Doveva
muoversi.
Era appena suonata la campanella che segnalava la fine
dell’ora di Mrs.
Anderson ma lui era già volato fuori dalla classe,come
sempre. Doveva andare
sul tetto e non doveva essere notato,se fosse stato abbastanza
veloce,si
sarebbe confuso nella folla.
Ebbe solo il tempo di avvicinarsi al suo armadietto rosa e
cambiare i libri. Forse non era stata una grande idea pitturarlo,ma
Karen gli
aveva assicurato che era un gesto innovativo, che dimostrava che lui
non aveva
paura di dimostrare sé stesso.
Eh,si, magari non proprio così però…
Si guardò intorno,non c’era ombra di giocatori di
football o
di ragazzi che lo guardavano in un modo particolarmente storto. Avrebbe
voluto
avere vicino la sua migliore amica in quel momento,lo avrebbe
rassicurato.
Si fece coraggio e si avviò verso il tetto. Come aveva
previsto c’era un fiume di persone molto vasto e nessuno
sembrò fare caso a
lui. Fece un sorrisino tra sé e sé,ma
morì quasi subito.
Si sentì spintonare in un modo così forte ,che
una volta atterrato sugli
armadietti aveva fatto un piccolo rimbalzo,accasciandosi poi a terra.
Non aveva
visto in faccia il ragazzo che lo aveva spinto,aveva visto solo una
chioma
bionda sparire tra la folla pian piano. Alcuni
ragazzi si girarono per godersi lo spettacolo del
povero ragazzo
mentre si massaggiava il punto dolente contraendo il viso in una
smorfia.
Era andato a sbattere con una spalla,in quel momento gli
pulsava tremendamente. Ma se non si muoveva all’istante
probabilmente a fine
giornata non gli avrebbe fatto male solo la spalla.
Sviò per una scorciatoia,questa volta meno affollata
rispetto al corridoio dove si trovava prima. Arrivò in
fretta,per fortuna il
tetto era desolato. Faceva molto freddo,anche se non minacciava di
piovere. Il
vento gelido gli entrò fin dentro le ossa,facendolo
rabbrividire.
Rimpianse la sua sciarpa che aveva dimenticato nello zaino.
Si sedette su uno scalino,massaggiandosi la spalla. Il tocco
della sua mano affievoliva un po’ il dolore,ma sapeva che un
bel livido viola
non glielo toglieva nessuno.
Cercò di ricordarsi il viso del ragazzo che lo aveva
spintonato,ma niente. Non lo aveva guardato in faccia,che vigliacco. Sperò che un giorno
l'avrebbe rivisto,così da potergli
dire in faccia quanto odiasse le persone come lui.
Passò un altro quarto d'ora a pensare a cosa sarebbe
successo se avesse raccontato tutto a Karen. Intanto,le sue guance
iniziarono a
farsi rosee e il braccio che era stato colpito a indolenzirsi.
Cercò comunque
di non darci peso tra poco avrebbe visto Mark e non doveva
assolutamente dare
segni di dolore. Avrebbe
avuto due
reazioni,probabilmente: o si sarebbe preoccupato e gli avrebbe chiesto
perché
stava così finché non avrebbe parlato o
semplicemente avrebbe ignorato la cosa
perché spaventato.
Ecco,a lui non andava a genio nessuna delle due.
Alla
fine della prima ora,James si ritrovò con il suo nuovo
amico John. Entrambi avevano legato da poco anche se il biondino sapeva
che il
giocatore di football non era molto affidabile. Tuttavia continuava a
stare in
sua compagnia,sapeva che la cosa lo avrebbe reso popolare.
Iniziarono a camminare lungo i corridoi e
un
gruppo di ragazze si fermò per salutare
John, in particolare,c'era
una
cheerleader carina che il giocatore aveva puntato da un po'. Le chiese
di
uscire venerdì sera con molta nonchalance. Ovviamente,la
ragazza accettò
facendo una risatina esultante.
Non si poteva negare, ci sapeva fare con le ragazze . Era
alto,capelli bruni e due occhi verde scuro. A volte James lo invidiava
un po' e
cercava di imitarlo. I suoi risultati non erano pessimi,anzi. Una volta
in
discoteca aveva rimorchiato tre biondine a cui piaceva la birra e il
divertimento delle avventure notturne. Tornò a casa con i
loro numeri in
rubrica.
