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Autore: _Trilly_    04/09/2014    10 recensioni
Violetta, Angelica, Angie, Pablo, Leon, Diego, Francesca, Marco. Ognuno di loro ha un passato che vorrebbe cancellare, dimenticare. Si sa però, che per quanto si possa fingere che non sia mai esistito, esso è sempre là in agguato, pronto a riemergere nei momenti meno opportuni, portando con se sgomento e profondo dolore. Tutto questo perchè il passato non può essere ignorato per sempre, prima o poi bisogna affrontarlo. Ognuno di loro imparerà la lezione a sue spese.
Leonetta-Diecesca-Pangie
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diego, Francesca, Leon, Pablo, Violetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Francesca camminava in un lungo e tetro corridoio dall'aspetto sinistro. Ritratti e statue probabilmente di vecchi antenati, sembravano seguirla con lo sguardo, facendola sentire ancora più spaventata. Perché i corridoi le apparivano tutti uguali? Perché non riusciva a trovare i suoi amici? Ricordava quella villa immensa, c'era stata una sola volta ed era stato per il compleanno di una sua amica, esattamente due anni prima. Come c'era finita di nuovo? Era convinta di essere al sicuro nel suo letto. La sua mente le stava giocando qualche brutto tiro? Il forte e improvviso rombo di un tuono la fece sobbalzare, portandola ad affrettare il passo. Già quella casa le suscitava terrore sin nelle viscere, se poi pioveva, era ancora peggio. Tra l'altro le sembrava anche che facesse più freddo. Rabbrividì, stringendosi forte le braccia al petto. Lo sguardo saettava a destra e a sinistra, alla ricerca di una qualsiasi via di fuga, ma sembrava non esistesse, tutto era uguale, quasi non si fosse proprio mossa. Aveva sempre odiato i film horror, finivano sempre per provocarle dei terribili incubi e per giorni aveva paura persino di andare in bagno, ma quella sera era sicura di non averli visti. Cosa stava succedendo?
Francesca?” Quella voce, era sicura di conoscerla, sapeva di speranza. Iniziò per questo a correre verso quel suono e quando riuscì a mettere a fuoco quella sagoma così familiare, si sentì come se avesse ripreso a respirare dopo tanto tempo. “Marco!” Si gettò tra le braccia di Galindo, lasciandosi andare a un pianto liberatorio. Lui la strinse forte a se, accarezzandole dolcemente il capo e la schiena. “Tranquilla, ci sono io con te.” Quella voce era così avvolgente, così rassicurante, così... graffiante. Confusa, sciolse l'abbraccio e sollevò lo sguardo, specchiandosi in due penetranti occhi verdi, che di certo non appartenevano a Marco. “Diego?” Sussurrò, stupita. Di fronte a lei c'era proprio il fratello del suo ragazzo, che le sorrideva in una maniera strana, mai aveva visto tanta dolcezza sul suo volto. “Cosa ci fai qui?”
Sono venuto a salvarti, ti ho sentita urlare,” spiegò Diego, scostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio, facendola rabbrividire. “Vieni, ti riporto a casa,” proseguì, prendendola per mano, ma Francesca oppose resistenza, costringendolo a voltarsi di nuovo verso di lei. “Come facevi a sapere che avessi bisogno di aiuto? Come mi hai trovata?”
Lui scrollò le spalle. “Non lo sapevo, ho sentito le tue urla e sono corso,” spiegò, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Pensavo avresti trovato divertente vedermi spaventata,” insistette lei, imperterrita. “Perché mai aiutarmi?”
