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Autore: _Carrotscupcake_    03/09/2014    4 recensioni
Sono John Watson e oggi risolvo casi con il mio migliore amico e marito Sherlock Holmes. Sherlock è un genio, un vero e proprio genio, l'ho visto risolvere i quesiti più assurdi in meno di un minuto, davanti ai miei occhi. Ho deciso di scrivere questo blog affinché tutti possano apprezzare la sua intelligenza quanto l'ho sempre apprezzata io, e amarlo, anche se sembra impossibile dato che al mondo non esiste una testa di cazzo più insopportabile di lui. Questa storia parla del nostro primo caso assieme e di come, lentamente, ha fatto sì che lo amassi, e aveva solo diciassette anni.
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dal blog di John Watson: Ceniamo assieme?

 
A pranzo Sherlock decise di non mangiare, nonostante le mie preghiere, e alle 22:30 era ancora nella stessa posizione sul divano, e non aveva detto una parola tutto il giorno, escluso quelle che gli erano servite per rifiutare il mio cibo o dirmi di fare meno rumore con i tasti del computer, perché lo distraevo.
<< E’ venerdì sera Sherlock, io esco con i miei amici dell’università. >> lo dovetti ripetere tre volte prima che lui mi sentisse.
<< Se ti preparassi qualcosa da mangiare, prima, la mangeresti? >> chiesi speranzoso, ottenendo come risposta nient’altro che un secco e disinteressato no.
<< Sai una cosa? Perché non vieni con me..? >> non era esattamente una buona idea, ero sicuro che non sarebbe piaciuto molto ai ragazzi dell’università, sarebbero bastate due deduzioni su quello che avevano fatto il giorno prima o su di che razza fosse il loro cane e lo avrebbero giudicato presuntuoso e gradasso. Non a torto ovviamente, ma io riuscivo a sopportare quelle cose in Sherlock, mentre gli altri sembravano non accorgersi delle qualità che aveva a dispetto degli insormontabili difetti che erano lampanti. Comunque avrei fatto di tutto per farlo alzare da quel divano e farlo smettere di scervellarsi.
<< Cosa? >> disse lui, alzando la testa solo per guardarmi.
<< Ho detto: perché non vieni con me. >> ripetei.
<< Con i tuoi amici dell’università? >> commentò lui, sarcastico.
<< Perché no? >>
<< Non gli piacerei. >> disse lui.
<< Non è vero, loro.. >>
<< Risparmiatelo. Non piaccio mai a le persone… Tranne a te, chissà perché. >>
<< Non ho mai detto che mi piaci. >> dissi io. << Però sì, ovvio che mi piaci. E piaceresti a tutti se solo cercassi di essere meno saccente, perché l’intelligenza è affascinante e interessante e molto attraente. >>
<< Stai dicendo che mi trovi attraente. >> non era una domanda, ma una semplice costatazione.
<< No. >> mi corressi, spiegandomi meglio. << Sto dicendo che potresti risultare molto attraente a molte persone se solo non fossi così saccente. >>
<< Comunque non uscirei con i tuoi amici, John. >>
<< Perché? >> chiesi esasperato.
<< Perché non mi piacciono le persone.. Tranne te, chissà perché. >> disse lui.
<< Beh allora andiamo da qualche parte io e te, per una volta non uscirò con i miei amici. >>
<< Non oggi John, devo pensare. >>
A quel punto spostai le sue gambe per farmi spazio in un angolino del divano, e attirai la sua attenzione finché non smise di fissare il vuoto e decise di guardare me. Ero molto serio, e il mio sguardo era preoccupato. Il suo invece era annoiato, come quello di un ragazzo prima di ricevere una ramanzina, e teso, come se lo stessi trattenendo da qualcosa di importantissimo. Ma decise di non distogliere i suoi occhi dai miei, decise di starmi ad ascoltare.
<< Sentimi bene Sherlock. >> iniziai. << So bene che ti ho messo io in testa la storia dell’investigazione e del salvare degli innocenti, ma era un’idea stupida. Lo so che ti senti deluso da te stesso perché non riesci a trovare un punto di partenza per l’indagine, ma non c’è nulla Sherlock. Se ci fosse qualcosa tu l’avresti trovata, perché tu sei il ragazzo più intelligente che conosco. E sarei pronto a giurarlo, qui e ora, scommettendo la mia vita su di te. Datti solo una sera di tregua e poi non ti impedirò di stare ancora a pensarci, ma soltanto una sola sera. Per favore, per me. >>


