà se Shanks sarebbe riuscito a far capire a sua madre quello che lei non gli aveva mai confessato in diciotto anni…

Ma sapeva che sua madre era fredda, troppo fredda per preoccuparsi dei sentimenti.

Il lavoro, la carriera, i soldi: questo era l’essenziale per lei.

 

- Mia figlia deve assolutamente proseguire questo spot. Molte persone dipendono da lei- la sentì affermare con decisione, come a voler intimare che non si poteva discutere sulla questione.

- E lei? Lei da chi può dipendere?- replicò Shanks.

- Ti ho chiamato perché facessi capire a mia figlia i suoi obblighi. La conosco perfettamente, so che è solo una ragazzina viziata che sta facendo tutto questo per avere attenzioni!-

- Non sono affatto capricci. È sotto pressione, oltre i limiti del consentito, e ha bisogno di finirla adesso con tutto questo, perché potrebbe seriamente peggiorare- parlò con calma, che al tempo stesso lasciava trapelare preoccupazione.

- Smettere?! Come puoi anche solo pensare che possiamo fermarci?! Abbiamo un tour nazionale davanti! Stiamo per lanciare un disco! Boa deve continuare!- sottolineò quella parola, per rendere meglio l’idea dell’obbligo.

 

A quel punto non le interessava nemmeno restare ad ascoltare il resto della conversazione.

Era la prova che nessuno la amava.

A sua madre non importava quanto stesse male, quanto fosse grave la sua situazione.

Per lei doveva essere solo una macchina in grado di lavorare ventiquattr’ore su ventiquattro senza mai avvertire stanchezza, obbedendo agli ordini senza mai fiatare.

 Non sapeva perché le faceva così male, d’altra parte era qualcosa che dentro di lei aveva sempre saputo.

Sentirglielo dire così apertamente, però, era stato straziante.

Anche i milioni guadagnati in dodici anni non servivano a compensare la mancanza di amore materno.

Ormai comprarsi vestiti e accessori costosi non riusciva più colmare quel vuoto che si faceva sempre più profondo, come una voragine senza fine.

Era sull’orlo del collasso.

 

- BOA! BOA! BOA!-

 

Quando l’avrebbero fatta finita quei maledetti stalker sotto la finestra?!

Le facevano salire ancora di più i nervi a fior di pelle con i loro schiamazzi!

Erano solo capaci di chiamarla a gran voce, ma nessuno di loro la aiutava ad uscire da quell’inferno.

Nessuno di loro vedeva la sofferenza che stava al di là dei bei sorrisi da copertina.

Quando lei avrebbe abbandonato lo studio, loro se ne sarebbero tornati belli e contenti nelle loro case, a mangiare pranzi ricchi di grassi e a fare tutto quello che volevano.

E lei?

Lei avrebbe continuato a spiluccare cibi dietetici dal sapore disgustoso, fra un set fotografico e l’altro, passando per intere giornate chiusa dentro la sala prove di una casa discografica.

Il successo equivaleva a una prigione.

Stancamente, si trascinò nuovamente fino al divano, lasciandosi cadere sopra di esso e scoppiando in singhiozzi, con la testa fra le mani.

 

- Boa? Boa te lo chiedo per favore: esci così possiamo finire presto questo dannato spot, ok?-

 

La voce di sua madre fuori dalla porta.

Evidentemente Shanks aveva avuto la peggio, come sempre.

Non esisteva via d’uscita alla sua condanna.

Mossa da una rabbia che era più forte del dolore stesso, si passò nervosamente una mano fra i capelli, digrignando i denti e alzandosi in piedi di scatto, muovendo passi veloci verso la porta e aprendola con uno scatto fulmineo.

 

- CHE VUOI MAMMA?!?! SONO STUFA DI ASCOLTARTI!!!- gli sbottò in faccia, tornando poi a rannicchiarsi sul divano con la testa fra le mani.

- Smettila di essere così testarda. Siamo tutti stanchi dei tuoi capricci- la rimproverò, sedendosi su una sedia a pochi passi da lei.