Diego corrugò le sopracciglia, confuso. “Davvero pensi che mi diverta a vederti spaventata? Mi deludi, Francesca,” aggiunse con un sorrisetto che voleva essere innocente, ma che non la convinse nemmeno un po'. “Ti sei preso gioco di me per anni, mi hai affibbiato i peggiori soprannomi, mi hai umiliata. Quelli come te non cambiano.” Gli voltò le spalle, con l'intenzione di cavarsela da sola, una via d'uscita doveva esserci. Diego però la seguì, costringendola a voltarsi a metà corridoio. “Ti sei mai chiesta perché? Perché ero così cattivo con te, intendo,” soffiò al suo orecchio. Era serio, nessuna traccia di divertimento nel suo sguardo. Francesca scrollò le spalle, confusa. Non ci stava capendo più niente. “Volevo attirare la tua attenzione, sciocchina,” sorrise lui, circondandole la vita con un braccio e attirandola a se. Avvertire il calore e la consistenza del corpo di Diego contro il suo, la fece rabbrividire e allo stesso tempo sgranare gli occhi. Mai si era trovata così vicina a lui, tanto da avvertire il suo respiro sul volto e suo collo. Quegli occhi verdi mai erano stati così ardenti, così intriganti. Era impossibile non restare imbambolata di fronte a lui. Diego non era solo bello, era affascinante, tenebroso, passionale, tutto in lui richiamava mistero e sensualità. “Francesca,” sussurrò, a un soffio dalle sue labbra. E poi la baciò, un bacio travolgente, appassionato, un bacio che sapeva di perdizione, di peccato e ciò lo rendeva ancora più desiderato. Per Francesca fu la cosa più naturale del mondo gettargli le braccia al collo e corrispondere con il medesimo trasporto. Era diverso dai baci che aveva dato fino a quel momento, era più profondo, rude, animalesco e le piaceva...eccome se le piaceva. Nemmeno lei seppe come si ritrovò schiacciata tra la parete e il corpo di Diego, era troppo occupata a baciarlo e a far scorrere le mani sul suo corpo e lui non era di certo da meno, dato che le esplorava ogni zona con una certa decisione. Quello doveva essere il suo inferno personale, un inferno che aveva risvegliato il suo lato più oscuro, di cui nemmeno sapeva l'esistenza prima di avere a che fare con Diego Galindo, il suo diavolo tentatore. Poteva un inferno essere così affascinante e allo stesso tempo appagante? Era così sbagliato desiderare che quel momento non finisse mai?


Francesca aprì gli occhi di scatto, mettendosi seduta e prendendosi il volto tra le mani. La sveglia sul comodino segnava le sei del mattino, di lì a una manciata di minuti sarebbe suonata e lei si sarebbe dovuta svegliare per andare allo Studio. La sua mente in quel momento però, era concentrata su tutt'altro. Era sconvolta, impietrita, terrorizzata, si vergognava di se stessa. Come aveva potuto fare un sogno del genere? Aveva sognato di baciare il fratello del suo ragazzo, non era normale, così come non lo era il fatto che nel sogno avesse avvertito una forte attrazione e che quel bacio le fosse piaciuto parecchio. Si strofinò il volto con vigore, quasi questo potesse bastare per cancellare quel maledetto sogno dalla sua mente. Mai aveva fatto un sogno così vivido e soprattutto su una persona che realmente esistesse. Nemmeno su Marco si era ritrovata a fantasticare con tanta intensità. Le sembrava quasi di sentire ancora il calore delle labbra di Diego sulle sue, di avvertire il tocco delle sue mani sul suo corpo e la cosa le faceva paura. Già il pomeriggio al cinema le aveva fatto provare delle sensazioni strane, ora addirittura i sogni ci si mettevano. Pensava di non provare più nulla per il fratello del suo ragazzo, pensava che la cotta che aveva avuto per anni si fosse ormai dissolta, ma allora cosa le stava accadendo? Quei sentimenti si stavano ripresentando, o non se ne erano mai andati? E Marco, cosa provava per lui? Amava il giovane Galindo, era sicura che fosse così, era stato proprio il ragazzo a farle scoprire le gioie dell'amore corrisposto, la dolcezza, la sincerità, i piccoli gesti. L'amore per Diego invece era sempre stato a senso unico, lei lo guardava da lontano, lo ammirava, sperava che la prendesse in giro così che le rivolgesse la parola e potesse poi vedere i suoi occhi verdi finalmente riflessi nei suoi, era insomma un amore che l'aveva fatta soffrire, che le aveva fatto versare fiumi di lacrime. Con Marco ciò non accadeva, lui l'aveva sempre fatta sentire bene. Perché allora la sola vicinanza con Diego la destabilizzava così tanto? Certo, sembrava aver smesso di umiliarla e al contrario la guardava in maniera diversa, ma ciò non poteva farle dimenticare il passato e renderla tanto vulnerabile. Doveva tenere quel ragazzo lontano da se, lo doveva fare a tutti i costi. Convinta di ciò, prese il cellulare dal comodino e mandò un messaggio a Marco.