Portai Sherlock a Piccadilly Circus da Rain Forest, poteva sembrare infantile, ma amavo quel posto. I miei genitori ci portavano me ed Harry quando eravamo piccoli e io avevo continuato ad andarci, tanto che ormai mi conoscevano tutti i camerieri.
<< Rain Forest? >> commentò sarcastico Sherlock.
<< Senti, fai quello che vuoi, ma evita di uccidere la mia infanzia, d’accordo? >> gli dissi io nell’entrare. L’entrata principale era lo shop del negozio, c’erano mille pupazzi di tutti gli animali pensabili, e uno stagno finto con un coccodrillo robot che apriva e chiudeva la bocca, i bambini erano sempre spaventati a morte quando lo vedevano, quando eravamo piccoli Harry piangeva e io la prendevo in giro.
Superando lo shop c’era un banchetto con un cameriere, di solito a quell’ora era Josh, mi avvicinai.
<< Buonasera. >> dissi rivolgendogli un grande sorriso.
<< Ciao John, come ti possiamo essere utili oggi? >> ripose lui, riconoscendomi.
<< Un tavolo per due. >>
<< Non avevo dubbi. >> ridacchiò lui. << Ti do il solito, quello sotto al cielo stellato? >>
<< Oh no lascia stare, uno qualsiasi va bene. Oggi sono con un amico. >> commentai.
<< Un.. Amico? >> disse lui un po’ perplesso.
<< Viviamo insieme. >> spiegò Sherlock che era comparso dal nulla alla mie spalle. A volte aveva questa strana abilità di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, mi chiesi se lo facesse apposta.
<< Oh, beh.. Il cielo stellato ve lo do comunque, non si sa mai. >> Josh mi fece uno di quei sorrisi delle persone che hanno capito tutto, ma in realtà non aveva capito proprio niente, mi sentii subito scocciato e imbarazzato, e quasi mi pentii di aver chiesto a Sherlock di andare da qualche parte quella sera. Avremmo potuto semplicemente ordinare qualcosa da mangiare.
<< Noi non siamo… Noi siamo… >> iniziai a spiegare a Josh la situazione, ma non era facile.
<< Puoi trovare il tavolo da solo. >> mi interruppe lui, facendomi un incredibilmente fastidioso occhiolino.
Mi rassegnai e guidai Sherlock al tavolo dove solitamente andavo quando avevo appuntamento con qualche ragazza. Rain Forest è un pub il cui interno è arredato come ci si trovasse in una foresta tropicale, anche il clima è abbastanza umido, ci sono cascate, alberi, e animali robot di ogni genere che si muovono, è meraviglioso, ti sembra quasi di entrare in un altro mondo.
<< Sai che tutti questi animali non sono veri, John? >>
<< Zitto e usa l’immaginazione. >> commentai, infastidito.
<< Te l’hanno detto che babbo Natale non esiste? >> mi fece ridere, e mi tornò il buon umore.
Il cielo stellato era la parte più tranquilla del pub, per arrivarci si doveva attraversare un piccolo ponte che superava un ruscello, era un ponte arcuato tipo quello dei balli di principesse nelle favole, di solito quando ci andavo con una ragazza la tenevo per mano mentre attraversavamo, e questo le faceva impazzire. Mi venne da ridere all’idea di farlo con Sherlock, ma nello stesso tempo fui disturbato da quello che avrebbe pensato la gente, e presi in considerazione l’idea di prendere un altro tavolo casuale, anche se ormai Josh aveva segnato che eravamo seduti lì. Comunque rinunciai e feci sedere Sherlock al mio solito tavolo, lui guardò su e sorrise. Sembrava felice, ma non felice come quando Greg lo aveva chiamato per un caso, non euforico, sembrava felice in una maniera più tranquilla, ed era assurdo pensarlo di proprio di lui, ma sembrava spensierato. Mi venne spontaneo di sorridergli con tenerezza, alla fine ero felice anche io che avesse accettato di uscire da Baker Street e smettere ti tormentarsi una sera, ero felice di essere una di quelle poche persone, o forse anche l’unica, che aveva il privilegio di poterlo mettere di buon umore.
<< Mi piace questo cielo. >> confessò.
<< Ah, ora la smetti di disdegnare Rain Forest, eh? >> gli dissi, e lui mi sorrise.
Anche sotto mia forte insistenza, Sherlock rifiutò di mangiare, ma io presi le costolette di agnello e un buonissimo frappè di frutta. Mi imbarazzava un po’ che lui mi stesse a guardare me che mangiavo, mentre rimaneva digiuno, ma a lui non sembrava dar fastidio, quindi dopo un po’ me ne dimenticai.
<< Allora, spiegami. >> gli chiesi.
<< Cosa per l’esattezza? >>
<< Come pensi.. >> dissi. << Ti ho osservato oggi, sei stato tutto il giorno sul divano con gli occhi sbarrati e le mani congiunte. Come fai a mantenere la concentrazione per così tanto tempo? Non ti capita mai di iniziare a fantasticare? >> precisai poi.
<< Non stavo esattamente pensando, io stavo esplorando la mia memoria. >> disse lui, lasciandomi un po’ confuso. << Ho una sorta di palazzo mentale dove conservo tutte le informazioni che ricevo che mi sembrano rilevanti, così ogni volta che ne ho bisogno entro nel mio palazzo mentale e le ritrovo. >> aggiunse poi, notando il mio sguardo interrogativo.
