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Autore: Benio Hanamura    04/09/2014    1 recensioni
[Mademoiselle Anne/Haikara-san ga toru]
“Il mio nome è Kichiji Hananoya… o meglio, questo è il mio nome dall’età di 15 anni. Fino ad allora ero Tsukiko, la sesta figlia della famiglia Yamada...”
Nel manga originale della Yamato è detto ben poco del passato della geisha Kichiji, che fa la sua prima comparsa come causa inconsapevole di gelosia della protagonista Benio nei confronti del fidanzato Shinobu, ma che poi si rivelerà essere solo una sua ottima amica e stringerà una sincera amicizia con Benio stessa, per poi segnare anche l’esistenza del padre di lei, vedovo inconsolabile da tanti anni.
Per chiarire l’equivoco e per spiegarle quale rapporto c’è davvero fra lei e Shinobu, Kichiji racconta la sua storia del suo passato a Benio, dei motivi per cui è diventata geisha, abbandonando suo malgrado il suo villaggio quando era ancora una bambina, ma soprattutto del suo unico vero amore, un amore sofferto e tormentato messo a dura prova da uno spietato destino…
Dato che questa storia è solo accennata nel manga, ma mi è piaciuta e mi ha commossa molto, ho deciso di provare ad approfondirla e di proporvela come fanfiction!
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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   Ebbi presto ulteriore conferma dell’intensità dei sentimenti di Benio per Shinobu, quando la incontrai di nuovo non molti giorni dopo: era andata via dal castello, non sapevo se a causa di una lite con lui o per via della sua famiglia, ed aveva le lacrime agli occhi quando mi disse che finalmente era il mio turno, avrei potuto avere il sottotenente Ijuin.    Fortunatamente la situazione si risolse in fretta, Benio tornò al castello ed a quanto pare anche i conti Ijuin l’accettarono, dunque le cose volgevano al meglio: avrei presto dimenticato le mie sofferenze ed avrei continuato la mia esistenza priva di troppe gioie ma tranquilla, come sempre. 
   Invece mi sbagliavo di grosso: non solo non avrei dimenticato affatto, ma mai avrei immaginato fino a che punto quella ragazza avrebbe sconvolto come un uragano anche la mia vita!!! Beh, inutile negare che oltre ad averne riconosciuto le doti che nemmeno lei  riusciva a vedere in se stessa avevo provato una certa simpatia per lei, ma un tipetto del genere attirava purtroppo anche grossi guai, di ogni genere. Ebbi modo di constatarlo una sera, quando rividi all’okiya, dopo un certo periodo di assenza un cliente che non mi era mai piaciuto, il tenente colonnello Innen: il classico tipo che racchiude in sé tutti i difetti che si potrebbero trovare in un militare. Altezzoso come pochi, Innen si è fin dalle prime volte fatto notare per la mala creanza con cui impartisce sempre ordini a tutti, guardandoli dall’alto in basso, come da un piedistallo: insomma, una persona odiosa. Spesso finisce con l’ubriacarsi facendo confusione e talvolta dando fastidio agli altri clienti con abominevoli apprezzamenti, ma la okasan ci ha imposto di sopportarlo solo perché tende sempre a spendere parecchio denaro, il che costituirebbe un motivo per perdonare qualunque cliente, specie se è una persona con una certa influenza un po’ ovunque come lui.
   Innen ha sempre odiato Shinobu, ma non tanto per il suo senso dell’umorismo e per le sue idee, che potrebbero indispettire un superiore: quell’odio era nato fin dal primo momento in cui lo vide, soltanto per una mera questione razziale, per via dei suoi capelli biondi e del colorito della sua pelle, che tradivano le sue origini occidentali. Sì, suo padre era giapponese, il rampollo di una nobile famiglia di cortigiani, ma sua madre era una tedesca, una gaijin, e ciò lo induceva a considerare anche Shinobu un gaijin, e come tale assolutamente indegno di appartenere alla gloriosa armata imperiale giapponese!!! Ed il fatto che quei capelli restassero sempre lunghi costituiva  un’ulteriore colpa, un’aggravante, anzi, una vera e propria provocazione. Ciò nonostante non avevo insistito più di tanto con lui invitandolo a sottostare alle regole militari  ed a tagliarsi i capelli, sia perché concordavo con lui sul fatto che sarebbe stato un danno estetico troppo marcato sia (anzi soprattutto!) perché ero certa che sparito un pretesto di infierire ne avrebbe trovato un altro.
   Quel pretesto, appunto, fu Benio. Quella sera i militari che erano con Innen parlavano della decisione appena confermata da parte del Giappone e degli Stati Uniti di inviare delle forze militari in Siberia per sostenere il capo dell’Armata Bianca dopo il collasso dell’Impero Rosso nella Rivoluzione d’Ottobre. Anche grazie alla disinibizione datagli dal sakè Innen non poté non dire che quella avrebbe potuto essere l’occasione perfetta per togliersi di torno “quell’odioso ed arrogante mezzosangue” se solo lui non avesse da tempo guadagnato la stima di tanti suoi superiori e persino del loro generale, Okochi… Ma quei problemi avrebbero potuto anche essere aggirati con gli agganci giusti, e lui ci stava seriamente pensando, dopo aver incontrato “quel terribile vecchio” e “quell’arrogante ed insopportabile ragazzina“!