-Buongiorno, Amore. Oggi non vengo allo Studio, mi sento poco bene, infatti mi rimetto a letto. Ti dispiace se stasera vieni tu a mangiare da me? Sai, non vorrei peggiorare le mie condizioni. Ti amo-


Rilesse il messaggio diverse volte, poi lo inviò. Quella sera sarebbe dovuta andare a cena a casa Galindo, ma dopo quello che era successo, preferiva evitare, non voleva vedere Diego e per questo aveva deciso di non andare nemmeno allo Studio. Sapeva che si stesse comportando da codarda, ma non aveva scelta, se voleva risolvere le cose, doveva evitare ogni tipo di contatto con il peggiore dei suoi incubi e allo stesso tempo, rafforzare il suo rapporto con Marco. Ce la poteva fare.




Un suono fastidioso gli risuonava nelle orecchie, ma Diego, profondamente addormentato, sembrava non sentirlo. Stava sognando, un sogno strano, ma allo stesso tempo coinvolgente, sembrava così reale. Quel suono però insisteva imperterrito, accompagnato da un mugugno poco distante da lui, che lo costrinse ad aprire gli occhi. Una luce forte e abbagliate lo colpì, accecandolo a dir poco e proprio per questo, li richiuse e li strofinò con vigore, per poi aprirli più lentamente. Si trovava in una grande camera da letto, sicuramente femminile vista la combinazione dei colori rosa e dorato che la caratterizzavano. Era sicuro di conoscere quel posto, ma in quel momento la sua mente si rifiutava di collaborare. Voltandosi alla sua sinistra e notando la ragazza bionda profondamente addormentata, capì. Si trovava a casa di Ludmilla, avevano concluso la serata lì. E dire che non aveva bevuto, come aveva fatto quindi a dimenticare quel particolare? Si massaggiò le tempie, lasciandosi andare a un sonoro sbadiglio. Nel frattempo quel suono che lo aveva svegliato, continuava a ripetersi. Ci mise diversi secondi per capire che si trattava del suo cellulare e subito lo recuperò dalla tasca dei pantaloni, gettati alla rinfusa ai piedi del letto. Sul display lampeggiava un nome, che da solo bastava per la sua condanna: 'Papà'.
E ora che gli diceva? Già immaginava la furia dei suoi genitori. Sua madre avrebbe imprecato e gli avrebbe lanciato oggetti, mentre suo padre lo avrebbe chiuso in camera e gli avrebbe messo le sbarre alla finestra. Deglutì, poi accettò la chiamata.
