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Autore: Jade_Echelon    04/09/2014    0 recensioni
Tratto dal 3° capitolo:
“Non pensavo suonassi.” Una splendida voce mi trascinò fuori dai miei pensieri, riportandomi brutalmente alla realtà.
Riaprì gli occhi, che si erano riempiti di lacrime, quando mi accorsi che Jared era appoggiato al muro, mi guardava incredulo.
Me li asciugai velocemente, e rimisi subito la chitarra al suo posto.
“S-scusa. Mi dispiace, veramente.” La mia voce uscì quasi come un soffio. “È che era da così tanto tempo che non suonavo. Non sono riuscita a resistere.” Confessai con un mezzo sorriso.
Lui intanto mi si era avvicinato e quel profumo tanto dolce mi annebbiò i sensi. “Stai bene?” mi chiese. Sembrava veramente preoccupato. Gli sorrisi. “Si, certo.”
“Sei brava.” Osservò.
[...]
Si fermò, e mi guardò, anche lui con gli occhi lucidi.
“Gli eventi improvvisi ci coglieranno sempre impreparati. Possono causarci dolore, ma ci insegnano anche a sopravvivergli.”
Pronunciò quelle parole guardandomi negli occhi come mai aveva fatto.
Quella volta ci lessi dentro disperazione, dolore, ma anche forza e sicurezza.
Quella volta, il suo sguardo mi lasciò senza parole.
Si alzò, rimise la chitarra al suo posto e senza dire un parola in più si allontanò dalla stanza.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Come anticipato da Jared, fuori dall’albergo c’era una macchina scura che mi aspettava. Salii, un po’ ansiosa e mi accomodai sul sedile anteriore, di pelle nera.
I finestrini erano oscurati, e non vedevo il guidatore, eravamo divisi da uno sportellino.
In quella macchina mi sentivo estremamente a disagio.
Appena la macchina si mise in moto, mi sentii agitata. Stavo veramente andando a vivere con degli uomini senza nemmeno conoscerli? Certo, si trattava relativamente di poco tempo. Ma era comunque una decisione affrettata, ed io non avevo mai fatto nulla in tutta la mia vita senza averci pensato su almeno venti volte.
Giocherellavo con le chiavi che mi aveva dato il cantante.
Il solo pensare a lui mi fece arrossire. Dai, Elisa. Seriamente?!
Alla fine sapevo che si stava solo prendendo gioco di me.
Quando andai a prepararmi per raggiungere casa Leto, mi ero incuriosita e avevo cercato informazioni online sulla Band.
Sapevo perfettamente che era fatto così. Gli piaceva flirtare, giocare, prendere in giro le ragazze.
Il fatto che toccasse a me questa volta, mi faceva innervosire.
Che razza di presuntuoso insensibile.
Dopo mezz’oretta arrivammo davanti a quella che doveva essere la loro casa.
Scesi dall’auto, che ripartì immediatamente.
Rimasi incantata. Era una casa piena di vetrate, circondata da una fitta vegetazione. Era ampia, disposta su due piani.
Era pitturata di bianco, e si intravedeva la piscina sul retro. Era isolata, non c’erano altre case per kilometri di distanza.
Percorsi il vialetto con le chiavi che mi tremavano tra le mani.
Che stupida che ero. Non avrei mai dovuto accettare.
Inserii la chiave nella serratura e girai tre volte.
Rimasi per qualche minuto li impalata, a guardare la mia mano che stringeva la maniglia.
Poi mi decisi. Feci un respiro profondo ed entrai.
L’interno della casa era incredibile.
La casa era quasi interamente costituita da vetrate. Potevo vedere ogni cosa fuori, persino il cielo. Il piano terra era disposto su vari livelli. L’entrata era rialzata, e per raggiungere il salotto si doveva scendere dei gradini. I muri erano dipinti con colori chiari, pastello.
La casa era maggiormente popolata dal bianco, l’oro e il nero.
Aveva uno stile particolare, ma ogni cosa si abbinava perfettamente al resto. Rimasi incantata.
Scesi i gradini, e osservai i particolari.
Le foto, i libri.. Sul tavolino di vetro, al centro della stanza, un biglietto attirò la mia attenzione.
C’era scritto il mio nome. L’aprii e lessi il contenuto della busta, curiosa.
Ciao dolcezza, fai come se fossi a casa tua.
Al piano di sopra ci sono le camere, la tua è quella a sinistra, subito dopo le scale. Ma se preferisci non dormire sola sta notte, puoi anche aspettarmi nella mia.”