"Sai,amico. Dovresti trovarti una ragazza anche
tu" disse di punto in bianco il bruno.
"E tu dovresti iniziare a trovare un nome per i tuoi
prossimi figli" disse James ironico,facendo ridere l'altro. In
realtà a
lui una ragazza piaceva,ma non sapeva nemmeno come si chiamava.
Girava sempre con quel tipo alto che era nella classifica. Era molto
bella,aveva i capelli neri e ricci e degli occhi che gli ricordavano la
primavera.
Avrebbe tanto voluta conoscerla,ma fino al giorno prima era convinto
che il
riccio con cui girava fosse il suo fidanzato,per questo era
così arrabbiato con
lui. Gli stava rubando la ragazza.
Adesso non sapeva se era davvero gay o meno,in entrambi i casi
l'avrebbe
odiato.
Se fosse stato gay,l'avrebbe odiato perché i gay sono malati. Se non lo era invece,stava con
la ragazza che voleva lui.
Quella mattina lo aveva anche visto per i corridoi e in modo
agile,era anche riuscito a spintonarlo. Non si voltò,ma
quando sentì il
rimbombo del suo copro contro gli armadietti, sollevò un
angolo della bocca,soddisfatto.
Ben ti sta,stronzo.
"Oh,ho saputo che oggi hai fatto un bel lavoro con il secondo"
disse John,tirando fuori
dalla tasca un foglio accartocciato. Era la classifica del giorno
prima,il
primo nome era stato barrato con una penna. James fece una smorfia a
quella
vista,non voleva che accadesse tutto quello a Andy. Ma lui era gay e i
gay
erano malati,punto. Avrebbe dovuto dirglielo,sarebbe stato felice di
accompagnarlo da un dottore. Ma no,non gli aveva detto nulla. Credeva
di
potersi fidare di quel ragazzino.
"Nah,gli ho solo dato una spintarella" il biondino
sorrise cattivo.
"La prossima volta però tocca a me" continuò
l'altro.
"Non pensavo che quel tipo fosse gay.." iniziò il
biondino dando voce ai suoi pensieri,catturando l'attenzione del bruno.
"Mh,in effetti nemmeno io. Però si veste in modo
strano..." fece spallucce.
"Dà anche delle lezioni a Mark,il
frocetto. Che poi,gira sempre con una ragazza che è anche
molto carina"
esclamò continuando il suo flusso di pensieri,ignorando
completamente la
risposta di John. Sentì qualcuno arrivare da dietro,ma aveva
già capito di chi
si trattava. Mark.
James era sicuro che qualsiasi cosa fosse accaduta,lui non
avrebbe mai abbandonato il suo migliore amico. Erano amici da quando
aveva
memoria e con lui ne aveva passate tante.
Era vero che lo stava ignorando da un po' di tempo,ma era
perché voleva
diventare popolare come lui e camminare per i corridoi orgoglioso e
fiero di
sé. In certi casi lo invidiava però,aveva una
ragazza bellissima accanto e
tanti ragazzi si comportavano come lui. Era sempre sereno e pacato,non
si
arrabbiava mai. Doveva ammetterlo,gli mancava un po': la compagnia di
John non
aveva nulla a che fare con la sua. Con lui non poteva essere
sé stesso, o dire
quello che voleva senza preoccuparsi delle conseguenze.
"Hey,Jam',di che parlate?" lo
salutò facendo un sorrisetto divertito.
Non lo guardò,si girò in fretta per cambiare i
libri.
"Di quel tipo che ti da lezioni,quello frocio. Gira sempre con una
ragazza
carina,pensavo di chiederle di uscire" John si sorprese alla
confessione
del biondino. A lui non aveva detto che voleva uscire con una ragazza. Mark invece
risultò molto incazzato,lo guardò
con uno sguardo duro che lo fece quasi spaventare. Ma che gli prendeva?
Non
aveva detto nulla di male,anzi. Gli aveva confessato che voleva uscire
con una
ragazza,doveva esserne contento.
"Ah,si?Parli di Karen?
È
vero,è molto carina..." la sua voce era carica di
tensione,ma nessuno dei due parve accorgersene. Anzi,il biondino si
sentì
soddisfatto dell'appoggio che il suo migliore amico gli aveva dato.