Non fece in tempo a dire una sola parola, che le urla di Angie per poco non gli ruppero un timpano. -DIEGO GALINDO! DOVE DIAVOLO SEI? SONO ORE CHE IO E TUO PADRE PROVIAMO A CHIAMARTI! HAI IDEA DI QUANTO CI SIAMO PREOCCUPATI? STAVAMO PER DENUNCIARE LA TUA SCOMPARSA!-
-Hai ragione, mamma, scusami,- riuscì a mormorare, quando la donna smise di urlare. -Sono a casa di Ludmilla e nemmeno mi sono accorto del tempo che è passato-
-Fammi capire, io e tuo padre eravamo qui morti di paura e tu stavi facendo i tuoi sporchi affari? APPENA TI HO DI FRONTE TI UCCIDO, TE LO GIURO!- Aggiunse fuori di se. -Marco ci ha detto che stavi accompagnando Ludmilla a casa, ma poi non sei più tornato e non sapevamo cosa fosse successo. POTEVA ESSERTI SUCCESSO QUALCOSA DI BRUTTO! POTEVI ESSERE MORTO! SANTO CIELO, DIEGO! DILLO CHE CI VUOI MORTI E...- La voce della donna s'interruppe e in sottofondo si sentì il bisbiglio di Pablo, che probabilmente doveva averle tolto il telefono di mano. -Vai a farti una camomilla tesoro, hai bisogno di riposarti, qui ci penso io. Ascoltami bene,- proseguì, facendosi improvvisamente severo, segno che ora si stesse rivolgendo al figlio. -Se hai combinato qualche altro guaio, giuro che sarò io stesso a farti rinchiudere di nuovo in carcere. Ti abbiamo dato fiducia e tu che hai fatto? Ne hai combinata un'altra delle tue-
-Mi dispiace, papà,- si scusò il ragazzo, seriamente dispiaciuto. -Avrei dovuto avvisarvi che mi fermavo da Ludmilla,- giuro che sono lì,- si affrettò a confermare.
-Tua madre ed io non riuscivamo a trovare pace, pensavamo fossi con Leon Vargas e...-
-Lo so papà, scusami. Ora vengo a casa e vi racconto tutto,- promise.
-Va bene,- disse Pablo dopo alcuni istanti di silenzio. -Ma vedi di sbrigarti.-
Diego chiuse la chiamata, per poi voltarsi verso Ludmilla, che raggomitolata tra le lenzuola, gli sorrideva ammiccante. “I tuoi genitori?”
Lui annuì, affrettandosi a recuperare i boxer e i jeans dal pavimento, per poi indossarli. “Devo tornare a casa subito, scusami,” aggiunse, lanciandole una mezza occhiata. La ragazza sbuffò, mettendosi in posizione seduta, mantenendo il lenzuolo sopra il seno. “Quindi non hai tempo per... ripeterci?” Soffiò maliziosamente, sfiorandogli il braccio. Diego la squadrò da capo a piedi, scuotendo il capo con un certo rammarico. Fosse stato per lui, sarebbe rimasto eccome, ma non poteva, altrimenti i suoi genitori lo avrebbero ucciso. “Scusa, Ludmilla, ma i miei sono già furiosi perché non li ho avvisati, devo calmarli.”
Si alzò poi in piedi, per indossare la t-shirt e la giacca di pelle, mentre la bionda non si perdeva nessuno dei suoi movimenti, anche se appariva parecchio delusa. Diego se ne accorse, rendendosi anche conto che dopo quel momento che avevano condiviso, dovesse almeno dirle qualcosa di carino, era il minimo. “Ludmilla,” sorrise, inginocchiandosi sul letto e sollevandole il mento con due dita. “Sono stato bene, sei una ragazza fantastica.”
La bionda sorrise a sua volta, sfiorandogli il volto con una leggera carezza. “Lo stesso vale per me, sai quanto ti adoro.” Fece poi congiungere le loro labbra, gesto che riportò alla mente di Diego quello strano sogno che stava facendo prima di essere svegliato. Quella grande villa dall'aspetto sinistro e poi lui e Francesca...quel bacio appassionato che si erano scambiati. Mai aveva fatto dei sogni tanto vividi, per un attimo aveva quasi creduto che fosse reale. Gli era sembrato davvero di avvertire il calore e il profumo della sua pelle e poi il sapore delle sue labbra e poi...chissà se il sogno si sarebbe spinto oltre, se non fosse stato svegliato dal suo cellulare. Possibile che la ragazza di suo fratello lo attraesse tanto? Poteva essere un problema per il suo piano di vendetta?