XOXO J.
 
Ero incredula. La lanciai sul tavolino. Quell’uomo m’infastidiva sempre di più.
Solo dopo che la lettera cadde bruscamente sul vetro mi accorsi che c’era una rosa, e legata ad essa c’era una chiave.
La raccolsi. E mi diressi verso quella che doveva essere la mia camera.
Pensava veramente di potermi incantare con questi giochetti?
Che bambino.
Appena entrai in camera notai subito un letto enorme. Era avvolto da una coperta di seta, bianca. C’erano tanti di quei cuscini che tra un po’ occupavano l’intero materasso.
Il pavimento era di parchè chiaro, mentre il muro era di un rosa pallido.
Davanti al letto c’era un armadio enorme. Ci sarebbe stato dentro cinque volte il contenuto della mia valigia.
Di fianco a questo c’era una scrivania di metallo opaco, e una sedia dall’aria molto comoda.
Anche la camera era completamente costituita di vetrate. Mi avvicinai a guardare fuori. Il panorama era incredibile.
Rimasi così per un po’, poi iniziai a disfare i bagagli. 
Quando finii andai alla ricerca del bagno, e dopo aver aperto un paio di porte a vuoto lo trovai.
Era enorme. Il pavimento era di legno scuro, strana scelta per un bagno, ma dava un moderno tocco elegante. Il muro era bianco e al centro della stanza si trovava una vasca enorme. Mi avvicinai e la sfiorai con le dita. Era una vasca con l’idromassaggio!
La tentazione era troppa, quindi decisi di farmi un bagno.
Mi spogliai e mi infilai nell’acqua calda.
Era incredibile. Mi innamorai di quella sensazione di relax mai provata prima.
Una volta finito, uscii a malincuore da quel piccolo angolo di paradiso, e mi avvolsi in un asciugamano morbida. Raggiunsi in fretta la mia camera e mi rivestii.
Non avevo niente da fare, quindi decisi di farmi un giro in quella casa incredibile.
Andai al piano di sotto, dove notai subito una porticina nel salotto.
L’aprii piano, e appena entrai i miei occhi si illuminarono.
Era uno studio bellissimo. C’era una scrivania elegante cosparsa di fogli, ma quello che attirò la mia attenzione furono gli strumenti musicali disposti per la stanza.
Un piano forte nero, incredibilmente maestoso, una batteria nell’angolo rialzata da terra. Ed infine il motivo del mio entusiasmo: Due splendide chitarre. Una acustica, l’altra elettrica.
Mi avvicinai, meravigliata. Non potei far a meno di sfiorarle.
Era da così tanto tempo che non suonavo.
Fu più forte di me. Presi quella acustica. Era fatta di un legno pregiato, e già perfettamente accordata.
Il mio cuore batteva all’impazzata quando con i polpastrelli pizzicai quelle corde.
Era perfetta.
Senza pensarci, iniziai a strimpellare una melodia, ed i ricordi che avevo seppellito in un angolo della mia mente e del mio cuore, riaffiorarono a galla più impetuosi che mai.


“Brava piccola, così.” Mio padre mi accarezzava i capelli mentre cercavo di seguire le note dello spartito.
Diceva sempre che avevo un dono, e che non avrei dovuto sprecarlo: che un giorno avremmo suonato insieme sopra un grande palco, circondati da tantissimi fan, che avrebbero cantato con noi.
“La musica deve uscirti dal cuore piccola. Non devi pensarci. L’unica cosa che devi fare è liberare la mente e sentirla dentro.”
Quando mio padre parlava della musica, gli brillavano gli occhi. Era sempre stata il suo unico grande amore.
Avevamo iniziato a scrivere una canzone assieme. Quella stessa canzone, che stavo strimpellando ora, senza nemmeno essere sicura che fosse così, ma che mi riempiva il cuore di gioia. Quella stessa canzone, che non eravamo mai riusciti a finire.