Ora sapeva come
si chiamava. Karen.
Si promise di
chiederle un appuntamento più tardi.
"Karen?Oh,grande
Mark. Al prossimo intervallo la cerco allora" sorrise ancora una
volta,poi
seguito da John si voltò. "Noi ora andiamo,Mark. Ci sentiamo
dopo
bello."
Se ne andarono,Mark
non ricambiò il suo saluto. James,però non ci
fece nemmeno caso.
La
conversazione con Mark era andata meglio di quanto
credeva. Gli aveva fatto capire che era gay e lui non si era tirato
indietro
come si aspettava,anzi. Aveva anche scherzato citando le sue parole.
Lo aveva guardato negli occhi.
"Beh....con voi
giovani non si può mai sapere."
Improvvisamente ricordò le parole del padre e un sorriso
beffardo si dipinse sul suo volto. E se Mark intendeva dire che non era
felice
con Jessie perché era gay?Oh,no.
Forse stava correndo troppo in fretta,forse intendeva semplicemente
dire che
non si trova bene con lei. Dopotutto come biasimarlo,alla biondina
piaceva
mettersi in mostra in tutti i sensi.
Mika si avviò verso la mensa,stranamente era in orario. Il
suo passo era un po'
titubante,aveva paura di andare veloce come suo solito,qualcuno avrebbe
potuto
notarlo. La spalla gli faceva ancora molto male,non poteva permettersi
un nuovo
spintone.
Le persone nei corridoi però non sembravano essere
d'aiuto,parlottavano tra di loro e commentavano il suo modo di vestire.
Il
ricciolino sospirò,era andato tutto troppo bene ultimamente.
Non ebbe nemmeno il tempo di pensare ad altro,che si ritrovò
scaraventato da
terra,colpito. Andò a sbattere un'altra volta sugli
armadietti,atterrando sulla
stessa spalla di prima. Si accasciò a terra,dolorante.
Il colpevole della spinta aveva una giacca della squadra di football
della
scuola. Lo guardò schifato.
"Se devi fare il frocio,non coinvolgere nessuno. Chiaro?" non
aspettò
nemmeno la sua risposta. Si girò e scomparse per i corridoi
ridendo con gli
amici del gesto appena compiuto,come se fosse una barzelletta
divertente.
Nessuno si fermò ad aiutarlo,nessuno fece caso alla lacrima
di dolore che attraversò il suo viso,silenziosa. Si diresse
verso il bagno più
vicino,per controllare la situazione della sua spalla.
Era viola. In
alcuni punti stava anche sanguinando,doveva essere andato a sbattere
contro
qualche chiodo.
Decise di andare in infermeria per medicarsi,non poteva
rimanere così. Durante il tragitto avrebbe pensato a una
scusa da raccontare.
"Hey,piccola"
una voce attirò l'attenzione di
Karen, una mano l'afferrò per un polso.
"Chi cazzo si permette di chiamar---" la ragazza
non fece in tempo a finire la frase, liberandosi dalla presa e a
voltarsi. Si
fermò all'istante,rimanendo silenziosa. Sperò che
la persona davanti a lei la
perdonasse per il modo brusco che aveva appena usato.
"Sc-scusami"
"Tranquilla,è bello sapere che non tutte sono delle papere"
rise.
"I-io....cioè..cosa volevi dirmi?" cercò di
essere
più gentile,ma iniziò a sentire le guance
colorarsi di rosso. Era questo
l'effetto che James aveva su di lei.
Lui rise un'altra volta,divertito dal comportamento così
dolce di quella
ragazza. Sapeva che non era come le altre cheerleader.
"Io sono James" disse lui offrendole la mano.
Sì,lo so. "Karen"
la strinse.
"Sai,sei molto diversa dalle altre ragazze" iniziò,tenendo
lo sguardo basso un po' per imbarazzo,un po' perché gli
occhi della riccia
erano bellissimi. "Perciò,volevo conoscerti meglio. Ti va se
sta sera
usciamo insieme?"
Karen spalancò gli occhi dalla sorpresa,se avesse avuto dei
libri in mano in quel momento,li avrebbe fatti cadere per terra.
"S-sì. Va
bene."
