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Autore: Biebersbreathe    04/09/2014    4 recensioni
Chissà quanto stanno soffrendo le persone che amavo: non lo so, non so nemmeno chi siano. Che poi, è vera tutta sta storia o questo Simon mi sta prendendo in giro?
“Shamuel.”, mi corregge. Si beh, lui. Comunque, se riesce a carpire i miei pensieri e se continuo a non svegliarmi…qualcosa sotto c’è. Potrei provare a pensare al mio numero preferito.
“Ventisei. Smettila, Gabrielle.”, mi dice trattenendo un sorriso. Sono nel Purgatorio. Sono…
“Morta. Sì, sei morta.”
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo terzo.

Due giorni dopo, sono dell’idea che avrei decisamente preferito scendere sulla terra versione Casper. Questo viaggio è noioso come la morte stessa, e non sto scherzando. Siamo solo al terzo giorno e mi sembra di essere imprigionata qui da sempre. E’ tutto, e dico tutto, bianco. I vari ‘piani’ non si distinguono nemmeno: in tutti c’è una moltitudine di anime che vagano in uno spazio immenso bianco. Parlano, fluttuano e parlano ancora. Tutto il giorno. Tutti i giorni. Spero di fallire nel viaggio e finire all’inferno, qualunque cosa sarebbe più divertente di questo.

“I tuoi pensieri mi urtano ogni giorno di più.”, commenta laconico Shamuel. Per non parlare di lui! Saluta dieci anime per piano credendosi il re solo perché li conosce tutti. Saranno trecento anni che è qui, per forza sa chi sono.

“Ciao Shamuel!”, un’anima si avvicina e sventola la mano in direzione della mia guida. Che avevo detto? Alzo gli occhi al cielo: credo che Dio mi odi. Secondo me si sta rendendo conto del suo errore.

“Gabrielle!”, mi chiama Deborah. Lei, invece, è una ragazza splendida. È molto timida ma mi spiega le cose con calma e, non si sa come, riesce a sopportare Shamuel. Sarà per questo che è nel Purgatorio.

“Dimmi.”, le sorrido, avvicinandomi a lei, che è pochi passi più avanti. Mi indica la prossima rampa di scale che dobbiamo scendere: al fondo, immobile, c’è una figura. È un angelo.

“Porca miseria!”, esclamo a bocca aperta. Shamuel accanto a me sbuffa, forse per l’esclamazione poco appropriata. La figura alata cattura tutta la mia attenzione: è un ragazzo parecchio alto, i capelli neri spettinati e lo sguardo fisso davanti a se’. Ha le braccia incrociate e la fronte corrucciata, sembra stia riflettendo su qualcosa. È vestito come tutti i maschi del regno: pantaloni bianchi e maglietta bianca a maniche corte. Ma, ovviamente, la cosa più spettacolare sono le ali sulla sua schiena. Sono enormi, costellate di piume che sembrano sofficissime, e si muovono leggermente, come sospinte da un vento invisibile.

Prima che Shamuel possa capire le mie intenzioni, mi fiondo giù per le scale, sentendo Deborah ridacchiare e Shamuel sussurrare qualcosa che suona molto come “Dio, perché?”. Quasi cadendo, raggiungo l’angelo e mi piazzo davanti a lui.

Trattengo il fiato vedendo i suoi occhi: sono colore del ghiaccio, bianchi quasi quanto le pupille. “Gabrielle non guardarlo!” sento Shamuel urlare. Per mia sfortuna, anche l’angelo lo sente, e abbassa lo sguardo su di me. È un attimo, poi una forza sconosciuta mi porta via da lì.

C’è odore di erba fresca, portato dal vento lieve che scuote le piante. Sono seduta su un prato e guardo mio fratello giocare a pallone con due suoi amici. Strano che sia cosciente e non ubriaco, come al solito.

Che figo.”, commenta una voce accanto a me. È la mia migliore amica, Abby. Ha sempre avuto una cotta per mio fratello, ma per me è solo un cretino. Faccio spallucce, immune al fascino di Marko.

Una luce bianca fa svanire il prato, Abby e Marko. Ora sono in un pub, accanto a me ci sono gli altri due miei amici, Kevin e Clarisse. C'è odore di fumo misto ad alcool, nell'aria. Il barista sta servendo birre instancabilmente da un paio d'ore, sorridendo a tutti con cortesia. Non potrei mai fare un lavoro del genere. Abby mi sorride, indicando un punto lontano: mio fratello sta entrando nel locale con quattro suoi amici. Ridono ad alta voce e fischiano alle ragazze. Ho sempre cercato di evitare queste scene, ed ora me lo trovo di fronte. Ma lui, tanto, nemmeno mi nota. Quando lo vedo afferrare una ragazza a caso e incominciare a parlarle, mi giro dall'altra parte. Vorrei che mio fratello fosse diverso? No. Mi basterebbe solo che gli importasse qualcosa di me.

Abby sospira, al mio fianco. Poi mi guarda indecisa: “Se ci provo con tuo fratello non te la prendi, vero?” mi chiede. Vorrei dirle che ne uscirà più devastata che mai, perché da lui non ci si può aspettare niente, ma scuoto la testa, e la vedo avvicinarsi a lui.

La scena cambia, e sono a cena. C’è un silenzio irreale che sarebbe strano in una famiglia normale, ma non nella nostra. Mio papà, un uomo sulla cinquantina, capelli quasi tutti grigi e occhi verdi, sta al telefono anche mentre mangia, per lavoro. Mamma, capelli biondi per la tinta e occhi marroni, si osserva la manicure fresca e mangia poco per tenersi in forma. Mia sorella, di fronte a me, legge un libro intitolato Guida ai lavori utili alla comune società e mio fratello, accanto a me, smanetta sul telefono, emanando un odore di fumo e alcool. Sospiro, sperando che la cena finisca presto.