<< Affascinante. >> commentai.
<< Affascinante, interessante e molto attraente, per la precisione. >> mi prese in giro, ripetendo le mie parole.
<< Anche le parole che dico io le conservi in questo palazzo? >>
<< No, alcune cose le memorizzo e basta. >> rispose lui, sorridendo.
<< Oh, e questo posto dove conservi i ricordi potrebbe essere qualsiasi posto al mondo? O deve essere per forza un palazzo? >> chiesi, sempre più incuriosito.
<< No, potrebbe essere qualsiasi cosa. Un archivio, una casa, una stanza, come vuoi.. >> spiegò lui.
<< Figo. Potrebbe essere anche il nostro appartamento a Baker Street. >> proposi io.
<< No, se fosse il 221b, allora ci saresti tu. >> 
<< Beh, sarebbe troppo figo essere nella tua mente.. Probabilmente mi ci perderei, però. >> commentai, e lui rise.
<< Non potresti esserci, mi distrarresti. >>
<< Starei zitto e muto senza nemmeno respirare, immagino che il me della tua mente potrebbe farlo. >> dissi io.
<< Mi distrarresti comunque. >> replicò.
Una volta finito di mangiare, praticamente costrinsi senza pietà Sherlock a prendere un dolce, con lui era anche peggio di quando ci andavo con quelle ragazze fissate con la dieta che prendevano solo un’insalata, è proprio frustrante mangiare di gusto quando c’è una persona davanti a te che ti guarda mentre resta digiuno. Alla fine, dopo una serie di storie infinite, non so come riuscii a convincerlo, e prendemmo il vulcano: una dolce montagna di cioccolata che una volta portata in tavola e veniva accesa e rilasciava scintille e una meravigliosa cascata di cioccolata calda.
Sherlock mi spiegò le reazioni chimiche che rendevano tutto possibile, e mi sembrò strano che una cosa che mi era sembrata così esaltante e quasi magica una volta, fosse in realtà così semplice, e frutto di schematici passaggi che erano sempre gli stessi, sembrava quasi banale spiegato in questo modo.
<< Così distruggi la magia.. >> commentai.
<< Beh no, John. La chimica è quasi come una magia, solo che razionalmente spiegabile. >> replicò lui. << Non ti sembra più interessante questo vulcano, adesso che sai come funziona? >>
<< No, mi sembra meno misterioso.. Più banale. >>
<< Allora tutto ti sembrerà banale, perché tutto è chimica. Anche l’amore, per esempio, lo è. >> affermò.
<< Ti sbagli Sherlock, l’amore è molto di più di questo, e non è razionalmente spiegabile. >> 
<< So riconoscere quando qualcuno è innamorato facilmente. >> disse lui con un tono un po’ freddo. << Il battito accelera, le pupille si dilatano, al tocco la pelle reagisce. Tutto il corpo reagisce all’amore, John. Non è altro che chimica. >>
<< Ok, sì questo è vero. Ma sono sicuro che non sapresti riconoscere tutti questi segni su di te, se fossi innamorato. Altrimenti sarebbe così facile: incontri una persona, sai che la ami, sai che lei ama te e per sempre felici e contenti. Invece no, ci sono tanti amori infelici e occasioni sprecate. Ci sono persone che non hanno la capacità di comprendere o ammettere i propri sentimenti. >>
<< I sentimenti. >> disse lui in tono sprezzante. << Sono solo un difetto della chimica. >>
<< Se fosse solo chimica, Sherlock. Allora com’è che funziona? Perché mi innamoro di una persona e non di un’altra? Sai spiegarmelo questo? >> dissi io, che ormai ero completamente preso dalla discussione.
Sherlock mi guardò in maniera strana, sembrò intensa e anche un po’ triste, quasi potevo vedere i suoi occhi scurirsi, alla luce delle finte stelle sopra di noi. Per un momento tacque, e continuò a guardarmi, come se stesse cercando la risposta alla mia domanda dentro di me, il suo sguardo stava diventando difficile da sostenere, ma nello stesso tempo ero troppo curioso per distogliere il mio.
<< No, non so spiegarlo. >> ammise poi, abbassando lo sguardo. << Non ho idea di come spiegarlo, John. >>

Note dell'autore: Ok, ricordate per un secondo che NON sono John Watson (anche se devo dire che mi fanno impazzire quelle recensioni in cui mi chiamate Dottor Watson, vi amo per questo!). Voglio solo dirvi che so che è il capitolo è molto corto, ma era tutto così estremamente e schifosamente romantico che volevo interrompere le cose qui. Spero che vi sia piaciuto, perché a me, onestamente è piaciuto da morire awwwww GAYYYYY! Ok, stop. Un'ultima cosa: se viaggiate andate da Rain Forest, è un pub che esiste davvero in varie capitali, ed è meraviglioso,  ne vale la pena!!! (pubblicità non molto occulta). Ok, ora dimenticate che non sono John! Devo andare, io e Sherlock lavoriamo ad un caso importante, spero tanto che il blog vi piaccia e scrivetemi!! 

   
 
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