   Rabbrividii. Ripensai immediatamente a quando era partito Koji, prima le voci sempre più insistenti sull’intervento del Giappone in guerra, poi la decisione di mandarlo in prima linea, le lunghe notti insonni racchiusa in preghiera, l’assenza totale di notizie, fino a quella tragica scoperta... Avrei dunque perso anche Shinobu? Certo, al momento lui godeva della stima degli altri superiori e della protezione di Okochi, ma anche Innen era un uomo potente ed influente e se solo ci si fosse messo d’impegno per approfittare della situazione per liberarsi di chi gli dava fastidio ci sarebbe riuscito! Soprattutto perché Shinobu continuava a non preoccuparsi più di tanto di quell’odio smisurato di un singolo individuo, dato che ormai grazie a Koji era diventato tanto forte da non badarci, e da non lasciarsi intimidire da sciocchi pregiudizi razzisti.
   Quella non era stata la prima volta che avevo sentito i nostri clienti militari parlare dell’intervento giapponese in Siberia e nonostante gli avessi già scritto una volta Shinobu non si era più rifatto vivo all’okiya, il che mi diede da pensare. Ma quando una sera  Innen venne appositamente per chiedermi di lui, se frequentava spesso l’okiya e se io ero al corrente del suo fidanzamento con la figlia del maggiore Hanamura capii di non dover esitare:  decisi a scrivergli ancora per chiedergli un incontro, dovevo metterlo al corrente di ciò che quell’orribile individuo aveva detto e dei miei timori sempre più concreti. 
   Stavolta  appena ricevuta la mia lettera Shinobu mi telefonò e mi diede appuntamento per l’indomani, così riuscii finalmente a parlargli con calma: non gli dissi esplicitamente cosa aveva detto il suo superiore sull’intervento giapponese in Siberia, ma gli chiesi se c’erano stati particolari problemi con Innen nell’ultimo periodo.
   Shinobu negò immediatamente che ci fosse stato qualche problema serio fra lui ed il suo superiore e mi invitò a non preoccuparmi, ma io mi accorsi che in realtà anche lui era preoccupato per qualcosa. Anche se non avrei mai osato chiedergli per cosa, me lo avrebbe detto lui se lo avesse ritenuto necessario. Lo avevo deciso e lo avrei fatto: lui aveva una fidanzata in tutto e per tutto degna di lui, che proprio per il fatto di essere una persona così originale sarebbe stata un’ottima moglie, senza contare il suo animo gentile, perciò nel caso ci sarebbe stata lei a dargli sostegno, a stargli vicina più di chiunque altro. Io ero solo una geisha, al massimo una sua cara amica, e comunque avrei avuto sempre Koji, vivo più che mai nel mio cuore: anche se non c’eravamo mai formalmente sposati fin da quell’unica notte insieme nella mia stanza o forse anche da prima lo consideravo in tutto e per tutto mio marito, ed anche se non ero riuscita a seguirlo nella morte sarei andata avanti con la mia vita rimanendogli sempre fedele. Avevo effettivamente avuto qualche illusione a proposito di Shinobu, ma più che mai dopo quel nostro colloquio, in cui lui era stato gentile ma anche restìo ad aprirsi con me, mi resi conto che i miei sentimenti verso di lui somigliavano più a quelli verso un fratellino che all’amore per un uomo. Gli avevo detto con trasporto che se gli fosse successo qualcosa di brutto ne avrei sofferto ed era la verità, mi sentivo male alla sola idea che Innen avrebbe potuto davvero mettere in atto le sue minacce mandandolo in un luogo così lontano e pericoloso, ma non fu come quando seppi della prossima partenza di Koji.    
    Al suo tocco gentile della mia spalla sentii che la sua mano era presa da un lieve tremito, ma come al suo solito Shinobu mi salutò con un sorriso. Avrei voluto confortarlo, abbracciarlo forte proprio come avevo abbracciato i miei fratellini che avevo rivisto dopo tanto tempo facendogli sentire tutto il mio affetto, ma sapevo che lui non era il tipo da lasciarsi andare tanto facilmente con una semplice amica, così lo lasciai andare senza aggiungere altro e quella notte mi attardai a lungo a pregare per lui.
   La sera successiva venne all’okiya apposta per intrattenersi con me la signorina Hanamura, ed io provai un immediato sollievo: chiedendomi esplicitamente che rapporto ci fosse fra me e Shinobu tradiva tutta la sua apprensione, l’innocente gelosia di una giovane fanciulla inesperta in amore verso una donna come me che è ritenuta da fidanzate e mogli un pericoloso modello di grazia ed eleganza,  nonché, ovviamente, una donna che sa bene come trattare con gli uomini. Senza alcuna cattiveria, quella ragazza voleva semplicemente conoscere tutta la verità, e così mi aprii con lei, raccontandole del mio povero Koji e di cosa Shinobu avesse fatto per me, rendendomelo così caro, come un amico, nulla di più.