Si scostò da Ludmilla, rimettendosi in piedi, turbato. “Devo andare.”
La Ferro sospirò, in parte soddisfatta, in parte delusa che lui dovesse già andarsene. “Mi chiamerai, vero?” Gli chiese, temendo quasi la sua risposta.
Diego annuì, anche se poco convinto. La sua mente infatti, era tutta concentrata su Francesca. Chissà se baciarla gli avrebbe fatto provare le stesse sensazioni che aveva avvertito in sogno. Chissà com'era fare l'amore con lei. Si passò la lingua sulle labbra, immaginando lui e la mora nello stesso letto. Ludmilla, che probabilmente pensava stesse rivivendo quello che era accaduto in quel letto, ammiccò. “Io aspetto la tua chiamata.”
Il ragazzo sussultò, riprendendosi dalla sua fantasia ad occhi aperti. “Arriverà presto, tranquilla,” la rassicurò, stampandole un nuovo bacio sulle labbra. Se ne andò da quella casa, confuso dai suoi stessi pensieri. Com'era possibile che avendo di fronte Ludmilla mezza nuda, la sua mente non avesse fatto altro che pensare a Francesca? Che razza di incantesimo gli stava facendo quella ragazza? Possibile che tutto dipendesse dal fatto che non l'avesse e che nemmeno avrebbe potuto mai averla? Era il gusto del proibito? Convinto di ciò, o almeno così credeva, si mise il casco e salì sulla moto, destinazione casa sua, dove lo aspettavano le partacce dei suoi genitori. Via il dente e via il dolore, diceva un famoso detto. Sperava solo che i suoi bisogni non lo avessero portato a perdere la fiducia di Pablo e Angie, ci teneva a loro e davvero non voleva rovinare tutto, soprattutto quando poi non aveva fatto nulla di particolarmente grave. D'accordo, era sparito per diverse ore, ma non poteva cacciarsi nei guai mentre era nel letto di Ludmilla, no? Purtroppo però, nonostante i suoi sproloqui mentali, era consapevole di averli spaventati a morte e quindi di meritare qualsiasi punizione. Una punizione che avrebbe affrontato senza battere ciglio, anche perché non avrebbe potuto essere più giusta.




“Ciao, Thomas,” sorrise Violetta, aprendo il cancelletto in legno della grande villa dove abitava e invitando il ragazzo ad entrare in giardino, per poi condurlo verso il tavolo che Angelica aveva insistito per comprare la scorsa estate. 'Abbiamo un giardino così grande e bello, non possiamo non avere un tavolo per bere il tè e conversare', aveva detto la donna, mentre visitavano un negozio di arredamento e alla fine l'aveva spuntata, il tavolo con annesse sedie in plastica, era stato acquistato e faceva bella mostra di se nel giardino di casa. Thomas la seguì, anche se non faceva altro che guardarsi nervosamente intorno, quasi si aspettasse l'attacco di una bestia feroce, o più precisamente di Leon, per cui nutriva un vero e proprio terrore, abbastanza simile se non peggiore, di quello che sentiva Marco. In ogni caso, Violetta non sembrò notarlo, troppo occupata a pensare alle parole giuste per iniziare l'imminente discorso. Sapeva che il ragazzo voleva sapere se stesse bene dopo che l'aveva lasciata da sola con Leon in quel vicolo isolato e doveva in un certo senso rassicurarlo, senza però dirgli tutti i dettagli. Era una conversazione privata, un qualcosa che riguardava lei e il suo ex ragazzo e proprio per questo voleva tenersela per se. Prese posto, invitando Thomas a fare lo stesso. “Credo di sapere perché sei qui,” esordì, picchiettando le unghie sul tavolo, così da attirare l'attenzione del ragazzo, che continuava a guardarsi intorno con una certa agitazione. “Thomas? Mi stai ascoltando?”