"Ci vediamo alle sette alla caffetteria qui vicino,okay?" lei
annuì,convinta di aver perso la parola. Lui le sorrise e se
ne andò.
In infermeria nessuno
aveva chiesto a Mika come si fosse
fatto male. Gli avevano fasciato la spalla in silenzio,forse era
già capitato
che altri ragazzi si facessero medicare lo stesso tipo di livido.
Sapeva
dopotutto che non sarebbe stato difficile inventarsi una scusa,la parte
difficile era cercare di non dire a Mark di quello che era accaduto. La
frase
che quel ragazzo gli aveva urlato contro gli bruciava ancora.
"Se devi fare il
frocio,non coinvolgere nessuno. Chiaro?"
La solitudine
del parcheggio stava iniziando a
intimorirlo,ma cercò di darsi una calmata. Non c'era nessuno
nei
paraggi,nessuno che lo aspettava.
Tirò
un sospiro di sollievo e nascose il naso nella sciarpa che prima aveva
dimenticato nello zaino. Cercò di rilassarsi e sembrare
più sereno possibile,non era successo
nulla,no?
Era solo uno
spintone,dopotutto. A Andy avevano fatto di
peggio,poteva ritenersi fortunato. Aveva sentito dire che il terzo
ragazzo in
classifica si era tolto dai guai baciando una ragazza in mensa e
catturando
l'attenzione di tutti. Quando lo seppe
gli venne quasi da vomitare.
Sapeva che
quel ragazzo era gay,una sera mentre andava al
ristorante con Karen,lo aveva visto dal finestrino della macchina
baciarsi con
un ragazzo dietro una discoteca. Al suo
contrario,preferiva subire il bullismo,che fingere di essere
qualcuno
che non era.
Sentì
una fitta alla spalla. Beh,essere sé stessi aveva il
proprio prezzo.
"Hey,scusami
oggi sto facendo solo ritardi!" una
mano si poggiò su una spalla in modo amichevole. Michael
contorse il viso in
una smorfia di dolore,dimenticandosi improvvisamente di tutto quello
che si era
promesso.
"Oh,scusami
non volevo spaventarti" la mano del
moro non lasciò la spalla del ricciolino.
"Tranquillo,non
è successo nulla" lo disse
cercando di giustificarsi subito,non pensando di causare la
curiosità
dell'altro.
"Tutto okay?"
"Sì"
no.
Mark cercò ancora una volta di far parlare Mika e cercare di fargli dire tutto quello che era successo. Doveva avere qualcosa alla spalla,dovevano avergli detto qualcosa.
Da quando si erano messi in macchina continuava a evitare il suo sguardo come la peste,puntando gli occhi color cioccolato fuori al finestrino. Le villette di quel quartiere erano diventate improvvisamente la cosa più interessante del mondo.
Tra di loro regnava il silenzio,la tensione si poteva tagliare con un coltello.
Eppure stamattina andava tutto bene.
Accelerò,non vedeva l'ora di scendere da quell'auto e avere le spiegazioni che si meritava. Non importava quanto cara gli sarebbe costata la cosa,ma lui lo avrebbe difeso comunque.
Scesero dalla macchina,Michael faceva finta di guardarsi intorno per non incontrare i pozzi blu. Si comportava come se fosse la prima volta che entrava in casa Jones.
"Okay,Michael ti prego. Non tenermi nascosto nulla" si sedettero al solito tavolo dove studiavano e Mark guardava il suo bellissimo viso,aspettando che i loro sguardi si incontrassero ancora. Gli occhi color cioccolato però erano fissi sul pavimento.
"Non è una cosa che non ha importanza" disse il moro precedendolo. "Perché tu per me hai importanza,okay? Non voglio che nessuno ti faccia del male"
Nello sguardo del ricciolino c'era una nuova scintilla,speranza forse. Ma non importava adesso. Doveva tenere duro,doveva farlo,altrimenti avrebbero trascinato anche lui in quella stupida faccenda.
"Non è successo nulla" continuò a mentire,cercò di sollevare lo sguardo e incontrare quegli occhi blu,ma gli sembrò un'impresa.
"D'accordo" disse l'altro quasi esasperato. "Non ne vuoi parlare,lo capisco."