- SONO IO A ESSERE STANCA DI TUTTI!!!- gesticolò con fervore, mentre le parole uscivano rabbiose come un fiume in piena - SONO STANCA DI TE, MAMMA!!! HO FAME!!! MANGIO SOLO TONNO DA ANNI!!!-

- Baby…devi capire che questa è la vita di un’artista- parlò con tono dolce, nel tentativo di indorarle la pillola.

- Ma io non ho una vita, ho solo una carriera, mamma!!!- abbassò di poco i toni, con la voce rotta dal pianto.

- Ascolta…Finiamo di girare quello spot e poi andiamo a casa, ok?- si avvicinò a lei, posandole una mano sulla spalla.

- NO, NO, NO!!! NON TOCCARMI!!!- si alzò di scatto, respingendo la mano e allontanandosi.

 

Non rispondeva più di sé.

La rabbia e la disperazione si erano unite in un mix letale.

Tutto le sembrava un’enorme bugia dalla quale era impossibile uscire con le proprie forze.

Tutto quello che usciva dalla bocca di sua madre non era altro che un vano tentativo di farle nuovamente fare ciò che voleva.

Non sarebbe caduta di nuovo nella sua trappola.

 

- Sei troppo nervosa tesoro…- cercò di nuovo di assumere un tono sdolcinato che non le si addiceva per niente - Se vuoi possiamo mangiare un gelato alla vaniglia con i brownies. Rilassati tesoro, vieni qui…- tese le mani nel tentativo di abbracciarla.

- TI HO DETTO DI NON TOCCARMI!!!- sbraitò, spingendola ripetutamente indietro con forza.

 

Fu un attimo, una frazione di secondo.

Quegli stessi tacchi alti che si ostinava a far portare anche a lei da anni furono la sua rovina.

Non si rese nemmeno conto di come accadde, forse era scivolata, forse aveva inciampato nella gamba del basso tavolino al centro della stanza.

Quando un barlume di lucidità riprese posto nella sua mente, trovò la madre a terra priva di sensi.

Era sdraiata lì, con gli occhi chiusi e la bocca semiaperta, il corpo che non dava cenni di movimento.

Restò a fissarla per qualche secondo, incapace di reagire.

La rabbia di poco prima aveva lasciato spazio alla paura.

 

- Mamma…? Stai bene…? Andiamo a fare lo spot…Mamma?! Mamma?!?!- provò a scuoterla leggermente più e più volte, senza risultato.

 

Le mani iniziarono a tremarle, la fronte si imperlava di sudore.

Forse il gesto che aveva commesso era anche peggio di tutto ciò che le aveva fatto sua madre.

 

- Oddio…l’ho uccisa…!- sussurrò, come a non voler far sentire nemmeno alle pareti il crimine di cui si era macchiata.

 

Se qualcuno l’avesse scoperta, non sarebbe finita solo la sua carriera, ma anche la vita che doveva ancora cominciare.

Anche se non c’erano prove che l’avesse spinta lei, anche se avrebbe potuto raccontare che Domino era scivolata da sola a causa dei tacchi, il senso di colpa la perseguitava come un fantasma nell’ombra.

Inoltre, la sua mente era sotto uno shock troppo profondo per architettare un piano che stesse in piedi.

Le restava un’unica cosa da fare.

Lesta, si avvicinò alla porta in punta di piedi, aprendola e richiudendola subito dopo, per non permettere a nessuno di vedere all’interno del camerino.

Accertatasi che nessuno la stesse osservando, si dileguò in silenzio lungo il corridoio.

 

 

 ANGOLO DELL’AUTORE

Non credevo di finire così presto il capitolo, forse è un po’ corto ma la prossima parte preferisco tenerla a sé. Mi piace chiudere con questo colpo di scena! Voi che ne pensate? Domino sarà morta per davvero? E Boa cosa farà adesso? Spero che questa storia continui a piacervi, so che ci si sta mettendo una vita per arrivare nel centro di recupero ma prima è necessario delineare i profili di queste tre ragazzacce, per poi comprenderne gli atti futuri. Inoltre sto seguendo alla lettera gli episodi della telenovela, perciò prendetevela con gli autori! XD
Grazie a tutti quelli che stanno supportando questa fic nonostante sia così insolita!
Il prossimo sarà su Tashigi che vedo piace proprio a tutti! ;P
Baci
Place



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