Forse potrei fare la…”, inizia mia sorella, ma è subito interrotta dal ‘vaffanculo’ di Marko. A nessuno interessa cosa vorrebbe fare Janet, nemmeno a me. L’ho sempre odiata, è falsa e forse peggio del Marko ubriaco. È viziata, tale quale a mamma. A quel punto Marko si alza e butta tutto il contenuto del piatto nel lavandino. Prima di uscire si volta verso di me: “Dì alle tue patetiche amiche di starmi alla larga.”

La cucina si fa sfocata e l’ambiente cambia ancora. Sono a una festa, anche se le odio. Sono venuta a fare compagnia ad Abby e agli altri due miei amici, Kevin e Clarisse. Tutti si stanno mangiando le facce, baciandosi con qualcuno, ed io ho bisogno di aria. So che non devo uscire da sola, ma è necessario ora o rischio di svenire. Spingo via i corpi sudati che ballano al rumore assordante della musica e vedo un quadratino blu in lontananza: cielo. Punto verso la porta e la raggiungo con fatica, ormai sudata e in preda ad un attacco di claustrofobia. L’aria che mi sbatte contro il viso è un toccasana, mi sembra di rinascere. Fuori, i ragazzi si scambiano canne e per terra è pieno di bottiglie di vodka vuote. Mi allontano per evitare il fumo passivo e mi avvicino alla strada: merda, così sembro una prostituta. Mettendo bene a fuoco la strada, noto che dall’altra parte c’è una fontana. Dio, acqua, benedetta acqua. Quasi sorrido e, senza nemmeno guardare, attraverso.

Cristo!” sento urlare. Una luce gialla m’investe, mi giro giusto in tempo per vedere una macchina nera enorme venirmi addosso. E, prima di venire sbattuta contro il marciapiede e vedere tutto nero, vedo gli occhi del mio assassino: sono dorati, e stupidamente penso che sono proprio come lo sciroppo d’acero.

“Gabrielle? Gabrielle! Mi senti?”, sento qualcosa che mi scuote la spalla e una voce che mi chiama. Sbatto le palpebre, ma non riesco a mettere a fuoco la scena. C’è qualcosa di bagnato che mi offusca la vista: sto piangendo. Mi sfrego gli occhi con una mano, fino a che non sono totalmente asciutti. Finalmente, ricordo.

“Ehi?”, la stessa voce, Shamuel, mi richiama e il suo volto compare nella mia visuale. Sembra preoccupato, mi alza il mento con la mano e mi guarda negli occhi. Devo far paura.

“No, sei solo un po’ scossa.”, mi sorride e si rialza, tendendomi una mano. Benché instabile, riesco a mettermi in piedi e a vedere dove sono: sì, ora ricordo. Accanto a me c’è Deborah e, di fianco a lei, l’angelo. Sobbalzo e mi allontano, cercando di non fissarlo negli occhi. Non pensavo che i ricordi mi avrebbero fatto così male.

“Mi dispiace.”, sento dire da una voce nuova. Dev’essere lui.

“Non è colpa tua, Jason, avremmo dovuto dirglielo.”, borbotta Shamuel. Sembra persino arrabbiato con se stesso e sì, decisamente avrebbero potuto dirmelo. Deborah si avvicina a me e mi accarezza una spalla, sorridendomi nervosa. Ricambio, e mi sciolgo leggermente.

La mia famiglia era un disastro, forse è persino meglio stare qua che essere ancora viva. Scommetto che i miei genitori non se ne sono nemmeno accorti, scommetto che Marko è troppo ubriaco per farci caso. Per non parlare di Janet…lei starà cercando riviste mistiche sugli omicidi da investimento. Ancora peggio: i miei amici saranno al bar a divertirsi come se non fossi mai esistita. Non mi mancano nemmeno un po’, ed è questa la cosa più dolorosa.

“Noi dovremmo…andare avanti.”, mi sussurra Deborah. Sì, devo continuare. Per cosa poi? Ah, giusto, perdonare colui o colei che mi ha ucciso. Forse, a questo punto, potrei anche fallire e restarmene all’Inferno per sempre.

Accanto a me, Shamuel mi fissa intensamente. Penso sia d’accordo con me: dopotutto, al fianco di Dio non mi ci vedo proprio. Davvero mi sono pentita in punto di morte? Non è che se l'è inventato Shamuel per tenermi buona? Eppure ero in quella sottospecie di Purgatorio. È un ricordo ancora sfocato, ma sono sicura che l'ultima patetica cosa che ho pensato siano stati gli occhi del mio assassino, non una litania religiosa. Prima o poi chiederò spiegazione a qualcuno, magari a Deborah, Shamuel è troppo stressante.

Ops. Mi sta sentendo. La smetto.

Ignorando l’angelo nonostante la sua bellezza, riprendo a camminare verso la prossima rampa di scale e verso i prossimi quattro giorni del mio cammino.

Ciao belle c:

Ecco il terzo capitolo. Justin arriverà intorno al quinto/sesto. Abbiate pazienza ahah.

Grazie per chi ha aggiunto la storia alle seguite, ricordate o anche solo l'ha letta.

E soprattutto grazie a chi recensisce :)

Spero di aggiornare Domenica.

Chiara :).

  
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