Mark avrebbe voluto dirgli credeva alle sue parole e che non doveva avere paura ad aprirsi e raccontargli tutto. Ma si fermò,sapeva che lui era il primo ad avere paura di dichiararsi per quello che era,così rimase in silenzio.
E si,lo capiva. Nemmeno lui era bravo con le parole.
Ma doveva trovare un modo. Mika aveva iniziato a spiegare dei paragrafi del fascicolo: balbettava e a volte sembrava che avesse la voce rotta. Mark stava quasi per dargliela vinta quando una bottiglia di acqua che stava sul tavolo sembrò dargli un'illuminazione.
Era quasi piena e chiusa male. Sembrava che il tappo stesse per cadere. Ringraziò mentalmente sua madre per quel piccolo e involontario regalo.
"Scusa,Mika ma ho un po' di mal di testa. Beviamo qualcosa?" disse cercando di radunare tutte le sue capacità di recitazione e non ridere per l'imbarazzo. La sua idea era una pazzia,ma se l'avesse portata al termine,avrebbe messo Mika con le spalle al muro.
L'altro vacillò,capì che c'era qualcosa di strano nella mossa del moro ma non riusciva a capire cosa.
Annuì,non capendo che così avrebbe dato via libera al piano del ragazzo. Il moro fece un falso movimento sgraziato,facendo cadere il liquido freddo sulla maglietta del ricciolino.
Mika si alzò completamente bagnato e fu costretto a togliersi la maglietta per non far cadere il liquido anche sui pantaloni e non infradiciare la medicazione.
Mark rimase senza fiato alla vista del ragazzo,quasi si dimenticò del perché si era inventato quella pagliacciata.
"Merda" imprecò il ricciolino riportando l'altro al mondo reale.
"Oh,io beh,scusa" quasi si dimenticò come parlare. Le sua guance si tinsero di un tenue rosa,sperò con tutto il cuore che Michael non se ne fosse accorto.
"Non fa niente,hai una maglietta da prestarmi?" si sentì quasi in colpa.
"Mika.." Mark lo richiamò spaventato. "Perché hai una fasciatura così grande sulla spalla?"
Beh,il suo piano aveva funzionato,ma non si sarebbe mai immaginato che il ragazzo avesse una medicazione del genere. Mika tenne lo sguardo basso e si maledì mentalmente per essersi tolto la maglietta. Ma si era bevuto il cervello,forse?
Non era così che doveva andare. Lui doveva starne fuori.
Tra i due ragazzi scese di nuovo il silenzio,carico di tensione. Ma non era destinato a durare molto.
"Okay,ora vado a prendere la maglietta. Stiamo da soli in casa,tranquillo. Quando torno però,voglio che tu mi spiega tutto,okay?"
"Okay" non aveva altra scelta.
La
caffetteria vicino al
liceo era frequentata da molti studenti,perché era grande.
Ogni sera,almeno la
metà dei tavoli veniva occupata da ragazzi. C'era chi
studiava,che si godeva il
Wi-Fi gratuito,chi parlottava allegramente e chi,come James,aspettava
una
ragazza prima di entrare.
Era venuto con un po' di anticipo,anche se John gli aveva detto che le
ragazze
amano farsi aspettare.
Voleva rilassarsi un po',se
fosse rimasto a casa,sarebbe stato preso dall'ansia. Quello era il suo
primo vero appuntamento.
Una volta aveva baciato quella ragazza,Roxy,ma non gli era piaciuto per
niente.
Le sue labbra sapevano di amaro,non erano affatto come le aveva
immaginate.
Serrò le mani a pugno nelle tasche e sperò con
tutto il cuore che questa volta
sarebbe andata meglio. Pensò di chiamarla,aveva chiesto il
suo numero a una sua
amica,Madison,ma non lo fece. Era ancora troppo presto.
In compenso,dieci minuti più
tardi,vide una ragazza dalla chioma nera come la pece e riccia,Karen.
Indossava una felpa piuttosto larga e aperta,mostrando la sua T-Shirt
di Homer
Simpson,facendo sorridere il ragazzo. Lui adorava i Simpson.
"Ciao,sono in
ritardo?" lui gli si avvicinò sorridendo.
"No,tranquilla,entriamo"
lui le passò un braccio intorno a una spalla accarezzandola
un po'. Lei si
sciolse al suo tocco così dolce e gli sorrise.