Lui deglutì, poi si affrettò ad annuire. “Certo Vilu, scusami. Ehm... sono venuto per scusarmi, non avrei dovuto andarmene in quel modo e... stai bene, vero? Non ti ha fatto del male o...?” Balbettò, imbarazzato, facendo accigliare la ragazza. Avrebbe voluto dirgli che Leon mai le avrebbe fatto del male e che in caso contrario, se fosse dipeso da lui, l'avrebbero molestata o peggio sarebbe morta, dopotutto se l'era svignata come un codardo e scusarsi o informarsi dopo un giorno, le sembrava alquanto ridicolo, ma si trattenne, mordendosi la lingua. Non frequentava più la gentaglia che caratterizzava la compagnia di amici di Leon e Diego, doveva essere educata e pensare prima di parlare, era una delle prime regole che le avevano insegnato i suoi genitori e voleva rispettarle molto di più di quanto non avesse fatto precedentemente. “Si, ehm... cinque minuti e sono tornata a casa, come ti avevo detto insomma.”
Thomas annuì. “Ma cosa voleva? Se non sono indiscreto, ovviamente,” si affrettò ad aggiungere, prendendole una mano e stringendola con la sua. A quel contatto, Violetta rabbrividì, piuttosto a disagio. Non era abituata ad avere un qualsiasi contatto con l'altro sesso che non fossero i suoi cugini o Leon, sapeva che fosse assurdo ma era così e per questo, il fatto che Thomas le stringesse la mano, la rendeva decisamente nervosa. “Ehm...la tipica conversazione di due ex...nulla di particolare,” balbettò, sforzandosi di sorridere.
“Voleva tornare con te, immagino,” insistette il moro, scrutandola attentamente e con un certo rammarico. Nonostante avesse paura di Leon e l'ultima cosa che volesse era contraddirlo, il ragazzo non poteva negare di nutrire dei sentimenti molto profondi per la Castillo e di sperare di poter avere anche solo un minimo di possibilità con lei. Quelle parole, in ogni caso fecero sgranare gli occhi alla ragazza, che davvero non sapeva che dire. Poteva confermare, o le conveniva negare? Negando, avrebbe lasciato le porte aperte a Thomas, ma non sarebbe stato giusto. Lei non ricambiava i suoi sentimenti e anche se lo avesse fatto, non poteva metterlo in pericolo, Leon lo avrebbe ucciso, su quello non aveva dubbi. Il peggior difetto in assoluto di Vargas infatti, era sempre stata la gelosia, una gelosia ossessiva, violenta, che gli impediva di pensare e lo portava ad agire d'istinto. Bastava pensare che quando lei usciva con la sua compagnia, Leon impediva a chiunque che non fosse Diego di avvicinarsi a lei e per questo si ritrovava ora a temere ogni tipo di contatto con un estraneo. Se avesse iniziato a frequentare Thomas o qualsiasi altro ragazzo, lui sarebbe impazzito di gelosia e chissà cos'avrebbe potuto fare. Le sue alternative perciò erano due, o con Leon o da sola e visti i propositi che si era posta, doveva scegliere la seconda opzione. Con quella convinzione, guardò Thomas e annuì. “Si, voleva che tornassimo insieme, ma gli ho detto di no. Voglio stare da sola.”
Se con la prima parte di frase aveva fatto nascere una speranza nel ragazzo, con le seconda parte lo aveva sicuramente scoraggiato. “Quindi non c'è speranza per...bè, per noi due?” Si azzardò a chiedere il moro, continuando a stringerle la mano e a guardarla con i suoi grandi occhi azzurri.