    Benio-san ne fu felice, ed in realtà quella serata insieme fece bene ad entrambe, imparai a conoscerla meglio e mi convinsi più che mai della mia ottima opinione di lei; sentii di poter contare anche sulla sua amicizia, ma soprattutto Shinobu avrebbe potuto contare sul suo amore. Perciò mi dispiacque davvero quando la okasan si rifiutò categoricamente di non far pagare il conto della serata a lei ed ai suoi bizzarri ma simpatici amici, un portantino grande e grosso con un tatuaggio su un braccio ed una giovane cameriera forse un po’ troppo alta per una ragazza della sua età che li aveva raggiunti insieme a due cani che poi avevano messo in fuga Innen (dettaglio, questo, l’aver mandato via almeno per una sera quel cliente tanto prezioso per lei quanto odioso per me, che aveva indotto la okasan a rendere ancora più salato il conto), casualmente anche lui presente, in un’altra stanza dell’okiya.
    Pur non spiccicando più una parola la cameriera ed il portantino parvero alquanto contrariati da ciò, ma Benio-san, complice anche il sakè, continuava a sorridere come se avesse ricevuto il dono più grande della sua vita e mi congedò con grande allegria. Provai per lei un’immensa tenerezza, mi parve di rivedere me non troppo tempo prima, quando pensavo al mio Koji ed aspettavo di poterlo incontrare, anche se talvolta si era trattato solo di pochi minuti, di sfuggita, durante un ozashiki. Il mio sguardo era certamente come il suo quando parlavo con lui, ma anche solo quando pensavo a lui, uno sguardo dolce, rivolto con fiducia al futuro, un futuro di felicità e di amore.
   Con tutta sincerità le avevo rinnovato i miei auguri, volevo davvero che quella coppia potesse avere ciò che a me ed a Koji era stato negato, invece non passarono molti giorni che i miei timori divennero una triste realtà.

  
  


Note:  
Gaijin (外人 gaijin ?) è una parola giapponese che significa letteralmente "persona esterna (al Giappone)", cioè colui che non è nativo, non è del luogo.
Con questo termine vengono indicati dai giapponesi gli stranieri: gaijin ha una connotazione un po' più dura e talvolta velatamente razzista, rispetto al termine più neutro ed ufficiale gaikokujin (外国人 gaikokujin?) che vuol dire appunto "persona di una terra esterna (al Giappone)", cioè straniera.
 
Intervento giapponese in Russia del 1918: Nel 1918, il Giappone continuò a estendere la propria influenza e i propri privilegi in Cina grazie al supporto finanziario fornito dai mutui Nishihara. Dopo il collasso dell'Impero Russo nella Rivoluzione di Ottobre, nel 1918 il Giappone e gli Stati Uniti spedirono forze in Siberia per sostenere il capo dell'Armata Bianca, ammiraglio Aleksandr Kolcac contro l'Armata russa bolscevica. Nell'intervento in Siberia, l'esercito imperiale giapponese previde inizialmente l'invio di oltre 70.000 uomini per occupare la regione fino al limite estremo occidentale del lago Baikal. Il piano fu ridimensionato considerevolmente a causa dell'opposizione degli Stati Uniti.
Verso la fine della guerra sempre più spesso il Giappone eseguì forniture di materiale bellico per i suoi alleati europei. Il boom economico di guerra contribuì a specializzare l'industria del paese, ad aumentare le esportazioni e a trasformare il Giappone, per la prima volta, da nazione debitrice in creditrice. Le esportazioni dal 1913 al 1918 quadruplicarono. Il massiccio afflusso di capitale e la conseguente espansione industriale condussero però a una rapida inflazione. Ciò provocò lo scoppio nell'agosto 1918 della Rivolta del Riso nelle città di tutto il paese.
Armata Bianca (in russo: Белая Армия) è il nome che fu dato all'esercito controrivoluzionario russo che combatté contro l'Armata Russa bolscevica, nella Guerra Civile Russa  dal1918 al 1920. Il nucleo di ufficiali di questo esercito, la Guardia Bianca, era costituito da nazionalisti e monarchici. L'Armata Bianca era appoggiata da rappresentanti di molti altri movimenti politici: democratici, socialisti riformisti e rivoluzionari e altri che si opposero alla Rivoluzione di Ottobre, restando leali alla Repubblica Russa. Il grosso della truppa era costituito sia da oppositori attivi dei Bolscevichi, come i cosacchi, che da contadini senza partito, che furono semplicemente arruolati al suo interno. Aiuti arrivarono anche dalle potenze dell'Intesa, soprattutto Gran Bretagna, Francia e regno d'Italia che inviarono anche corpi di spedizione.
N.B. Molte informazioni sono state prese da Wikipedia.
  
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