Entrambi presero una
cioccolata calda,James insistette per offrirgliela.
"Allora,come
stai?" fu lui a fare il primo passo una volta seduti ad un tavolo un
po'
isolato.
"Sono felice,anche se un po' in imbarazzo. Questo è il mio
primo
appuntamento" fece lei,volendosi mordere la lingua subito dopo. Lui
però
si addolcì e pensò che era molto tenera.
"Beh,anche per me.
Questo è il mio primo vero appuntamento"
disse attirando la sua attenzione. Lei alzò lo sguardo che
intanto si era soffermato
sulle sue mani che si stavano torturando a vicenda. Si guardarono negli
occhi
per un attimo,poi James le sorrise.
"Hai proprio una bella
maglietta."
Iniziarono a parlare. Si
fecero dei complimenti a vicenda senza creare imbarazzo,ognuno
raccontò cose su
sé stesso,divertenti e non.
Karen non parlò del suo migliore amico,perché non
ne aveva avuto l'occasione,
il tema della conversazione dopotutto erano loro due. James
apprezzò la
cosa,probabilmente si sarebbe indispettito e avrebbe mutato il suo bel
viso
sereno in un'espressione contrariata.
Se lei lo avesse saputo,sicuramente avrebbe lasciato la caffetteria
all'istante,anche se a malincuore.
Rimasero lì per due ore,continuando a fare battute e a
raccontarsi avvenimenti.
Più il tempo passava,più Karen si convinceva di
avere davanti il suo primo
ragazzo. Anche James,si stava convincendo della stessa cosa,non aveva
la minima
voglia di lasciare quella caffetteria.
Doveva ammetterlo, quella
ragazza era fantastica. Era frizzante,divertente e molto bella. Non era
come
tutte le cheerleader che aveva incontrato in precedenza. Stava per
chiederle di
uscire di nuovo quando sentì una suoneria che non era la
sua. Era una canzone
strana,cantata da un ragazzo probabilmente anche se raggiungeva note
alte.
"Pronto?" non si
accorse che era il cellulare di Karen a suonare. L'interlocutore
iniziò a farle
un discorso con voce piuttosto alta,tanto che la ragazza fu costretta a
scostare
un po' il cellulare dall'orecchio. Ruotò gli occhi al cielo
e continuava ad
annuire.
"Ho capito,arrivo"
staccò senza nemmeno aspettare la risposta.
Guardò James,che intanto era
come incantato.
"Scusami,era mio padre.
E' tornato ora e non sapeva che ero uscita. Ora mi vuole immediatamente
a
casa"
"Cavolo,se incominciamo
così non vorrà più vedermi!" risero.
"E' che non pensavo che
si sarebbe fatto così tardi" erano le nove e mezzo,ma fuori
era molto
buio.
"Andiamo,dai. Ti
accompagno,almeno so dove venirti a prendere la prossima volta" fece
lui
facendole l'occhiolino e alzandosi. Lei stava per fare lo stesso ma si
ritrovò
James dietro a spostare la sedia per lei e prenderle la mano.
Camminarono così,mano nella mano per tutto il percorso.
Karen si sentì
avvampare ogni volta che il pollice del ragazzo accarezzava la sua
mano. Era
così dolce con lei.
James si accorse del colorito delle guance della ragazza e le sorrise
rassicurandola. Si
sentiva a suo agio
con lei.
Arrivarono davanti alla
casa della ragazza non molto tempo
dopo,lei lo salutò baciandogli la guancia e
scomparì poi una volta chiusa la
porta.
Lui la osservò finché non gli fu più
possibile,poi si girò e si avviò verso
casa sua.
Era felice di essere stato
con lei quella sera,avrebbe quasi fatto un salto dalla
felicità se non ci fosse
stato tutto quel ghiaccio scivoloso per strada.
Era una cosa proprio
idiota,ma quando ci si innamora si fanno cose idiote,specialmente di
notte e
con un cellulare in mano.
"Per
questo,io non
volevo dirti nulla. Ci saresti stato dentro e avrebbero potuto fare del
male
anche a te." gli occhi color cioccolato non ce la facevano a reggere un
secondo di più quei pozzi blu.