“Non pensavo suonassi.” Una splendida voce mi trascinò fuori dai miei pensieri, riportandomi brutalmente alla realtà.
Riaprì gli occhi, che si erano riempiti di lacrime, quando mi accorsi che Jared era appoggiato al muro, che mi guardava incredulo.
Me li asciugai velocemente, e rimisi subito la chitarra al suo posto.
“S-scusa. Mi dispiace, veramente.”  La mia voce usci quasi come un soffio. “È che era da così tanto tempo che non suonavo.. Non sono riuscita a resistere.” Confessai con un mezzo sorriso.
Lui intanto mi si era avvicinato, e quel suo profumo tanto dolce mi annebbiò i sensi. “Stai bene?” mi chiese. Sembrava veramente preoccupato. Gli sorrisi. “Si, certo.”
“Sei brava.” Osservò.
“Grazie. Mi era mancato farlo.” Ero sincera. Mi era mancato più di qualsiasi altra cosa.
“Perché hai smesso?”  Mi inchiodò con il suo sguardo di ghiaccio, e non potei far a meno di sputare fuori la verità. “ Beh, credo sia perché non avevo più stimoli.. Non avevo più colui che mi insegnava.. Era lui che mi dava spingeva a migliorare, le sue parole. Il modo in cui gli si illuminava il viso quando mi sentiva suonare e cantare..” Sospirai “ E poi, comunque, non avrei mai fatto successo. Non sono così brava.”
Sembrava affascinato dalle mie parole. Il suo sguardo mi fece arrossire.
“Mmh.”  Fu l’unica cosa che disse.
Prese nuovamente la chitarra e me la porse.
“Ti va di cantarmi qualcosa?” Chiese, e sembrava ci tenesse davvero.
“No.” Risposi terrorizzata al solo pensiero. “Non canto più da troppo tempo ormai.”
“Se vuoi allora, puoi sentire me cantare.” Mi fece un sorriso.
Annui.
Lui si sedette con la chitarra in mano, l’accordò velocemente e mi guardò.
C’era qualcosa di diverso in quello sguardo. Non erano più i soliti occhi di ghiaccio, beffardi e arroganti. Era come se si stesse sforzando di mettersi a nudo.
Sfiorò le corde con le dita lunghe e bianche, creando un suono dolce e forte.
La melodia che ne usciva era fantastica.
Poco dopo iniziò a cantare.
“No matter how many times that you told
me you wanted to leave
No matter how many breaths that you took
you still couldn’t breathe
No matter how many nights that you’d lie
wide awake to the sound of the poison rain”

Sentivo il dolore in quelle parole. Sentivo quello che provava mentre le cantava.
“Where did you go?
Where did you go?
Where did you go?
tell me would you kill to save your life?
tell me would you kill to prove you’re right?
crash, crash, burn let it all burn
this hurricane’s chasing us all underground”

La sua voce era incredibile.
Dei piccoli brividi presero a scorrermi veloci sulla pelle, mentre mille emozioni mi inondarono il cuore.
“no matter how many deaths that I die,
I will never forget
no matter how many lies that I live,
i will never regret
there is a fire inside that has started a riot about to explode into flames”
Era come se quella canzone mi leggesse dentro. Come se la sua voce desse vita ai miei pensieri più nascosti.
I miei occhi si riempirono nuovamente di lacrime.
“where is your God?
where is your God?
where is your God?
do you really want?
do you really want me?
do you really want me dead or alive to torture for my sins”

Si fermò, e mi guardò, anche lui con gli occhi lucidi.
“Gli eventi improvvisi ci coglieranno sempre impreparati. Possono causarci dolore, ma ci insegnano anche a sopravvivergli.”  
Pronunciò quelle parole guardandomi negli occhi come mai aveva fatto.
Quella volta ci lessi dentro disperazione, dolore, ma anche forza e sicurezza.
Quella volta, il suo sguardo mi lasciò senza parole.
Si alzò, e rimise la chitarra al suo posto, e senza dire un parola in più si allontanò dalla stanza.
   
 
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