Violetta deglutì. Aveva promesso di essere sincera e di proteggere Thomas da Leon, non voleva che Vargas se la prendesse ancora con lui per colpa sua e proprio per questo, scosse la testa. “Voglio essere sincera con te, Thomas,” iniziò, notando che lui si fosse ombrato, probabilmente aveva già capito dove volesse andare a parare. “Mentirei se ti dicessi che non provo più nulla per Leon. Lui è sempre stato il mio mondo, la mia roccia, il mio tutto e credo che lo amerò fino alla fine dei miei giorni.” Fece una pausa, sospirando con una certa amarezza. Non credeva sarebbe riuscita ad esprimere quelle cose a voce e soprattutto a Thomas, forse era più forte di quanto credesse, o forse semplicemente dato che non faceva più nulla per negare i suoi sentimenti, aveva meno difficoltà a tirarli fuori. “Tuttavia, io e Leon siamo cambiati molto, io soprattutto e ciò, ha in un certo senso creato una voragine tra di noi, tanto che ho deciso di mettere fine alla nostra storia. Lui ha i suoi progetti ed io i miei, i quali non potrebbero essere più diversi, ma... tu sei un bravo ragazzo,” aggiunse, sorridendogli dolcemente. “So che i tuoi sentimenti per me sono sinceri e davvero vorrei ricambiarli, ma... ma non è così.”
Thomas l'ascoltò in silenzio per tutto il tempo, anche se aveva capito sin dall'inizio che quella conversazione avrebbe portato a un rifiuto. Niente era più sincero e diretto degli occhi di Violetta, in essi aveva letto quello che provava ancora prima che glielo dicesse. “Va bene,” disse alla fine. “Ho capito, non potevi essere più chiara. Tranquilla,” si affrettò ad aggiungere, quando lei fece per dire qualcosa. “Ti ringrazio per essere stata sincera e...bè, spero che potremo lo stesso essere amici.” Si alzò in piedi e allargò le braccia, abbozzando un sorriso. La ragazza si morse nervosamente il labbro, poi si alzò a sua volta. Non c'era niente di male ad essere amici, no? Si lasciò perciò abbracciare da Thomas, felice che lui avesse capito e che non ce l'avesse con lei.
Dato però che ogni gesto poteva assumere un significato diverso a seconda degli individui, agli occhi di Leon che stava passando proprio in quel momento davanti alla villa della ragazza, con l'intenzione di arrampicarsi alla finestra per tentare nuovamente di parlarle, quell'abbraccio apparve sin troppo complice e affettuoso per essere quello di due amici. La sua gelosia ossessiva poi, di certo non aiutava a farlo ragionare e proprio per questo, si ritrovò a stringere forte i pugni, fino a far diventare le nocche bianche. I suoi occhi verdi erano ridotti a due fessure, la belva nel suo stomaco si agitava frenetica, invitandolo a scavalcare il cancello e a fare a pezzi Thomas Heredia. La sua mente nel frattempo, era completamente offuscata, una furia animale la dominava. Violetta era sua, sua e di nessun altro e se quel ragazzo non lo aveva ancora capito, allora aveva bisogno di una nuova lezione. Proprio quando stava per avvicinarsi al cancello, con l'intenzione di assecondare la belva nel suo stomaco, Violetta e Thomas sciolsero l'abbraccio e il ragazzo se ne andò. Leon, nascosto dietro una macchina, lo seguì con lo sguardo, finché non svoltò a destra, sparendo così dalla sua visuale. A quel punto, si rimise in piedi e tornò accanto al cancello, che scavalcò con l'agilità di un gatto. Violetta che era di spalle, dato che si stava avviando verso la porta d'ingresso, non lo vide, ma sentì il tonfo causato dal suo atterraggio e si voltò di scatto, spaventata. “Leon,” sussurrò, quasi avesse visto un fantasma. Lui storse il naso, avanzando verso di lei con le mani nelle tasche. Il suo volto era una maschera di freddezza, cosa che la portò istintivamente ad indietreggiare. “Non dovresti essere qui.”
Un sorrisetto ironico si disegnò sul volto di Leon. “E perché mai? Non vuoi che ti veda fare la cretina con Heredia?” Sbottò, facendole sgranare gli occhi, stupita. “Come?”