Mika incrociò le braccia,la maglietta che gli aveva dato
Mark era molto
morbida. Avrebbe voluto tenersela per ricordo,anche se il modo in cui
l'aveva
avuta l'avrebbe dimenticato volentieri.
Mark gliela aveva data in modo quasi brusco,preso dalla
curiosità e dalla paura
per il racconto che Michael gli aveva promesso. Lui la
indossò subito,non volendo
mostrare un secondo di più quella medicazione. Per
fortuna,il moro ne aveva
presa una a maniche lunghe.
Iniziò a raccontargli
tutto,dal ragazzo biondo a quello bruno con gli occhi verdi e scuri.
Gli disse
le parole che quel ragazzo gli aveva quasi sputato addosso,facendo
fatica a
mantenere il contatto visivo.
Si
vergognava,si sentiva sporco come se fosse lui quello ad aver agito
male. Si
sentì come se un grosso peso si fosse tolto dallo stomaco
quando finì di
parlare,ma ne sopraggiunse uno nuovo quando vide l'espressione
contrariata di
Mark. Non riuscì più a guardarlo,ormai
però era fatta.
"Io non posso credere
che esistano persone così" avrebbe anche continuato la frase
aggiungendo i
peggiori insulti che conosceva,ma non gli andava di farlo davanti a
lui.
Involontariamente,lo abbracciò. Non pensando a nulla per la
prima volta,fu lui
a fare il primo passo. Fregandosene delle conseguenze.
Mika fu sorpreso da
quell'abbraccio improvviso ma gli scaldò il cuore. Era la
seconda volta che si
abbracciavano e capì che se avesse potuto,lo avrebbe fatto per sempre. Il torace
tonico di Mark era
caldo e lo stringeva forte,facendo però attenzione a non
fargli male.
Gli accarezzò la spalla medicata con un tocco
molto delicato,e in quel momento prese
una decisione.
Lo avrebbe difeso,costi quel che costi. Quel ragazzo era la cosa
più bella che
gli fosse mai capitata e lo rendeva felice. Non riusciva a sopportare
il fatto
che qualcun altro potesse mettergli le mani addosso in quel modo e
fargli tanto
male.
"Ti accompagnerò a
casa,oggi." disse sussurrando.
Lui annuì,sentendosi più
sicuro. Forse aveva fatto bene a dirgli tutto.
Non aveva capito perché Mark
avesse deciso di accompagnarlo,forse perché si sarebbe fatto
tardi,immaginò.
Erano appena le otto e non avevano ancora aperto i libri. Aveva
avvisato i suoi
genitori,come sempre.
Non si staccarono
ancora,nessuno dei due aveva voglia di farlo. Erano così
vicini che ognuno
sentiva il battito cardiaco dell'altro. Mark nascose il suo viso nella
spalla del
riccioluto ,quella non fasciata. Anche Mika fece la stessa cosa.
Tra loro c'era silenzio,non perché erano in imbarazzo ma
perché entrambi si
stavano godendo quel momento tutto loro.
Mark ormai lo sapeva,non lo avrebbe più lasciato andare.
"Adesso nessuno ti farà
più del male" sussurrò ancora.
"Però voglio che tu lo dica ai tuoi
genitori,okay?"
Si guardarono ancora una volta,Mika sussurrò una debole
risposta affermativa.
Pian piano si rimisero a studiare,la loro voce ritornò ad
assumere toni normali
,perdendo tutti i sussurri. A Michael quasi dispiacque.
Sua madre gli aveva raccontato che quando due persone litigano,urlano
perché i
loro cuori sono lontani e non riescono a trovare un contatto. Quando
invece sono
innamorate, i loro cuori sono vicini e sussurrano sempre.
Saaaaalve!
Chiedo
perdono anche per questo ritardo,ma l'estate sta finendo e non ho
più tanto tempo libero come prima. So che aspettavate molto
questo capitolo. In ogni caso,spero vi sia piaciuto. Inizialmente
doveva essere più lungo ma ho deciso di tagliarlo altrimenti
l'attesa sarebbe stata decisamente troppa. hahah
Come sempre,mando un affettuoso ringraziamento a tutti i lettori,quelli
silenziosi e non. Grazie mille!
Ci vediamo al prossimo aggiornamento!
Melime