“Oh andiamo, Violetta! Non osare mentirmi! Vi ho visti abbracciati!” Ribattè stizzito, agitando le braccia. Lo aveva preso per scemo per caso? Violetta ruotò gli occhi e sbuffò, esasperata. “Come al solito vedi solo quello che vuoi vedere, io e Thomas siamo solo amici, anche se poi non sono affari tuoi,” aggiunse, voltandogli le spalle e incamminandosi verso l'ingresso, considerando la conversazione conclusa. Peccato che Leon non la pensasse così, dato che le afferrò il polso e la costrinse a voltarsi. “Lo sono eccome, invece,” sibilò, sollevandole il mento, così da far incrociare i loro sguardi. Nei suoi occhi si poteva leggere una certa rabbia. “Tu sei mia, Violetta. Se non posso averti io, allora non ti avrà nessuno. Hai capito?” Aggiunse, con un velo di minaccia, che la turbò profondamente. Leon non l'aveva mai minacciata, mai aveva provato anche solo un minimo di paura e ora invece non riusciva a smettere di tremare. “Lasciami, ti prego,” lo supplicò, con voce spezzata. Lui scosse la testa, continuando a stringerle il mento con la mano destra, mentre il braccio sinistro le circondava la vita, così da tenerla stretta a se. Sembrava quasi non si fosse accorto che fosse spaventata, la rabbia continuava a dominarlo, rendendolo poco lucido. “Non ti azzardare mai più a fare la poco di buono con quello lì, altrimenti giuro che quello che gli ho già fatto, non sarà nulla rispetto a quello che potrei fargli. Mi sono spiegato?”
“Quello che faccio non è affare tuo, tra di noi è finita. Se non mi lasci, mi metto ad urlare,” aggiunse, prima che lui potesse anche solo provare a ribattere. Leon le rivolse un'occhiata raggelante, ignorando completamente la sua minaccia. “Non può davvero piacerti quel tipo, tu sei mia, tu ami me.” Nonostante volesse mostrarsi forte e sicuro, nella sua voce c'era una traccia di insicurezza. Il solo pensiero che lei potesse smettere di amarlo lo terrorizzava. “Nulla è impossibile nella vita,” mormorò la ragazza, guardandolo fisso negli occhi. “Una volta riuscivi a farmi stare bene solo con la tua presenza, ora non ne sei più capace.”
Quelle parole ferirono Leon peggio di una pugnalata e la convinzione che lampeggiava nei suoi occhi nocciola, fu dieci volte più dolorosa. Lui non riusciva più a farla stare bene, lui le faceva del male, lui... quasi non si accorse che Violetta fosse corsa verso casa, restando al centro del suo giardino, rigido come uno stoccafisso e con il cuore a pezzi. L'aveva persa, l'aveva persa per sempre.




Questo capitolo è tristissimo e sa tanto di fine, mi odio per averlo scritto ma serve per quello che dovrà accadere dopo. La cosa positiva è che Vilu ha rifilato un bel due di picche a Thomas, che ve lo posso assicurare, è ormai fuori dai giochi ;) Leon però ha frainteso l'abbraccio a cui ha assistito e ha avuto una reazione molto aggressiva, che ha spaventato Vilu e l'ha portata a rifiutarlo ancora, ferendolo non solo nell'orgoglio, ma soprattutto al cuore. Come vi dicevo però, era necessario che Leon ne uscisse devastato, perché solo così può iniziare a capire.
Nel frattempo, c'è il primo bacio Diecesca *_____* anche se è solo un sogno, che entrambi hanno fatto tra l'altro. Francesca inizia a capire che prova qualcosa, ma non vuole soffrire e nemmeno vuole che soffra Marco, perciò è determinata a reprimere i suoi sentimenti. Diego invece, va a letto con Ludmilla, ma appunto fa lo stesso sogno dell'italiana e si rende conto di essere attratto da lei, cosa che lo turba parecchio. Ora però ha anche la furia dei Pangie di cui preoccuparsi, visto che non è tornato a casa all'orario stabilito XD
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, vi adoro :3
baci <3


 
  
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